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Approfondimenti

Elezioni, il futuro di Tricase/2: Fernando Dell’Abate

La visione della città del candidato di Pd, Insieme per Tricase, Tricase Bene Comune e Giovani Democratici

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FERNANDO DELL’ABATE, INGEGNERE, 62 ANNI


(PD, TRICASE BENE COMUNE, INSIEME PER TRICASE, GIOVANI DEMOCRATICI)

Cosa farà nei primi 100 giorni?


I cittadini, in questo particolare momento storico, vivono un momento di disincanto rispetto alla politica. Nostro compito sarà quello di ridare dignità al dialogo cittadino-istituzione sin dal primo giorno. Tricase si aspetta un ritorno alla partecipazione attiva degli abitanti. Nei primi 100 giorni, concomitanti con il pieno del periodo estivo, sarà importante ridare decoro all’immagine del nostro paese provvedendo alla pulizia delle strade, alla rimozione delle erbacce dai cigli delle strade e dai palazzi comunali, alla disinfezione e disinfestazione da blatte e zanzare dell’intero territorio comunale, congiuntamente alla manutenzione del verde pubblico e delle discese a mare, con particolare attenzione rivolta alle nostre due marine.


Contestualmente si procederà all’attuazione del programma, coinvolgendo la comunità con incontri monotematici per eventualmente aggiustare l’azione amministrativa per una visione di Città di medio-lungo termine.


Un provvedimento della vecchia amministrazione che non le è piaciuto?


Ce ne sarebbero diversi, ma qui vorrei ricordare l’illegittimo incarico di gestione delle pratiche da insidie stradali affidato direttamente dalla Giunta Coppola alla società AS srl, società unipersonale con socio unico, e quindi proprietario dell’intero pacchetto di quote sociali, un Consigliere Comunale in carica, già candidato sindaco del PDL alle scorse amministrative. Delibera che ha portato all’interessamento della Magistratura e causato un danno erariale. Non è consentito a chicchessia di gettare dalla finestra i soldi dei cittadini. Nel nostro programma è principio sacrosanto quello di responsabilità di chi amministra la cosa pubblica.  


LAVORO: quali le priorità?


Inutile negare che Tricase non sia riuscita, nel tempo, a mantenere quella filiera produttiva che la caratterizzava in passato. Oggi troppe aziende scelgono di insediare altrove i propri stabilimenti perché manca un motore attrattivo per quest’ultime. Tuttavia, si può dire che Tricase può ritornare ad essere quel “terreno fertile” sia per le produzioni industriali di nicchia che per i servizi e l’artigianato.  E ciò è possibile: la zona industriale di Tricase è gestita dall’ASI – consorzio industriale regolamentato dalla regione Puglia – del quale il Comune di Tricase è socio, insieme ad altri dieci comuni, alla provincia di Lecce ed alla Camera di commercio.


Essere presenti negli organi decisionali di tale ente con continuità, e non solo nelle assemblee di approvazione dei bilanci, significa intercettare in tempo utile le scelte che vanno maturando, e con ciò incrementare le possibilità di successo nel dirottare gli investimenti nella propria zona industriale.


Completare le opere di urbanizzazione di tale zona e facilitarne l’acquisizione dei lotti spingerebbe molti artigiani a prendere in considerazione lo spostamento delle proprie officine e laboratori in contenitori più adeguati che renderebbero più razionale ed efficiente il loro lavoro.


L’esperienza insegna che in questi casi si registra un incremento del volume di affari delle ditte e l’assunzione di ulteriori collaboratori. Ciò potrebbe essere solo il primo passo per un nuovo impulso al settore economico della nostra Tricase.


Inoltre, per incrementare l’occupazione giovanile che da troppo tempo registra dati allarmanti, proponiamo la creazione di un centro di coordinamento territoriale per le politiche giovanili con la partecipazione di tutti gli Istituti scolastici, delle associazioni di volontariato, delle parrocchie. A questo centro vanno affidate risorse, ma soprattutto il compito di utilizzare gli strumenti della programmazione europea per la ricerca di opportunità di nuovo impiego per i giovani attraverso il confronto con le buone prassi sviluppate in altri contesti territoriali.


A tal proposito si istituirà L’Ufficio Fondi Europei, coordinato da un consigliere con apposita delega.


L’’Ufficio promuoverà la diffusione dei bandi nazionali e internazionali di interesse per il Comune, sensibilizzando alle politiche comunitarie, promuovendo la progettazione settoriale, la cooperazione locale, interregionale e transnazionale e lo scambio e il trasferimento di know-how tra attori pubblici e privati.


La base delle attività di progettazione è costituita da una logica di condivisione: quella che viene definita co-progettazione, comprensiva sia della consultazione della cittadinanza e dei differenti attori sociali che devono fare rete, che costituisce un elemento imprescindibile per il raggiungimento delle finalità dell’Ufficio.


Esso si raccorderà con gli assessorati, uffici e settori interessati alle varie azioni progettuali, con le istituzioni Europee, con Enti nazionali e regionali, Ministeri, Agenzie, etc.


Commercio: sempre meno aziende.E l’Associazione  Commercianti lamenta poca collaborazione…


Abbiamo un sogno: dare a Tricase un assetto di piccola città e non di un “ paesone” e questo non per una esigenza puramente estetica, che comunque non guasta, bensì per aumentarne l’attrattività a vantaggio delle piccole attività economiche di respiro comprensoriale. Facilitare la creazione dei centri commerciali e direzionali,  attraverso mirati interventi urbanistici, implementati con interventi di edilizia privata, significherebbe  attrarre iniziative imprenditoriali nel campo dei servizi e del commercio di qualità in un contesto di “polarizzazione” tanto ricercato, oggi, nei settori citati. Il contesto geografico provinciale ci è favorevole; già la Camera di Commercio di Lecce indica Tricase quale centro di “aggregazione”, ossia quel luogo dove, per ragioni di geografia politica, c’è la naturale tendenza al concentrarsi di iniziative economiche di tipo sovracomunale. Questo è un punto di forza che va governato, che va aiutato ad esprimersi nel massimo del suo potenziale, va indirizzato, va promosso in azioni di marketing territoriale. Obiettivi: incremento del valore del patrimonio edilizio privato e del mercato degli affitti; creazione di posti di lavoro; volano di sviluppo per gli altri settori.


Lo sviluppo urbano di Tricase è stato sicuramente disordinato, tanto che ancora oggi nel cuore della città esistono ampie zone di degrado non urbanizzate (zona Lama).  Oggi tale conformazione può rappresentare una opportunità unica. Spazi urbani vitali nel cuore della città, non riscontrabili in altri centri delle medesime dimensioni, idonei per la creazione di contenitori di centri commerciali e direzionali. Quindi occorre infrastrutturare, funzionalmente allo scopo, tali aree: ampie strade, parcheggi, illuminazione di qualità, interconnessione con il resto della viabilità atta a consentire un facile accesso anche ai mezzi di trasporto merci, spazi verdi e delle pause ristoro, ecc.


La visione: nel cuore di Tricase il centro commerciale e direzionale del Capo di Leuca.


Sempre funzionalmente alla potenziale vocazione della città ad essere polo di attrazione di piccoli imprenditori e di consumatori, con particolare riferimento al commercio al dettaglio nelle sue varie forme, dagli esercizi di vicinato alle medie strutture di vendita, dagli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande ai locali di intrattenimento, occorre completare l’opera di ammodernamento degli spazi urbani del centro cittadino. L’obiettivo è creare una rete commerciale in spazi che si susseguano senza soluzione di continuità e che formino il sistema delle cosiddette “strade dello shopping”. Per intenderci da piazza dei Cappuccini e strade adiacenti, a piazza G. Pisanelli e piazzette limitrofe, passando per via Tahon De Revel ed arrivando in zona Lama.  I risvolti in termini di ricadute economiche sarebbero rilevanti, soprattutto se, attraverso una mirata promozione nelle più rinomate località turistiche (Leuca – Marine di Salve e Morciano – Castro – Santa Cesarea Terme), in sinergia con gli operatori economici, si dirottasse su Tricase lo shopping e l’intrattenimento post balneare di importanti flussi turistici. Il potenziale c’è tutto, ma occorre la mano pubblica che raccordi e ricuci l’esistente, lo arredi e realizzi le opere funzionali all’obiettivo. Pertanto:


corso Roma va riconcepito, riprogettato e realizzato con marciapiedi ridimensionati, con un ampia carreggiata  e con la contestuale creazione di parcheggi;


l’area del vecchio cimitero è da rigenerare con la definizione di un monumento sacro, limitatamente agli spazi occupati dalle ex cappelle mortuarie, e con la destinazione a spazi pubblici di servizio delle restanti aree, soprattutto al fine di raccordare, a mezzo di ampio ed illuminato marciapiede, l’area a parcheggio di piazza Caserta con piazza dei Cappuccini;


nella medesima area, occorre la predisposizione e l’approvazione di un piano urbanistico particolareggiato che consenta ai privati di recuperare vecchi caseggiati ed aree abbandonate a causa dei vincoli cimiteriali.


Inoltre, si condivide appieno l’importanza dell’elaborazione del “documento strategico del commercio”, i nostri esperti sono già al lavoro nell’eseguire le necessarie indagini statistiche, per la conoscenza delle variabili in gioco, e nell’approntare soluzioni coraggiose ed innovative per il rilancio del commercio. L’aiuto dell’associazione non può che essere gradito, anche in vista dell’ulteriore step che sarà la creazione del distretto urbano del commercio (DUC). Siamo già in contatto con i CAT (centri assistenza tecnica) di confcommercio e di confesercenti di Lecce per sfruttare i prossimi bandi regionali contenenti finanziamenti specifici per lo sviluppo della rete commerciale interna cittadina e per contrastare il fenomeno della cosiddetta desertificazione.


ACAIT: dopo tanto tempo perso, quale sarà il primo provvedimento che adotterà?


Dopo circa 16 anni, è giunto il momento di dare una degna destinazione al complesso dell’ACAIT.


Questo complesso è  oggi patrimonio comunale grazie ad una buona dose di coraggio nell’acquisirlo, a titolo oneroso e con notevole indebitamento a carico dell’ente, agli inizi degli anni 2000. Tale struttura, come è noto, è composta da un sistema di capannoni industriali, dove veniva eseguita la lavorazione del tabacco, e da circa due ettari di suolo edificatorio, quale area di pertinenza. Circa i capannoni industriali, la linea guida è quella di lanciare un bando di concorso, a mezzo dell’istituto giuridico del project financing, al fine di un suo un impiego in attività produttive compatibili con le caratteristiche della struttura e del circondario. Le discriminanti a base del bando di concorso avranno ad oggetto la qualità ambientale del tipo di intervento proposto e soprattutto il livello occupazionale generato.


Crediamo che affidare la destinazione di una appendice di tale superficie coperta a museo dell’arte contadina sarebbe vista di buon grado e ciò al fine di preservare i luoghi della memoria. Per l’area edificabile, invece, prevediamo la realizzazione di un moderno palazzo di città, ecosostenibile e a zero impatto energetico, da realizzare attraverso il medesimo sistema del project financing, al fine di potervi trasferire tutti gli uffici e servizi comunali. Al partner privato, a proprio ritorno economico, verrà consentito di realizzare un centro commerciale e direzionale, da armonizzarsi nel contesto urbano. Un parte dell’area, inoltre, verrà destinata alla realizzazione di una piazza, attrezzata con verde ed arredo urbano, e di una pista ciclabile, da collegare al sottostante parco comunale in fase di realizzazione. Tutto ciò senza alcun costo per il cittadino. Da puntualizzare che la sede del governo cittadino (Consiglio comunale, Sindaco, Giunta e Commissioni consigliari) con tutti gli uffici amministrativi di supporto, continueranno ad avere sede nel Palazzo Gallone, luogo della nostra memoria storica, simbolo della nostra città ed identificazione sociale e culturale delle varie generazioni con il proprio passato.  


TURISMO: dovrà cambiare Tricase per attrarre più turisti?


Negli ultimi anni abbiamo potuto assistere allo sviluppo del turismo nell’area jonica: un territorio che, per conformazione e storia, è molto diverso dal nostro. Certo è che Tricase ha delle potenzialità fino a questo momento inesplorate e non portate a frutto. Basti pensare che abbiamo circa nove chilometri di costa, due marine, un centro abitato esteso costituito da più centri storici.


La realtà policentrica di Tricase può acquistare valore se si dà precedenza al decoro urbano e agli interventi urgenti per la cura dei dettagli, bisogna recuperare aree a servizio pubblico da destinare a parcheggi, con ogni mezzo, prioritariamente con accordi bonari. Dobbiamo dircelo con chiarezza. Le nostre Marine sono ostaggio dei privati,  tanto che neanche i cittadini di Tricase ne possono godere; forse è giunto il momento di mettere mano a questa paradossale situazione; se necessario, ove possibile, anche una mano dotata di guanti non del tutto vellutati. E’ inutile sistemare le discese a mare, abbellire il porto turistico, recuperare il borgo dei pescatori, se poi non riusciamo a dare alloggio che a poche centinaia di auto, se nelle due località ci sono poco meno di dieci attività produttive, se qualsiasi pubblica manifestazione di promozione della località si trasforma in un ingorgo pauroso. Con il recupero di ulteriori aree, quelle attualmente disponibili sul lungomare potrebbero essere riconvertite in stalli per mercatini perenni, ordinati e caratteristici, e questo per superare, in minima parte ovviamente, la carenza di volumi edilizi destinati al commercio ed alla ricettività.  Perché c’è anche questo: nonostante la presenza di una notevole quantità di fabbricati, in gran parte seconde abitazioni, le nostre marine soffrono della quasi totale assenza di contenitori con destinazione commerciale e di ricettività professionale, conseguenza di circa un secolo di assenza di programmazione urbanistica territoriale. Diventa fondamentale, quindi, rimuovere questo vulnus e  1°) consentire in deroga ai regolamenti edilizi e sanitari, così come avviene per i centri storici (si veda Lecce da ultimo), il cambio di destinazione d’uso da “abitazioni” a “uso commerciale” – “uso artigianale” – “ricettività professionale”;  2°) incentivare tali cambi con sgravi fiscali IMU – TARI – ONERI PER MONETIZZAZIONE DEI PARCHEGGI;  3) impiegare i locali comunali posto sotto la ritonda per la creazione di un lido attrezzato 4°) attraverso il PUG  ricercare, anche tra le pieghe della legge, aree da destinare alla realizzazione di strutture ricettive professionali.

Questi interventi appena descritti, insieme ad un recupero funzionale delle circa 20 discese a mare esistenti, e ad una pronta e sollecita attuazione del piano coste, porterebbe un discreto  incremento delle attività commerciali con le conseguenziali ricadute economiche ed occupazionali.


Non bisogna rinunciare, poi, al potenziamento del porto turistico. Non avendo arenili e non potendo quindi puntare su un turismo di massa, dobbiamo necessariamente ed in alternativa crearci una nicchia nel mercato del turismo legato alla nautica da diporto; un mercato, tra l’altro per il quale è prevista una forte espansione nel mediterraneo nei prossimi decenni. Pertanto sarà prioritario: Riprendere il progetto già presentato alla Regione; rivitalizzarne l’iter di finanziamento; far comprendere all’amministratore regionale l’importanza che lo stesso ha per lo sviluppo economico  della città e che esso ben si inserisce nella specifica azione del programma del governo regionale 2015-2025 che prevede, per l’appunto, il potenziamento degli approdi turistici secondari e la messa in rete degli stessi.


Rimanendo in tema di porto turistico, la creazione di nuovi spazi pubblici, come abbiamo già detto, è fondamentale, una buona idea potrebbe essere quella di recuperare la parte di demanio pubblico posto a ridosso della banchina est del Porto (il costone che dalla sede dell’associazione Libeccio porta a Punta Cannone per intenderci) per realizzare una suggestiva passeggiata nel verde, con vista sul porto  e sulla collina che degrada a mare.   


Il porto di Tricase, a seguito della crescente domanda di Turismo nautico e diporto, con servizi a terra annessi, può accrescere l’accessibilità al patrimonio culturale e naturalistico del territorio, generando flussi turistici aggiuntivi oltre quelli già esistenti nel capoluogo.


L’idea è quella di promuovere le ricchezze culturali, naturalistiche e i sapori del territorio, attraverso la nascita di un nuovo sistema turistico che unisce ed integra mare e terra.  


Marine e centro storico dovranno complementarsi. Il centro storico di Tricase è già inserito nelle più note guide turistiche del Salento, nonostante la nostra noncuranza. Occorre adesso valorizzarlo per un proficuo ritorno economico. All’imponente edilizia monumentale deve fare da complemento il recupero del patrimonio edilizio privato con interventi di rigenerazione urbana che fungano da traino. E’ noto, infatti, in architettura, che all’intervento pubblico di risanamento di aree urbane seguono spontaneamente forme di recupero dei privati. Nel centro storico saranno necessarie forme di incentivazione fiscale  che favoriscano il cambio di destinazione d’uso da “abitazioni” a “uso commerciale” – a “uso artigianale” – a “ricettività professionale”;  l’importante patrimonio pittorico presente nelle nostre chiese, (quadri del Veronese –di Jacopo Palma il giovane – del Tintoretto – di Girolamo Muziano – di Paolo Finoglio);   paragonabile a quello di città di ben altre dimensioni, eredità dei principi Gallone,  una volta messo in sicurezza, con il consenso e con la collaborazione dei parroci competenti, va pubblicizzato ed inserito in un percorso turistico culturale che vada dalla Vallonea ultrasecolare al biotopo della stessa specie, dalle pregiate chiese ai castelli, dalle case gentilizie, alle corti, dal borgo popolare Lu Puzzu a piazza Pisanelli e piazzette storiche vicine.


MARINE: cosa cambierebbe?


Purtroppo non bastano eventi di risonanza nazionale, come l’Alba in Jazz, per dare il giusto lustro alla nostra costa. Le Marine di Tricase potrebbero essere il volano dell’economia tricasina se solo si valorizzassero i loro punti di forza. Immaginiamo un recupero funzionale delle circa 20 discese a mare esistenti, una pronta e sollecita attuazione del piano coste. Non bisogna rinunciare, poi, al potenziamento del porto turistico: non avendo arenili e non potendo quindi puntare su un turismo di massa, dobbiamo necessariamente ed in alternativa crearci una nicchia nel mercato del turismo legato alla nautica da diporto, un mercato per il quale è prevista una forte espansione nel mediterraneo nei prossimi decenni. Pertanto sarà prioritario riprendere il progetto già presentato alla Regione, rivitalizzandone l’iter di finanziamento facendo comprendere all’amministratore regionale l’importanza che lo stesso ha per lo sviluppo economico  della città e che esso ben si inserisce nella specifica azione del programma del governo regionale 2015-2025 che prevede, per l’appunto, il potenziamento degli approdi turistici secondari e la messa in rete degli stessi.


Rimanendo in tema di porto turistico, si potrebbe prevedere la creazione di nuovi spazi pubblici, magari recuperando la parte di demanio pubblico posto a ridosso della banchina est del Porto (il costone che dalla sede dell’associazione Libeccio porta a Punta Cannone, per intenderci) per realizzare una suggestiva passeggiata nel verde, con vista sul porto  e sulla collina che degrada a mare.


Come dicevo, interventi concreti e mirati per ridare respiro ad una delle ricchezze della nostra terra.


DECORO DELLA CITTA’: nonostante il rifacimento di alcune strade, Tricase versa in uno stato indecoroso…


Sarebbe il caso di smetterla con la vecchia concezione “centro-periferia”: nel 2017 possiamo affermare tranquillamente che Tricase è una realtà policentrica e che, in virtù  di questa sua conformazione, dobbiamo prevedere eguali interventi per tutte le zone. E’ impensabile che, in alcune zone del centro abitato, siano assenti ancora rete idrica e rete fognaria. Solo dopo aver risolto questa che, per noi, è una delle vere urgenze di Tricase, immaginiamo interventi incisivi atti al miglioramento della vivibilità della città: pensiamo ad un aumento dell’illuminazione pubblica, alla piantumazione di alberi per aumentare il volume di verde pubblico presente nei nostri quartieri, interventi di manutenzione programmati per le strade.


Credo sia il caso di dire che a Tricase manca vivere la quotidianità e affrontare le problematiche più semplici in modo tale da eliminarle completamente.


BAMBINI, DISABILI ED ANZIANI: secondo lei Tricase è a loro misura? 


Se non fosse per le realtà associative e sportive, a Tricase mancano centri di aggregazione sociale veri ed efficienti. E’ possibile immaginare un dialogo costante con parrocchie e associazioni affinchè si possano individuare spazi idonei ad ospitare l’allestimento di luoghi d’aggregazione per chi vuole usufruirne? Una biblioteca multimediale, una sala congressi, un centro polifunzionale. Solo con l’interazione fra le realtà precedentemente indicate e l’Amministrazione è possibile far tutto ciò.


CITTADINA DELLA SALUTE/OSPEDALE: volano unico per Tricase o idea superata?


Oggi, sempre grazie all’iniziativa di singoli privati, e tra questi in primis la Pia Fondazione Cardinale Panico, Tricase sta riscoprendo una nuova vocazione nei servizi avanzati del settore sanitario e socio/assistenziale. Per evitare gli errori del passato sarà istituito, senza formalismi bizantini, un “tavolo” permanente, a guida politico-istituzionale, composto dagli operatori ed esperti del settore per il monitoraggio costante delle criticità, di valutazione dei possibili preventivi interventi,  di studio delle potenzialità di sviluppo.


Un capitolo a parte  va dedicato all’area antistante l’azienda ospedaliera: piazza Cardinale Panico – la lottizzazione privata L18 – via Valsalva – l’incrocio strada provinciale per Depressa/ svolta ospedale e Casa di Betania. Questa area è strategica per lo sviluppo della città. L’ente pubblico sino ad oggi è stato di fatto assente nel governo del maggiore punto di forza dell’economia locale e cioè l’indotto potenziale legato ad una delle più grandi aziende del Salento, “la Fondazione Cardinale Giovanni Panico” con le sue molteplici attività che spaziano dalla struttura ospedaliera, alla lungodegenza, all’hospice, alla ricerca nel campo delle malattie neurodegenerative e delle malattie rare, alla formazione universitaria (facoltà di Scienze Infermieristiche) e postuniversitaria. Un movimento di risorse vitale per il futuro della città che va sostenuto: direttamente attraverso il sostegno politico agli organi di direzione della Fondazione, questa deve sentire al proprio fianco la forza della comunità che la ospita ed il valore della rappresentanza democratica della maggiore istituzione territoriale, “Il Comune con i suoi organi Sindaco,  Consiglio e Giunta comunale”.  Non bisogna dare mai per scontato ciò che si ha; la recente esperienza del polo manifatturiero TAC ed in particolare del gruppo Adelchi ci deve insegnare qualcosa. Indirettamente, con interventi sulla viabilità che rendano fluido l’accesso ai servizi da parte delle migliaia di persone che quotidianamente si riversano in questa parte di città da ogni dove del Salento ed oltre. Una fluida e razionale  accoglienza di queste persone porterebbe sicuramente un ulteriore indotto sull’economia locale. Ovunque dai grandi flussi di persone vengono ricavati profitti, ovunque tranne che a Tricase. Dappertutto tali flussi vengono gestiti anche intravedendo in essi la presenza di potenziali consumatori (vedasi gli aereoporti ed i musei londinesi o semplicemente la festa di Santa Domenica a Scorrano, o la notte della pizzica a Melendugno). Quindi, anche al fine di potenziare il settore del commercio e dei servizi con la creazione di nuove attività imprenditoriali:


piazza Cardinale Panico va razionalizzata attraverso un ridimensionamento delle attuali inutili aiuole (non degli spazi verdi) e la riconversione ad aree di parcheggio e di stalli da destinare al commercio su area pubblica, da concedere gratuitamente per due anni a persone disoccupate;


l’attuale squallida area a parcheggio posta a sinistra dell’ingresso dell’ospedale va riqualificata anche attraverso una rinegoziazione con il privato che ha creato un improbabile “tratturo”; la riacquisizione al demanio pubblico di quella area consentirebbe un duplice obiettivo: 1°) la creazione di stalli per il commercio su aree pubbliche mediante chioschi, da realizzarsi, a cura del concessionario su un unico design elaborato dall’ufficio urbanistico dell’Ente, e da concedere a persone disoccupate, gratuitamente per due anni, per il commercio di prodotti locali quali terminali di una mini filiera (prodotti agricoli – prodotti da forno – prodotti dell’artigianato – ecc.);  2°) il miglioramento  dell’immagine della piazza mediante la creazione di un suo profilo, oggi assente.


le opere di urbanizzazione della zona L18 (l’area a ridosso di piazza Cardinale Panico) vanno eseguite da parte dei privati con urgenza, perché è da oltre trenta’anni che si assiste ad uno scempio urbanistico in una delle zone più importanti della città, la moral suasion in primis, ma in caso di ulteriori ritardi  non sono da escludere  atti di imperio giustificati dal pubblico interesse. La viabilità di quella area, oltre a decongestionare il traffico creando alternative a via Leone XIII, porterebbe con se un significativo incremento dei parcheggi. Da non sottovalutare, per quanto detto prima, l’edificazione di nuovi volumi edilizi da destinare a piccole attività produttive funzionali alla particolare vocazione del distretto urbano;


via Valsalva, attuale selvaggio sfogo degli automobilisti alla ricerca disperata di parcheggi, deve essere innanzitutto allargata (ove possibile lato campagna) per creare una nuova area a parcheggio, e poi deve essere ripavimentata, adeguatamente illuminata, dotata di segnaletica orizzontale per disciplinare i parcheggi e raccordata con la viabilità nascente della zona L18;


l’incrocio strada provinciale per Depressa/svolta ospedale e Casa di Betania  va canalizzato e con l’occasione, vincoli idrogeologici permettendo, si deve procedere ad un piccolo allargamento della parte iniziale della strada che porta al cimitero, giusto il necessario per creare un lato parcheggio.


SEMPRE PIU’ POVERI: quale strategia adottare?


Il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale è un obiettivo prioritario, poiché anche nella nostra città si allargano le aree di sofferenza, di precarietà, di emarginazione dovuta alla crescita delle diseguaglianze. L’amministrazione comunale deve varare un piano organico di ridefinizione dei criteri per la concessione di contributi economici, legandoli a forme di svolgimento di “attività sociali” a favore della comunità. I contributi economici non devono e non possono essere né una forma di sostegno indiretto, né una elargizione a discrezione: questi contributi devono attivare percorsi di reinserimento sociale e di ri-costruzione del legame con la comunità.


Anziani, non autosufficienti, lavoro di cura. Sul territorio comunale sono già presenti ed attive realtà di imprenditorialità sociale che forniscono servizi residenziali, servizi domiciliari, centri diurni. Il Comune, nel rispetto delle competenze degli Ambiti territoriali, deve accompagnare con proprie iniziative ed attività queste realtà, connettendole ai bisogni degli anziani ed utilizzando le loro esperienze, la loro disponibilità di tempo, la conoscenza profonda del tessuto civile della città. Proponiamo che il Comune promuova la costituzione di un punto di incontro tra la domanda di assistenza domiciliare (per gli anziani non coperti dal servizio ADI) e l’offerta di badanti ed altro personale di cura ed assistenza: questo punto di incontro potrà formare soprattutto le badanti di origine straniera, sempre più presenti nelle case dei nostri anziani, nella migliore conoscenza della lingua italiana, delle tecniche di primo soccorso, nello svolgimento dei lavori domiciliari.


Politiche per adolescenti e giovani. L’Amministrazione deve avere per obiettivo la promozione e il sostegno di politiche giovanili specifiche, orientate all’informazione, alla promozione culturale, alla socializzazione, alla crescita del benessere e della qualità della vita, alla prevenzione del disagio e dei comportamenti d’abuso. Proponiamo la creazione di un centro di coordinamento territoriale per le politiche giovanili con la partecipazione di tutti gli Istituti scolastici, delle associazioni di volontariato, delle parrocchie. A questo centro vanno affidate risorse, ma soprattutto il compito di utilizzare gli strumenti della programmazione europea per la ricerca di opportunità di nuovo impiego per i giovani attraverso il confronto con le buone prassi sviluppate in altri contesti territoriali.


Ad un eventuale BALLOTTAGGIO  possibili alleanze?


Ad un eventuale ballottaggio sceglieranno i cittadini quale sarà il progetto da seguire per Tricase: chi non raggiungerà la percentuale per accedere al secondo turno sarà in grado di scegliere con saggezza la strada giusta da seguire.


 


 


Approfondimenti

Gli anni passano, le tradizioni cambiano, in meglio o in peggio?

Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti..

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di Hervé Cavallera

Con le Festività di inizio novembre si è entrati nell’ampio periodo delle feste di fine anno con tutte le celebrazioni rituali che esse implicano. Ora, già da un remoto passato l’essere umano ha avvertito con perplessità la fine della bella stagione, l’allungarsi del buio nelle giornate e l’appressarsi del freddo.

Ed ha collegato la fine della stagione calda e luminosa con la fine di un ciclo, che non è soltanto quello solare, ma soprattutto quello della stessa vita. Ha colto cioè il senso del trapasso con tutte le incognite ad esso legate, sì da elaborare nel corso dei millenni dei riti di passaggio tra questa e l’altra vita oltremondana. Al tempo stesso, si è pensato di illustrare il cammino del tempo secondo calendari legati al ciclo solare e a quello lunare.

Così per diverse popolazioni dell’antichità, tra cui i Celti che risiedevano principalmente nel centro Europa, il transito tra un anno e l’altro era previsto con l’attuale 1° novembre e in quel giorno, essendo poco netta la transizione tra la luce e le tenebre, il mondo dei vivi si mescolava con quello dei morti e questi ultimi potevano riapparire.

Non a caso il 2 novembre, che seguiva Ognissanti, fu scelto come il giorno della commemorazione dei defunti ed è triste constatare come oggi tanti cimiteri monumentali siano praticamente abbandonati.

Ora, il primo calendario che unificò il mondo mediterraneo fu quello giuliano, ideato dall’astronomo greco Sosigene e divenuto operativo nel 46 avanti Cristo con Giulio Cesare.

Tale calendario rimase in vigore sostanzialmente sino al 24 febbraio 1582 quando papa Gregorio XIII, attraverso la bolla Inter gravissimas, lo sostituì con vari ritocchi con il calendario tuttora esistente detto appunto gregoriano.
Il mondo cristiano ha poi inserito varie ricorrenze a tutti note, fissando le feste di precetto, ossia quelle in cui i fedeli sono particolarmente tenuti alla partecipazione della messa.

Per i cattolici sono: tutte le domeniche; Capodanno (1° gennaio); Epifania (6 gennaio); Assunzione di Maria Vergine (15 agosto); Tutti i Santi (1° novembre); Immacolata Concezione (8 dicembre); Natale (25 dicembre).
Accanto alle feste religiose ogni Stato ha aggiunto per suo conto le feste civili, tra le quali in Italia ricordiamo almeno il 1° maggio (festa dei Lavoratori) e il 2 giugno (festa della Repubblica).

È evidente che se la divisione del tempo in anni, mesi, settimane, giorni, corrisponde ad una esigenza di dare ordine in una realtà ciclica (il rinnovarsi delle stagioni), il concetto di festa si collega, per l’aspetto civile, ad un evento di cui si è particolarmente orgogliosi, e, per quello religioso, è volto ad onorare la Divinità e i Santi.

Sotto tale profilo la festa sia religiosa sia civile non è da intendersi come una vacanza, ma come una celebrazione. Certo nei giorni festivi non si lavora, ma essi non si dovrebbero intendere come meramente vacanzieri.

Festa o vacanza?

Al contrario, dovrebbero servire a raccogliere i componenti di una comunità, quotidianamente intenti ad attività differenti, in uno spirito celebrativo comune.

Una comunanza soprattutto spirituale che può naturalmente trovare un momento gioioso particolarmente nei pasti che una volta erano frugali per i più e ai quali si riusciva a fare qualche eccezione nei giorni di festa.
Così a Natale si poteva arricchire la tavola con il panettone o il pandoro, come nel cenone di Capodanno si mangiavano lenticchie (ritenute ben auguranti) e cotechino.

Sono solo pochi esempi di cibi per così dire “nazionali”, mentre ogni regione aveva (e in gran parte ha) i suoi piatti tipici. Per tale aspetto, nelle feste (e soprattutto in quelle religiose) il sacro si mescola col profano, la speranza del premio ultraterreno con il buon piatto, il senso della fratellanza spirituale con quello della buona compagnia. In ogni caso si percepisce o si dovrebbe percepire il riconoscimento del sacro confermato dalla grazia di star bene.

È così ancora oggi? Non proprio. Nella nostra società si è imposto e si va imponendo un modo di essere sempre più materialistico e consumistico. L’esempio più vistoso è Halloween, la notte di Tutti i Santi, che alla luce di evidenti influenze anglosassoni, è divenuta la festa del macabro e del soprannaturale in una atmosfera neopagana e consumistica. Che dire poi di prodotti come il panettone o la colomba che si cominciano a vendere mesi prima di Natale o di Pasqua?

Le due stesse massime festività della Cristianità (la nascita di Cristo e la Sua resurrezione) passano quasi in second’ordine nella loro specificità di fronte alle spese, ai doni e a quant’altro di godereccio possa esistere. Anche in questo caso occorre precisare che non vi è nulla di male nel mangiare il panettone e la colomba, che è bene brindare purché non si ecceda, che qualche bambino può ben dire Trick or Treat (Dolcetto o Scherzetto).

Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti (si pensi alle processioni, ai piatti particolari e così via), ora tutto si va modificando e si impone solo la dimensione del consumo e dello spettacolo.

Certo, il mondo da sempre va cambiando ed è così, ma il mutamento positivo è quello che sa conservare i valori e mettere da parte l’inutile; in tal modo una civiltà cresce e si sviluppa e le persone maturano. Che le cosiddette tradizioni rimangano solo per attrarre turisti o per generare consumi certamente non è positivo e rischia di ridurre tutta la realtà al semplice godimento – non sempre corretto né di tutti – dell’immediato.

Quello che veramente oggi dovrebbe contare, in una società dove soffiano pericolosi venti di guerra e l’Occidente è pervaso da un edonismo individualistico, è il recupero della dimensione spirituale che accomuna gli animi e li rende aperti al dialogo e agli affetti disinteressati.

E da tempo immemorabile tale è stato il compito della famiglia, della scuola, della Chiesa, istituzioni che attraversano un momento non facile, ma nel rilancio della loro funzione risiede la salvezza di un Occidente che va spegnendosi nelle luci artificiali dei consumi.

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Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

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Approfondimenti

Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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