Cronaca
Noemi, il Vescovo: “Rispettiamo il dolore”
L’omelia di Mons. Angiuli durante la messa di suffragio: “Ciò che fa più male non è solo la morte fisica, ma quel coacervo di sentimenti fatto di animosità, rancori, ostilità, accuse infondate, insinuazioni malevole, calunnie velenose che si insinuano nell’animo fino a far perdere il senso del limite e della misura”

Nel trigesimo della tragica morte di Noemi Durini, questo pomeriggio, nella Chiesa Madre di Specchia, Andreana Bassanetti, presidente e fondatrice dell’Associazione “Figli in Cielo” ha incontrato le famiglie colpite dalla perdita di un figlio.
“Figli in Cielo” è una Comunità approvata dalla Conferenza Episcopale Italiana per sostenere ed accompagnare le famiglie che vivono l’esperienza del lutto, è presente dal 1991 in quasi tutto il territorio italiano e in molti Paesi del mondo.
Nelle scorse settimane, il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale ha nominato Sua Eminenza, Cardinale Camillo Ruini, Assistente ecclesiastico nazionale dello stesso sodalizio.
Dalle 18,30, sempre in Chiesa Madre, S. E. Mons. Vito Angiuli, Vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, presiede la Messa di suffragio.
Il naufragar m’è dolce in questo mare
Di seguito il testo della omelia del Vescovo in occasione della messa di suffragio del trigesimo della morte di Noemi Durini
Cari Imma e Umberto,
cari fratelli e sorelle,
ci ritroviamo per commemorare insieme, con l’affetto e con la preghiera, la cara Noemi prematuramente e dolorosamente scomparsa. Come ho sottolineato nell’omelia della Messa esequiale, portiamo il peso della tristezza e dell’amarezza per quanto è accaduto con tre atteggiamenti: il silenzio, le lacrime e la preghiera. Mettiamo da parte ogni altro sentimento e viviamo con dignità, rispetto e discrezione il seguito di questa dolorosissima vicenda.
Per onorare degnamente la memoria di Noemi, facciamo nostro l’insegnamento che ci propone la Parola di Dio: rafforzare la consapevolezza del nostro peccato, insieme alla certezza dell’infinita misericordia di Dio. Il salmista ci invita a riconoscere che «presso il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione» (Sal 130,7). Nessuno, pertanto, dovrebbe ergersi a giudice del proprio fratello e tutti, dal profondo del cuore, dovremmo chiedere a Dio la remissione delle nostre colpe, nella certezza che egli esaudirà la nostra invocazione. Ciascuno di noi dovrebbe ripetere le parole del salmo: «Spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola. L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora» (Sal 130, 5-6).
Per questo, nonostante gli avvenimenti ci spingono a a incamminarci su altre strade, rimaniamo fermi nel percorrere il sentiero della speranza. Non la piccola speranza che, considerando gli avvenimenti in modo troppo umano, restringe gli orizzonti e crea contrasti, ma la grande speranza, l’unica capace di spalancare le porte del cuore fino sperare per tutti! Tutti possono redimersi e cambiare vita. A tutti, Dio concede sempre una possibilità di ravvedersi e di ritornare sui propri passi se con umiltà e sincerità si è disposti a riconoscere i propri errori, anche quelli più gravi, e a espiarli secondo giustizia e verità.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato una vicenda che contiene un grande insegnamento. Gli abitanti di Ninive, persone semplici, notabili e perfino il re, si convertono a seguito dell’annuncio proposto dal profeta Giona. Gli uomini e persino animali sono coinvolti in questo processo interiore ed esteriore di cambiamento. Di fronte al loro proposito di conversione, Dio si commuove (cfr. Gn 3, 5.10) dà libro sfogo alla sua immensa magnanimità. Considera tutti gli uomini suoi figli, egli vuole che tutti si salvino. Non desidera la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Charles Peguy esprime in modo poetico questa verità mettendo in bocca a Dio queste parole:
«Io risplendo talmente nella mia creazione.
In tutto ciò che accade agli uomini e ai popoli, e ai poveri.
E anche ai ricchi. […]
In ogni nascita e in ogni vita.
E in ogni morte.
E nella vita eterna che non avrà mai fine.
Che vincerà ogni morte»[1].
La vicenda di Noemi dovrebbe risvegliare in noi questa consapevolezza, spingerci a imparare dal mistero della morte il significato della vita e a porci le seguenti domande: la morte è un ponte o un abisso? Un passaggio verso qualcosa d’altro oppure un precipizio nel nulla? Un punto che mette fine definitivamente a un percorso o una virgola che semplicemente indica una sosta? Una serratura che chiude ogni passaggio o è una chiave che può aprire nuove porte? una scomparsa definitiva o solo una svolta, quasi la curva di una strada che impedisce di essere visti?
Dobbiamo sentirci tutti interpellati da queste domande. Esse valgono per tutte le età e in tutte le circostanze e invitano a cercare non superficiali e scontate, soprattutto se si tratta di un figlio o di una figlia morta in giovane età. In questo caso, infatti, il dolore si reduplica e diventa ancora più lancinante. Quasi prestando le sue parole a voi, cari Imma e Umberto, un genitore afferma: La morte dei nostri figli a qualsiasi età e da qualsiasi circostanza sia dipesa è uno dei colpi più crudeli che la vita può infliggerci. Il viaggio attraverso il dolore è molto lungo, buio, difficile e doloroso per i genitori che lo devono, volenti o nolenti, effettuare, tanto che ci siamo definiti amputati […]. La morte dei nostri figli non è una malattia da cui si può guarire. Si tratta di un cambiamento che modifica la nostra vita per sempre e col quale dobbiamo imparare a convivere. Siamo così costretti a fare l’impossibile: costruire una nuova vita e scoprire una “nuova normalità” per noi e le nostre famiglie in un mondo senza di loro».
La morte in giovane età di un figlio o di una figlia frantuma la vita dei genitori in mille rivoli. Aggiunge dolore al dolore e fa sanguinare il cuore senza che vi sia alcun balsamo che cicatrizzi le ferite e dia un po’ di sollievo all’anima. Partecipando a questi sentimenti, Papa Francesco afferma: «La perdita di un figlio o di una figlia è come se fermasse il tempo: si apre una voragine che inghiotte il passato e anche il futuro. La morte, che porta via il figlio piccolo o giovane, è uno schiaffo alle promesse, ai doni e sacrifici d’amore gioiosamente consegnati alla vita che abbiamo fatto nascere. […] la morte è come un buco nero che si apre nella vita delle famiglie e a cui non sappiamo dare alcuna spiegazione. […] Ma la morte fisica ha dei “complici” che sono anche peggiori di lei, e che si chiamano odio, invidia, superbia, avarizia; insomma, il peccato del mondo che lavora per la morte e la rende ancora più dolorosa e ingiusta»[2].
Il chiacchiericcio mediatico
In un caso, come il nostro, ciò che fa più male non è solo la morte fisica, ma quel coacervo di sentimenti fatto di animosità, rancori, ostilità, accuse infondate, insinuazioni malevole, calunnie velenose che si insinuano nell’animo fino a far perdere il senso del limite e della misura. Invece di avvolgere ogni cosa con il mantello dell’umana pietà e della sincera compassione, ci si avventura in giudizi malevoli, valutazioni fantasiose, opinioni avventate, commenti ammiccanti. E come se ciò non bastasse, alle prese di posizioni dei singoli e dei gruppi, si aggiunge il chiacchiericcio mediatico che, quasi si trattasse di un’indagine giudiziaria, pretende di indagare su ogni piccolo dettaglio passando ogni elemento, anche il più insignificante, al minuzioso vaglio della sua lente di ingrandimento con un’ossessiva ripetitività per soddisfare la curiosità dello spettatore.
Cari fratelli, rispettiamo il dolore di tutti e soprattutto, come nella vicenda di Noemi, il dolore dei genitori. Credo che i vostri sentimenti, cari Imma e Umberto possano essere espressi con le parole di un altro genitore il quale scrive: «Il dolore derivante dalla morte d’un figlio non può essere ignorato o evitato. È necessario valicarlo, al fine di uscire dall’altra parte. Non ci sono calendari per il dolore, ogni persona deve prendersi il tempo necessario per superare il lutto. […] I nostri figli non sono partiti (non userò mai la parola “morti” o “deceduti”) senza un buon motivo: Dio lo conosce e ce lo dirà quando giungeremo da Lui per essere di nuovo insieme a loro. Non vogliono lacrime e dolore, li terrebbero ancoràti a questo mondo che non gli appartiene più, devono crescere spiritualmente, devono andare avanti nel loro cammino, la miglior cosa che possiamo fare per onorare la loro memoria è dedicarci agli altri, a chi soffre come noi e più di noi».
La carità e l’amore per il prossimo sono il vero balsamo che lenisce ogni dolore. A tal proposito, Papa Francesco afferma: «Tutte le volte che la famiglia nel lutto, anche terribile, trova la forza di custodire la fede e l’amore che ci uniscono a coloro che amiamo, essa impedisce già ora, alla morte, di prendersi tutto. Il buio della morte va affrontato con un più intenso lavoro di amore. […] L’amore è più forte della morte. Per questo la strada è far crescere l’amore, renderlo più solido, e l’amore ci custodirà fino al giorno in cui ogni lacrima sarà asciugata […]. L’esperienza del lutto può generare una più forte solidarietà dei legami familiari, una nuova apertura al dolore delle altre famiglie, una nuova fraternità con le famiglie che nascono e rinascono nella speranza»[3].
La speranza è una virtù esigente e difficile, ma non impossibile. Certo è sorprendente e stupefacente per noi, e anche per Dio. Se ne fa interprete ancora una volta Charles Peguy quando scrive questi versi:
«Ciò che mi sorprende, dice Dio, è la speranza.
E non so darmene ragione.
Questa piccola speranza che sembra una cosina da nulla.
Questa speranza bambina.
Immortale
Ma sperare è difficile (…)
Quel che è facile e istintivo è disperare ed è la grande tentazione»[4].
Sì, la speranza è una virtù che sorprendente perché è capace di attraversare il velo del mistero anche quello più oscuro e tenebroso, e continuare a crede nl futuro. La morte di una persona giovane è, senza alcun dubbio, come un terribile naufragio. Morire nel fiore della giovinezza è come affondare nell’oscurità di un oceano che inghiotte l’esistenza nel suo vortice incessante e seppellisce ogni cosa nella profondità del suo abisso. E alle insondabili ricchezze nascoste nel fondo del mare, aggiunge anche la perla preziosa della giovane vita prematuramente scomparsa.
Se, però, prendiamo l’oceano smisurato e immenso come simbolo dell’infinita misericordia di Dio, allora, senza rimpianto anzi con gioia, potremo esclamare con Faustina Kowalska: «Il mio nulla affonda nel mare della tua misericordia, o Padre di misericordia» e ripetere con un sereno abbandono i versi dell’Infinito: «Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare».
Cari fratelli e sorelle, chi ci vieta di pensare che Noemi, dal luogo della sua attuale dimora, non ripeta queste consolanti parole? Nel silenzio, forse potremo ascoltare ancora la sua voce ripetere al nostro cuore amante: «Mi è dolce naufragare nel mare della divina misericordia che tutto perdona e a tutti ridona salvezza e vita». Potremmo anche pensare che, come Maria di Betania, Noemi ora è seduta ai piedi del Signore, tutta intenta ad ascoltare le sue parole, mentre a noi pellegrini sulla terra, il Signore, come a Marta, rivolge un dolce rimprovero: «Voi vi preoccupate e vi agitate per molte cose, ma una sola è la cosa di cui è bisogno. Noemi/Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10, 41-42).
Abbandoniamoci anche noi, cari fratelli e sorelle, nelle braccia della divina misericordia. L’amore di Dio è più forte della morte e, come il sole a mezzogiorno, fa risplendere su tutti, senza distinzione di sorta, «la speranza che non delude» (Rm 5,5).
+Vito Angiuli
Vescovo di Ugento- S. Maria di Leuca
[1] C. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù.
[2] Francesco, La Famiglia – 19. Lutto, catechesi all’Udienza generale, Mercoledì, 17 giugno 2015 .
[3] Francesco, La Famiglia – 19. Lutto, catechesi all’Udienza generale, Mercoledì, 17 giugno 2015 .
[4] C. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù.
Cronaca
Idrovolanti a Santa Caterina, anche il Consiglio di Stato dà ragione al Comune
Dichiarato inammissibile il ricorso contro il progetto per idrosuperficie con mini terminal presso la marina di Nardò

Il Consiglio di Stato dichiara inammissibile l’appello di Bruno Congedo avverso la sentenza del TAR Lecce che aveva respinto il ricorso contro il progetto degli idrovolanti nella marina di Santa Maria al Bagno di Nardò.
I FATTI
Nel 2020 il Comune di Nardò otteneva un finanziamento a fondo perduto del programma europeo Interreg Grecia/Italia 2014/2020, per un importo di 533mila euro, per l’installazione di una idrosuperficie con mini terminal a Santa Maria al Bagno.
Sul progetto dell’opera pubblica si teneva una conferenza dei servizi per l’acquisizione dei pareri da parte delle Autorità competenti; la conferenza dei servizi si concludeva con l’acquisizione di tutti i pareri favorevoli alla realizzazione dell’opera, compreso quello della Soprintendenza. Sennonché, nel marzo 2021, Congedo impugnava il predetto progetto con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
L’amministrazione comunale di Nardò decideva di trasporre il giudizio al TAR Lecce e, tramite l’avv. Paolo Gaballo, evidenziava la corretta localizzazione dell’opera pubblica lungo la costa neretina, trattandosi di scelte che, pur essendo riservate alla discrezionalità dell’amministrazione, erano state adeguatamente istruite e motivate, tenendo conto anche del giardino della memoria, visto che lo stesso sarebbe stato riqualificato, valorizzato ed impegnato solo in minima parte, senza alcun impatto.
Nel luglio 2021, la Prima Sezione del TAR Lecce (Presidente Manca, relatore Giancaspro), accogliendo le tesi dell’avv. Gaballo, rigettava il ricorso di Bruno Congedo, ritenendolo infondato.
Secondo il TAR, «l’amministrazione ha esercitato i propri poteri discrezionali senza omettere di valutare e comparare tutti gli interessi coinvolti dalla scelta localizzativa e in particolare l’interesse alla conservazione del valore simbolico del giardino della memoria».
Bruno Congedo, però, non si dava per vinto e, con il patrocinio legale del figlio Pierluigi e dell’avv. Francesco Vannicelli del Foro di Roma, appellava al Consiglio di Stato la sentenza del TAR, chiedendone la sospensione dell’efficacia.
Nel giugno 2022 il Consiglio di Stato, accogliendo la tesi difensiva dell’avv. Gaballo, rigettava l’istanza cautelare di Congedo, ritenendo che «l’appello non presenta apprezzabili elementi di “fumus boni juris” sia per quanto concerne la scelta della localizzazione dell’opera pubblica (terminal per idrovolanti), sia in ordine alla dedotta violazione delle garanzie procedimentali».
L’ULTIMO GRADO DI GIUDIZIO
Ieri il Consiglio di Stato (Presidente Franconiero – relatore Tulumello), aderendo alle eccezioni preliminari sollevate dal difensore del Comune di Nardò, ha definitivamente dichiarato inammissibile l’azione di Congedo.
Secondo il massimo organo della giustizia amministrativa «riveste carattere dirimente ed assorbente l’eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione della deliberazione comunale n. 365 del 29 dicembre 2020. Tale deliberazione reca infatti l’approvazione definitiva del progetto per la realizzazione dell’opera pubblica. Ha natura e valore prevalente, perché incidente sulla stessa ammissibilità del ricorso di primo grado, quello relativo alla mancata impugnazione dell’approvazione del progetto definitivo, che comporta, in accoglimento della relativa eccezione, l’inammissibilità del ricorso di primo grado e del connesso ricorso per motivi aggiunti».
Congedo è stato anche condannato a pagare le spese di lite del doppio grado giudizio, che sono state liquidate in complessivi 5.800 euro in favore del Comune.
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Cronaca
Tentato furto: due arresti a Lucugnano
Nei guai coppia di conviventi di Tricase. Lui era entrato in caso rompendo una finestra, lei era rimasta in strada e faceva da palo. Una telefonata al 112 però ha allertato i carabinieri che li hanno colti sul fatto. Erano già pronti a caricare in auto per portarli via due giare, una “pilozza” in terracotta e un decespugliatore

I Carabinieri del NORM della compagnia di Tricase e della Stazione di Spongano hanno portato a termine un’operazione che ha portato all’arresto di una coppia di conviventi di Tricase per tentato furto aggravato e resistenza a Pubblico Ufficiale.
Nella tarda serata di ieri, a seguito di una segnalazione tempestiva al 112 (Numero Unico d’Emergenza), i carabinieri sono intervenuti nella frazione tricasina, sorprendendo Antonio Paiano, 54 anni, già noto alle forze dell’ordine e la sua convivente Ilaria Quaglia, 33 anni, mentre tentavano di allontanarsi da un’abitazione a bordo di un’autovettura.
La situazione, che avrebbe potuto degenerare in un episodio di violenza, è stata gestita con prontezza dagli agenti, che hanno evitato il peggio e garantito la sicurezza dei cittadini.
L’uomo aveva forzato una finestra e si è introdotto all’interno dello stabile, mentre la donna vigilava l’area, fungendo da palo.
Un modus operandi che evidenzia non solo la determinazione dei due, ma anche l’importanza della vigilanza e della collaborazione tra cittadini e forze dell’ordine.
La prontezza della segnalazione e l’intervento dei Carabinieri hanno permesso di evitare che il furto si concludesse con successo.
Al momento dell’arresto, i malviventi avevano già collocato all’esterno dell’abitazione due giare, una “pilozza” in terracotta e un decespugliatore, pronti per essere caricati sull’auto (per un valore in corso di quantificazione).
Tutta la refurtiva è stata restituita al legittimo proprietario che ha espresso i propri ringraziamenti all’Arma dei Carabinieri.
Questo episodio rappresenta un chiaro esempio dell’impegno costante dei Carabinieri nel contrastare i reati contro il patrimonio e nel garantire la sicurezza della comunità. La professionalità e la dedizione dei militari dell’Arma sono fondamentali per mantenere alti gli standard di sicurezza nella nostra società.
È cruciale che i cittadini continuino a collaborare, segnalando comportamenti sospetti e contribuendo a creare un ambiente più sicuro per tutti.
Al termine delle formalità di rito, i due arrestati sono stati condotti presso la propria abitazione e sottoposti agli arresti domiciliari come disposto dalla P.M. di turno presso la Procura della Repubblica di Lecce che conduce le indagini.
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Attualità
Ospedale di Galatina tra criticità, degrado e cantieri fermi
“Solita” ispezione del consigliere regionale di Fratelli d’Italia Paolo Pagliaro: «Laboratorio analisi nel degrado, situazione critica al Pronto soccorso e cantieri fermi. Ma c’è anche un fiore all’occhiello, il Centro trasfusionale»

«Siamo tornati nell’ospedale di Galatina, che avevamo ispezionato a giugno 2023. Ad aprile 2024 erano state esaminate in Commissione Sanità tutte le carenze emerse, e incassammo l’impegno del direttore generale Asl Rossi e dell’ex assessore Palese e risolverle in tempi brevi. A distanza di un anno, il bilancio è appena sufficiente perché molto resta ancora da fare».
Così il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Paolo Pagliaro, capogruppo de La Puglia Domani, reduce dall’ennesimo blitz in una struttura sanitaria pubblica salentina.
CRITICITÀ AL PRONTO SOCCORSO
Le criticità maggiori al Pronto soccorso: «Locali angusti e inadeguati, il solito unico bagno promiscuo, solo una postazione di pronto intervento grave fra le tende, pazienti parcheggiati in barella anche la notte, spazi sacrificati e difficoltà operative».
Nel frattempo, la nuova sistemazione resta «un miraggio visto che il cantiere, così come quello della Terapia intensiva e sub intensiva, rimane bloccato».
LABORATORIO DI ANALISI PATOLOGICA CLINICA
Situazione molto critica al Laboratorio di analisi patologica clinica: «Abbiamo trovato alcuni locali fatiscenti e umidi, spogliatoi non a norma e l’antibagno utilizzato come spogliatoio. C’è una zona chiusa e degradata che otto anni fa è stata praticamente distrutta da un incendio e non è mai stata ripristinata. Abbiamo riscontrato la presenza di reagenti chimici abbandonati, frigoriferi non a norma per conservare prodotti chimici e farmaceutici, impianti elettrici con cavi precari e acque reflue a rischio biologico non adeguatamente trattate. Lo smaltimento dei reagenti prende una via rapida, diretta, probabilmente fuori protocollo. Si usano tubi volanti collegati a taniche di plastica di fortuna, a rischio rotture o perdite».
PERSONALE
Sul fronte del personale, «per risolvere il deficit che evidenziammo, finalmente ci sono stati rinforzi in quest’ultimo anno. Dopo decenni sono stati nominati i capisala, come in tutta la Asl Lecce».
APPARECCHIATURE OBSOLETE
Capitolo apparecchiature obsolete: «In Cardiologia sono stati sostituiti il carrello dell’emergenza, gli elettrocardiografi e l’ecografo guasti. Nelle sale operatorie, così come avevamo sollecitato, è stata sostituita tutta la ferristica che trovammo logora e antiquata. Mentre resta da rifare la pavimentazione, sostituendo il linoleum alle vecchie piastrelle».
A causa della mancanza di anestesisti, «vera piaga dell’intera azienda sanitaria, l’Unità di Terapia intensiva cardiologica non è operativa benché ci sia un reparto nuovo e attrezzato, che rimane chiuso».
Ferma anche la Rianimazione e «resta chiuso e inutilizzato il quarto piano che ospitava la Chirurgia».
Per quanto riguarda l’Oncologia, «l’ambulatorio funziona solo un giorno a settimana. Quello di Urologia è invece chiuso, come avevamo paventato, dopo il pensionamento dell’unico medico e dell’infermiere che erano in servizio. Funziona, invece, il servizio Dialisi, dove avevamo segnalato la necessità di sostituire l’elettrocardiografo e la carenza di infermieri specializzati.
Come avevamo richiesto, la Farmacia è stata dotata di nuovi computer, stampanti, sedie, poltrone e armadi.
La Riabilitazione non ha ancora una palestra, ma sono arrivati gli standing che avevamo richiesto per sollevare e trasportare in piedi i pazienti. Per il rifacimento degli spazi di Endoscopia digestiva, che non erano a norma, è stato approvato un progetto da 49mila euro».
Infine, la Nefrologia «continua a risentire della mancanza di personale, e in tutto l’ospedale si attende la dotazione di barelle e letti bariatrici per i pazienti obesi, che sono stati ordinati come avevamo sollecitato».
IL FIORE ALL’OCCHIELLO
L’ospedale di Galatina vanta anche «un fiore all’occhiello»: il Centro trasfusionale, «che opera a pieno ritmo e con un’ottima organizzazione».
Le donazioni di sangue intero si effettuano dalle 8,30 alle 10,30 dal lunedì al sabato, con l’accesso di sei donatori ogni mezzora previa prenotazione (al numero 0836 529223).
Chi non prenota va in coda o entra se qualcuno non si è presentato e il turno di sei non è completo.
Il Centro opera in stretta collaborazione con le associazioni di donatori di sangue, per contribuire a soddisfare le necessità trasfusionali dell’Asl di Lecce e sensibilizzare i cittadini alla cultura della donazione del sangue.
La struttura, collocata al piano terra e accessibile anche alle persone con disabilità, è dotata delle più moderne attrezzature mediche che permettono di lavorare in tranquillità e sicurezza.
Si può donare sangue intero, plasma e piastrine, dopo accurati accertamenti clinici ed ematochimici eseguiti nel laboratorio del Centro, che meriterebbe la classificazione di unità semplice a valenza dipartimentale.
«Usciamo da questa ispezione con un quadro di luci e ombre», tira le somme Pagliaro, «mai con il dito puntato ma con la mano tesa per portare in Regione le esigenze di questo ospedale e di tutto il territorio di Lecce e provincia».
Infine, il fondatore di Regione Salento annuncia: «Torneremo in tutte le strutture sanitarie già ispezionate per verificare se gli impegni assunti nelle relative audizioni in Commissione Sanità abbiano avuto seguito, e intanto proseguiremo con le visite al Dea e al Fazzi, reparto per reparto, sempre con l’obiettivo di contribuire a garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini».
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