Attualità
Investimenti: mezzo miliardo in meno dal Salento
Da un recente studio condotto dall’Osservatorio economico del Salento, diretto da Davide Stasi: i salentini guardano con maggiore apprensione alle oscillazioni del mercato e degli indici borsistici. Non investono non tanto per mancanza di liquidità, quanto per non mettere a rischio i propri risparmi
Mezzo miliardo di euro. Per la precisione, sono ben 475 i milioni di euro disinvestiti o svalutati nell’ambito degli investimenti finanziari, nel corso degli ultimi cinque anni.
I salentini guardano con maggiore apprensione alle oscillazioni del mercato e degli indici borsistici.
Non investono non tanto per mancanza di liquidità, quanto per non mettere a rischio i propri risparmi.
È quanto emerge da un recente studio condotto dall’Osservatorio economico del Salento, diretto da Davide Stasi, che ha analizzato l’andamento della raccolta indiretta degli istituti bancari e degli intermediari che operano a Lecce e provincia.
La minore propensione al rischio, la perdita di valore di alcuni strumenti finanziari a causa dei rendimenti negativi e non solo, hanno trasformato tanti investitori in prudenti risparmiatori.
«Mentre la raccolta diretta», spiega Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio economico del Salento, «comprende i depositi della clientela (in conto corrente e a risparmio), l’emissione di obbligazioni, i pronti contro termine e l’indebitamento presso altri istituti di credito (per il tramite dell’interbancario), la raccolta indiretta, invece, rappresenta l’attività di investimento e di distribuzione di titoli, fondi comuni, prodotti assicurativi, svolta da una banca per conto terzi. Grazie a questa attività, la banca incassa le commissioni di collocamento, amministrazione e gestione, sia da istituti terzi sia dalla clientela».
«Tale raccolta», puntualizza Stasi, «si suddivide in raccolta amministrata (custodia ed amministrazione dei titoli) e in raccolta gestita (gestioni patrimoniali e fondi comuni). Complessivamente, la raccolta indiretta degli operatori finanziari che operano a Lecce e provincia, negli ultimi cinque anni, è scesa da un valore di 4,1 miliardi di euro a 3,6 miliardi, considerata in base al «fair value», cioè al prezzo di mercato. Pari ad un tasso negativo dell’11,6 per cento».
I dati elaborati comprendono le sole operazioni con la clientela residente nella provincia di Lecce (e sono escluse le istituzioni finanziarie monetarie). Per ciascun istituto, i dati sono depurati delle passività di propria emissione. Più in dettaglio, il valore dei titoli a custodia (come, ad esempio, le azioni) è sceso dai 3,6 miliardi di euro ai 3,1 miliardi, registrando un calo del 12,2 per cento. Il valore dei titoli in gestione (come i fondi comuni), invece, è sceso dai 374 milioni ai 330 milioni, con una flessione dell’11,9 per cento.
Secondo Stasi, «l’approvazione dei bilanci bancari, alla data del 31 dicembre 2019, che avverrà ad aprile, dovrebbe confermare questo trend negativo della raccolta indiretta. Le crisi bancarie e non solo hanno cambiato profondamente l’approccio dei salentini. In base agli ultimi dati, la liquidità ferma sui conti correnti è salita a 1.577 miliardi di euro in Italia e a 12 miliardi nella sola provincia di Lecce. Quanto accaduto a partire dal 2015 sino al recente intervento dello Stato, ancora in corso, nella Popolare di Bari ha segnato la vita di tanti piccoli risparmiatori. In decine di migliaia si trovano coinvolti in operazioni di azzeramento del valore delle azioni acquistate o delle obbligazioni sottoscritte. Le perdite non sono tutte uguali: c’è chi ha perso definitivamente il proprio capitale e chi, invece, aspetta e spera in un risarcimento».
«Va ricordato», aggiunge il direttore dell’Osservatorio economico, «che la crisi della Banca Popolare di Bari è solo la più recente di una lunga serie di difficoltà e fragilità in cui versano molte banche. Il caso più grave riguarda il Monte dei Paschi di Siena, fondata nel lontano 1472 e, dunque, con più di 500 anni di storia alle spalle. Anche in questo caso, si è reso necessario l’intervento dello Stato, che, oggi, controlla quasi il 70 per cento del capitale della banca senese».
«Le banche finite in liquidazione coatta amministrativa, sempre a scapito di azionisti ed obbligazionisti subordinati», ricorda, «sono Banca Etruria, che contava oltre 62mila soci; Banca delle Marche che ne aveva 43mila; la Cassa di risparmio della provincia di Chieti, nota come CariChieti, con 44mila soci che sono confluite tutte e tre in Ubi banca, mentre la Cassa di risparmio di Ferrara, nota come Carife, con 28.700 soci, è di proprietà del gruppo Bper banca. Ed ancora, la Popolare di Vicenza con un azionariato di 116mila soci, assieme alla Veneto Banca con 75mila soci, appartengono entrambe, ora, ad Intesa Sanpaolo. Le ultime vicende hanno aumentato l’avversione al rischio e i risparmiatori preferiscono parcheggiare il denaro su conti di deposito e strumenti «liquidi» che remunerano anche meno dell’uno per cento. Può sembrare poco, ma non lo è, se si considera che il Bot annuale è scivolato persino in territorio negativo. Per poter guadagnare qualcosa, occorrerebbe investire su un Btp di durata, almeno, quinquennale. Infatti, quello con scadenza febbraio 2025, in asta a dicembre, rende lo 0,61 per cento lordo annuo, ma per ottenere un interesse netto superiore all’1 per cento bisogna acquistare un Btp decennale: quello, con scadenza aprile 2030, garantisce una cedola lorda annuale dell’1,35 per cento (1,18 per cento netto). L’atteggiamento eccessivamente prudenziale, però, può tradursi in una perdita di occasioni di profitto, considerando i recenti buoni risultati delle Borse, ma soprattutto», conclude Davide Stasi, «non contribuisce alla crescita del Paese e del suo sistema produttivo».
Attualità
“Cari giovani, costruiamo libertà: non cediamo alla mafia”
Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un nostro giovane lettore, Michele Cojocaru.
“L’impegno contro la mafia, non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza”. Queste le parole di Paolo Borsellino, che tengo sempre a mente.
Se dovessi scrivere una lettera ai giovani al tempo di oggi, scriverei così:
Cari giovani del mio tempo, sono Michele, ho 20 anni, vengo dalla provincia di Lecce. Nel mio paese, tanti giovani come noi sono caduti nelle mani della malavita. Tanti fumano, molti spacciano, alcuni hanno addirittura pistole con loro.
Vedendo questo scrivo a voi, giovani della mia generazione, non abbiate paura di denunciare questi fatti: la società di oggi conta su di noi.
Vorrei tanto, insieme a tutti voi, richiamare lo Stato italiano, per ricordargli ancora una volta di stare dalla nostra parte.
Cari giovani e care giovani, costruiamo insieme la società la nostra società. Il futuro non deve essere la droga, non devono essere le armi. Ma un futuro di pace, in cui possiamo dire ai
nostri figli: tutto questo lo abbiamo fatto per voi.
La mafia distrugge, la mafia uccide, la mafia vieta di sognare.
Anche nel Salento c’è la mafia.
Anche nella provincia di Lecce c’è la mafia, ma è una mafia silenziosa, che agisce senza fare rumore.
Non diamogliela vinta, costruiamo libertà: coraggio, insieme ce la faremo.
Attualità
Porto Cesareo resta Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo
Confermata la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche
L’Area Marina Protetta Porto Cesareo si conferma un’Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo (ASPIM), aggiudicandosi ancora una volta la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche.
La conferma della certificazione ASPIM è giunta al termine di una tre giorni di lavori sul campo da parte della commissione internazionale composta da Leonardo Tunesi, rappresentante del Focal Point, Robert Turk e Rais Chedly esperti internazionali, Antonio Terlizzi, esperto nazionale e dal direttore dell’AMP Porto Cesareo Paolo D’Ambrosio.
L’iter per ottenere il riconoscimento come da regolamento è passato dall’attivazione di attività di studio scientifico sistematico e di monitoraggio degli habitat, che consentono di stilare gli elenchi delle specie di flora e fauna necessari per definire il grado di biodiversità del sito.
«Lo status viene mantenuto attraverso il costante monitoraggio e salvaguardia delle specie individuate negli elenchi, ed essere ASPIM aumenta la nostra responsabilità di controllo dell’ambiente, allo scopo di salvaguardare le specie e gli habitat in cui esse vivono e si riproducono», hanno affermato soddisfatti i massimi responsabili di AMP Porto Cesareo.
Il riconoscimento dello status di ASPIM viene rilasciato dal Regional Activity Centre for Specially Protected Area (RAC-SPA), con sede a Tunisi, organismo creato nel 1995 fra i Paesi che hannostipulato nel 1976 la Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento.
È questo centro che definisce e mantiene la lista delle ASPIM, vagliando nuove domande e promuovendo le aree protette meritevoli del riconoscimento.
Le aree marine protette italiane che detengono lo status di ASPIM sono attualmente 10.
Quattro in Sardegna tra cui Capo Carbonara, Capo Caccia-Isola Piana, Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre e Tavolara-Punta Coda Cavallo.
A livello nazionale figurano poi Portofino (prima AMP italiana ad aver ottenuto il riconoscimento, nel 2005), Miramare, Plemmirio, Punta Campanella.
Per il Salento, Porto Cesareo e Torre Guaceto.
Direttore e Presidente dell’AMP esprimono la loro soddisfazione per questo «ulteriore traguardo raggiunto, a conclusione di quest’anno, che conferma le altissime performance dell’AMP Porto Cesareo, la quale si posiziona non solo tra le prime a livello Nazionale, ma anche nell’élite delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea»
Attualità
Fitto vicepresidente Commissione Ue, arriva il via libera
La situazione si è sbloccata ieri sera con il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti. Ma i Verdi non ci stanno e i Socialisti si spaccano. Il presidente della Camera del Commercio di Lecce, Mario Vadrucci: «Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini e aiuterà le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti»
Alla fine, Raffaele Fitto ce l’ha fatta.
Dopo lunghi giorni di attesa, polemiche a non finire e qualche ironia social, dopo il suo intervento in un inglese non proprio fluente, è arrivato il via libera alla nomina del politico salentino.
I coordinatori delle commissioni Affari regionali dell’Eurocamera, con il quorum dei due terzi, hanno dato l’ok alla nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione con delega alla Coesione.
Allo stesso tempo le commissioni Affari Economici, Industria e Ambiente hanno dato l’ok definitivo alla nomina della spagnola Teresa Ribera.
Il voto finale previsto mercoledì 27 novembre, in seno alla plenaria della Commissione europea.
L’accordo, formalizzato nella serata di ieri, ha sbloccato il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti su Fitto, mentre Ribera ha ricevuto il sostegno anche di Verdi e Sinistra.
Non sono mancate, però, le critiche: i Verdi hanno accusato il PPE di minare la trasparenza e i principi democratici, mentre il gruppo Socialista si è spaccato, con delegazioni di paesi come Germania e Francia contrarie all’intesa.
Per molti la nomina di Fitto è inopportuna perché «rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, l’ambiente e l’integrazione europea».
Il presidente della Camera del Commercio di Lecce Mario Vadrucci si compolimenta: «Da Italiani e soprattutto da salentini siamo particolarmente soddisfatti di come si è conclusa la vicenda connessa con il completamento della Commissione Europea, che vede Raffaele Fitto meritatamente nominato nel prestigioso incarico di vicepresidente esecutivo dell’organismo che regge politicamente e concretamente le sorti dell’Unione Europea».
«Le attestazioni di stima che, in questi giorni, da più parti politiche, sono state espresse sulla figura di Raffaele Fitto, èprosegue il presidente della Cammera del Commercio leccese, «ci fanno ben sperare in vista di un lavoro nei settori delicati cui è stato chiamato, quelli delle Riforme e della Coesione, che guardano al futuro ed alla crescita della parte meno sviluppata dei Paesi Europei».
«Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini salentine e, nel suo impegno politico per favorire la coesione europea», conclude Mario Vadrucci, «cercherà di fare gli interessi dell’Italia, aiutando anche le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti».
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