Attualità
Aeroporti di Puglia: Bari così vince facile! Bisogna cambiare direzione
Paolo Pagliaro: “Ma veniamo ai numeri: basta andare sul sito di Aeroporti di Puglia e guardare quelli di oggi, 17 agosto. Le partenze totali da Bari sono 72, di cui 40…”
E’ partita una interrogazione urgente, da parte del consigliere regionale Paolo Pagliaro, che chiede al “presidente Emiliano sul mancato potenziamento dell’Aeroporto del Salento, che chiedo incessantemente da anni e anni, gli ultimi tre come consigliere regionale. Finora sono stati disattesi tutti gli impegni in tal senso, e la gestione degli scali pugliesi risulta fortemente sbilanciata a vantaggio di Bari.
Sollecito politiche mirate per sviluppare le potenzialità dello scalo brindisino, dimezzato per operatività rispetto a Bari.
La nota diffusa da Aeroporti di Puglia evidenzia un lieve incremento del traffico passeggeri a luglio scorso rispetto allo stesso mese di un anno fa, aggregando i dati di tutti gli scali pugliesi.
Ma di fatto l’aeroporto salentino è in calo è, a prescindere da questi dati che fotografano un solo mese, basta guardare il numero e le destinazioni dei voli per valutare l’impatto del trasporto aereo sul turismo, che penalizza il Salento e dirotta i flussi nel barese.
Ma veniamo ai numeri: basta andare sul sito di Aeroporti di Puglia e guardare quelli di oggi, 17 agosto. Le partenze totali da Bari sono 72, di cui 40 per destinazioni internazionali, e gli arrivi 72, di cui 42 di provenienza internazionale; mentre da Brindisi si contano 37 partenze e altrettanti arrivi, di cui solo 11 da e per aeroporti internazionali.
Come se non bastasse, continua il consigliere “se analizziamo i collegamenti stagionali, da Bari se ne contano 75, di cui ben 59 internazionali, mentre Brindisi si ferma a 37 collegamenti, di cui solo 24 internazionali.
Numeri che inquadrano nitidamente la scarsa operatività e attrattività dello scalo salentino rispetto a quello barese.
Ma non basta: i viaggiatori, turisti e salentini, lamentano collegamenti disagevoli e sconvenienti da Brindisi rispetto a Bari, sia con i principali aeroporti italiani sia con quelli europei, a causa di orari scomodi e tariffe più alte. Quotidianamente raccolgo testimonianze di rabbia e sconforto di chi è costretto ad andare dal Salento a Bari per poter volare.
Tutto questo limita fortemente la capacità attrattiva dello scalo brindisino, nonostante rappresenti l’infrastruttura principale per l’arrivo di turisti italiani e stranieri nel Salento, che non solo in estate svetta tra le mete preferite. Ne è una prova il successo dei collegamenti low cost con Dublino, che contribuiscono a destagionalizzare i flussi e possono rappresentare un modello da seguire per nuove politiche di incoming.
Naturalmente c’è tanto da fare anche per tutto ciò che ruota attorno all’aeroporto, per colmare la carenza o addirittura mancanza di collegamenti ferroviari e su gomma con i capoluoghi e le località di vacanza da raggiungere, per cui è necessario ricorrere a mezzi privati e dunque molto più costosi.
È fin troppo evidente che su Brindisi non è stato fatto un adeguato lavoro di programmazione rispetto alla pressante domanda turistica nazionale ed internazionale, con un dirottamento su Bari che penalizza il Salento. Non possiamo più accettare che il nostro territorio sia trattato da cenerentola rispetto a Bari, che invece può godere dei benefici dell’aeroporto ritenuto il principale della Puglia. Lo scalo di Brindisi ha le stesse potenzialità e reclamiamo interventi mirati ad azzerare una sperequazione ingiusta e inaccettabile.
Di tutto questo chiedo conto nella mia interrogazione al presidente Emiliano”, chiude la nota di Pagliaro, “finora sordo alla mia martellante richiesta – che è poi quella di un intero territorio, dei suoi residenti e dei suoi operatori turistici ed economici in generale, ma anche dei turisti che scelgono il Salento – di rimettere in equilibrio la gestione dei due principali scali regionali, oggi fortemente sbilanciata ad evidente vantaggio di Bari”.
Attualità
Tricase: Vigili del Fuoco in Ospedale
Per regalare ai piccoli ospiti del reparto pediatrico del “Cardinale Panico” un momento di spensieratezza
I vigili del fuoco sono spesso gli eroi dei bambini.
E, in tanti casi, i pompieri eroi lo sono per davvero perché sono sempre pronti a… buttarsi nel fuoco per salvare chi è in pericolo.
O, comunque, per aiutare chicchessia.
Questa volta i caschi rossi dei distaccamenti di Tricase e Lecce si sono prestati per un evento solidale in favore dei piccoli pazienti del reparto pediatrico dell’ospedale “Cardinale Panico” di Tricase.
Con la loro iniziativa come si evince dal video e dalle foto in questa pagina hanno regalato un momento di spensieratezza ai più piccoli costretti alle cure e alla permanenza in ospedale.
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Attualità
Anche il sarago morde!
Finalmente svelato il mistero: il sarago maggiore è il responsabile dei morsi ai bagnanti. Uno studio italiano identifica il Diplodus sargus come causa di ferite ai bagnanti, grazie anche al contributo della citizen science. Luigi Musco, docente di Zoologia dell’Università del Salento,: «Non dobbiamo creare allarmismi. In molti casi, alcuni pesci, inclusi i Saraghi giovani, sono interessati alla pelle morta dagli umani, un comportamento sfruttato anche nelle pedicure di origine orientale. In rari casi, alcuni adulti possono avere lo stesso comportamento, con conseguenze più serie»
Dopo anni di segnalazioni e ipotesi, un team di ricercatori delle Università del Salento, di Catania e di Torino ha finalmente individuato uno dei responsabili dei morsi subiti dai bagnanti in varie aree del Mediterraneo: il Sarago Maggiore (Diplodus sargus).
Lo studio, pubblicato di recente sulla rivista scientifica Annales Series Historia Naturalis, rappresenta il primo rapporto documentato di questo comportamento insolito da parte del Sarago Maggiore. Grazie all’analisi dettagliata di tre episodi, tra cui un caso significativo avvenuto nell’agosto scorso in provincia di Siracusa, i ricercatori hanno confermato il ruolo di questo pesce nel provocare ferite, in alcuni casi abbastanza serie da richiedere cure mediche.
Fondamentale per questa scoperta è stato il contributo della cosiddetta citizen science. La piattaforma Facebook, attraverso il gruppo “Fauna Marina Mediterranea” – che conta oltre 29.000 membri tra ricercatori, pescatori e appassionati – ha permesso di raccogliere testimonianze dirette e materiali utili all’indagine.
IL CASO EMBLEMATICO
Tra i casi analizzati, spicca quello di una donna di 70 anni che, mentre nuotava in acque poco profonde nel siracusano, è stata ripetutamente morsa da un singolo Sarago Maggiore. L’attacco ha provocato una ferita di circa 4-5 cm di diametro, che ha richiesto cure mediche per evitare infezioni.
LE SPIEGAZIONI DEI RICERCATORI
«Le cause di questo comportamento, insolito per questa specie, restano ancora da chiarire», spiega Francesco Tiralongo dell’Università degli Studi di Catania, che ha guidato la ricerca presso l’ateneo etneo, «Sappiamo però chi è il colpevole, e questo ci dà un punto di partenza per ulteriori studi per comprenderne le cause. È altrettanto importante sottolineare il ruolo determinante della citizen science nel raccogliere e validare dati utili alla ricerca».
Luigi Musco, docente di Zoologia dell’Università del Salento, che ha partecipato alla ricerca insieme ad Emanuele Mancini dello stesso ateneo e Alessandro Nota dell’Università di Torino, aggiunge: «Non dobbiamo creare allarmismi. In molti casi, alcuni pesci, inclusi i Saraghi giovani, sono interessati a rimuovere pelle morta dagli umani, un comportamento noto e sfruttato anche nelle pedicure di origine orientale. Tuttavia, in rari casi, alcuni adulti possono mostrare lo stesso comportamento, con conseguenze più serie».
CONSULTA LO STUDIO
L’articolo scientifico originale, intitolato “Wounds inflicted on humans by the White Seabream (Diplodus sargus): First scientific report of aggressive behavior”, è liberamente scaricabile dal sito della rivista ANNALES Series Historia Naturalis.
CONCLUSIONI
Questa scoperta, resa possibile da un lavoro congiunto tra ricerca accademica e partecipazione dei cittadini, rappresenta un passo avanti nella comprensione del comportamento della fauna marina. Ulteriori studi saranno necessari per approfondire le cause di questa aggressività sporadica e il suo possibile legame con fattori ambientali o biologici.
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Attualità
Quanti bicchieri di vino si possono bere prima di mettersi alla guida?
Un uomo di circa 80 chilogrammi potrebbe rimanere sotto il limite legale con 3-4 bicchieri di vino da 125 ml; una donna di 60 chili, invece, potrebbe raggiungere il limite con soli 2-3 bicchieri. Ma restano stime sono indicative, se si deve guidare meglio non bere proprio
Le nuove norme del Codice della Strada, in vigore da sabato scorso, stanno facendo molto discutere.
Anche perché tra le principali novità spiccano il ritiro immediato della patente per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. E le sanzioni per guida in stato di ebbrezza sono state inasprite.
Il dubbio e la paura sono che anche un solo bicchiere di vino consumato a pranzo dai parenti possa costare coro.
In molti si chiedono quanti bicchieri di vino si possono bere per non sforare i limiti?
Innanzitutto, dipende da vari fattori personali, come peso corporeo, sesso, metabolismo e presenza di cibo nello stomaco.
Un uomo di circa 80 chilogrammi potrebbe rimanere sotto il limite legale con 3-4 bicchieri di vino da 125 ml, a patto che abbia mangiato.
Una donna di 60 chili, invece, potrebbe raggiungere il limite con soli 2-3 bicchieri.
Bere a stomaco vuoto accelera l’assorbimento dell’alcol e aumenta rapidamente il tasso alcolemico, rendendo più facile superare i limiti.
È importante considerare anche la gradazione alcolica: un vino rosso corposo con contenuto alcolico superiore ai 12 gradi, aumenta il rischio di superare il limite anche con un solo bicchiere.
Stime, queste, solo indicative.
In generale un bicchiere di vino o una lattina di birra potrebbero non superare il limite, soprattutto se consumati a stomaco pieno.
È importante sapere che anche mantenendosi sotto il limite, i rischi alla guida possono permanere, come dimostrato da studi recenti.
Bere e mettersi alla guida comporta rischi significativi, anche se si è sotto i limiti legali.
Già a 0,8 g/L, si osservano difficoltà motorie, rallentamenti nei riflessi e una visione alterata, aumentando il rischio di incidenti.
Con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/L, si possono verificare confusione, perdita di equilibrio e, nei casi più gravi, perdita di coscienza.
Se il tasso alcolemico supera i 2,5 g/L, il rischio di avvelenamento del sangue può portare a coma e arresto cardio-respiratorio.
Inoltre, non tutti gli alcolici hanno lo stesso effetto.
Un bicchiere di vino rosso, come detto, può contenere tra i 10 e i 12 grammi di alcol, mentre una birra da 330 ml arriva a circa 13 grammi e i superalcolici possono superare queste quantità in una singola dose.
La metabolizzazione dell’alcol varia da persona a persona e, per chi ha una bassa tolleranza o pesa poco, anche un singolo bicchiere potrebbe essere eccessivo.
Anche il tempo necessario per smaltire l’alcol varia in base a numerosi fattori, come il peso, il sesso, il metabolismo e la quantità di alcol consumato.
In media, il corpo elimina circa 0,1-0,2 g/L di alcol ogni ora.
Quindi, ad esempio, un bicchiere di vino (125 ml) richiede circa 1-1,5 ore per essere metabolizzato.
Per una birra o un bicchierino di superalcolico, invece, potrebbero essere necessarie 1,5-2 ore.
Se il tasso alcolemico è più alto, ad esempio 0,8 g/L, potrebbero essere necessarie 4-8 ore per tornare a un livello di zero.
La regola più sicura, quindi resta solo una: se guidi, non bere.
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