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Attualità

Non ne usciremo grazie ai sindaci-sceriffo

Centinaia di fasce tricolore positive all’appeal-virus ci chiederanno una medaglia a Covid-19 sconfitto. Ma non saranno la loro voce grossa e le loro battaglie per un click ad averci portato fuori dal tunnel

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C’è un nuovo modo di fare il sindaco che sta toccando l’apice della sua espressione all’ombra del coronavirus.


È quel sindaco che insegue i cittadini che escono di casa.


Quel sindaco che si reca nei parchi per dare in anteprima la notizia della loro chiusura ai presenti.


Quel sindaco che segue di persona, in chiesa, le funzioni religiose trasmesse in diretta streaming e cui dovrebbe presenziare solo l’officiante.


Quel sindaco che apostrofa i cittadini irrispettosi delle regole.


Quel sindaco che cerca una soluzione ai problemi nello scontro con le altre istituzioni.


Quel sindaco che sveste la fascia tricolore per cingervi il santo e la Madonna di turno.


O ancora (il più in di tutti) quel sindaco che fa il poliziotto. Nonostante i poliziotti facciano benissimo il loro mestiere.


Tutto è palcoscenico


All’inizio avevamo anche sorriso. Quando quei quattro sindaci, dai quattro angoli d’Italia, erano saliti alla ribalta della cronaca con le loro sgrammaticate video dirette social.


Prima uno, poi l’altro (perlopiù, ahinoi, meridionali), tra un congiuntivo reinventato e una sparata sessista (che fa sempre folclore) al grido “restate a casa” avevano dato il là ad una deriva che ha colonizzato l’Italia intera.


Non lo sapevamo ma, in un remake della corsa all’oro, i pionieri (del grido digitale) avrebbero lasciato spazio agli sceriffi (delle strade).


L’El Dorado, qui, non è la sanità, ma la popolarità. È il voto in più in prospettiva. L’ebrezza del consenso che viaggia sui nuovi mezzi di comunicazione, dove la forza, l’arroganza, la boria del pistolero, pagano sempre.


Mentre noi guardavamo i numeri, contavamo i contagi, piangevamo le vittime, scongiuravamo la sorte, loro han misurato la nostra paura e l’hanno cavalcata. Loro, son passati al comando della spettacolarizzazione della notizia.


Mascherati da cavalieri, da filantropi guardiani del popolo, in nome del benessere comune e della salvaguardia del prossimo hanno sguainato le loro spade.


Perché tutto è palcoscenico. Basta avere un obiettivo puntato contro e parte la messa in scena.


Ci eravamo lasciati, appunto, con quelle quattro frasi sgrammaticate di un sindaco di cui a stento ricordiamo il nome. Ci ritroviamo con gli sceriffi in strada, attori e registi di siparietti che richiamano le più infime delle ronde.


Sugli schermi di tutti noi sono andati in onda i vari Antonio Decaro, i vari Cateno De Luca. Esempi doc di quanto enarrato.

L’uno, rieletto sindaco di Bari, rieletto presidente Anci, ora si precipita costantemente in strada a rincorrere i cittadini. Puntualmente inseguito dalla telecamera, si fa riprendere mentre svuota parchi, rimprovera giovani e anziani, talvolta apostrofa qualcuno e talaltra lo minaccia.


Dal sostituirsi alle forze dell’ordine laddove non presenti, è passato al sostituirvisi anche in loro stessa presenza. Bacchettando l’ennesimo trasgressore in diretta. Svilendo le divise che assistono inermi al raccapricciante teatrino. Aggiungendo ancora una volta un nulla dove già niente c’era da aggiungere. Dove la polizia locale aveva già fatto il suo sacrosanto dovere, sanzionando meritatamente il cittadino che non era rimasto a casa.


L’altro, sindaco di Messina, sul molo del porto della sua città ha iniziato una battaglia navale al suo prefetto. Risultata, agli occhi di chi era dall’altra parte dello schermo, vincente sol perché decisa, forte, irruente.


E sono solo due delle decine, centinaia di eclatanti esempi di casi di sindaci risultati positivi all‘appeal virus.


Le loro strategie non pagano, se non in termini di visibilità.


Complici noi addetti ai lavori, giornali e stampa in generale, riempiono il piatto di click e popolarità e ci si ficcano.


Ma è il momento di porre un freno. Non possiamo e non dobbiamo permettere a nessuno di guadagnar consenso su una pandemia. Sulla morte.


Beninteso: sacrosanti restano controllo e denuncia, fermezza e rigore. Ma nei modi e nei termini dovuti ed utili alla causa.


È sempre bene ricordare che l’affascinante binomio forza=sicurezza altro non è che una illusoria bugia.


È sempre necessario ricordare che non è tempo di far politica spicciola: chi alza i toni del discorso, nasconde zero contenuti, zero soluzioni. Sempre.


Non assecondare chi agisce in questa maniera è il miglior modo per raggiungere l’obiettivo. Tutti noi possiamo fare il nostro, col nostro piccolo schermo, col nostro pollice, col nostro consenso consapevole.


Dare spazio e tempo a chi capovolge i ruoli, fa a pezzi le istituzioni, distrugge prima di provare a costruire, prende iniziativa laddove non potrebbe e dovrebbe, mette firme su ciò che non è di sua competenza, non ci salvaguarderà. Il coronavirus non si combatte coi lanciafiamme.


La strada da seguire l’abbiamo imparata tutti, a spese nostre. Resta sempre la stessa: insieme, vicini nel destino e nell’obiettivo, seppur a distanza l’uno dall’altro.


A testa bassa e denti stretti. Come chi in silenzio, giorno e notte, ci salva la vita tra le corsie d’ospedale.


L’El Dorado è uno e uno solo. Al diavolo gli sceriffi. Abbiamo bisogno di cuore, scienza, solidarietà e sì, anche di parole. Quelle giuste, quelle misurate, quelle ragionate.


Non abbiamo bisogno di quegli eroi in fascia tricolore che domani, quando tutti assieme ce l’avremo fatta e tutti assieme usciremo dal tunnel, ci chiederanno una medaglia in più per aver vinto la ridicola gara a chi ce l’ha più grosso.


Lorenzo Zito


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“Cari giovani, costruiamo libertà: non cediamo alla mafia”

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un nostro giovane lettore, Michele Cojocaru.

“L’impegno contro la mafia, non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza”. Queste le parole di Paolo Borsellino, che tengo sempre a mente.
Se dovessi scrivere una lettera ai giovani al tempo di oggi, scriverei così:

Cari giovani del mio tempo, sono Michele, ho 20 anni, vengo dalla provincia di Lecce. Nel mio paese, tanti giovani come noi sono caduti nelle mani della malavita. Tanti fumano, molti spacciano, alcuni hanno addirittura pistole con loro.

Vedendo questo scrivo a voi, giovani della mia generazione, non abbiate paura di denunciare questi fatti: la società di oggi conta su di noi.
Vorrei tanto, insieme a tutti voi, richiamare lo Stato italiano, per ricordargli ancora una volta di stare dalla nostra parte.

Cari giovani e care giovani, costruiamo insieme la società la nostra società. Il futuro non deve essere la droga, non devono essere le armi. Ma un futuro di pace, in cui possiamo dire ai
nostri figli: tutto questo lo abbiamo fatto per voi.

La mafia distrugge, la mafia uccide, la mafia vieta di sognare.

Anche nel Salento c’è la mafia.
Anche nella provincia di Lecce c’è la mafia, ma è una mafia silenziosa, che agisce senza fare rumore.

Non diamogliela vinta, costruiamo libertà: coraggio, insieme ce la faremo.

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Attualità

Porto Cesareo resta Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo

Confermata la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche

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L’Area Marina Protetta Porto Cesareo si conferma un’Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo (ASPIM), aggiudicandosi ancora una volta la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche.

La conferma della certificazione ASPIM è giunta al termine di una tre giorni di lavori sul campo da parte della commissione internazionale composta da Leonardo Tunesi, rappresentante del Focal Point, Robert Turk e Rais Chedly esperti internazionali, Antonio Terlizzi, esperto nazionale e dal direttore dell’AMP Porto Cesareo Paolo D’Ambrosio.

L’iter per ottenere il riconoscimento come da regolamento è passato dall’attivazione di attività di studio scientifico sistematico e di monitoraggio degli habitat, che consentono di stilare gli elenchi delle specie di flora e fauna necessari per definire il grado di biodiversità del sito.

«Lo status viene mantenuto attraverso il costante monitoraggio e salvaguardia delle specie individuate negli elenchi, ed essere ASPIM aumenta la nostra responsabilità di controllo dell’ambiente, allo scopo di salvaguardare le specie e gli habitat in cui esse vivono e si riproducono», hanno affermato soddisfatti i massimi responsabili di AMP Porto Cesareo.

Il riconoscimento dello status di ASPIM viene rilasciato dal Regional Activity Centre for  Specially Protected Area (RAC-SPA), con sede a Tunisi, organismo creato nel 1995 fra i Paesi che hannostipulato nel 1976 la Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento.

È questo centro che definisce e mantiene la lista delle ASPIM, vagliando nuove domande e promuovendo le aree protette meritevoli del riconoscimento.

Le aree marine protette italiane che detengono lo status di ASPIM sono attualmente 10.

Quattro in Sardegna tra cui Capo Carbonara, Capo Caccia-Isola Piana, Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre e Tavolara-Punta Coda Cavallo.

A livello nazionale figurano poi Portofino (prima AMP italiana ad aver ottenuto il riconoscimento, nel 2005), Miramare, Plemmirio, Punta Campanella.

Per il Salento, Porto Cesareo e Torre Guaceto.

Direttore e Presidente dell’AMP esprimono la loro soddisfazione per questo «ulteriore traguardo raggiunto, a conclusione di quest’anno, che conferma le altissime performance dell’AMP Porto Cesareo, la quale si posiziona non solo tra le prime a livello Nazionale, ma anche nell’élite delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea»

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Fitto vicepresidente Commissione Ue, arriva il via libera

La situazione si è sbloccata ieri sera con il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti. Ma i Verdi non ci stanno e i Socialisti si spaccano. Il presidente della Camera del Commercio di Lecce, Mario Vadrucci: «Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini e aiuterà le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti»

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Alla fine, Raffaele Fitto ce l’ha fatta.

Dopo lunghi giorni di attesa, polemiche a non finire e qualche ironia social, dopo il suo intervento in un inglese non proprio fluente, è arrivato il via libera alla nomina del politico salentino.

I coordinatori delle commissioni Affari regionali dell’Eurocamera, con il quorum dei due terzi, hanno dato l’ok alla nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione con delega alla Coesione.

Allo stesso tempo le commissioni Affari Economici, Industria e Ambiente hanno dato l’ok definitivo alla nomina della spagnola Teresa Ribera.

Il voto finale previsto mercoledì 27 novembre, in seno alla plenaria della Commissione europea.

L’accordo, formalizzato nella serata di ieri, ha sbloccato il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti su Fitto, mentre Ribera ha ricevuto il sostegno anche di Verdi e Sinistra.

Non sono mancate, però, le critiche: i Verdi hanno accusato il PPE di minare la trasparenza e i principi democratici, mentre il gruppo Socialista si è spaccato, con delegazioni di paesi come Germania e Francia contrarie all’intesa.

Per molti la nomina di Fitto è inopportuna perché «rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, l’ambiente e l’integrazione europea».

Il presidente della Camera del Commercio di Lecce Mario Vadrucci si compolimenta: «Da Italiani e soprattutto da salentini siamo particolarmente soddisfatti di come si è conclusa la vicenda connessa con il completamento della Commissione Europea, che vede Raffaele Fitto meritatamente nominato nel prestigioso incarico di vicepresidente esecutivo dell’organismo che regge politicamente e concretamente le sorti dell’Unione Europea».

«Le attestazioni di stima che, in questi giorni, da più parti politiche, sono state espresse sulla figura di Raffaele Fitto, èprosegue il presidente della Cammera del Commercio leccese, «ci fanno ben sperare in vista di un lavoro nei settori delicati cui è stato chiamato, quelli delle Riforme e della Coesione, che guardano al futuro ed alla crescita della parte meno sviluppata dei Paesi Europei».

«Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini salentine e, nel suo impegno politico per favorire la coesione europea», conclude Mario Vadrucci, «cercherà di fare gli interessi dell’Italia, aiutando anche le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti».

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