Taurisano
La Scarlino rilancia
E riassume a Taurisano. Lanciata nuova linea di prosciutti cotti. L’imprenditore: “Parola mantenuta”. FLAI Cgil: “Ora azienda concretizzi quanto annunciato”
Attilio Scarlino lo aveva promesso ed ha mantenuto la sua parola. “Non appena le condizioni lo permetteranno”, aveva dichiarato dal nostro sito nel luglio scorso, “i nostri operai torneranno a lavorare nello stabilimento di Taurisano”.
È iniziato, infatti, un processo graduale di riassunzione delle forze lavoro, dopo il piano industriale presentato dall’imprenditore salentino e l’accordo coi sindacati siglato in Prefettura. Il “miracolo” non è dovuto alla attesa riapertura dell’impianto principale (ancora sotto sequestro dal tragico incidente del 30 agosto 2013 quando Mario Orlando, operaio 53enne di Taurisano, perse la vita, finendo stritolato in una delle impastatrici dove stava lavorando, NdA), ma ad un investimento del salumificio che ha affiancato al noto wurstel una nuova linea di prodotti legati al prosciutto cotto.
Scarlino è felice di potersi togliere qualche sassolino dalle scarpe: “Nonostante gli allarmi ingiustificati di alcuni, come ho sempre detto, l’azienda resta salentina e continuerà a produrre a Taurisano. Avevo promesso ai miei dipendenti che avremmo ripreso l’attività non appena possibile. Speravo di poterlo fare non appena la Procura avesse dissequestrato l’impianto principale, cosa che, dopo 26 mesi, non è ancora avvenuta. Nonostante ciò, ho mantenuto l’impegno con i miei dipendenti investendo 3,5 milioni di Euro per produrre una linea di prosciutti cotti, una gamma totalmente nuova rispetto ai wurstel”.
La riassunzione avverrà “gradualmente, rientrerà subito un certo numero di dipendenti; se la Procura ci facesse il miracolo di riaprire l’impianto sequestrato probabilmente il numero di assunti sarebbe maggiore. Oggi l’azienda ha presentato un nuovo piano industriale di sviluppo grazie agli investimenti fatti in Polonia. Le preoccupazioni dei dipendenti e dei sindacati si sono rivelate infondate: in tempi di crisi generalizzata, la Scarlino rilancia. E questo grazie alla competitività dei costi raggiunta con lo stabilimento polacco e alla qualità che offriamo, aggredendo tutti i mercati del nord Europa (Scandinavia, Inghilterra) ed i Paesi dei Balcani”.
Scarlino gongola: “Siamo più forti di prima, il marchio è stato rilanciato con un piano di comunicazione e di valorizzazione. Abbiamo fatto tutto con le nostre forze e la Procura non ci ha certo favorito con lo sblocco dell’impianto sequestrato per fasrci riassumere. Abbiamo dovuto fare investimenti in Polonia per circa 6 milioni di euro, un altro di 3,5 per la linea dei prosciutti cotti, senza considerare gli oltre 5 mln persi per il blocco dell’attività in questi mesi”.
La Flai Cgil di Lecce considera positivo l’annuncio pubblico fatto dall’Azienda Scarlino di Taurisano di un’imminente ripresa delle attività nel sito salentino. “Certi di condividere con questa impresa un obiettivo comune, che è quello dell’interesse del territorio e della tutela dell’occupazione”, dicono, “invitiamo l’Azienda a concretizzare quanto annunciato e a rispondere alle richieste, da tempo avanzate dalla nostra Organizzazione sindacale, di riprendere un dialogo costruttivo di relazioni sindacali che siano finalizzate alla piena realizzazione di un piano industriale che dia prospettive di buona occupazione e di crescita economica sana e sostenibile nel nostro territorio”.
Giuseppe Cerfeda
Cronaca
Ancora un doppio incendio d’auto a Taurisano
Due vetture distrutte dalle fiamme attorno alle 4:30. Si indaga
È successo ancora: altre due auto sono state distrutte nottetempo dalle fiamme a Taurisano.
Un altro episodio di sospetto dopo a distanza di appena una settimana.
Poco prima dell’alba di oggi, attorno alle 4:30, si è reso necessario l’intervento del Distaccamento dei Vigili del Fuoco di Tricase per domare l’incendio che ha avvolto due auto parcheggiate in contrada Marasculi, periferia del paese, ad una distanza l’una dall’altra di pochi metri.
È la violenza del rogo ad insospettire: le macchine, una Fiat Bravo ed una Fiat Punto, sono andate completamente distrutte.
Lo scorso 11 novembre, sempre in orario notturno, furono date alle fiamme altre due vetture, in quel caso la distanza tra i due incendi era di circa un chilometro ma di pochi minuti sulla linea temporale.
Un fenomeno purtroppo non nuovo in paese su cui le forze dell’ordine indagano. Stanotte, sul posto, sono intervenuti i poliziotti del locale Commissariato.
Cronaca
Due incendi d’auto nel giro di pochi minuti a Taurisano
Distrutte tre auto da due roghi distanti un chilometro tra loro
Nella mattinata di oggi, 11 novembre, due squadre dei Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Lecce, provenienti dai distaccamenti di Tricase e Gallipoli, sono intervenute per due distinti incendi che hanno coinvolto un totale di tre autovetture nel comune di Taurisano, a distanza di pochi minuti.
Il primo, attorno alle ore 04:20, ha interessato una Fiat Panda e una Renault Clio, parcheggiate in via Sandro Pertini, ad una distanza di circa 20 cm l’una dall’altra.
Poco dopo, alle ore 04:30, un secondo incendio ha coinvolto una Fiat Multipla parcheggiata in via G. Caracciolo. Le fiamme si sono propagate fino al portone d’ingresso e al balcone del primo piano dell’abitazione adiacente.
I due luoghi distano poco meno di un chilometro, pochi minuti di strada in macchina. Ma al momento non è dato sapere se la presunta mano dietro l’accaduto sia la stessa in entrambi in casi.
L’azione dei Vigili del Fuoco ha impedito ulteriori danni a persone e cose, garantendo la sicurezza dell’area circostante.
Sul posto sono intervenuti anche i Carabinieri della stazione di Taurisano e il personale del 118 per prestare soccorso ad una persona colta da malore.
Approfondimenti
Costruire salentino, come eravamo
Giuseppe Maria Costantini, Conservatore-Restauratore di Beni Culturali: dalle coperture ai soffitti interni, dagli intonaci ai pavimenti interni ed esterni, dalla “suppinna” alla “loggia”: i caratteri tradizionali tipizzanti dell’edilizia salentina
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di Giuseppe Maria Costantini
(Conservatore-Restauratore di Beni Culturali)
Mi si chiede: «Se qualcuno volesse costruire un’abitazione secondo i canoni della tradizione salentina cosa dovrebbe fare? Quali sono gli aspetti più caratteristici e tipizzanti?».
Le abitazioni del Salento sono sempre state alquanto eterogenee in relazione alla condizione socio-economica e culturale dei loro abitanti, così caratterizzando i vari paesi e quartieri urbani, anche vicinissimi tra loro, inoltre, sono molto cambiate nel corso dei secoli, anche in breve tempo quando ce ne fosse un’importante condizionamento esterno.
Basti considerare che nel Salento, almeno fino al sedicesimo secolo, tutte le coperture degli edifici erano costituite da tetti spioventi e tegole in terracotta, come nel resto d’Italia.
Tra l’altro, la copertura esterna a spioventi corrispondeva largamente a soffitti interni in legno, sia lasciati a vista sia nascosti da incannucciate ricoperte da intonaci a stucco, come nel resto d’Italia.
Tale lunghissima “stagione dei tetti” vedeva anche pavimenti interni che, dove non fossero un umile battuto di terra, erano frequentemente in legno, nudo o variamente rifinito, oppure in terracotta, nuda o financo maiolicata; l’impiantito in pietra era destinato in prevalenza agli spazi esterni, o aperti, nonché a rimesse e opifici.
Tornando alla questione posta: come e più del resto d’Italia, nel Salento il consumo del suolo, dal secondo dopoguerra del Novecento a oggi, è stato enormemente maggiore che dalla preistoria allo stesso secondo dopoguerra; pertanto, non si dovrebbe più consumare neppure un metro-quadrato di terreno agricolo o naturale per costruire checchessia.
Ciò detto, innumerevoli edifici dell’ultimo secolo, privi di particolari valenze storiche o artistiche, necessiterebbero di importanti interventi “di costruzione”.
Si tratta di edifici variamente inefficaci in fatto di materiali di cui sono costituiti, di caratteri strutturali-statici, oppure affatto indecenti in termini di funzionalità, e/o di forma e di aspetto.
In altre parole, le tante costruzioni inadeguate e brutte che ci circondano dovrebbero essere radicalmente demolite e, ove necessario, ricostruite in termini idonei, o, se possibile e opportuno, parzialmente manomesse, recuperandone quanto già idoneo e sostituendone quanto inidoneo.
Che siano totali o parziali, è essenziale che tali auspicabili rigenerazioni tengano nella massima considerazione i caratteri tradizionali e tipizzanti del Salento, anzi, in particolare, che siano armoniche al centro abitato, o alla località di campagna, cui appartengono.
Il nostro grande intellettuale e poeta Vittorio Bodini, in Foglie di tabacco (1945-47), tipizza fantasticamente un carattere cardinale delle abitazioni pugliesi e salentine: «… le case di calce da cui uscivamo al sole come numeri dalla faccia di un dado».
Tuttavia, neppure l’imbiancatura in bianco vale per ogni località: molti centri abitati, costieri e no, erano caratterizzati da prevalenti imbiancature di calce addizionata a pigmento, fino a ottenerne colori pastello, rosa, ocra gialla, azzurro, turchese, verde, ne era un esempio emblematico Gallipoli.
Perchè spellare le case?
Ne parlo al passato perché negli ultimi decenni è invalsa la deleteria moda di spellare le nostre abitazioni, fino a mostrarne l’orditura muraria in pietra, come si trattasse di un edificio non terminato.
Infatti, restando ai caratteri tradizionali tipizzanti: le abitazioni salentine, dalla più umile al palazzo nobiliare, quando edificate fino a conclusione, all’esterno e all’interno, erano immancabilmente intonacate o, comunque, rifinite con uno strato superficiale, quale rivestimento tradizionale del materiale lapideo costruttivo, con valenze funzionali ed estetiche, e ciò riguardava persino cantine e stalle.
Oltre alle coperture esterne a terrazza, destinate a convogliare le acque piovane nelle cisterne, un altro carattere tipizzante delle nostre abitazioni era la presenza di spazi interni aperti: ortali, giardini, cortili al piano terreno; al piano superiore: terrazze complanari, terrazze soprastanti, spesso dotate di suppinna o attico, nonché verande, balconi e balconcini.
In particolare, le facciate, anche quando di dimensioni contenute, tendevano ad avere uno spazio aperto protetto: portico, loggia, o loggetta a serliana.
Il colore degli infissi
Similmente alle murature, che dovrebbero mostrarsi sempre vestite, anche gli infissi, secondo tradizione, non mostrano mai il loro legno a vista, neppure quando pregiato.
Il colore degli infissi, come quello delle imbiancature tradizionali, era largamente condizionato dalla tradizione della località.
Certamente per le porte e i portoni, o le persiane, il colore più tipizzante era il verde (in infinite tonalità locali, più o meno scure), o, soprattutto per le località costiere, l’azzurro; seguono le tonalità del bruno-grigio.
A ogni modo, lontano dall’avere svolto questo interessante e poliedrico tema, spero di avere stimolato la vostra attenzione e rispetto per la conservazione e il recupero delle nostre tradizioni costruttive e del nostro bel paesaggio.
GIUSEPPE MARIA COSTANTINI
Conservatore-Restauratore di Beni Culturali.
Possiede numerose specializzazioni, tra cui superfici dell’architettura.
Lungamente ricercatore e docente di Restauro per l’Università di Bologna, oltreché per altri prestigiosi enti nazionali.
Su diretto invito del dirigente Arch. Piero Cavalcoli (Urbanista), ha partecipato all’elaborazione del DRAG della Regione Puglia (Schema di Documento Regionale di Assetto Generale).
*Nella foto in alto, Specchia da “I Borghi più belli d’Italia”
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