Attualità
Ortelle: botte da Or.Vi.
Tracciabilità bye bye? Gli allevatori: “Ci sentiamo presi in giro”. Il Prof. Carluccio: “Solo alcune aziende hanno seguito alla lettera il protocollo per la rintracciabilità breve. Ora non devono essere danneggiate”

di Giuseppe Cerfeda
Dal campo alla tavola, dagli allevatori ai consumatori, seguendo un percorso che riprende le vecchie tecniche di allevamento, per arrivare all’obiettivo di chiudere la filiera e giungere quindi alla produzione di salumi. È (era?) questo il Progetto sulla tracciabilità del Maiale del Salento leccese “Or. Vi.” (trattasi di carne suina proveniente dagli allevamenti locali e denominata Or.Vi dalle lettere iniziali di Ortelle e della sua frazione Vignacastrisi) è stato avviato nel 2004 dal professore Augusto Carluccio, originario di Ortelle, Professore dell’Università di Teramo e seguito in loco dal dott. Maurizio Caputo, veterinario e responsabile della Fiera di San Vito
La circostanza che le aziende che allevano il maiale “Or. Vi.” suscitino moltissimo interesse oltralpe fa negli anni ha fatto si che questi stessi visitatori stranieri, unitamente ad altri, fossero nel Salento durante la Fiera: è noto come i tedeschi e gli austriaci consumino la carne di maiale e i suoi insaccati e come ricerchino i prodotti di qualità!
La volontà è quella di valorizzare le carni suine locali attraverso le antiche tecniche di allevamento per recuperare la tradizione, i gusti ed i sapori di un tempo, in modo da incrementare i capi allevati e di favorire la nascita di aziende a conduzione giovanile, oltre ad accrescere di molto il numero dei consumatori. Questo avrebbe potuto costituire una fonte di reddito poiché le aziende che allevano il Maiale del Salento “Or. Vi.” sono di modesta dimensione per cui hanno la scelta obbligata di investire sulla qualità del prodotto. Un bel progetto, ma qualcosa sembra andato storto almeno a sentire alcuni degli allevatori coinvolti nel progetto: “Già da qualche mese”, dicono, “c’era il sentore che qualcosa non andava per il verso giusto. Qualche giorno fa ne abbiamo avuto la conferma quando l’Amministrazione prima ha fatto affiggere manifesti e appendere cartelloni che pubblicizzavano la Fiera con il marchio Or.Vi, poi li ha tolti e sostituiti con altri senza il marchio…”. L’ufficialità che il marchio Or.Vi almeno per quest’anno sarebbe andato a farsi benedire è arrivata con la convocazione in Comune per venerdì 12 ottobre, meno di due settimane prima della Fiera, degli allevatori ai quali è stato comunicato che per quest’edizione si sarebbe fatto a meno del brand. In effetti né il Commissario prefettizio né l’Amministrazione insediatasi nella scorsa primavera hanno mai portato a compimento l’iter per l’attuazione del disciplinare “tracciabilità del maiale salentino Or.Vi”.
Rischiamo di perdere l’identità Or.Vi.
Il Consigliere d’opposizione Maria Gabriella Coppola aveva anche chiesto spiegazioni in Consiglio sul perché “si sia giunti alla vigilia della importante manifestazione fieristica assolutamente impreparati sia per quanto riguarda l’attuazione del progetto Or.Vi. sia per il doveroso rilancio pubblicitario dell’offerta qualitativa legata al buon nome della Fiera”. Coppola ha anche ricordato che “la promozione e la valorizzazione del prodotto Or.Vi. non può prescindere dall’applicazione concreta degli standard stabiliti dal disciplinare, per evitare il preoccupante fenomeno di massificazione che già sta disperdendo le originali caratteristiche organolettiche e culturali a vantaggio di una promiscuità dell’immagine stessa del prodotto e di un cannibalismo commerciale che potrebbe determinare a breve la perdita dell’identità Or.Vi.”. La Consigliera poi ha ricordato, a scanso di equivoci, anche “una nota dell’Asl Area Sud Maglie che evidenziava come l’obbligo del Servizio Veterinario istituzionale sia quello di controllare la salubrità degli alimenti somministrati agli animali”.
Il prof. Carluccio: “Già prese le distanze”
E il prof. Carluccio tra i promotori e gli ideatori di Or.Vi. che dice di tutto questo? “A suo tempo”, spiega, “scrissi una lettera con la quale prendevo le distanze da quanto stava accadendo. Se un’Amministrazione o gli allevatori abbracciano un disciplinare e alcuni lo seguono e continuano a farlo perché credono nell’idea della filiera corta a discapito della globalizzazione, non si può poi fare finta di nulla”
Il timore è che il danno sia ancora più grande, nel senso che per quest’anno la frittata sembra fatta, ma il rischio è che tutto il discorso dell’Or.Vi vada a farsi benedire: “Un progetto si può abbracciare o meno, l’importante è che, nel rispetto del disciplinare, tutte le aziende si adeguino, nessuno escluso. Quest’anno invece ci sono solo alcuni allevatori che da tantissimo tempo hanno in azienda i maiali e seguono quello che è il protocollo Or.Vi. Il problema è sia di sostanza che di forma: indipendentemente dal progetto Or.Vi., esiste un Regolamento comunale che specifica come i maiali utilizzati per la Fiera debbano permanere in azienda non meno di sette mesi. Il nostro progetto aveva una valenza importante perché dava la tipicità di una tracciabilità corta. E bisogna anche tenere conto che l’allevamento non in maniera intensiva di questi suini, comporta spese superiori rispetto alla commercializzazione dei quei maiali ad esempio importati dall’Olanda, grande produttore di suini. Ribadisco non si discute la salubrità di quella carne ma, alimentata con produzioni aziendali, non è certo il maiale Or.Vi. e non può avere lo stesso sapore”. Ma il professore Augusto Carluccio, che tanto si è speso per il marchio Or.Vi. legato alla sua terra di origine, è stufo di questa storia o insisterà ancora? “Ribadisco quanto già detto, ho ormai preso le distanze. Il prof. Carluccio è e resta direttore del Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, il progetto Or.Vi non gli cambia più di tanto e l’unica molla a muoverlo è stato l’amore per il proprio paese. Evidentemente è proprio vero l’adagio “Nemo propheta in patria”. Prima di congedarsi il prof. Carluccio ci tiene ad evidenziare come “non si vuole assolutamente screditare chi alleva ed ha le carte in regola per farlo. Si vuole solo salvaguardare chi da un anno sta lavorando per questi quattro giorni di fiera e non mi sembra giusto denigrare queste persone”.
E proprio da questi allevatori arriva il grido di rabbia: “Chi lavora seriamente da 60 anni non deve essere preso in giro”, lamenta Nicola Micello (dell’Azienda Agricola M. Lucia De Luca che nell’eventualità del bisogno di assistenza legale si è già rivolta all’avv. Giunio Rizzelli), “noi abbiamo superato tutti i controlli in azienda ed è provato che abbiamo cresciuto i nostri animali nutrendoli solo di mais, orzo, favino e piselli, tutti coltivati in zona. Non si può farci seguire un itinerario e pochi giorni prima dell’appuntamento per noi più importante cambiare le carte in tavola: ci sentiamo presi in giro”.
Stalle aperte
Proprio per questo l’azienda “M. Lucia De Luca” insieme a “Vittorio Circhetta”, “Raffaele De Luca” e “Armando De Pierri” tutte rigorosamente fedeli al progetto Or.Vi, hanno organizzato per sabato 20 ottobre, cinque giorni prima dell’apertura della Fiera, la manifestazione “Stalle Aperte”. Per mostrare a tutti “la trasparenza del percorso di filiera corta a km 0 effettuato per il prodotto dell’annata 2012. Le aziende da sempre hanno rispettato il disciplinare di produzione e il benessere animale e, pertanto, hanno accolto in modo condiviso le decisioni dei partners che ringraziano, per la loro riconosciuta competenza e valore aggiunto che hanno consentito di raggiungere obiettivi di crescita lusinghieri. Il riconoscimento della qualità del prodotto, sotto il profilo della tutela della salute del consumatore ed organolettiche, implica la partecipazione, il coinvolgimento e il gradimento dei buongustai”. La visita guidata, accompagnata dall’illustrazione della filiera e dal significato che essa assume in ambito culturale, sociale ed economico, si concluderà con la degustazione dei prodotti tipici. Cinque giorni dopo ci sarà la Fiera di San Vito…
Dal Comune (per ora) solo un “No comment”
Sull’intera vicenda avremmo voluto conoscere anche il punto di vista dell’Amministrazione comunale ma come ci ha riferito l’assessore delegato alla Fiera di San Vito, Edoardo De Luca, si è deciso “per il momento di non rilasciare dichiarazioni in merito. A stretto giro di posta provvederemo ad emettere un comunicato stampa per spiegare la nostra versione dei fatti”. Aspettiamo con ansia…
Attualità
10 Cose che Non Sapevi sulla Vita nei Piccoli Paesi Italiani
La vita nei piccoli paesi ruota attorno alla convivialità. La piazza locale è il cuore pulsante della società, viva di conversazioni, risate e cultura condivisa. È il luogo dove ci si ritrova per chiacchierare, giocare a carte, gustare un espresso e assaporare l’anima della comunità. Tradizioni come i pranzi condivisi, le sagre locali e le processioni religiose non sono semplici eventi, ma espressioni di identità e appartenenza profonda.

10 Cose che Non Sapevi sulla Vita nei Piccoli Paesi Italiani
1. La Comunità è Tutto
Entra in un bar di un piccolo paese italiano, e con ogni probabilità il barista conosce il drink preferito di tutti e la storia della loro famiglia. In queste comunità così strette, le persone si conoscono per nome non per dovere, ma per un autentico senso di connessione. I bambini crescono circondati da volti familiari e i vicini spesso sembrano più parenti che semplici conoscenti.
La vita nei piccoli paesi ruota attorno alla convivialità. La piazza locale è il cuore pulsante della società, viva di conversazioni, risate e cultura condivisa. È il luogo dove ci si ritrova per chiacchierare, giocare a carte, gustare un espresso e assaporare l’anima della comunità. Tradizioni come i pranzi condivisi, le sagre locali e le processioni religiose non sono semplici eventi, ma espressioni di identità e appartenenza profonda.
2. La Vita Lenta è uno Stile di Vita, non una Moda
Dimentica la frenesia e la disponibilità 24 ore su 24—se non ami crazy time, allora i piccoli paesi italiani fanno per te. Qui si vive in modo più lento e consapevole. La maggior parte dei negozi chiude nel pomeriggio per il “riposo”, un momento sacro per riposarsi, mangiare o passare del tempo con i propri cari. Non è pigrizia—è equilibrio. Le attività locali mettono la famiglia prima del profitto, e la vita segue il ritmo naturale della giornata.
I pasti non sono mai frettolosi, spesso iniziano con antipasti e si articolano in più portate. Non è raro che il pranzo duri ore, specialmente la domenica. Anche il tempo non si misura al minuto, ma in momenti significativi. Sentirai più spesso “arriviamo tra poco” che orari precisi di arrivo.
3. Le Tradizioni Culinarie sono Profondamente Regionali
Il fascino della cucina italiana sta nella sua incredibile varietà e nei piccoli paesi le ricette si custodiscono come tesori di famiglia. Ogni regione, paese e perfino villaggio ha i suoi piatti tipici e ricette tramandate da generazioni. Ciò che si mangia a cena in Valle d’Aosta può essere completamente sconosciuto in Calabria.
La cucina locale si basa su ingredienti freschi e di stagione, spesso coltivati nei propri orti. Molte famiglie continuano a fare la pasta, il pane e le salse a mano, come facevano i nonni. Le trattorie non hanno menù fissi, ma cucinano quello che è fresco quel giorno. Questi piatti brillano anche durante le feste locali dedicate ai tartufi, alle castagne o ai tortellini fatti a mano.
4. I Dialetti Sono Vivi e Vitali
In molti piccoli paesi italiani, sentirai lingue che suonano diverse dall’italiano standard. Questi dialetti locali non sono semplici slang, ma patrimoni linguistici ricchi, tramandati di generazione in generazione. Alcuni riflettono radici latine, altri incorporano elementi greci, francesi o arabi a testimonianza di antichi imperi e fusioni regionali.
Le nuove generazioni usano l’italiano standard a scuola e al lavoro, ma stanno anche riscoprendo i dialetti attraverso musica, teatro e orgoglio comunitario. Imparare qualche parola locale può aprirti le porte a conversazioni più profonde e a un’accoglienza più calorosa.
5. Le Feste Sono Grandi Eventi di Comunità
Non c’è niente come la stagione delle feste nei piccoli paesi italiani. Ogni paese ha almeno una festa all’anno, spesso in onore del santo patrono o di una specialità gastronomica locale. E non si tratta di semplici fiere di paese—mesi di preparazione, volontariato e tradizione si fondono in spettacoli di più giorni con cibo, musica, danza e fuochi d’artificio.
Le feste non sono solo momenti di svago. Sono appuntamenti sociali fondamentali, un ritorno a casa per chi se n’è andato, e un modo per preservare le tradizioni secolari. Le processioni religiose attraversano le strade in pietra e le piazze si riempiono di colori ed energia.
6. La Politica Locale è Personale
In un piccolo paese, la politica è una questione intima. È facile incrociare il sindaco al bar o durante le riunioni cittadine del giovedì sera. Le persone sono generalmente più coinvolte nelle questioni locali e le opinioni politiche si discutono con passione—spesso davanti a un espresso o un gelato.
Le riunioni pubbliche diventano occasioni per discutere proposte e condividere preoccupazioni. Con meno burocrazia, i cambiamenti avvengono più rapidamente—ma questa vicinanza significa anche che le relazioni personali influenzano fortemente le decisioni.
7. La Sostenibilità è Sempre Stata Presente
Prima che “biologico” o “zero sprechi” diventassero di moda, nei piccoli paesi italiani si viveva già così. La sostenibilità qui non è una tendenza, ma un’eredità. Molte famiglie coltivano ancora ortaggi, allevano piccoli animali e fanno la spesa al mercato settimanale. Il risultato? Meno imballaggi, cibo più fresco e un’impronta ecologica più leggera.
I rifiuti si riducono con abitudini consolidate: i barattoli si riutilizzano, gli avanzi diventano compost o cibo per animali, e i sacchetti di plastica sono quasi scomparsi. Questa è una sostenibilità nata dalla tradizione e dalla necessità, non dall’attivismo.
8. La Conservazione Storica è Parte della Vita Quotidiana
Nei piccoli paesi, la storia non è chiusa dietro una teca—è viva nella quotidianità. Le persone vivono in edifici secolari, spesso restaurati con materiali originali come pietra e legno. Chiese, fontane e lampioni risalgono a epoche lontane ma ancora profondamente rispettate.
Il restauro è spesso uno sforzo collettivo. Quando un campanile ha bisogno di riparazioni, è normale vedere coinvolti artigiani, cittadini e persino bambini. Anche le storie orali hanno un valore sacro—gli anziani raccontano la vita durante la guerra, le tradizioni del raccolto e amori di gioventù tramandati nel tempo.
9. I Giovani Stanno Tornando
Dopo decenni di migrazioni verso le grandi città, molti giovani italiani stanno tornando nei paesi d’origine, portando nuove idee, attività e vitalità. Il lavoro da remoto ha reso possibile vivere in zone rurali, con costi più bassi e legami sociali più forti.
Incentivi statali e fondi europei sostengono progetti di rilancio, dal turismo sostenibile alla conservazione del patrimonio, fino ai mestieri artigianali. Questo ritorno sta dando nuova vita ai borghi, unendo innovazione e tradizione.
10. L’Ospitalità è nel DNA della Cultura
Se hai mai sentito parlare dell’ospitalità italiana, nei piccoli paesi la sentirai moltiplicata per dieci. Gli ospiti vengono accolti con calore e generosità, spesso invitati per un caffè improvvisato o un pranzo casalingo memorabile. Qui, condividere cibo e storie è la massima espressione di affetto e accoglienza.
I locali adorano far scoprire ai visitatori i tesori nascosti del paese—che sia un sentiero panoramico, una cappella dimenticata o la gelateria più buona. Ma l’ospitalità non è solo gentilezza: è costruire connessioni vere, basate sul rispetto, la curiosità e l’apprezzamento reciproco.
Attualità
In ricordo di Vittorio Aymone
Presto sarà svelato il manufatto artistico da collocare sulla facciata del palazzo di famiglia in Largo Sant’Angelo a Tricase, dove l’avvocato era nato nel dicembre 1920

di Hervé Cavallera
È certamente una buona usanza quella di ricordare attraverso epigrafi o altri manufatti, presso la casa di nascita o di famiglia, personaggi illustri della propria città.
Ciò non solo costituisce un segno d’affetto e rispetto nei confronti di illustri concittadini, ma al tempo stesso stimola l’interesse delle giovani generazioni.
Viviamo del resto in un tempo in cui sembra prevalere, attraverso i social e tant’altro, una “distrazione di massa”, favorita dallo sviluppo della comunicazione tecnologica che indubbiamente ha i suoi pregi, ma che tende più ad insistere sull’immediato, lasciando molte volte alla corrosione del tempo i nomi e le opere di coloro che hanno contribuito positivamente alla affermazione di una comunità o di un territorio.
Di qui il bisogno della memoria per così dire “materiale” dei personaggi del passato in modo che essi possano continuare ad essere di sprone per i più giovani.
Il ricordo delle persone che si sono illustrate positivamente nei vari campi del sapere e che sono state determinanti per la crescita culturale e morale è, infatti, insostituibile per lo sviluppo di una civiltà.
E tra i tanti suoi personaggi illustri Tricase può vantare la figura dell’avv. Vittorio Aymone (15 dicembre 1920- 22 gennaio 2010), di antica famiglia più volte segnalatasi nel tempo.
A Tricase egli trascorse la fanciullezza e come ebbe a dire, nel marzo 2005 a Lecce, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria, «Tricase mi ha inculcato la passione per la giustizia e l’oratoria forense.
Perché Tricase è la patria di Giuseppe Pisanelli, un miracolo di scienza e di virtù civiche – Amor di Patria e Religione della Libertà – che, in una vita segnata dalle persecuzioni politiche e dall’esilio, seppe integrare le doti elargitegli dalla natura con una preparazione eccezionale atta a consentirgli di dominare tutti i vari campi in cui si articola ciò che comunemente è inteso con l’espressione “diritto”».
Dopo aver conseguito la maturità classica al liceo “Palmieri” di Lecce, Aymone si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza di Roma.
All’Università di Roma Vittorio Aymone ebbe tra i suoi maestri i grandi giuristi del tempo come Arturo Rocco, Pietro De Francisci e Santi Romano e si laureò con Filippo Vassalli nel 1942.
Di formazione liberale, fu eletto nel 1951, nel collegio di Tricase, consigliere provinciale e divenne assessore alla cultura sino al 1956, favorendo sia la realizzazione della litoranea da Tricase a Leuca sia la nascita dell’Università di Lecce.
LA GRANDE TRADIZIONE FORENSE LECCESE
A Lecce, che vantava con Francesco Rubichi, Michele De Pietro, Leonida Flascassovitti, Antonio Dell’Abate, Oronzo Massari e tanti altri una grande tradizione forense, si segnalò da subito tra i grandi avvocati e ricoprì numerose e importanti cariche nell’Ordine, ricevendo in tutta Italia la stima di grandi colleghi come Giovanni Leone e Alfredo De Marsico oltre che rilevanti premi.
Per un profilo della sua complessa attività rinvio in questa sede alla “voce” che ne ho fatto in Avvocati e Giuristi illustri salentini dal XVI al XX secolo, a cura di A. Conte, S. Limoncelli, S. Vinci, Lecce 2014, pp. 33-35, e per i suoi scritti a Vittorio Aymone prestigioso erede e originale protagonista degli avvocati di Lecce, a cura di P. Corleto e V. Messa, Milano 2007.
Pur abitando a Lecce, i rapporti con Tricase non cessarono e chi scrive gli conferì, nel 1987, il “Premio Città di Tricase”.
Nel 1999 Aymone ricevette la cittadinanza onoraria dal Comune di Tricase e nel 2005 quella di Lecce.
Negli ultimi anni della sua vita più volte, in incontri a Lecce, lo invitai a scrivere una autobiografia e finalmente egli decise che più che scriverla, avendo ormai un’età avanzata e poco tempo disponibile, avrebbe risposto alle domande da me preparate sì da ottenere una ricostruzione della sua vita e del contesto in cui era vissuto.
Ma il tempo mancò e ricordo con malinconia una sua telefonata pochi giorni prima della sua scomparsa.
IL RICONOSCIMENTO DI LECCE
Lecce poco dopo il suo decesso intitolò a suo nome la piazza ove è la dimora che egli abitava e l’Università ha istituito la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali «Vittorio Aymone»; sempre all’illustre tricasino è stata intitolata l’Aula magna della Corte d’Appello di Lecce e nel 2016 è stata inaugurata la Fondazione dell’Avvocatura Leccese Vittorio Aymone.
E TRICASE?
Rispetto a Lecce, Tricase ha fatto non molto.
E di tale carenza non pochi cittadini hanno sentito il peso.
Così nel marzo del 2023 si è costituito un comitato promotore composto da vari tricasini, con l’intento di procedere alla realizzazione di un manufatto artistico su Aymone da collocare sulla facciata del palazzo di famiglia dove l’avvocato era nato, palazzo sito in Largo Sant’Angelo. È stato subito eletto un consiglio direttivo nelle persone di Hervé Cavallera, presidente; Ercole Morciano, vicepresidente; Francesco Colangiulo, segretario; Antonio Chiuri, tesoriere.
Successivamente è stato incaricato il pittore e scultore Vito Antonio Guglielmo, che ha già realizzato a Tricase l’epigrafe per l’on. avv. Antonio Dell’Abate, di eseguire il manufatto.
Umani casi dell’esistenza hanno rallentato l’esecuzione del progetto, finalmente però giunto a termine, e si avvicina il momento in cui si conta di portare a termine quanto auspicato e di questo si intende avvisare per tempo i concittadini.
Celebrare i grandi del passato, più o meno recente, è in verità un dovere a cui non bisogna mai sottrarsi ed è anche un modo per conoscere la propria terra, divenendo consapevoli che occorre essere dei buoni “allievi” di tanti illustri maestri.
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Appuntamenti
Miss Mamma 2025, le salentine con la fascia
A Carmiano si sono svolte le selezioni per “Miss Mamma Italiana 2025”, concorso nazionale di bellezza e simpatia che sostiene “Arianne”, Onlus per la lotta all’Endometriosi

Proseguono in tutta Italia le selezioni per Miss Mamma Italiana edizione 2025, concorso nazionale di bellezza e simpatia giunto quest’anno alla sua trentaduesima edizione, curato dalla Te.Ma Spettacoli di Paolo Teti (ideatore e Patron del concorso) e riservato a tutte le mamme di età compresa tra i 25 ed i 45 anni, con fascia “Gold” per le mamme dai 46 ai 55 anni e fascia “Evergreen” per le mamme con più di 56 anni.
Miss Mamma Italiana sostiene Arianne, associazione Onlus per la lotta all’Endometriosi, una malattia cronica, progressiva ed invalidante, ancora poco conosciuta, che in Italia colpisce quasi 4 milioni di donne fin dall’adolescenza e che, per questo motivo, deve essere ben conosciuta per permettere un’attivazione spontanea in caso di sintomi sospetti.
Al cine teatro “Fratelli Lumiere” di Carmiano, si è svolta una selezione valevole per l’elezione di Miss Mamma Italiana 2025.
Le mamme partecipanti, oltre a sfilare in passerella con abiti eleganti, hanno sostenuto una prova di abilità (come cantare, ballare, illustrare ricette gastronomiche, cimentarsi in esercizi ginnici ed in prove creative ed artistiche), che rappresentasse la loro personalità.
La giuria ha proclamato vincitrice della selezione Eva Agrimi, 30 anni, estetista, di Carmiano, mamma di Rachele ed Ester, di 7 e 3 anni; la fascia Miss Mamma Italiana Gold (riservata alle mamme dai 46 ai 55 anni), è andata ad Alessandra Semeraro, 47 anni, coreografa, di Arnesano, mamma di Nicholas e Michael, di 16 e 14 anni; mentre la fascia Miss Mamma Italiana Evergreen (riservata alle mamme con più di 56 anni) è andata a Rosa Stringano, 56 anni, casalinga, di Modugno (BA), mamma di Nancy e Sharon, di 39 e 21 anni.
LE ALTRE MAMME PREMIATE
Miss Mamma Dolcezza, Lisa Pierri, 44 anni, avvocato, di Copertino, mamma di Marco di 10 anni;
Miss Mamma Eleganza, Mery Martina, 42 anni, cassiera, di Galatina, mamma di Anastasio e Ginevra;
Miss Mamma in Gambe, Angela Antonaci, 34 anni, imprenditrice, di Botrugno, mamma di Giada e Gioia, di 14 e 10 anni;
Miss Mamma Solare, Maria De Jesus, 40 anni, imprenditrice, di Otranto, mamma di Fabrizio e Salvatore, di 24 e 13 anni;
Miss Mamma Sorriso, Klaudia Zaneta, 34 anni, casalinga, di Monteroni, mamma di Diletta, Jonela, Silvia, Viviana ed Enga, di 13, 10, 8, 6 e 3 anni;
Miss Mamma Sprint, Serena Rizzelli, 45 anni, assistente sociale, di Tricase, mamma di Angelica di 15 anni e dei gemelli Jacopo e Francesco, di 11 anni;
Miss Mamma Simpatia, Verena Tarantino, 30 anni, casalinga, di Copertino, mamma di Kevin, Nicolò e Giulio, di 12, 10 ed 1 anno;
Miss Mamma Gold Fashion, Anna Panico, 52 anni, avvocato, di Monteroni, mamma di Gabriele, Alessandro e Nicolò, di 14, 13 e 10 anni;
Miss Mamma Gold Radiosa, Loredana Zaccaro, 55 anni, imprenditrice, di Valenzano (BA), mamma di Angelo ed Asia Pia, di 30 e 21 anni;
Miss Mamma Gold Sportiva, Anna Giusy Perrone, 46 anni, casalinga, di Lequile, mamma di Melany, Jacopo e Matteo, di 16, 12 e 7 anni;
Miss Mamma Gold Simpatia, Simona Manca, 55 anni, casalinga, di Arnesano, mamma di Tania e Nicholas, di 31 e 30 anni;
Miss Mamma Evergreen Glamour, Maria Chimienti, 62 anni, casalinga, di Manduria (TA), mamma di Andrea e Simone, di 33 e 29 anni.
L’evento è stato presentato da Lucia Dipaola, referente del concorso, per la Puglia.
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Da sinistra, Rosa Stringano (vincitrice di selezione categoria “Evergreen”); Eva Agrimi (vincitrice di selezione categoria “Miss Mamma Italiana”); Lucia Dipaola presentatrice dell’evento ed Alessandra Semeraro (vincitrice di selezione categoria “Gold”). Nella foto in alto le 12 mamme della provincia di Lecce premiate
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