Lecce
Dopo Benedetto XVI: vento di rinnovamento?
La Chiesa dovrà aprirsi ai cambiamenti della società? Lo abbiamo chiesto ad alcuni parroci salentini
di Giuseppe Cerfeda
Mondo sotto choc dopo l’annuncio epocale delle dimissioni papali, che ha destato sorpresa e compassione nello stesso tempo. Perché Benedetto XVI lascia per “ingravescentem aetatem”, provato nel fisico e nella mente. Sono 117 i cardinali che entreranno in conclave in marzo per scegliere il nuovo vescovo di Roma. Il totonomine è già partito ma chiunque sia il prossimo pontefice, dovrà essere, stando alle parole dello stesso Benedetto XVI, più giovane e vigoroso.
Al nuovo Papa il compito di affrontare i tempi difficili e di voltare pagina dopo gli scandali che hanno coinvolto la Santa Sede: la pedofilia, lo Ior, Vatileaks. Ma soprattutto l’arduo compito di ridare smalto ad una Chiesa che pare aver subito un netto “calo di gradimento”, dopo la scomparsa del mai troppo compianto Carol Wojtyla. Le chiese sembrano svuotarsi, proprio come i seminari, e la società ha subito troppi cambiamenti perché non si cominci a ragionare su temi come famiglie allargate, unioni di fatto, diritto di vivere appieno la propria religiosità anche per i divorziati, ecc.
Sulla clamorosa quanto storica (solo Celestino V lasciò il Pontificato nel 1294!) decisione di Ratzinger, abbiamo chiesto un parere ad alcuni parroci salentini.
Don Raffaele Bruno: “È stato uno di quei momenti in cui lo Spirito Santo ha fatto sentire il suo straordinario soffio sulla Chiesa”
Don Raffale Bruno, parroco nella frazione leccese di Frigole, cappellano del Carcere di Lecce e coordinatore regionale di Libera (l’organizzazione contro tutte le mafie di don Luigi Ciotti) è schietto: “Quanto avvenuto fa comprendere come non ci sia più tempo da perdere, la Chiesa deve assolutamente rinnovarsi e deve farlo ripartendo dalla Parola di Dio. Il Vangelo di domenica 10 febbraio”, chiarisce, “ci raccontava di Pietro che non riusciva a pescare e, invitato da Gesù a provarci ancora, gli ha risposto “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Penso che quelle parole non possano non aver influito sulla riflessione di Papa Benedetto XVI. Credo, anzi, siano state proprio quelle parole a indicargli la strada per dare a sé stesso e a tutta la Chiesa un’indicazione straordinaria. Se non ritorniamo alla Parola di Dio come scelta essenziale, lasciando perdere tutti i nostri intrighi, legami, controversie che poi diventano complotti, non ne usciamo più e, soprattutto, non diamo al mondo il servizio che possiamo dare”. Don Raffaele, poi, racconta un aneddoto: “Quando intorno a mezzogiorno di lunedì 11 sono venuto a conoscenza delle dimissioni del Papa, stavo andando verso la mia parrocchia di Frigole, verso il mare, e la prima cosa che ho fatto è stata far suonare le campane. Poi sono andato a pregare, perché credo sia stato uno di quei momenti in cui lo Spirito Santo ha fatto sentire il suo straordinario soffio sulla Chiesa. Con quel gesto Benedetto XVI ha accettato di non star più a ragionare, discutere, trovare compromessi e mediazioni, e di lasciar fare a Dio”. Don Raffaele si dice convinto che, oggi più che mai, la Chiesa abbia bisogno di rinnovarsi e mettersi al passo coi tempi: “Nell’ultima intervista che il Cardinale Carlo Maria Martini ha rilasciato lo scorso 8 agosto, parlava di una Chiesa ormai vecchia, che stenta a camminare, che è a 200 anni di distanza rispetto al mondo e non riesce più ad essere l’anima, il sale, la luce della Terra. Credo che le parole del Cardinal Martini e la decisione di Papa Benedetto XVI abbiano dato una scossa. È tempo di voltare pagina e per farlo ci vogliono scelte coraggiose e gravi come quella di Benedetto XVI”.
Don Flavio Ferraro: “La Chiesa torni essenziale e punti sulla carità”
Don Flavio Ferraro, titolare della Natività B. M. V. di Tricase, dissente dalle “illazioni che vorrebbero, dietro le dimissioni del Papa, qualcosa di poco chiaro. La questione, a mio modesto parere, è semplice: una persona anziana e stanca, a conoscenza di quanto le problematiche della Chiesa oggi siano gravose, difficili, ha preso coscienza che c’è bisogno di forze nuove, di un Papa che sia maggiormente in grado di interagire con il mondo e con i giovani soprattutto. Probabilmente si è anche reso conto che certe sue posizioni non aiutano la Chiesa a rinnovarsi ed essere al passo con i cambiamenti della società. In ogni caso, il suo è un gesto da accettare e rispettare anche perché, come egli stesso ha affermato, lo ha fatto per amore della Chiesa”. Riguardo al rinnovamento necessario, c’è una questione che sta molto a cuore a don Flavio: “L’impossibilità per chi ha divorziato di vivere il Sacramento della Comunione o anche di fare da madrina o padrino ad un battesimo, una comunione, ecc. Come minimo bisognerebbe fare dei distinguo: non mi sembra giusto, per esempio, che una donna di 27 anni, che ha subito un divorzio per volontà esclusiva del consorte, per tutta la vita non possa più vivere appieno la sua cristianità. Più in generale, per recuperare credibilità, il nuovo Papa dovrà compiere dei gesti concreti che riportino all’essenzialità una Chiesa divenuta un po’ troppo barocca e puntare tutto sulla carità. Come diceva don Tonino Bello, più che dimostrare i segni del potere, dobbiamo recuperare il potere dei segni, per tornare ad indicare la strada. Mi piacerebbe che il nuovo Papa fosse molto essenziale e che andasse proprio alla radice del Vangelo. In fondo la Chiesa diventa credibile solo se dimostra essenzialità e carità”.
Don Lucio Ciardo cita Don Tonino Bello: “C’è proprio bisogno della Chiesa del Grembiule”
Don Lucio Ciardo, parroco a Tiggiano e presidente del Banco Opere della Carità Puglia, ripercorre quel giorno ormai divenuto storico: “A sconvolgere presto e in modo ineguagliabile la giornata dell’11 febbraio 2013, è stato l’annuncio dato in diretta dal Papa che, parlando in latino ai suoi confratelli cardinali, in modo pacato e senza fronzoli annunciava alla Chiesa e al mondo la sua decisione di rinunciare al mandato petrino che aveva ricevuto quasi otto anni fa il 19 aprile 2005”.
“Di questo fatto”, dice don Lucio, “ormai si sa tutto quello che è stato possibile sapere, ossia della stanchezza di cui Benedetto XVI si sentiva come afflitto, del suo desiderio di lasciare il timone ad energie più giovani, della sua determinazione a concludere i propri giorni nel nascondimento e nella preghiera. Intrecciata a ciò, è emersa la sua grandezza spirituale, la sua finezza d’animo, la sua santità di vita. E bisogna dire”, aggiunge, “che calza a pennello con la personalità di Joseph Ratzinger, la sua ritrosia agli onori, la sua allergia al potere, la sua aspirazione a concludere i propri giorni nello studio e nell’orazione. Eppure, si potrà dire, la sua coerenza interiore e la maestosità spirituale dell’atto compiuto non alleviano in nulla l’eccezionalità che il gesto ha immediatamente svelato, l’irriducibile carattere di novum che esso ha acquisito senza che il trascorrere delle ore potesse minimamente ridimensionarlo. Nei giorni successivi i ripetuti inviti del Papa a smetterla, con la rincorsa al potere, alle rivalità, al carrierismo, all’uso del nome di Dio per i propri scopi e interessi personali che, anche all’interno della Chiesa devono finire. C’è un richiamo chiaro”, ammonisce, “alla conversione del cuore all’amore a Dio e allo spendersi per il bene dell’uomo, in modo particolare per i più poveri”.
E sul domani che verrà don Lucio ritiene che “il nuovo Papa avrà il compito di continuare quanto iniziato da Benedetto XVI, in modo particolare il richiamo a mettere Dio al centro della vita privata e pubblica. La gente e i giovani in particolare attendono dalla chiesa parole di verità, c’è una forte richiesta di senso. Nell’affrontare le problematiche moderne”, conclude don Lucio Ciardo, “c’ è bisogno di una Chiesa del Grembiule come ci ricordava il nostro amato Don Tonino, che si ponga come maestra di vita e non come colei che giudica, che testimonia spogliandosi del suo potere”.
Don William Del Vecchio: “Il Vangelo è una proposta, non un’imposizione!”
“La notizia delle dimissioni del Santo Padre”, ci ha detto don William Del Vecchio (Parrocchia Sant’Andrea nel rione di Caprarica a Tricase), “certamente ha lasciato stupiti tutti e ha lasciato anche me senza fiato e con un senso di smarrimento. Almeno all’inizio. Il Papa”, dice, “è stato molto chiaro: “Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore, sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito”. Per tanti la decisione presa da Benedetto XVI di lasciare il ministero petrino è un atto di debolezza che stride con la testimonianza del predecessore, Giovanni Paolo II; credo che sia, invece, una scelta da rispettare perché costituisce un atto di grande coraggio e responsabilità. L’umiltà di un uomo che nella sua grande fede”, gli dà atto don William, “ha compreso che rispondere alla chiamata di Dio per lui, oggi, vuol dire lasciare il ministero. Credo che questo abbia tanto da insegnare ai “superuomini” che vediamo oggi affacciarsi dagli schermi televisivi tutti intenti a tenersi stretta la loro poltrona”. Riguardo al futuro secondo don William c’è poco da fantasticare: “Il nuovo Pontefice si troverà ad affrontare le stesse questioni che sono state sul tavolo dei predecessori. La continuità data dalla proposta evangelica (e il Vangelo da duemila anni resta sempre quello) e dalla Tradizione Apostolica sarà come sempre garanzia di stabilità nella Verità. Il Vangelo”, conclude, “è offerto come via a quanti scelgono di vivere secondo lo stile di Cristo… è una proposta non un’imposizione!”.
Cronaca
GdF, sequestrate 8 tonnellate di fuochi d’artificio
Il titolare dell’attività commerciale è stato segnalato alla Procura della Repubblica per le ipotesi delittuose di illegale detenzione, importazione e fabbricazione di materiale esplodente in quantità superiori a quelle consentite…
GDF LECCE: SEQUESTRATE OLTRE 8 TONNELLATE DI FUOCHI D’ARTIFICIO.
La Guardia di Finanza di Lecce, nell’ambito dei servizi di controllo economico del territorio, hanno portato a termine interventi finalizzati al contrasto all’illecita detenzione e vendita di articoli pirotecnici.
In particolare, al termine di una mirata attività info-investigativa, le unità specializzate “Baschi Verdi” del Gruppo di Lecce, all’interno di un magazzino di un’attività economica, sita nella periferia di Lecce, esercente la vendita al dettaglio e all’ingrosso di articoli per la casa, abbigliamento e giocattoli, hanno rinvenuto e sottoposto a vincolo penale oltre un milione e quattrocento mila pezzi di artifizi pirotecnici, per un totale di tonnellate 8,4, già pronti per la vendita in occasione delle imminenti festività.
La merce era custodita illegalmente ed in condizioni di pericolosità per l’incolumità pubblica, tenuto conto del precario confezionamento e della promiscuità con altri prodotti altamente infiammabili quali alcool e bombolette di gas.
Per aggirare le norme che vietano la detenzione di materiale esplodente oltre le quantità consentite e per eludere i controlli da parte delle forze di polizia, l’imprenditore avrebbe provveduto a frazionare le forniture acquistando piccoli quantitativi al di sotto delle soglie massime anche nell’arco della stessa giornata.
Il titolare dell’attività commerciale è stato segnalato alla Procura della Repubblica per le ipotesi delittuose di illegale detenzione, importazione e fabbricazione di materiale esplodente in quantità superiori a quelle consentite.
Alessano
“Vi voglio bene”, un libro essenziale per raccontare don Tonino e la sua storia
Monsignor Vito Angiuli: “Scritti e documenti inediti per scoprire l’intera vocazione pastorale da sacerdote e da vescovo. Guardate con simpatia alle persone e agli avvenimenti della storia, per testimoniare a tutti la gioia del Vangelo”
di Luca De Santis
Vi voglio bene, Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello è l’ultima fatica data alle stampe dal vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli. Il nuovo libro ha visto la luce nel mese di ottobre 2024, per le edizioni Il pozzo di Giacobbe. Quest’ultima si colloca in continuità con le precedenti pubblicazioni frutto di interessanti studi che Angiuli ha compiuto sul sacerdote della diocesi ugentina divenuto vescovo di Molfetta.
Il sottotitolo dell’opera ci fornisce le giuste delucidazioni riguardo a quelle che sono le intenzioni dell’autore: Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello. Il testo è composto da una corposa introduzione dove l’autore pone e spiega la sua tesi riguardo a un’inscindibile armonia e continuità presente tra il ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino.
Nel primo capitolo, Ordinazione episcopale, sono stati curati una serie di scritti in cui il futuro vescovo di Molfetta mette in evidenza un forte attaccamento alla sua terra natia e le motivazioni che lo hanno condotto ad accettare l’ordinazione episcopale. Il secondo capitolo, Don Tonino saluta la Chiesa ugentina, raccoglie alcune omelie di saluto che don Tonino ha pronunciato prima della sua partenza per Molfetta, dove traspare in modo palpabile il suo amore per la Diocesi di Ugento che ha servito per 25 anni.
All’interno dell’ultimo capitolo troveremo invece degli scritti inediti da datarsi secondo Angiuli tra il 1960 e il 1980. La gran parte di essi pur non avendo una data o la firma, possono tranquillamente essere definiti autentici, tenendo conto della calligrafia di don Tonino. L’ordine cronologico è dato dal Curatore sulla base delle tematiche che in questi scritti vengono a essere trattate.
La maggior parte di questi risale al periodo in cui don Tonino svolgeva il suo ministero presso la Diocesi di Ugento.
Questi scritti contengono in modo germinale quelle tematiche che durante gli anni di episcopato don Tonino tratterà in modo più approfondito, in base alle sollecitazioni di quel contesto storico. Tenendo conto di quanto abbiamo rilevato è possibile dire che il libro si lascia leggere in modo molto scorrevole dimostrandosi adatto persino per coloro che non hanno avuto una conoscenza dettagliata di colui che la Chiesa Cattolica ha dichiarato Venerabile.
Il vescovo Angiuli ha deciso di intitolare questo suo ultimo libro con un’espressione che don Tonino lungo il suo ministero sacerdotale ed episcopale ha utilizzato spesso: Vi voglio bene.
Quest’ultima non ha solo la funzione di comunicare i suoi sentimenti, quanto la simpatia con cui si poneva nei confronti di quella porzione di popolo che era stata affidata alle sue cure pastorali, ma anche nei confronti della storia a lui contemporanea in cui l’umanità era immersa.
Il vi voglio bene di don Tonino
Il vi voglio bene di don Tonino – ci aiuta a comprendere l’autore – trova significato in una delle più belle espressioni da lui spesso utilizzate e contenute nella Costituzione Conciliare Gaudium et spes al n. 1: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Le motivazioni ministeriali di don Tonino nelle varie fasi dei suoi incarichi sia nella diocesi ugentina che in quella di pastore della Chiesa di Molfetta hanno mantenuto le medesime fondamenta che hanno da sempre configurato la sua fede: coltivare la preghiera, meditare la Parola, adorare Gesù eucarestia. Prendiamo atto che gli anni del ministero episcopale hanno oscurato il periodo sacerdotale, ma quegli aspetti che hanno reso il vescovo Bello conosciuto in campo nazionale e oltre, ciò per cui è stato amato nella Diocesi a lui affidata, erano già presenti nel ministero svolto nell’estremo lembo d’Italia, in quel Capo di Leuca, durante il suo lungo ministero sacerdotale come professore e vice-rettore presso il Seminario vescovile, come parroco a Ugento e Tricase, nei vari incarichi pastorali.
Cade in grave errore chi sostiene che l’episcopato, in particolar modo la presidenza di Pax Christi, abbia segnato una svolta ministeriale in don Tonino, una conversione verso le tematiche sociali, in particolar modo quella della pace e della non violenza. A tal proposito Angiuli nell’Introduzione del libro è perentorio nel sostenere il fatto che non vi è nessuna discontinuità di pensiero tra il don Tonino sacerdote e vescovo, e che pensare il contrario significherebbe mistificare la realtà.
Quest’ultimo durante il suo percorso di studio ha consolidato un ottimo utilizzo del metodo deduttivo tramite la sua formazione filosofica e teologica, così come una padronanza del metodo induttivo nel confrontarsi e padroneggiare le scienze moderne: sociologia, psicologia, diritto del lavoro, legislazione sociale, all’interno delle quali venne introdotto durante gli anni seminariali a Bologna presso l’ONARMO.
La cultura sessantottina
Accanto a coloro che sostengono una discontinuità ministeriale di don Tonino, vi sono quelli che manifestano una certa antipatia nei confronti del suo ministero, sostenendo come quest’ultimo sia il prodotto di quella cultura sessantottina che ha avuto i suoi risvolti più nefasti all’interno degli anni ’70 del secolo scorso. A costoro risponde il decreto che sancisce la Venerabilità di don Tonino, definendolo come un ottimo interprete delle istanze conciliari.
L’aspetto, forse il più deleterio, è rappresentato da coloro che del ministero di mons. Bello prendono in considerazione e ne propagano solo i temi sociali (pace, giustizia e salvaguardia del creato), dandone una lettura ideologica.
Costoro affrontano i temi sociali senza tener conto di quelli etici (divorzio, aborto, eutanasia), quest’ultimi aspetti non possono essere separati dai primi ed è chiaro come don Tonino gli abbia mantenuti sempre insieme. Proseguire su questa linea – sostiene Angiuli – significa trovarsi dinanzi a un Giano Bifronte dove diviene molto difficile cogliere, per esempio, la profondità teologica di alcune immagini eloquenti che don Tonino ci ha lasciato come quella della Convivialità delle differenze e della Chiesa del grembiule.
Ciò che mons. Bello esprime nel periodo molfettese, affonda le sue radici nel basso Salento e nella formazione bolognese. Nello specifico va considerata l’impronta ministeriale di mons. Ruotolo, il vescovo di Ugento che ha ordinato presbitero don Tonino e con cui quest’ultimo ha molto collaborato: l’amore all’eucarestia, la devozione mariana, l’impegno ad attuare gli orientamenti pastorali scaturiti dal Concilio Vaticano II, la programmazione per gli itinerari di formazione per i laici, l’attenzione alle problematiche sociali presenti in questa parte del Salento.
Un particolare merito del libro lo si riscontra nel III Capitolo Scritti vari.
In questa sezione si trovano, come già detto, degli scritti inediti di don Tonino, i quali pur non avendo lo stesso spessore o valore di quelli pubblicati da lui stesso, hanno il merito di contenere quelle tematiche che rappresentano la continuità ministeriale che Angiuli, a ragione, evidenzia.
Quest’opera è imprescindibile per chi ha un serio interesse a conoscere la sensibilità e le radici in grado di nutrire il ministero pastorale di don Tonino dal punto di vista teologico e sociale.
Il grande merito di Angiuli consiste nell’averci consegnato un testo che in continuità con le altre sue pubblicazioni su mons.
Bello, ci dona una chiarezza, una verità, che non può essere tralasciata e non considerata, un atteggiamento contrario significherebbe alterare il suo pensiero, oscurare aspetti essenziali e sostanziali della sua santità.
Cronaca
Daspo per un 22enne per lancio di fuochi durante Lecce Juventus
In tale occasione, infatti, furono diversi gli episodi di accensione e lancio in campo di artifizi pirotecnici da parte dei tifosi locali…
LA POLIZIA DI STATO HA NOTIFICATO UN DASPO PER I FATTI OCCORSI DURANTE LA PARTITA LECCE-JUVENTUS
La Polizia di Stato ha notificato un DASPO per i fatti occorsi durante la partita Lecce-Juventus, del 01 dicembre scorso.
In tale occasione, infatti, furono diversi gli episodi di accensione e lancio in campo di artifizi pirotecnici da parte dei tifosi locali.
Il personale DIGOS, a seguito dell’attenta visione delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza dello stadio, ha individuato uno dei responsabili del lancio di un artifizio pirotecnico.
Il soggetto, ventiduenne di Surbo, già conosciuto agli uffici informativi come facente parte della tifoseria organizzata, è stato deferito all’autorità giudiziaria per lancio di artifizio pirotecnico e non potrà accedere alle manifestazioni sportive per 3 anni.
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