Approfondimenti
Aumentano le imprese femminili in provincia di Lecce
Speciale 8 marzo: l’analisi sulle imprese in «rosa», dal 2015 ad oggi. Sono 14.933 e rappresentano il 22,6% del totale delle aziende attive salentine (65.966)
Aumentano le imprese femminili in provincia di Lecce. Sono 14.933 e rappresentano il 22,6 per cento del totale delle aziende attive salentine (65.966). È quanto emerge da uno studio condotto dall’Osservatorio Economico Aforisma, diretto da Davide Stasi, che ha analizzato l’andamento delle imprese in «rosa» dal 2015 ad oggi.
L’analisi per settori economici evidenzia una consistente presenza imprenditoriale femminile nel commercio con 4.784 imprese attive che rappresentano il 32 per cento del totale delle imprese femminili (14.933); nell’agricoltura si contano 2.781 imprese (pari al 18,6 per cento), nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione 1.683 imprese (pari all’11,3 per cento) e nelle «altre attività di servizi» (prevalentemente servizi alla persona) con 1.633 imprese (pari al 10,9 per cento). Le attività manifatturiere sono 974 (pari al 6,5 per cento).
«Lo studio prende in esame le imprese attive – spiega Davide Stasi – ovvero quelle iscritte in Camera di Commercio, che esercitano l’attività e non risultano avere procedure concorsuali in atto. Si tratta, quindi, di un sottoinsieme dello stock totale delle imprese presenti nel Registro delle imprese. Di recente – aggiunge Stasi – è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del primo febbraio scorso, il decreto interministeriale del 24 novembre 2021 che disciplina il sostegno finanziario a valere sulle risorse del PNRR degli interventi previsti dall’investimento “Creazione di imprese femminili”. Il decreto incrementa di 160 milioni di euro la dotazione finanziaria prevista per gli interventi da ripartire tra gli interventi di cui ai Capi II e III del decreto 30 settembre 2021 (Risorse per euro 38,8 milioni destinate agli interventi del Capo II, recante “Incentivi per la nascita delle imprese femminili”; Risorse per euro 121,2 milioni destinate agli interventi del Capo III, recante “Incentivi per lo sviluppo e il consolidamento delle imprese femminili”). In questo modo si rafforzano anche le altre misure già avviate. Il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, che si avvale dell’Agenzia nazionale Invitalia».
Questo il trend delle imprese femminili attive in provincia di Lecce, anno per anno: 14.113 a fine 2015; 14.276 l’anno dopo; 14.417 nel 2017; 14.459 l’anno successivo; 14.556 nel 2019; 14.550 a fine 2020. Dal 2015 ad oggi, dunque, sono aumentate di 820 unità, pari ad un tasso di crescita del 5,8 per cento.
L’incremento maggiore si registra nelle attività dei servizi alloggio e ristorazione: da 1.439 a 1.683, ovvero 244 attività in più (+17 per cento). A seguire le imprese in agricoltura sono passate da 2.500 a 2.781, ovvero 281 (+11,2 per cento); le «altre attività di servizi» crescono da 1.450 a 1.633, ovvero 183 aziende in più (+12,6 per cento).
Fondo impresa Donna e PNRR
La legge di bilancio 2021 (Legge numero 178/2020, articolo 1, commi 97-106) ha istituito, presso il Ministero dello Sviluppo economico, un Fondo, dotato di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, finalizzato a:
- a) sostenere l’avvio dell’attività, gli investimenti e il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminili, con specifica attenzione ai settori dell’alta tecnologia;
- b) programmi ed iniziative per la diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile
- c) programmi di formazione e orientamento verso materie e professioni in cui la presenza femminile va adeguata alle indicazioni di livello europeo e nazionale, con iniziative per promuovere il valore dell’impresa femminile nelle scuole e nelle Università; per la diffusione di cultura imprenditoriale tra le donne; di orientamento e formazione verso percorsi di studio STEM e verso professioni tipiche dell’economia digitale; azioni di comunicazione per diffondere la cultura femminile d’impresa e promuovere i programmi finanziati.
Gli interventi di supporto possono consistere in:
- a) contributi a fondo perduto per avviare imprese femminili (con particolare attenzione alle imprese individuali e alle attività libero professionali in generale e con specifica attenzione a quelle avviate da donne disoccupate di qualsiasi età);
- b) finanziamenti a tasso zero o comunque agevolati – è ammessa anche la combinazione di contributi a fondo perduto e finanziamenti – per avviare e sostenere le attività di imprese femminili.
In proposito, la legge di bilancio, a decorrere dall’anno 2021 ha anche autorizzato la spesa annua di 0,8 milioni di euro dell’Ente nazionale per il micro-credito per le attività istituzionali finalizzate alla concessione di finanziamenti per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di micro-impresa, con particolare riferimento alla promozione e al rafforzamento della micro imprenditoria femminile considerata dalle norme qui in esame (articolo 1, comma 255).
- c) incentivi per rafforzare le imprese femminili, costituite da almeno 36 mesi, sotto la forma di contributo a fondo perduto del fabbisogno di circolante nella misura massima dell’ottanta per cento della media del circolante degli ultimi 3 esercizi;
- d) percorsi di assistenza tecnico-gestionale, per attività di marketing e di comunicazione durante tutto il periodo di realizzazione degli investimenti o di compimento del programma di spesa, anche attraverso un sistema di voucher per accedervi;
- e) investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle imprese a guida femminile tra le start-up innovative e le PMI innovative, nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali;
- f) azioni di comunicazione per la promozione del sistema imprenditoriale femminile italiano.
Le attività devono incentrarsi sulla collaborazione con le regioni e gli enti locali, con le associazioni di categoria, con il sistema delle camere di commercio e con i comitati per l’imprenditoria femminile, anche attraverso forme di cofinanziamento tra i rispettivi programmi in materia.
Il Ministro dello sviluppo economico deve poi presentare annualmente alle Camere una relazione sull’attività svolta e sulle possibili misure da adottare per risolvere i problemi relativi alla partecipazione della popolazione femminile alla vita economica e imprenditoriale del Paese.
La legge di bilancio ha previsto, a tal fine, la costituzione del Comitato impresa donna, di cui il Ministro si avvale per l’esercizio delle attività sopra indicate.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha previsto di incrementare le risorse del Fondo nell’ambito del programma di investimento M5-C1-I.1.2 Creazione di imprese femminili, cui vengono complessivamente destinati 400 milioni di euro. L’adozione del D.M. di istituzione del Comitato impresa donna, intervenuta con l’adozione del Decreto interministeriale 27 luglio 2021, costituisce parte integrante del percorso di realizzazione dell’investimento previsto dal PNRR, come l’adozione del Decreto interministeriale 30 settembre 2021 attuativo del Fondo impresa donna.
Credito agevolato per l’autoimprenditorialità giovanile e femminile
L’accesso al credito per le piccole e medie imprese a totale o prevalente partecipazione femminile è sostenuto anche attraverso il riconoscimento di mutui a tasso zero e l’accesso agevolato alla Sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese – Sezione Pari Opportunità.
Mutui a tasso zero e quota a fondo perduto
Il Capo 01 del Titolo I del D.lgs. numero 185/2000 – introdotto dal D.L. 145/2013 (Legge numero 9/2014) e riformato dall’articolo 29 del D.L. numero 34/2019 (L. numero 58/2019) – contiene misure dirette a sostenere, attraverso condizioni agevolate di accesso al credito, la creazione di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile, in tutto il territorio nazionale.
L’intervento in questione è stato potenziato con la legge di bilancio 2020 (L. numero 160/2019 articolo 1, comma 90, lett. d)), che ha introdotto la possibilità di integrare i finanziamenti agevolati di cui al capo 01 del D.lgs. numero 185/2000, con una quota a fondo perduto.
Possono beneficiare delle agevolazioni le imprese:
- a) costituite da non più di sessanta mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione;
- b) di micro e piccola dimensione;
- c) costituite in forma societaria;
- d) in cui la compagine sia composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote partecipazione, da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni ovvero da donne.
Possono, altresì, richiedere le agevolazioni le persone fisiche che intendono costituire un’impresa purché esse, entro 45 dalla comunicazione di ammissione alle agevolazioni, facciano pervenire la documentazione necessaria a comprovare l’avvenuta costituzione dell’impresa e il possesso dei requisiti richiesti per l’accesso alle agevolazioni.
Ai beneficiari sono concessi mutui agevolati per gli investimenti, a tasso zero, della durata massima di dieci anni (anziché 8 come invece previsto prima del decreto-legge numero 34/2019) e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile nei limiti consentiti dalla disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore (cd. aiuti di Stato de minimis), contenuta nel Regolamento (UE) numero 1407/2013 (per cui l’entità dell’aiuto – in termini di sgravio sugli interessi – non può essere superiore a 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari). La gestione degli interventi è affidata ad INVITALIA S.p.a.
In base alla riforma contenuta nel D.L. numero 34/2019 e al successivo intervento contenuto nella Legge di bilancio 2020, la percentuale di copertura delle spese ammissibili è stata innalzata al 90 per cento del totale e le agevolazioni possono essere concesse alle condizioni e nei limiti dei massimali degli aiuto di Stato stabiliti dall’articolo 22 (per le micro e piccole imprese in fase di avviamento, costituite da meno di 36 mesi) e 17 (per le micro e piccole imprese costituite da più di 36 mesi) del Regolamento UE di esenzione per categoria (GBER) Reg. numero 651/2014/UE.
L’inclusione delle imprese agricole di nuova costituzione è stato inserito con il decreto-legge numero 23/2020 (articolo 41, comma 4-ter).
Possono essere finanziate, secondo i criteri e le modalità stabiliti con provvedimento attuativo secondario – D.M. 4 dicembre 2020 (cfr. apposito focus) – le iniziative che prevedono investimenti non superiori a 1,5 milioni di euro, ovvero – in virtù della novella apportata alla normativa dal decreto-legge numero 34/2019 – 3 milioni di euro per le imprese costituite da almeno trentasei mesi e da non oltre sessanta.
Le iniziative di investimento devono riguardare la produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli ovvero all’erogazione di servizi in qualsiasi settore, incluso il commercio e il turismo, nonché le iniziative relative agli ulteriori settori di particolare rilevanza per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile (individuate dal decreto interministeriale attuativo).
Il decreto-legge numero 34/2019 ha introdotto la cumulabilità delle agevolazioni con altri regimi di aiuti, nei limiti previsti dalla disciplina europea di riferimento (cfr. nuovo articolo 4-ter nel decreto legislativo numero 185/2000).
Lo stesso decreto legge ha demandato ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 29 luglio 2020, la ridefinizione della disciplina di attuazione del Capo 01 del decreto legislativo numero 185/2000, prevedendo anche, per le imprese di più recente costituzione, l’offerta di servizi di tutoraggio e la copertura dei costi iniziali di gestione, per una percentuale comunque non superiore al 20 per cento del totale delle spese ammissibili.
In attuazione, è stato adottato il decreto interministeriale 4 dicembre 2020, pubblicato in G.U. 27 gennaio 2021. Il decreto attua anche quanto previsto dalla Legge di bilancio 2020 (L. numero 160/2019, articolo 1, co. 90, lett. d)), circa la possibilità di integrare i finanziamenti agevolati di cui al capo 01 del decreto legislativo numero 185/2000, con una quota a fondo perduto.
Nel dettaglio, la Legge di bilancio 2020 (L. numero 160/2019, articolo 1, comma 90, lett. d)) ha disposto che gli interventi agevolativi per l’autoimprenditorialità giovanile e femminile di cui al Capo 01 del decreto legislativo numero 185/2000 possano essere integrati, nel rispetto della normativa dell’UE, con una quota di finanziamento a fondo perduto, concesso con procedura a sportello, in misura non superiore al 20 per cento delle spese ammissibili a valere su risorse dei fondi strutturali e d’investimento europei (Fondi SIE), sulla base di convenzioni tra il Ministero dello sviluppo economico e le amministrazioni titolari dei programmi, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze. In ogni caso, la misura massima delle agevolazioni complessivamente concedibili non può superare il 90 per cento delle spese ammissibili.
A tale fine, la legge di bilancio ha stanziato 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023. Per l’erogazione dei contributi a fondo perduto, possono essere utilizzate anche le risorse originariamente destinate a contributi della stessa natura che si rendessero eventualmente disponibili sul conto aperto presso la tesoreria dello Stato per la gestione delle agevolazioni in questione, quantificate dal gestore INVITALIA, al 31 dicembre di ciascun anno dal 2019 al 2022. La disciplina attuativa della previsione è stata demandata ad uno o più decreti di natura non regolamentare del MISE, di concerto con il MEF. Il D.M. 4 dicembre 2020 dà dunque seguito a tale previsione.
La Sezione speciale “Imprenditoria Femminile” del Fondo di garanzia PMI
Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti finalizzati a facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese, garantendone la liquidità attraverso un sostegno in garanzia per la contrazione di finanziamenti. Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo stesso.
La Sezione Speciale “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità” (cd. Sezione Speciale “imprenditoria femminile”) è stata istituita ai sensi del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, 26 gennaio 2012 e dell’Atto di Convenzione del 14 marzo 2013 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’economia e delle finanze, con un plafond iniziale di 10 milioni di euro. L’atto di convenzione è stato successivamente integrato da un Atto aggiuntivo, sottoscritto in data 2 dicembre 2014 e approvato con decreto della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per le Pari Opportunità, del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’economia e finanze del 20 aprile 2015. La Sezione speciale è destinata alla concessione dell’intervento in garanzia a favore delle imprese femminili e delle donne professioniste.
I contributi della Presidenza del Consiglio per la Sezione speciale sono versati sul conto corrente infruttifero numero 22034 intestato al Medio Credito Centrale S.p.A. rubricato Fondo di Garanzia PMI, aperto presso la Tesoreria Centrale dello Stato.
La Sezione interviene mediante la concessione di agevolazioni nella forma di garanzia diretta, di controgaranzia/riassicurazione e di cogaranzia del Fondo stesso, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all’attività di impresa.
Le imprese femminili beneficiarie dell’intervento in garanzia (ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 53, comma 1, lett. a) D.lgs. numero 198/2006) sono le micro, piccole e medie imprese con le seguenti caratteristiche:
società cooperative e società di persone costituite in misura non inferiore al 60 per cento da donne;
società di capitali le cui quote di partecipazione spettano in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne; imprese individuali gestite da donne.
In favore delle imprese Start up femminili è riservata una quota pari al 50 per cento della dotazione della Sezione speciale “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari opportunità”. Tale riserva può subire modifiche in aumento o in diminuzione sulla base di opportune valutazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Sono start up femminili, ai sensi della Convenzione, le PMI aventi i requisiti sopra indicati che sono state costituite o hanno iniziato la propria attività da meno di tre anni rispetto alla data di presentazione della richiesta di ammissione alla garanzia del Fondo, come risultanti dalle ultime due dichiarazioni fiscali presentate dall’impresa.
La circolare numero 11/2015 del Mediocredito Centrale, che ha reso operativa l’estensione degli interventi della Sezione speciale alle donne professioniste, definisce tale categoria. Le donne professioniste sono quelle iscritte agli ordini professionali o aderenti alle associazioni professionali iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della L. numero 4/2013 e in possesso dell’attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge.
Alle imprese femminili e alle donne professioniste sono riservate condizioni speciali vantaggiose per la concessione dell’intervento in garanzia del Fondo, e, in particolare:
possibilità di prenotare direttamente la garanzia priorità di istruttoria e di delibera;
esenzione dal versamento della commissione una tantum al Fondo.
Per tutto ciò che non è esplicitamente previsto dalla specifica regolamentazione della Sezione Speciale per le Pari Opportunità, vale la normativa ordinaria del Fondo contenuta nelle Disposizioni operative in vigore (approvate con D.M. 13 febbraio 2019).
Si rammenta che, nell’attuale situazione di crisi opera per le PMI colpite dagli effetti della pandemia, sino al 31 dicembre 2021, una disciplina potenziata, transitoria e speciale, di intervento del Fondo di garanzia PMI (articolo13, comma 1 decreto-legge numero 23/2020 e ss.mod. e int. Si rinvia, sul punto, al tema dell’attività parlamentare “Misure fiscali e finanziarie per contrastare l’emergenza da coronavirus”).
L’operatività del Fondo di garanzia per le PMI a sostegno del sistema imprenditoriale femminile è monitorata periodicamente. L’ultima Relazione sulla Sezione speciale disponibile sul sito istituzionale del Dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri è aggiornata al 31 marzo 2019.
Secondo quanto risulta nella Relazione, dall’inizio dell’operatività del Fondo (gennaio 2000) sino al 31 marzo 2019, le imprese a prevalente partecipazione femminile garantite risultano 110.746, per un ammontare di finanziamenti accolti pari a 8,7 miliardi di euro e importo garantito pari a 5,6 miliardi di euro.
Dall’anno 2010 la dinamica delle domande accolte relative a imprese a prevalente partecipazione femminile ha evidenziato una crescita significativa (+117,6 per cento in termini di operazioni rispetto al 2009).
Si rammenta, infine, che, alle agevolazioni specificamente dirette alle imprese femminili, possono applicarsi, entro i limiti di cumulabilità derivanti dalla disciplina europea in materia di aiuti di Stato, ulteriori forme incentivanti generalmente previste per le imprese, quali, ad esempio, quelle a sostegno delle start up innovative o a sostegno delle imprese dislocate nelle aree del Mezzogiorno.
Ulteriori interventi per le imprese femminili innovative e verdi
Promozione del venture capital in favore di progetti di imprenditoria femminile ad elevata innovazione
La legge di bilancio 2021 (L. numero 178/2020, articolo 1, co. 107-108) ha introdotto anche interventi per sostenere investimenti nel capitale di rischio per progetti di imprenditoria femminile a contenuto di innovazione tecnologica, che prevedono il rientro dell’investimento iniziale esclusivamente nel lungo periodo, realizzati entro i confini del territorio nazionale da società il cui capitale è detenuto in maggioranza da donne.
A tal fine, viene finanziato per 3 milioni di euro per l’anno 2021 il Fondo a sostegno del Venture capital, istituito dall’articolo 1, comma 209, della legge numero 145/2018 (Legge di bilancio 2019).
I criteri di selezione e di individuazione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze dei fondi da integrare (attraverso l’intervento del citato Fondo), nonché le modalità per l’assegnazione dei finanziamenti ai progetti imprenditoriali è demandata ad un decreto interministeriale, non ancora adottato.
Fondo Green New Deal anche per le imprese femminili
La legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 85, L. numero 160/2019), ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo da ripartire (cd. Fondo Green New Deal) con una dotazione di 470 milioni di euro per l’anno 2020, di 930 milioni di euro per l’anno 2021 e di 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, di cui una quota non inferiore a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 destinata ad interventi coerenti con le finalità previste dall’articolo 19, comma 6, del D.lgs. numero 30/2013, di cui fino a 20 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni destinati alle iniziative da avviare nelle zone economiche ambientali.
La legge (articolo 1, comma 86) autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze a intervenire attraverso la concessione di una o più garanzie, a titolo oneroso, al fine di sostenere programmi specifici di investimento e operazioni, anche in partenariato pubblico privato e anche realizzati con l’intervento di università e organismi privati di ricerca, finalizzati a realizzare progetti economicamente sostenibili che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell’economia, l’economia circolare, il supporto all’imprenditoria giovanile e femminile, la riduzione dell’uso della plastica e la sostituzione della plastica con materiali alternativi, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l’adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico e, in generale, programmi di investimento e progetti a carattere innovativo e ad elevata sostenibilità ambientale tenendo conto anche degli impatti sociali
Il decreto-legge numero 76/2020 (convertito, con mod., in L. numero 120/2020) ha specificato gli ambiti di applicazione di tali garanzie, da rilasciarsi conformemente alla comunicazione della Commissione europea dell’11 dicembre 2019 in materia di Green deal europeo, tenuto conto degli indirizzi che il Cipe può emanare entro il 28 febbraio di ogni anno. Tali garanzie possono riguardare, in particolare:
- a) progetti tesi ad agevolare la transizione verso un’economia pulita e circolare e ad integrare cicli produttivi con le tecnologie a basse emissioni per la produzione di beni e servizi sostenibili;
- b) progetti tesi ad accelerare la transizione verso una mobilità sostenibile ed intelligente, con particolare riferimento a progetti volti a favorire l’avvento di mobilità multimodale automatizzata e connessa, idonei a ridurre l’inquinamento e l’entità delle emissioni inquinanti, anche attraverso lo sviluppo di sistemi intelligenti di gestione del traffico, resi possibili dalla digitalizzazione.
Il medesimo decreto-legge numero 76/2020 ha stabilito che le garanzie in questione siano assunte da SACE S.p.A., la quale agisce per conto del MEF, tramite apposita convenzione stipulata con il Ministero e approvata dal CIPE, il 29 settembre 2020, unitamente agli indirizzi alla Società. SACE è stata autorizzata ad emettere garanzie nel limite di 2.500 milioni di euro per l’anno 2020 e, per gli anni successivi, nei limiti di impegno fissati dalla legge di bilancio. Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie opera la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso. Alla copertura delle garanzie statali così assunte sono interamente destinate le risorse del Fondo per il Green deal disponibili per l’anno 2020 (articolo 64). Si rinvia, sul punto, all’apposita pagina web del sito istituzionale di SACE.
Imprenditoria femminile in agricoltura
Il D.L. numero 73/2021 Sostegni-bis (articolo 68, comma 9) ha esteso alle imprese condotte da donne, a prescindere dall’età, le misure agevolative di cui al Titolo I, Capo III del D.lgs. numero 185/2000 già riservate alla giovane imprenditorialità agricola (dai 18 ai 40 anni): si tratta di mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni comprensiva del periodo di preammortamento e di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile, nonché un contributo a fondo perduto fino al
35 per cento della spesa ammissibile. Per le iniziative nel settore della produzione agricola il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni.
Ulteriori misure agevolative per l’accesso al credito da parte delle imprese femminili in agricoltura sono state riconosciute con la Legge di bilancio 2020 (L. numero 160/2019, articolo 1, co. 504-506).
La legge ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Fondo rotativo per favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile in agricoltura, dotato di pari a 15 milioni di euro per l’anno 2020, demandando ad un decreto di natura non regolamentare del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, i criteri e le modalità di concessione, nei limiti fissati dalla disciplina europea sugli aiuti di Stato, di mutui a tasso zero, nel limite di
300.00 euro, per la durata massima di quindici anni comprensiva del periodo di preammortamento, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (Reg. della Commissione UE del 25 giugno 2014, numero 702/2014, artt. 14 e 17 – ABER-Agriculture Block Exemption Regulation, Regolamento di esenzione dall’obbligo di notifica ex ante degli aiuti in materia agricola).
Per la gestione del Fondo rotativo è stata autorizzata l’apertura di un’apposita contabilità speciale presso la tesoreria dello Stato intestata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il fondo viene dunque gestito fuori bilancio.
Il D.M. 9 luglio 2020 ha definito la disciplina di attuazione della misura. I mutui a tasso zero sono diretti a
micro piccole e medie imprese femminili, in qualsiasi forma costituite, che presentino progetti volti al:
- a) miglioramento del rendimento e della sostenibilità globale dell’azienda agricola con una riduzione dei costi di produzione o un miglioramento e riconversione della produzione e delle attività agricole connesse;
- b) miglioramento delle condizioni agronomiche e ambientali, di igiene e benessere degli animali (purché non si tratti di investimenti realizzati per conformarsi alle norme dell’Unione europea);
- c) realizzazione e miglioramento delle infrastrutture connesse allo sviluppo e alla modernizzazione dell’agricoltura.
Si tratta dunque di progetti di investimenti nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli (articolo 1 e 4).
Alla data di presentazione della domanda, le imprese devono essere in possesso di una serie di requisiti (essere regolarmente iscritte nel registro delle imprese; esercitare esclusivamente l’attività agricola; essere amministrate e condotte da una donna, con la qualifica di imprenditore agricolo o di coltivatore diretto o, nel caso di società, essere composte, per oltre la metà dei soci e delle quote di partecipazione, ed amministrate, da donne, imprenditrici agricole o di coltivatrici dirette; avere sede operativa nel territorio nazionale; non essere in liquidazione volontaria e/o sottoposte a procedure concorsuali; non rientrare tra le imprese che hanno ricevuto e non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati illegali o incompatibili dalla Commissione UE; non rientrare tra le imprese in difficoltà, secondo la definizione di cui all’articolo 2, punto 14 del Reg. ABER) (articolo 1-2).
Per la realizzazione dei progetti sono concessi, come detto, mutui a un tasso zero, della durata minima di cinque anni e massima di quindici anni, comprensiva del periodo di preammortamento, e di importo non superiore a 300.000 euro e comunque non superiore al 95 per cento delle spese ammissibili, nel rispetto dei massimali previsti dalla normativa europea.
L’impresa deve apportare un contributo finanziario, attraverso risorse proprie ovvero mediante finanziamento esterno, pari almeno al 20 per cento delle spese ammissibili complessive. Il mutuo agevolato deve essere assistito da garanzie per l’intero importo concesso (articolo 3).
I progetti finanziabili non possono essere avviati prima della presentazione della domanda e devono concludersi entro ventiquattro mesi dalla data di ammissione alle agevolazioni (articolo 4). Vengono dettagliate le spese ammissibili, tra essi l’acquisto di terreni, ma in misura non superiore al 10 per cento dei costi ammissibili totali (articolo 5).
Il gestore delle misure assicurative è l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare – ISMEA, ente vigilato dal MIPAAF, che già gestisce ed eroga, per conto del Ministero vigilante (sulla base di apposite convenzioni), mutui a tasso agevolato per favorire lo sviluppo e il consolidamento dell’imprenditoria agricola (articolo 6 e 7 e 12 13).
Gli aiuti sono cumulabili con altri aiuti pubblici concessi per le medesime spese, nel rispetto dei massimali previsti dalla normativa europea (articolo 8 Reg. ABER).
Approfondimenti
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Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti..
di Hervé Cavallera
Con le Festività di inizio novembre si è entrati nell’ampio periodo delle feste di fine anno con tutte le celebrazioni rituali che esse implicano. Ora, già da un remoto passato l’essere umano ha avvertito con perplessità la fine della bella stagione, l’allungarsi del buio nelle giornate e l’appressarsi del freddo.
Ed ha collegato la fine della stagione calda e luminosa con la fine di un ciclo, che non è soltanto quello solare, ma soprattutto quello della stessa vita. Ha colto cioè il senso del trapasso con tutte le incognite ad esso legate, sì da elaborare nel corso dei millenni dei riti di passaggio tra questa e l’altra vita oltremondana. Al tempo stesso, si è pensato di illustrare il cammino del tempo secondo calendari legati al ciclo solare e a quello lunare.
Così per diverse popolazioni dell’antichità, tra cui i Celti che risiedevano principalmente nel centro Europa, il transito tra un anno e l’altro era previsto con l’attuale 1° novembre e in quel giorno, essendo poco netta la transizione tra la luce e le tenebre, il mondo dei vivi si mescolava con quello dei morti e questi ultimi potevano riapparire.
Non a caso il 2 novembre, che seguiva Ognissanti, fu scelto come il giorno della commemorazione dei defunti ed è triste constatare come oggi tanti cimiteri monumentali siano praticamente abbandonati.
Ora, il primo calendario che unificò il mondo mediterraneo fu quello giuliano, ideato dall’astronomo greco Sosigene e divenuto operativo nel 46 avanti Cristo con Giulio Cesare.
Tale calendario rimase in vigore sostanzialmente sino al 24 febbraio 1582 quando papa Gregorio XIII, attraverso la bolla Inter gravissimas, lo sostituì con vari ritocchi con il calendario tuttora esistente detto appunto gregoriano.
Il mondo cristiano ha poi inserito varie ricorrenze a tutti note, fissando le feste di precetto, ossia quelle in cui i fedeli sono particolarmente tenuti alla partecipazione della messa.
Per i cattolici sono: tutte le domeniche; Capodanno (1° gennaio); Epifania (6 gennaio); Assunzione di Maria Vergine (15 agosto); Tutti i Santi (1° novembre); Immacolata Concezione (8 dicembre); Natale (25 dicembre).
Accanto alle feste religiose ogni Stato ha aggiunto per suo conto le feste civili, tra le quali in Italia ricordiamo almeno il 1° maggio (festa dei Lavoratori) e il 2 giugno (festa della Repubblica).
È evidente che se la divisione del tempo in anni, mesi, settimane, giorni, corrisponde ad una esigenza di dare ordine in una realtà ciclica (il rinnovarsi delle stagioni), il concetto di festa si collega, per l’aspetto civile, ad un evento di cui si è particolarmente orgogliosi, e, per quello religioso, è volto ad onorare la Divinità e i Santi.
Sotto tale profilo la festa sia religiosa sia civile non è da intendersi come una vacanza, ma come una celebrazione. Certo nei giorni festivi non si lavora, ma essi non si dovrebbero intendere come meramente vacanzieri.
Festa o vacanza?
Al contrario, dovrebbero servire a raccogliere i componenti di una comunità, quotidianamente intenti ad attività differenti, in uno spirito celebrativo comune.
Una comunanza soprattutto spirituale che può naturalmente trovare un momento gioioso particolarmente nei pasti che una volta erano frugali per i più e ai quali si riusciva a fare qualche eccezione nei giorni di festa.
Così a Natale si poteva arricchire la tavola con il panettone o il pandoro, come nel cenone di Capodanno si mangiavano lenticchie (ritenute ben auguranti) e cotechino.
Sono solo pochi esempi di cibi per così dire “nazionali”, mentre ogni regione aveva (e in gran parte ha) i suoi piatti tipici. Per tale aspetto, nelle feste (e soprattutto in quelle religiose) il sacro si mescola col profano, la speranza del premio ultraterreno con il buon piatto, il senso della fratellanza spirituale con quello della buona compagnia. In ogni caso si percepisce o si dovrebbe percepire il riconoscimento del sacro confermato dalla grazia di star bene.
È così ancora oggi? Non proprio. Nella nostra società si è imposto e si va imponendo un modo di essere sempre più materialistico e consumistico. L’esempio più vistoso è Halloween, la notte di Tutti i Santi, che alla luce di evidenti influenze anglosassoni, è divenuta la festa del macabro e del soprannaturale in una atmosfera neopagana e consumistica. Che dire poi di prodotti come il panettone o la colomba che si cominciano a vendere mesi prima di Natale o di Pasqua?
Le due stesse massime festività della Cristianità (la nascita di Cristo e la Sua resurrezione) passano quasi in second’ordine nella loro specificità di fronte alle spese, ai doni e a quant’altro di godereccio possa esistere. Anche in questo caso occorre precisare che non vi è nulla di male nel mangiare il panettone e la colomba, che è bene brindare purché non si ecceda, che qualche bambino può ben dire Trick or Treat (Dolcetto o Scherzetto).
Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti (si pensi alle processioni, ai piatti particolari e così via), ora tutto si va modificando e si impone solo la dimensione del consumo e dello spettacolo.
Certo, il mondo da sempre va cambiando ed è così, ma il mutamento positivo è quello che sa conservare i valori e mettere da parte l’inutile; in tal modo una civiltà cresce e si sviluppa e le persone maturano. Che le cosiddette tradizioni rimangano solo per attrarre turisti o per generare consumi certamente non è positivo e rischia di ridurre tutta la realtà al semplice godimento – non sempre corretto né di tutti – dell’immediato.
Quello che veramente oggi dovrebbe contare, in una società dove soffiano pericolosi venti di guerra e l’Occidente è pervaso da un edonismo individualistico, è il recupero della dimensione spirituale che accomuna gli animi e li rende aperti al dialogo e agli affetti disinteressati.
E da tempo immemorabile tale è stato il compito della famiglia, della scuola, della Chiesa, istituzioni che attraversano un momento non facile, ma nel rilancio della loro funzione risiede la salvezza di un Occidente che va spegnendosi nelle luci artificiali dei consumi.
Approfondimenti
Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte
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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.
I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.
Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.
La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.
Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».
Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».
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Approfondimenti
Muretti a Secco e Pajare
Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre
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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)
Dario ha fatto della sua passione un lavoro.
Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».
Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».
Qual è in particolare il tuo lavoro?
«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».
In particolare, a cosa ti riferisci?
«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».
Il cemento non lo utilizzi affatto?
«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».
Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?
«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».
E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?
«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».
Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»
Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:
«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».
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