Attualità
Caprarica di Lecce e Borgo San Nicola per il reintegro
Convenzione con la Casa Circondariale Borgo San Nicola per ridare un’opportunità a chi sta scontando la sua pena

Un’interessante iniziativa è da poco partita da quel di Caprarica di Lecce.
Il piccolo comune salentino ha stipulato sin da agosto una convenzione con la Casa Circondariale Borgo San Nicola per ridare un’opportunità a chi sta scontando la sua pena: un modo per far ripartire, rilanciare ed abbattere quel muro di diffidenza che, forse inevitabilmente, si viene a creare nei confronti di chi ha sbagliato in passato e paga ora i suoi errori
“Caprarica gode dell’apporto di due (che presto diverranno tre) operai-detenuti, che possono così reintegrarsi e giovare di un regime di riduzione della pena. Il progetto sociale rientra nelle attività di reinserimento e formazione favorite dalla Regione Puglia”. Così il sindaco Paolo Greco, insediatosi lo scorso giugno, fa gli onori di casa per l’incontro di lunedì 19 settembre, alle ore 17, presso la sala consiliare del palazzo municipale, in cui la convenzione sarà presentata al pubblico.
Interverranno, oltre al primo cittadino, la Dott.ssa Rita Russo, direttrice della Casa Circondariale di Lecce, e la Dott.ssa Annatonia Margiotta, funzionaria della Regione Puglia ed esperta delle tematiche e delle politiche di Welfare. Fra le istituzioni presenti, anche il Presidente della Camera Penale, l’avvocato Silvio Verri, il parroco di Caprarica, Don Antonio Scotellaro, ed il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Calimera.
“In questa prima fase, le attività consistono in piccoli lavoretti, mansioni di recupero del decoro urbano, pulizia delle strade, vitali per la cittadinanza. In un momento in cui le nostre casse sono completamente vuote ed assumere dei nuovi dipendenti è sostanzialmente impossibile, questa iniziativa può solo far bene alla nostra comunità”. Ma non è un punto di arrivo. Greco conta di poter proseguire con una seconda fase in cui la convenzione interesserà anche esercizi e mestieri che hanno sempre caratterizzato i piccoli centri: “Il mestiere di ciabattino, insieme ad altri, sta scomparendo. Può essere un buon modo per riscoprirlo, facendo, al contempo, reintegrare. Non solo: vorremmo ripartire dagli uliveti, da cui siamo circondati, essendo noi “Città dell’Olio”. Ci si potrà occupare, perciò, della manutenzione e del recupero dei terreni agricoli abbandonati”.
Il carcere punisce, la vita di comunità reintegra. E se è vero che “tutti meritano una seconda possibilità”, la convenzione può essere un trampolino di (ri)lancio per chi è pronto a vivere il suo “secondo tempo” …e per i tanti piccoli comuni che affrontano difficoltà economiche e che aspettano solo di poter respirare, loro, un’ora d’aria.
Stefano Verri
Attualità
A Salve un Parco Geologico dalla bonifica di una discarica
Il sindaco Francesco Villanova e l’assessore Francesco De Giorgi: “UN progetto che rende orgoglioso l’intero territorio”

di Lorenzo Zito
Una grande festa oggi a Salve per l’inaugurazione del Parco Geologico in località Spiggiani.
Una nuova area destinata alla convivialità, in un luogo che per anni è stato destinato a discarica e di cui oggi la comunità si riappropria.
Alla presenza delle forze dell’ordine, delle scuole del territorio e del Vescovo mons. Vito Angiuli, il sindaco Francesco Villanova, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, ha tagliato il nastro di questa grande opera che ha visto l’investimento 3,8 milioni di euro, con l’impiego di fondi comunitari.
Qui in località Spiggiani negli anni ’80 aveva luogo una delle discariche individuate, in quegli anni, per legge.
Al suo posto, a margine di un minuzioso percorso di bonifica, sorge ora uno spazio didattico di alto profilo sociale, culturale ed ambientale.
Un valore inestimabile, sottolineato anche dagli interventi del consigliere regionale Paolo Pagliaro e dal geologo Stefano Margiotta, che ha rimarcato il peso scientifico-didattico del parco.
Un luogo la cui storia i visitatori possono ripercorrere, grazie ad una postazione dedicata che permette di godere della sua ricostruzione in 3D.
Il sindaco Francesco Villanova, affiancato dall’assessore Francesco De Giorgi che ha parlato di “progetto che rende orgoglioso l’intero territorio“, ha celebrato questa giornata così: “Oggi è un grande giorno per Salve e per il Capo di Leuca. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo, a partire dall’amministrazione che mi onoro di guidare e rappresentare. Grazie al lavoro di squadra che dal primo giorno è stato operato, obiettivi come questo possono essere portati a termine”.
Il vicesindaco Giovanni Lecci ha aggiunto: “Con orgoglio possiamo dire che in questi giorni concluderemo un altro intervento presentato in campagna elettorale ed introdotto nelle nostre linee programmatiche: il campo sportivo comunale “Francesco Ciullo”, su cui è stato realizzato un nuovo manto erboso, verrà inaugurato a maggio. Sarà poi la volta anche del palazzetto dello Sport”.
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Attualità
10 Cose che Non Sapevi sulla Vita nei Piccoli Paesi Italiani
La vita nei piccoli paesi ruota attorno alla convivialità. La piazza locale è il cuore pulsante della società, viva di conversazioni, risate e cultura condivisa. È il luogo dove ci si ritrova per chiacchierare, giocare a carte, gustare un espresso e assaporare l’anima della comunità. Tradizioni come i pranzi condivisi, le sagre locali e le processioni religiose non sono semplici eventi, ma espressioni di identità e appartenenza profonda.

10 Cose che Non Sapevi sulla Vita nei Piccoli Paesi Italiani
1. La Comunità è Tutto
Entra in un bar di un piccolo paese italiano, e con ogni probabilità il barista conosce il drink preferito di tutti e la storia della loro famiglia. In queste comunità così strette, le persone si conoscono per nome non per dovere, ma per un autentico senso di connessione. I bambini crescono circondati da volti familiari e i vicini spesso sembrano più parenti che semplici conoscenti.
La vita nei piccoli paesi ruota attorno alla convivialità. La piazza locale è il cuore pulsante della società, viva di conversazioni, risate e cultura condivisa. È il luogo dove ci si ritrova per chiacchierare, giocare a carte, gustare un espresso e assaporare l’anima della comunità. Tradizioni come i pranzi condivisi, le sagre locali e le processioni religiose non sono semplici eventi, ma espressioni di identità e appartenenza profonda.
2. La Vita Lenta è uno Stile di Vita, non una Moda
Dimentica la frenesia e la disponibilità 24 ore su 24—se non ami crazy time, allora i piccoli paesi italiani fanno per te. Qui si vive in modo più lento e consapevole. La maggior parte dei negozi chiude nel pomeriggio per il “riposo”, un momento sacro per riposarsi, mangiare o passare del tempo con i propri cari. Non è pigrizia—è equilibrio. Le attività locali mettono la famiglia prima del profitto, e la vita segue il ritmo naturale della giornata.
I pasti non sono mai frettolosi, spesso iniziano con antipasti e si articolano in più portate. Non è raro che il pranzo duri ore, specialmente la domenica. Anche il tempo non si misura al minuto, ma in momenti significativi. Sentirai più spesso “arriviamo tra poco” che orari precisi di arrivo.
3. Le Tradizioni Culinarie sono Profondamente Regionali
Il fascino della cucina italiana sta nella sua incredibile varietà e nei piccoli paesi le ricette si custodiscono come tesori di famiglia. Ogni regione, paese e perfino villaggio ha i suoi piatti tipici e ricette tramandate da generazioni. Ciò che si mangia a cena in Valle d’Aosta può essere completamente sconosciuto in Calabria.
La cucina locale si basa su ingredienti freschi e di stagione, spesso coltivati nei propri orti. Molte famiglie continuano a fare la pasta, il pane e le salse a mano, come facevano i nonni. Le trattorie non hanno menù fissi, ma cucinano quello che è fresco quel giorno. Questi piatti brillano anche durante le feste locali dedicate ai tartufi, alle castagne o ai tortellini fatti a mano.
4. I Dialetti Sono Vivi e Vitali
In molti piccoli paesi italiani, sentirai lingue che suonano diverse dall’italiano standard. Questi dialetti locali non sono semplici slang, ma patrimoni linguistici ricchi, tramandati di generazione in generazione. Alcuni riflettono radici latine, altri incorporano elementi greci, francesi o arabi a testimonianza di antichi imperi e fusioni regionali.
Le nuove generazioni usano l’italiano standard a scuola e al lavoro, ma stanno anche riscoprendo i dialetti attraverso musica, teatro e orgoglio comunitario. Imparare qualche parola locale può aprirti le porte a conversazioni più profonde e a un’accoglienza più calorosa.
5. Le Feste Sono Grandi Eventi di Comunità
Non c’è niente come la stagione delle feste nei piccoli paesi italiani. Ogni paese ha almeno una festa all’anno, spesso in onore del santo patrono o di una specialità gastronomica locale. E non si tratta di semplici fiere di paese—mesi di preparazione, volontariato e tradizione si fondono in spettacoli di più giorni con cibo, musica, danza e fuochi d’artificio.
Le feste non sono solo momenti di svago. Sono appuntamenti sociali fondamentali, un ritorno a casa per chi se n’è andato, e un modo per preservare le tradizioni secolari. Le processioni religiose attraversano le strade in pietra e le piazze si riempiono di colori ed energia.
6. La Politica Locale è Personale
In un piccolo paese, la politica è una questione intima. È facile incrociare il sindaco al bar o durante le riunioni cittadine del giovedì sera. Le persone sono generalmente più coinvolte nelle questioni locali e le opinioni politiche si discutono con passione—spesso davanti a un espresso o un gelato.
Le riunioni pubbliche diventano occasioni per discutere proposte e condividere preoccupazioni. Con meno burocrazia, i cambiamenti avvengono più rapidamente—ma questa vicinanza significa anche che le relazioni personali influenzano fortemente le decisioni.
7. La Sostenibilità è Sempre Stata Presente
Prima che “biologico” o “zero sprechi” diventassero di moda, nei piccoli paesi italiani si viveva già così. La sostenibilità qui non è una tendenza, ma un’eredità. Molte famiglie coltivano ancora ortaggi, allevano piccoli animali e fanno la spesa al mercato settimanale. Il risultato? Meno imballaggi, cibo più fresco e un’impronta ecologica più leggera.
I rifiuti si riducono con abitudini consolidate: i barattoli si riutilizzano, gli avanzi diventano compost o cibo per animali, e i sacchetti di plastica sono quasi scomparsi. Questa è una sostenibilità nata dalla tradizione e dalla necessità, non dall’attivismo.
8. La Conservazione Storica è Parte della Vita Quotidiana
Nei piccoli paesi, la storia non è chiusa dietro una teca—è viva nella quotidianità. Le persone vivono in edifici secolari, spesso restaurati con materiali originali come pietra e legno. Chiese, fontane e lampioni risalgono a epoche lontane ma ancora profondamente rispettate.
Il restauro è spesso uno sforzo collettivo. Quando un campanile ha bisogno di riparazioni, è normale vedere coinvolti artigiani, cittadini e persino bambini. Anche le storie orali hanno un valore sacro—gli anziani raccontano la vita durante la guerra, le tradizioni del raccolto e amori di gioventù tramandati nel tempo.
9. I Giovani Stanno Tornando
Dopo decenni di migrazioni verso le grandi città, molti giovani italiani stanno tornando nei paesi d’origine, portando nuove idee, attività e vitalità. Il lavoro da remoto ha reso possibile vivere in zone rurali, con costi più bassi e legami sociali più forti.
Incentivi statali e fondi europei sostengono progetti di rilancio, dal turismo sostenibile alla conservazione del patrimonio, fino ai mestieri artigianali. Questo ritorno sta dando nuova vita ai borghi, unendo innovazione e tradizione.
10. L’Ospitalità è nel DNA della Cultura
Se hai mai sentito parlare dell’ospitalità italiana, nei piccoli paesi la sentirai moltiplicata per dieci. Gli ospiti vengono accolti con calore e generosità, spesso invitati per un caffè improvvisato o un pranzo casalingo memorabile. Qui, condividere cibo e storie è la massima espressione di affetto e accoglienza.
I locali adorano far scoprire ai visitatori i tesori nascosti del paese—che sia un sentiero panoramico, una cappella dimenticata o la gelateria più buona. Ma l’ospitalità non è solo gentilezza: è costruire connessioni vere, basate sul rispetto, la curiosità e l’apprezzamento reciproco.
Attualità
In ricordo di Vittorio Aymone
Presto sarà svelato il manufatto artistico da collocare sulla facciata del palazzo di famiglia in Largo Sant’Angelo a Tricase, dove l’avvocato era nato nel dicembre 1920

di Hervé Cavallera
È certamente una buona usanza quella di ricordare attraverso epigrafi o altri manufatti, presso la casa di nascita o di famiglia, personaggi illustri della propria città.
Ciò non solo costituisce un segno d’affetto e rispetto nei confronti di illustri concittadini, ma al tempo stesso stimola l’interesse delle giovani generazioni.
Viviamo del resto in un tempo in cui sembra prevalere, attraverso i social e tant’altro, una “distrazione di massa”, favorita dallo sviluppo della comunicazione tecnologica che indubbiamente ha i suoi pregi, ma che tende più ad insistere sull’immediato, lasciando molte volte alla corrosione del tempo i nomi e le opere di coloro che hanno contribuito positivamente alla affermazione di una comunità o di un territorio.
Di qui il bisogno della memoria per così dire “materiale” dei personaggi del passato in modo che essi possano continuare ad essere di sprone per i più giovani.
Il ricordo delle persone che si sono illustrate positivamente nei vari campi del sapere e che sono state determinanti per la crescita culturale e morale è, infatti, insostituibile per lo sviluppo di una civiltà.
E tra i tanti suoi personaggi illustri Tricase può vantare la figura dell’avv. Vittorio Aymone (15 dicembre 1920- 22 gennaio 2010), di antica famiglia più volte segnalatasi nel tempo.
A Tricase egli trascorse la fanciullezza e come ebbe a dire, nel marzo 2005 a Lecce, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria, «Tricase mi ha inculcato la passione per la giustizia e l’oratoria forense.
Perché Tricase è la patria di Giuseppe Pisanelli, un miracolo di scienza e di virtù civiche – Amor di Patria e Religione della Libertà – che, in una vita segnata dalle persecuzioni politiche e dall’esilio, seppe integrare le doti elargitegli dalla natura con una preparazione eccezionale atta a consentirgli di dominare tutti i vari campi in cui si articola ciò che comunemente è inteso con l’espressione “diritto”».
Dopo aver conseguito la maturità classica al liceo “Palmieri” di Lecce, Aymone si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza di Roma.
All’Università di Roma Vittorio Aymone ebbe tra i suoi maestri i grandi giuristi del tempo come Arturo Rocco, Pietro De Francisci e Santi Romano e si laureò con Filippo Vassalli nel 1942.
Di formazione liberale, fu eletto nel 1951, nel collegio di Tricase, consigliere provinciale e divenne assessore alla cultura sino al 1956, favorendo sia la realizzazione della litoranea da Tricase a Leuca sia la nascita dell’Università di Lecce.
LA GRANDE TRADIZIONE FORENSE LECCESE
A Lecce, che vantava con Francesco Rubichi, Michele De Pietro, Leonida Flascassovitti, Antonio Dell’Abate, Oronzo Massari e tanti altri una grande tradizione forense, si segnalò da subito tra i grandi avvocati e ricoprì numerose e importanti cariche nell’Ordine, ricevendo in tutta Italia la stima di grandi colleghi come Giovanni Leone e Alfredo De Marsico oltre che rilevanti premi.
Per un profilo della sua complessa attività rinvio in questa sede alla “voce” che ne ho fatto in Avvocati e Giuristi illustri salentini dal XVI al XX secolo, a cura di A. Conte, S. Limoncelli, S. Vinci, Lecce 2014, pp. 33-35, e per i suoi scritti a Vittorio Aymone prestigioso erede e originale protagonista degli avvocati di Lecce, a cura di P. Corleto e V. Messa, Milano 2007.
Pur abitando a Lecce, i rapporti con Tricase non cessarono e chi scrive gli conferì, nel 1987, il “Premio Città di Tricase”.
Nel 1999 Aymone ricevette la cittadinanza onoraria dal Comune di Tricase e nel 2005 quella di Lecce.
Negli ultimi anni della sua vita più volte, in incontri a Lecce, lo invitai a scrivere una autobiografia e finalmente egli decise che più che scriverla, avendo ormai un’età avanzata e poco tempo disponibile, avrebbe risposto alle domande da me preparate sì da ottenere una ricostruzione della sua vita e del contesto in cui era vissuto.
Ma il tempo mancò e ricordo con malinconia una sua telefonata pochi giorni prima della sua scomparsa.
IL RICONOSCIMENTO DI LECCE
Lecce poco dopo il suo decesso intitolò a suo nome la piazza ove è la dimora che egli abitava e l’Università ha istituito la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali «Vittorio Aymone»; sempre all’illustre tricasino è stata intitolata l’Aula magna della Corte d’Appello di Lecce e nel 2016 è stata inaugurata la Fondazione dell’Avvocatura Leccese Vittorio Aymone.
E TRICASE?
Rispetto a Lecce, Tricase ha fatto non molto.
E di tale carenza non pochi cittadini hanno sentito il peso.
Così nel marzo del 2023 si è costituito un comitato promotore composto da vari tricasini, con l’intento di procedere alla realizzazione di un manufatto artistico su Aymone da collocare sulla facciata del palazzo di famiglia dove l’avvocato era nato, palazzo sito in Largo Sant’Angelo. È stato subito eletto un consiglio direttivo nelle persone di Hervé Cavallera, presidente; Ercole Morciano, vicepresidente; Francesco Colangiulo, segretario; Antonio Chiuri, tesoriere.
Successivamente è stato incaricato il pittore e scultore Vito Antonio Guglielmo, che ha già realizzato a Tricase l’epigrafe per l’on. avv. Antonio Dell’Abate, di eseguire il manufatto.
Umani casi dell’esistenza hanno rallentato l’esecuzione del progetto, finalmente però giunto a termine, e si avvicina il momento in cui si conta di portare a termine quanto auspicato e di questo si intende avvisare per tempo i concittadini.
Celebrare i grandi del passato, più o meno recente, è in verità un dovere a cui non bisogna mai sottrarsi ed è anche un modo per conoscere la propria terra, divenendo consapevoli che occorre essere dei buoni “allievi” di tanti illustri maestri.
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