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Specchia

Specchia saluta il suo don Antonio

Domenica 2 maggio, alle 20, presso la Sala Consiliare di Specchia, incontro pubblico per festeggiare l’ordinazione sacerdotale del concittadino don Antonio Coluccia, avvenuta lo scorso 24 aprile presso il Santuario di Pompei.

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Domenica 2 maggio, alle 20, presso la Sala Consiliare di Specchia, incontro pubblico per festeggiare l’ordinazione sacerdotale del concittadino don Antonio Coluccia, avvenuta lo scorso 24 aprile presso il Santuario di Pompei. Il neo sacerdote, sempre domenica, in mattinata, celebrerà la sua prima Messa a Specchia in Chiesa Madre, momento molto atteso e che sarà vissuto con gioia e commozione da tutta la comunità parrocchiale, che lo ha visto crescere nella fede ed avviene a distanza di trent’anni dall’ultima ordinazione sacerdotale di uno specchiese. L’Amministrazione comunale festeggerà l’avvio del cammino sacerdotale del concittadino nel corso di un momento di condivisione comunitaria che prevede inizialmente la proiezione di un filmato dal titolo“La Vita è un Dono”, dedicato alle esperienze pastorali che hanno fatto parte del cammino di fede del neo sacerdote. Al termine, Isabella De Nicola, assessore alle Pari Opportunità, ed Alfredo Sanapo, vice presidente dell’omonima Commissione Cittadina, consegneranno a don Antonio Coluccia il Premio“Dalle Donne a…2010”, che consisterà in una somma in denaro che il sacerdote devolverà all’Associazione Onlus Missione Vocazionisti in Indonesia. Successivamente, il sindaco Antonio Biasco, a nome dell’intera cittadinanza, formulerà un affettuoso saluto augurale, a testimoniare la vicinanza della popolazione che lo seguirà con affetto e preghiera lungo il sentiero da ministro del culto. All’incontro, insieme a don Stefano Ancora, parroco di Specchia, parteciperanno i sacerdoti originari di Specchia, il Maresciallo dei Carabinieri Pasquale Erriquez, le autorità e i rappresentanti religiosi della stessa cittadina.

Cronaca

Incidente sulla Tricase-Lucugnano, arrestato il conducente dell’auto

Migliorano le condizioni del 28enne, che viaggiava in bici, rimasto ferito gravemente…

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Dopo la tragica fine di uno dei due ragazzi del Bangladesh, Uddin Naem, di 22 anni, che ieri sera ha perso la vita, mentre viaggiava a bordo del suo monopattino, durante il tragico incidente avvenuto sulla Tricase-Lucugnano, ci sono importanti novità.

Migliorano le condizioni del 28enne, che viaggiava in bici, rimasto ferito gravemente.

L’automobilista, il 30enne D. S., originario di Specchia, che guidava una  Volvo V40 in direzione di Lucugnano, è stato arrestato per omicidio stradale (agli arresti domiciliari), è risultato positivo e guidava sotto effetto di alcol e droga.

La salma del 22enne è stata trasferita all’obitorio dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce, a disposizione della procura, ed i mezzi coinvolti sono stati sequestrati per ulteriori accertamenti.

La patente dell’automobilista è stata ritirata.

 

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Attualità

Ovunque vai, Martinucci

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia. Qualità e tradizione grazie alle due linee di produzione dell’azienda salentina, portavoce dell’abilità dolciaria nostrana ad ogni latitudine

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Martinucci è un’azienda riconosciuta nel mondo, portavoce della tradizione dolciaria ad ogni latitudine, con tanti punti vendita in Salento ed in diversi Paesi del globo.

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia.

Con Fabio Martinucci facciamo il punto su come si possano raggiungere obiettivi così grandi, continuando il proprio percorso di crescita, mantenendo alti gli standardi qualità.

Eccellere su piccola e grande scala. Qual è il segreto?

«Senz’altro la nostra produzione, che oggi viaggia su due linee: una artigianale ed una industriale, mantenendo sempre altissimi standard di qualità. I prodotti della linea artigianale sono quelli che realizziamo nel nostro laboratorio di Acquarica del Capo. Da qui partono i prodotti freschi che lavoriamo giornalmente e che servono tutte le nostre pasticcerie presenti in Salento. I prodotti che vendiamo nelle pasticcerie Martinucci nel mondo, invece, sono realizzati dalla nostra linea industriale. Una linea che conserva tutte le caratteristiche del prodotto artigianale e tutte quelle preziose conoscenze artigiane tramandate nel tempo, lungo la decennale esperienza di Martinucci nel settore. La nostra azienda oggi è un po’ una fotografia del settore dolciario, in cui produzione artigianale ed industriale viaggiano sempre l’una accanto all’altra».

In che modo due metodi di lavoro, all’apparenza lontani, si avvicinano?

«Nel mondo della pasticceria, la produzione artigianale oggi si regge in gran parte sul lavoro industriale. Questo non ci deve spaventare o insospettire. Al contrario, è un percorso che ormai avanza in simbiosi e che permette di accrescere la qualità dei prodotti. Basti pensare che tutta la pasticceria oggi è improntata sull’utilizzo di semilavorati, compresa quella di pasticcieri e gelatai che si definiscono artigiani. Nel settore, tutti utilizziamo i prodotti semilavorati, talvolta anche provenienti dalle grandi multinazionali, senza che questo rappresenti un peggioramento nella qualità del prodotto. Anche grandi aziende storiche come la Pernigotti forniscono ingredienti, per fare un esempio come la nocciola di Piemonte DOC, che vengono impiegati dai mastri artigiani. Questo ci dice, nella realtà dei fatti, che produzione artigiana ed industriale non devono essere considerate antitetiche, come molte campagne di marketing vogliono farci credere, ma sono molto più prossime di quanto possiamo immaginare. Non a caso Martinucci oggi, con la sua linea industriale, è sia produttore che distributore sul mercato di semilavorati, che vengono acquistati ed impiegati giornalmente anche da molte piccole realtà del nostro territorio».

Esiste ancora l’antica figura del pasticciere che gestisce la produzione dalla A alla Z?

«Sono davvero rarissimi i pasticcieri che continuano a gestire artigianalmente l’intero processo di produzione e vendita in autonomia. È difficile pensare che al giorno d’oggi un pasticciere prepari ogni mattina tutta la produzione per la singola giornata. La prassi vuole che anche i dolci dei laboratori artigianali vengano realizzati in gran numero per coprire più giornate, poi conservati e cotti di volta in volta, giorno per giorno, secondo vendite e necessità».

Pesano ancora i falsi miti sulla produzione industriale nelle scelte dei consumatori?

«Purtroppo, si. Diverse credenze spingono il consumatore a pensare che un prodotto, se non realizzato e consumato al momento, abbia un gusto differente oppure possa nascondere delle sorprese. Ma non è così. Uno dei falsi miti più radicati è quello relativo alla conservazione. I prodotti della linea industriale, anche ma non solo per poter essere gustati in luoghi diversi da quelli di produzione, sono sottoposti a congelamento. E questo può generare scetticismo nel consumatore. In realtà, il processo di conservazione non altera le proprietà organolettiche. Ed inoltre rappresenta anche un presidio di sicurezza per il consumatore, dal punto di vista batteriologico. L’abbattimento che effettuiamo a livello industriale (oggi richiesto in molti ambiti anche dalle Asl), portando il prodotto a -18° in venti minuti, rende la proliferazione batterica innocua per il consumatore. È un po’, per fare un parallelismo, come quando in ambito domestico congeliamo la classica lasagna della nonna per mangiarla l’indomani. In questo caso, nei laboratori, con strumentazioni e procedure professionali, che permettono il cosiddetto abbattimento, abbiamo ulteriori garanzie circa la sicurezza del prodotto che viene somministrato al cliente. È proprio come nei ristoranti dove, per intenderci, non consumeremmo mai un tonno o delle cozze se prima non passate in abbattitore».

Processo industriale ed artigianale: la qualità è nel punto d’incontro?

«Mi sento di dire che senza la grande industria oggi non ci sarebbero i grandi artigiani. Se un prodotto è scadente questo non dipenderà dall’utilizzo dei semilavorati, ma dalla qualità di quei semilavorati che si sceglie di utilizzare. Un consiglio? Assaggiare per credere!».

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Specchia

Il salentino Luigi Placì campione del mondo nelle arti marziali

Specialità “Kumite Kombat Submission”. Lo specchiese è figlio di Camillo Placì, coach internazionale di volley

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Il salentino Luigi Placì, appartenente ai reparti specialistici della Marina Militare Italiana, è Campione del Mondo di “Kumite Kombat Submission”, in occasione del Campionato Mondiale di Arti Marziali svoltosi a Roma ed organizzato dalla Federazione Internazionale di Lotta (XFC – Xtreme Fighting Championships), una delle principali organizzazioni internazionali di arti marziali miste (MMA) con sede negli Stati Uniti e in Sud America.

Il fighter di Specchia, nome di battaglia Lumberjack, cintura nera di jujitsu israeliano, nato nel 1983 a Specchia, con i suoi 1,85 cm per 105 kg  di peso, per raggiungere l’ambito traguardo ha combattuto contro avversari provenienti da tutto il globo.

In occasione dell’appuntamento sportivo internazionale erano in palio le cinture per diverse discipline dal karatè alle MMA, tra queste anche il “Kumite Kombat Submission”, un mix tra judo, jujitsu e lotta greco romana.

Uno sport per fini competitivi tra due atleti che combattono fra loro impiegando delle determinate regole d’ingaggio (di solito significativamente diverse da quelle simulate nei combattimenti intesi per pratica), simulando parte di un combattimento corpo a corpo all’interno di un contesto agonistico.

Si può dire che buon sangue non mente: Luigi è figlio di Camillo Placì, allenatore di pallavolo che, nella sua carriera, oltre che in Italia, alla guida di squadre di vertice a livello internazionale, ha conquistato tanti trofei allenando in Bulgaria, Russia, Turchia e Serbia.

Nel suo curriculum annovera Coppe dei Campioni, medaglie olimpiche, World League, intere stagioni senza avere mai perso un match.

Attualmente allenatore della Saturnia Acicastello, team che disputa il campionato di volley maschile di serie A2, con l’obiettivo di ritornare in SuperLega.

Ora papà Camillo dovrà fare spazio tra i suoi trofei perchè non è più l’unico vincente in famiglia.

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