Alessano
Il defibrillatore ti salva la vita
Sfiorata la tragedia a Gagliano durante una partita “Amatori” tra Montesardo e Patù. Calciatore colto da infarto e salvato solo grazie alla prontezza dei compagni nel chiamare il 118 e alla velocità dei soccorsi. Sempre più necessario dotare tutti i campi di un defibrillatore
La storia del calcio a tutti i livelli è ricca di tragedie in campo. Il pallone italiano piange già il 16 marzo 1969: Giuliano Taccola, 24enne attaccante della Roma, muore negli spogliatoi al termine di Cagliari-Roma. Le circostanze del decesso sono ancora avvolte nel mistero.
Il 30 ottobre 1977, durante Perugia-Juventus, muore in campo Renato Curi, 24 anni, centrocampista biancorosso e grande promessa del calcio italiano. Il Perugia gli ha intitolato lo stadio. Nel 2003 il 28enne Marc-Vivien Foe crolla nel cerchio di centrocampo, colto da infarto e muore dopo un’ora di inutili soccorsi. Secondo alcuni specialisti la presenza di un defibrillatore allo stadio gli avrebbe potuto salvare la vita. Nel 2004 tocca all’ungherese Miklos Feher; nel 2007 al 22enne terzino del Siviglia Antonio Puerta; nello stesso anno, muore il 35enne scozzese Phil O’Donnell; nel 2009 un attacco cardiaco si porta via Daniel Jarque, 26enne capitano dell’Espanyol. Il giocatore si trovava a Coverciano, dove si stava allenando con la sua squadra in vista delle amichevoli in programma in Italia. Nell’aprile del 2012 il dramma di Piermario Morosini durante la gara di serie B tra Pescara e Livorno: alla mezzora, con la sua squadra avanti di due gol sui padroni di casa, ha barcollato, tentennato, poi è caduto a faccia in giù, davanti alla curva dei tifosi biancazzurri. Ambulanza bloccata da una macchina dei vigili urbani in evidente divieto di sosta. Poi finalmente la corsa in ospedale, dove per 90 minuti (!) i medici in ospedale hanno provato a rianimarlo: tutto inutile, persino un pacemaker via endovena non è servito a far ripartire il suo cuore. Da quel giorno tutti abbiamo capito quanto possa essere decisiva la presenza in campo di un defribillatore e di chi sappia usarlo. Il calcio italiano è corso ai rimedi. Il problema, però, è che il calcio non è solo quello dorato dei professionisti; anzi, la maggior parte dei calciatori militano nelle categorie dilettantistiche ed è difficile una stima di quanti siano realmente coloro che partecipano ai campionati amatori. In quei campi polverosi spesso e volentieri a stento ci sono le docce, figurarsi trovare un defibrillatore. Quindi se un ragazzo ha un malore, purtroppo, non resta che affidarsi al proprio Santo in Paradiso. Lo stesso Santo che ha aiutato A.S., 49enne di Montesardo che con la sua squadra stava sfidando quella di Patù. Si era quasi alla fine del primo tempo e lui ha avvertito problemi di respirazione ed un forte dolore al petto: ha chiesto il cambio, poi ha deciso di tirare fino all’intervallo quando, pur sentendosi meglio, ha comunicato che non sarebbe rientrato. A.S. va a fare la doccia per tornare a casa ma lì ricomincia ad avere problemi e vomita. Così i suoi compagni di squadra, illuminati dal Santo di cui prima, decidono di chiamare il 118. Passano non più di 10 minuti in cui l’allarme sembra rientrare e il calciatore dice di sentirsi bene. I sanitari, all’arrivo, lo visitano ma, proprio mentre lo sottopongono all’elettrocardiogramma, crolla tra le loro braccia colpito da infarto. La dottoressa che lo sta visitando urla per avere immediatamente il defibrillatore, sono attimi concitati: il primo tentativo di rianimarlo va a vuoto, al secondo il paziente da segni di ripresa. Tutto ok? Neanche per sogno, c’è un nuovo infarto e bisogna mettere mano di nuovo al defibrillatore: altri tentativi e il calciatore riprende conoscenza. Poi la corsa in ambulanza verso l’Ospedale di Tricase, l’operazione urgente e la bella notizia: A.S. ce l’ha fatta e può riabbracciare la moglie e i suoi due figli. La storia ha voluto raccontarcela il suo compagno di squadra Giovanni Russo, di Tiggiano, e fortemente provato dall’esperienza, ma sollevato dall’idea che il compagno di squadra se la sia cavata. Lo ha fatto perché si sappia ancora una volta “quanto può essere determinante in casi del genere intervenire subito. Il nostro compagno conduce una vita sana, non fuma, non beve e ha sempre giocato. Tutto ciò non è bastato e, se ce l’ha fatta, è solo per la prontezza dei sanitari del 118 (“sono stati straordinari”), arrivati immediatamente, e l’utilizzo del defibrillatore”. E grazie a chi ha subito chiamato il 118, aggiungeremmo noi. Giovanni si congeda mandando “a nome di tutta la squadra e dei dirigenti un abbraccio al mio compagno”. A.S. ce l’ha fatta, ma il problema resta. Le Federazioni sportive dovrebbero trovare il modo di dotare tutti i campi, anche quelli più polverosi di provincia, di un defibrillatore e obbligare, da regolamento, ogni squadra ad avere tra le propria fila 2-3 componenti che abbiano frequentato un corso per il suo utilizzo. Potrebbe essere un’idea per evitare tante tragedie.
Alessano
La speranza nel dono
Ad Alessano una serata di testimonianze e letture sulla forza dei pazienti. Domani 18,30, presso la Casa della Convivialità in via Corte Vittorio Emanuele. Fulcro della serata la presentazione del libro “Mi racconto a voi”, realizzato da sei ex pazienti e un team di professionisti del settore medico
Si rinnova l’annuale appuntamento intitolato “La speranza nel dono”.
L’evento rappresenta un’importante occasione per condividere le esperienze e i racconti di pazienti che hanno affrontato il difficile percorso di cura e guarigione dai tumori del sangue.
L’evento è in programma per domani, martedì 19 novembre, dalle 18,30, presso la Casa della Convivialità in via Corte Vittorio Emanuele, ad Alessano.
I saluti istituzionali apriranno l’evento.
Seguiranno gli interventi del dottor Nicola Di Renzo (Direttore UOC Ematologia e Trapianti Cellule Staminali all’Ospedale Vito Fazzi di Lecce), della dottoressa Anna Mele (Direttore UOC Ematologia e Trapianti Cellule Staminali all’Ospedale Cardinale Panico di Tricase) e del dottor Mario Tarricone (Presidente di AIL Lecce ODV e Referente nazionale del Gruppo Pazienti Linfomi AIL-FIL).
Il fulcro della serata sarà la presentazione del libro “Mi racconto a voi”, realizzato grazie alla collaborazione di sei ex pazienti e un team di professionisti del settore medico, tra cui i dottori Di Renzo, Mele, Dargenio, De Giorgi, De Risi, G. Greco, C. Greco e la dottoressa S. Sibilla.
Il progetto, nato per dare voce ai vissuti personali dei pazienti e delle loro famiglie, intende sensibilizzare il pubblico e promuovere una maggiore empatia e comprensione verso chi affronta queste sfide.
Attraverso la narrazione, l’obiettivo è migliorare la comunicazione medico-paziente, rendendo più evidente l’importanza di comprendere e rispondere alle esigenze individuali.
Durante l’evento, Elisea Ciardo e Valerio Melcarne interpreteranno le storie ed emozioni dei sei protagonisti, ripercorrendo il loro cammino dalla diagnosi alla guarigione con letture profonde e toccanti.
A concludere la serata, il dottor Vincenzo Pavone dell’Ospedale Cardinale Panico di Tricase offrirà un intervento riassuntivo e riflessivo.
La serata sarà moderata dalla giornalista Silvia Cazzato.
Il volume e l’iniziativa si inseriscono nel contesto della Medicina Narrativa, una disciplina che ha iniziato a diffondersi negli anni ’90 e che dal 2015 ha trovato il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità, che ne ha pubblicato le linee di indirizzo per l’uso nelle malattie croniche e rare.
La Medicina Narrativa si distingue per l’adozione di una metodologia comunicativa che riconosce il valore della narrazione come strumento fondamentale per integrare i punti di vista di tutti gli attori del processo di cura.
“La speranza nel dono” è un evento che invita alla riflessione e all’ascolto, sottolineando che dietro ogni numero e statistica c’è una persona con un vissuto unico e prezioso.
Partecipare significa contribuire a costruire una comunità più consapevole e solidale.
Alessano
Tragedia ad Alessano: 26enne muore nel giorno del suo compleanno
Il giovane potrebbe essere deceduto a causa dell’utilizzo dei cosiddetti balloons, dei palloni contenenti un gas aspirato per godere degli effetti esilaranti
Una festa finita in tragedia nel Capo di Leuca dove un ragazzo è deceduto nel giorno del suo compleanno.
È quanto accaduto nelle scorse ore ad Alessano dove ha perso la vita un 26enne del posto.
Il giovane era in compagnia di alcuni suoi amici per il suo giorno di festa. All’improvviso le celebrazioni si sono trasformate in dramma: per il ragazzo si è reso necessario l’intervento d’urgenza del 118, tra lo sgomento dei suoi amici.
Il giovane è irrimediabilmente deceduto nel giro di pochi minuti. A provocarne la morte, con tutta probabilità, secondo le prime ricostruzioni, l’utilizzo dei cosiddetti balloons, dei palloncini contenenti protossido d’azoto.
Una pratica in voga secoli fa tra i giovani britannici e tornata, purtroppo, di moda ai nostri giorni: inspirare il cosiddetto gas esilarante per godere degli effetti che provoca, una sorta di sballo esilarante.
Pratica che, purtroppo, può avere anche conseguenze letali. I carabinieri, intervenuti sul luogo della tragedia, sono al lavoro in queste ore per ricostruire nel dettaglio l’accaduto.
Alessano
A casa non risponde e si teme il peggio. Ma era in ospedale da tre giorni
Sul posto carabinieri e vigili del fuoco allertati dai vicini e dalla donna che lo accudiva. L’uomo, invece, non si era sentito bene e aveva allertato da solo il 118
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Paura questa mattina per le sorti di un uomo di Alessano, residente sulla via per Specchia.
Molti hanno pensato al peggio quando hanno visto arrivare, sotto la sua abitazione, carabinieri e vigili del fuoco del Distaccamento di Tricase.
Anche perché, sono noti in paese i problemi di salute dell’uomo, che deve ricorrere alle bombole di ossigeno per sopravvivere.
Nessuno sapeva dove potesse essere e persino la donna che lo aiutava in casa, non aveva più sue notizie da tre giorni.
Alla fine, si è scoperto che lo scomparso, proprio da tre giorni, si trova ricoverato presso il reparto di pneumologia dell’Ospedale “Cardinale Panico” di Tricase.
Si era sentito poco bene e, in qualche modo, era riuscito ad allertare il 118, che ha provveduto a trasportarlo in ospedale.
Evidentemente di notte, perché i residenti della zona erano ignari di tutto e non si erano accorti dell’avvenuto ricovero.
Sono stati i carabinieri a ricostruire l’intera vicenda e smontare la preoccupazione per il silenzio dell’uomo.
*In alto foto di repertorio
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