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Attualità

Il punto sul Covid col dottor Tassi del “Panico” di Tricase

Intervista al Direttore dell’Unità Complessa di Medicina di Laboratorio: “Nel Salento focolai ogni 20km quadri. Vaccino già a novembre”

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Storditi dal bombardamento di numeri (di contagi), dal fragore destato dalle nuove regole dettate del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), dal timore (per ora a quanto pare infondato) di un nuovo lockdown e in attesa del vaccino, abbiamo cercato di capire quale sia la reale situazione nel Salento.


Per questo abbiamo incontrato il Dott. Vittorio Tassi, Direttore dell’Unità Complessa di Medicina di Laboratorio dell’Ospedale “Cardinale Panico” di Tricase. Napoletano di origini, è specialista in Patologia Generale; a Tricase dal 1° giugno, ha un passato da ricercatore («ci ho “speso” una vita, 30 anni tra gli Stati Uniti e San Giovanni Rotondo») in biologia molecolare. Nel 2009 è arrivato nel Salento, al “Vito Fazzi”, dove ha diretto il laboratorio di Virologia e Biologia Molecolare fino a maggio e, nel marzo scorso, messo su il laboratorio Covid. Poi la chiamata dall’ospedale tricasino che «ho accettato con entusiasmo», dichiara il dott. Tassi che spiega: «Ho cercato di rivoluzionare il laboratorio di biologia molecolare, composto da personale eccellente ma ancora penalizzato dall’approccio tecnologico. In questi mesi, grazie anche a Suor Margherita Bramato (Direttrice generale dell’azienda ospedaliera, NdA) che ha creduto in me, dandomi carta bianca. Siamo intervenuti sul laboratorio riuscendo ad accrescerne in modo esponenziale il potenziale. Quando sono arrivato si processavano con difficoltà 80 tamponi al giorno, oggi abbiamo un potenziale di almeno 400 tamponi al giorno».


«La situazione in questo momento è molto diversa rispetto a quella di inizio pandemia. È un’evoluzione diversa perché a quel tempo il contagio era a macchia d’olio e, da un centro, si espandeva. Oggi si presenta a pelle di leopardo con dei focolai. All’epoca c’era tanta gente ricoverata, oggi molta di meno. Questo però non deve farci pensare che il virus abbia perso aggressività. Più semplicemente a marzo noi ci limitavamo a cercare di individuare coloro che avevano chiari sintomi del virus, oggi invece abbiamo capito come funziona e cerchiamo anche gli asintomatici. Siamo praticamente in una situazione simile a quella antecedente al marzo scorso, quando non sapevamo neanche dell’esistenza di soggetti asintomatici che sono i potenziali veicoli di contagio».


Se dovessimo fare riferimento in particolare al Salento?

«Abbiamo un grande patrimonio che è il Servizio di Igiene e Sanità, Dipartimento di Prevenzione (Sisp) dell’Asl, diretto dal dottor Alberto Fedele che funziona molto bene. Il Sisp ha 4 squadre che operano su tutta la provincia di Lecce (due sul territorio Nord, due su quello Sud). Quando viene segnalato un caso positivo, sia sintomatico che asintomatico, avviano subito il tracciamento, vanno ad interrogare la persona e rintracciano i contatti che vengono subito sottoposti a test molecolari. Nel momento in cui un focolaio viene circoscritto, di fatto viene spento perché le persone che hanno bisogno di ricovero vanno al “Vito Fazzi”, l’unico ospedale covid della provincia, chi invece è asintomatico resta a casa in isolamento. Per il momento  nel nostro territorio la media è di 3-4 focolai ogni 20 km quadrati ed è una situazione che riusciamo a controllare e contenere; se invece i focolai dovessero aumentare a dismisura comincerebbero i problemi».


DA TEST A TEST


Che differenza c’è tra test sierologico e molecolare?

«Il test sierologico noi lo facciamo in screening a tutte le persone che vengono in ospedale: è un prefiltro utile che ci rivela se la persona ha avuto una storia di contagio con il virus fino a 15 giorni prima del test. Se una persona che viene in ospedale per un ricovero o una qualsiasi pratica diagnostica dovesse risultare positiva, approfondiremmo il discorso tenendolo in stand-by per qualche giorno per poi ripetere il sierologico e, eventualmente, effettuare anche il tampone. Utilizziamo grande cautela, perché il bene prezioso che abbiamo e che dobbiamo custodire e proteggere è il nostro ospedale se vogliamo continuare a fornire tutti i servizi come fatto finora. Ecco perché, seppur a malincuore, non consentiamo visite alle persone ricoverate: è un momento particolare e tutti dobbiamo essere pazienti. Poi abbiamo due tipi di test, il diagnostico e il test di screening. Quello diagnostico ha la massima affidabilità («98% se negativo, 100% se positivo»). Lo scotto che si paga è in termini di tempo perché il risultato non lo si può avere prima di tre ore (al di fuori del nostro ospedale si va da qualche ora per i laboratori più organizzati a diversi giorni negli altri casi).

Infine, ci sono i test di screening che sono molto rapidi ma hanno un’affidabilità (sensibilità) del 60-70%. Di solito si utilizzano per valutare una comunità come una scuola o un’azienda nelle quali si vuol comprendere se vi è stata penetrazione da parte del virus. Si tratta di un test rapido con risultati disponibili in 15 minuti; in un giorno se ne possono processare pure 500. Dopo lo screening, se ad esempio il risultato è di nessun contagiato su 200 persone, ho la certezza pressocchè matematica che in quella scuola, quell’azienda, il virus non è entrato. Se dovessimo però avere anche uno o due positivi si ferma tutto, si torna indietro e si procede con i test diagnostici».


Come si fanno questi test?

«Quello diagnostico con un tamponcino che viene introdotto nella narice per qualche secondo; quello di screening si può fare allo stesso modo oppure con la saliva. Ciò che cambia è il processo di analisi».

Cosa sono sono i test salivari?

«In questo nosocomio abbiamo messo a punto da poco un tipo di test ultrasensibile, in accordo con la protezione civile che ci fornirà i reagenti necessari. Ha una affidabilità che supera il 90%, quindi quasi come il diagnostico, con l’esito però che è disponibile molto velocemente. Se dovessimo sottoporre a test, ad esempio, i miei colleghi o un reparto che può essere per qualche motivo a rischio, in 30 minuti avremmo il risultato del test su 30 persone».


AI PIÙ GIOVANI


Il rientro a scuola  era molto temuto e molte situazioni restano critiche…

«Accompagnando a scuola mio figlio resto  piuttosto sconcertato dal notare quei pullman che “vomitano” ragazzi, alcuni dei quali senza mascherina, ammassati tra loro in modo inaccettabile. Facciamo tanto per tenere aperte le scuole, spegnere focolai, contenere ogni forma di contagio e poi ci scontriamo con una realtà impreparata ad affrontare le emergenze. Probabilmente la Ministra Lucia Azzolina avrebbe dovuto considerare maggiormente la proposta della Conferenza delle Regioni per la didattica a distanza, almeno nelle scuole superiori».


Anche i più giovani però dovrebbero essere un po’ più responsabili…

«Capisco che i ragazzi abbiano questa allegra incoscienza propria dell’età… però hanno anche molti più stimoli, input e fonti di quante ne avevamo noi a suo tempo e possono capire con molta facilità che questo virus non è una stupidaggine. Se loro lo contraggono sarà anche difficile che possano ammalarsi gravemente ma diventano comunque veicolo di trasmissione. Ed in ogni famiglia esiste un nonno, un genitore o un parente fragile a rischio. Se vogliamo bene ai nostri familiari non dobbiamo dimostrarlo a chiacchiere o con un bacetto ma con le azioni. Azioni anche molto semplici come un minimo di distanziamento  quando si va in giro, la mascherina sempre indossata e lavarsi le mani spesso. Non si chiede mica la luna…».


PROTEGGIAMO IL NOSTRO OSPEDALE

Ha definito l’ospedale un bene di tutti da proteggere. La postazione di pre-triage all’ingresso del nosocomio ha questo scopo?

«Certo. Senza intaccare il percorso pulito che dovrà continuare a caratterizzare l’ospedale, quella postazione viene utilizzata proprio per eseguire i tamponi a chi rientra da viaggi all’estero, a chi viene individuato dal Dipartimento di Sanità Pubblica, dopo che il tracciamento ha verificato un contatto stretto con un positivo. Chi non è sintomatico può venire con i suoi mezzi, entra in quell’area ed in pochi minuti il nostro personale, opportunamente protetto, provvede ad effettuare il test prima di rimandare il paziente in isolamento in attesa del risultato. È un servizio importante perché solleva l’Asl dal lavoro immane di effettuare i tamponi a domicilio».

L’INVERNO FA PAURA?

Andiamo verso i mesi freddi dell’inverno. Questo deve farci paura?

«L’unica cosa che temiamo è che il diffondersi della “normale” influenza generi il caos. Nel momento in cui si presenteranno delle persone anche con un semplice raffreddore avremo paura. Intanto noi come ospedale ci stiamo  attrezzando di metodiche che ci consentano di distinguere rapidamente le diverse situazioni a rischio. Intanto per prevenire dovremmo, quanto più possibile, vaccinarci».

Il dott. Tassi si rivolge ai cosiddetti “No Vax”: «Non offendiamo la nostra intelligenza, la vaccinazione non comporta alcun rischio ed è gratuita, facciamola! Per le persone anziane, over 60, suggerirei anche la vaccinazione antipneumococcica contro la polmonite batterica. Basta farla una sola volta e dura cinque anni; ed è sufficiente rivolgersi al medico di famiglia. Vacciniamoci e, se indossiamo la mascherina, anche il virus influenzale verrà in qualche modo bloccato. Andiamo serenamente, per quanto possibile, verso l’inverno cercando agire in modo cauto ed intelligente».

Come accade per gli altri virus, col freddo dovremo attenderci un aumento dei contagi?


«A differenza di quanto accade con le normali influenze, il fattore stagionale e le temperature non hanno nessuna attinenza con i contagi da coronavirus. Detto questo, però, è innegabile che nel Salento siamo benedetti dal Signore: fin quando saremo all’aperto, con i nostri spazi, il nostro mare e con la nostra bassa densità di popolazione, i rischi saranno contenuti. Chance di contagio che aumentano vistosamente se si è costretti al chiuso degli uffici o delle aule scolastiche».


VACCINO IN ARRIVO GIà A NOVEMBRE


Lei è un ricercatore. Cosa ci può dire di questo benedetto vaccino che a detta di tutti è l’unica soluzione definitiva?

«Tra i tantissimi studi effettuati in tutto il mondo, quelli attualmente in “fase 3”, la più avanzata, sono una decina, appena tre o quattro quelli accreditati ad entrare in produzione. Tra di loro quello a cui partecipa l’Italia sembra funzionare, sia per l’immunità umorale, stimolando la produzione di anticorpi, che per l’immunità cellulare, attivando l’intero sistema immunitario contro il virus».



Che durata avrà l’immunità del vaccino?

«Non è ancora dato sapere. Vedremo se sarà necessario farlo più volte e con che intervallo di tempo».

Quanto dovremmo aspettare perché sia disponibile? «Entro la fine di novembre dovremmo avere il primo lotto di circa tre milioni di dosi del vaccino italiano. Da quanto si apprende queste prime dosi saranno destinate a persone fragili ed a personale sanitario. Nel giro di pochi mesi dovremmo avere la possibilità di vaccinarci tutti. Ritengo che entro la primavera dovremmo riuscire ad arrivare ad una vaccinazione massiva dell’intera popolazione e la storia dovrebbe cambiare il corso».

Può avere controindicazioni?

«Quelle di tutti gli altri vaccini. Niente di diverso. Come ogni vaccino avrà quella minima, davvero minima, parte di effetti collaterali. Il gioco, però, ne vale la candela, non c’è discussione. Quando ci sarà, vacciniamoci tutti. Nel frattempo, fino alla primavera prossima, dovremo ancora soffrire un po’ e continuare a… tamponare l’emergenza».

Giuseppe Cerfeda

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“Cari giovani, costruiamo libertà: non cediamo alla mafia”

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un nostro giovane lettore, Michele Cojocaru.

“L’impegno contro la mafia, non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza”. Queste le parole di Paolo Borsellino, che tengo sempre a mente.
Se dovessi scrivere una lettera ai giovani al tempo di oggi, scriverei così:

Cari giovani del mio tempo, sono Michele, ho 20 anni, vengo dalla provincia di Lecce. Nel mio paese, tanti giovani come noi sono caduti nelle mani della malavita. Tanti fumano, molti spacciano, alcuni hanno addirittura pistole con loro.

Vedendo questo scrivo a voi, giovani della mia generazione, non abbiate paura di denunciare questi fatti: la società di oggi conta su di noi.
Vorrei tanto, insieme a tutti voi, richiamare lo Stato italiano, per ricordargli ancora una volta di stare dalla nostra parte.

Cari giovani e care giovani, costruiamo insieme la società la nostra società. Il futuro non deve essere la droga, non devono essere le armi. Ma un futuro di pace, in cui possiamo dire ai
nostri figli: tutto questo lo abbiamo fatto per voi.

La mafia distrugge, la mafia uccide, la mafia vieta di sognare.

Anche nel Salento c’è la mafia.
Anche nella provincia di Lecce c’è la mafia, ma è una mafia silenziosa, che agisce senza fare rumore.

Non diamogliela vinta, costruiamo libertà: coraggio, insieme ce la faremo.

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Porto Cesareo resta Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo

Confermata la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche

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L’Area Marina Protetta Porto Cesareo si conferma un’Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo (ASPIM), aggiudicandosi ancora una volta la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche.

La conferma della certificazione ASPIM è giunta al termine di una tre giorni di lavori sul campo da parte della commissione internazionale composta da Leonardo Tunesi, rappresentante del Focal Point, Robert Turk e Rais Chedly esperti internazionali, Antonio Terlizzi, esperto nazionale e dal direttore dell’AMP Porto Cesareo Paolo D’Ambrosio.

L’iter per ottenere il riconoscimento come da regolamento è passato dall’attivazione di attività di studio scientifico sistematico e di monitoraggio degli habitat, che consentono di stilare gli elenchi delle specie di flora e fauna necessari per definire il grado di biodiversità del sito.

«Lo status viene mantenuto attraverso il costante monitoraggio e salvaguardia delle specie individuate negli elenchi, ed essere ASPIM aumenta la nostra responsabilità di controllo dell’ambiente, allo scopo di salvaguardare le specie e gli habitat in cui esse vivono e si riproducono», hanno affermato soddisfatti i massimi responsabili di AMP Porto Cesareo.

Il riconoscimento dello status di ASPIM viene rilasciato dal Regional Activity Centre for  Specially Protected Area (RAC-SPA), con sede a Tunisi, organismo creato nel 1995 fra i Paesi che hannostipulato nel 1976 la Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento.

È questo centro che definisce e mantiene la lista delle ASPIM, vagliando nuove domande e promuovendo le aree protette meritevoli del riconoscimento.

Le aree marine protette italiane che detengono lo status di ASPIM sono attualmente 10.

Quattro in Sardegna tra cui Capo Carbonara, Capo Caccia-Isola Piana, Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre e Tavolara-Punta Coda Cavallo.

A livello nazionale figurano poi Portofino (prima AMP italiana ad aver ottenuto il riconoscimento, nel 2005), Miramare, Plemmirio, Punta Campanella.

Per il Salento, Porto Cesareo e Torre Guaceto.

Direttore e Presidente dell’AMP esprimono la loro soddisfazione per questo «ulteriore traguardo raggiunto, a conclusione di quest’anno, che conferma le altissime performance dell’AMP Porto Cesareo, la quale si posiziona non solo tra le prime a livello Nazionale, ma anche nell’élite delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea»

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Fitto vicepresidente Commissione Ue, arriva il via libera

La situazione si è sbloccata ieri sera con il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti. Ma i Verdi non ci stanno e i Socialisti si spaccano. Il presidente della Camera del Commercio di Lecce, Mario Vadrucci: «Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini e aiuterà le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti»

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Alla fine, Raffaele Fitto ce l’ha fatta.

Dopo lunghi giorni di attesa, polemiche a non finire e qualche ironia social, dopo il suo intervento in un inglese non proprio fluente, è arrivato il via libera alla nomina del politico salentino.

I coordinatori delle commissioni Affari regionali dell’Eurocamera, con il quorum dei due terzi, hanno dato l’ok alla nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione con delega alla Coesione.

Allo stesso tempo le commissioni Affari Economici, Industria e Ambiente hanno dato l’ok definitivo alla nomina della spagnola Teresa Ribera.

Il voto finale previsto mercoledì 27 novembre, in seno alla plenaria della Commissione europea.

L’accordo, formalizzato nella serata di ieri, ha sbloccato il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti su Fitto, mentre Ribera ha ricevuto il sostegno anche di Verdi e Sinistra.

Non sono mancate, però, le critiche: i Verdi hanno accusato il PPE di minare la trasparenza e i principi democratici, mentre il gruppo Socialista si è spaccato, con delegazioni di paesi come Germania e Francia contrarie all’intesa.

Per molti la nomina di Fitto è inopportuna perché «rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, l’ambiente e l’integrazione europea».

Il presidente della Camera del Commercio di Lecce Mario Vadrucci si compolimenta: «Da Italiani e soprattutto da salentini siamo particolarmente soddisfatti di come si è conclusa la vicenda connessa con il completamento della Commissione Europea, che vede Raffaele Fitto meritatamente nominato nel prestigioso incarico di vicepresidente esecutivo dell’organismo che regge politicamente e concretamente le sorti dell’Unione Europea».

«Le attestazioni di stima che, in questi giorni, da più parti politiche, sono state espresse sulla figura di Raffaele Fitto, èprosegue il presidente della Cammera del Commercio leccese, «ci fanno ben sperare in vista di un lavoro nei settori delicati cui è stato chiamato, quelli delle Riforme e della Coesione, che guardano al futuro ed alla crescita della parte meno sviluppata dei Paesi Europei».

«Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini salentine e, nel suo impegno politico per favorire la coesione europea», conclude Mario Vadrucci, «cercherà di fare gli interessi dell’Italia, aiutando anche le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti».

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