Castrignano del Capo
Dramma in ospedale dopo il parto
Una donna di 34 anni di Castrignano del Capo è deceduta 4 ore dopo aver dato alla luce il suo bimbo all’ospedale di Oderzo (Tv). La direzione dell’ospedale: “Vicini a famiglia ed équipe sanitaria”
Non c’è notizia più bella di quella che annuncia l’arrivo di una nuova vita.
Francesca Schirinzi, estetista 34enne di Castrignano del Capo, però, non poteva sapere cosa le avrebbe riservato il destino.
Aspettava il suo bimbo con trepidazione, è morta subito dopo averlo messo al mondo nell’ospedale di Oderzo, in provincia di Treviso.
Il bimbo sta bene, come confermato dai sanitari , ma lei non ce l’ha fatta.
La donna, dopo aver partorito senza problemi, ha accusato nella notte un primo arresto cardiaco. Crisi superata grazie al pronto intervento dei sanitari. L’episodio però se purtroppo ripetuto e questa mattina, alle 5,55, il terzo e fatale arresto cardiaco.
Francesca, figlia dell’unico calzolaio del paese, si era trasferita ad Annone Veneto, nella provincia di Venezia, per lavoro insieme ad Antonio Giordano, l’uomo che aveva sposato 5 anni fa e alla prima figlia di 4 anni.
OSPEDALE DI ODERZO: “FRANCESCA MORTA QUATTRO ORE DOPO IL PARTO”
Intanto il nosocomio di Oderzo ha emesso una nota con la quale comunica che “alle ore 1,41 di questa notte una donna di 34 anni residente ad Annone Veneto, con gravidanza a termine ha partorito, con parto spontaneo senza complicanze, un bambino in buone condizioni. Due minuti dopo il parto spontaneo e fisiologico vi è stata un‘improvvisa comparsa di arresto cardiaco della paziente. Attivate immediatamente le manovre rianimatorie con il supporto dell’anestesista/rianimatore, si è ottenuta una ripresa dell’attività cardio/circolatoria“.
“Eseguiti gli opportuni accertamenti“, si legge ancora nella nota dell’ospedale, “la paziente è stata portata in sala operatoria per la ricerca e l’eventuale controllo delle cause di un sanguinamento vaginale. Durante questa fase, alle ore 5, compariva un secondo arresto cardiaco. Venivano pertanto eseguite le manovre rianimatorie, mentre contestualmente compariva ulteriore sanguinamento da più sedi che si continuava a trattare con terapia trasfusionale“.
“Alle 5,55, nonostante tutte le terapie messe in atto, in seguito alla comparsa di un terzo arresto cardiaco, e dopo circa un’ora di manovre rianimatorie“, conclude la nota, “è stato constatato il decesso della paziente“.
“In questo momento difficile siamo vicini alla famiglia e all’équipe sanitaria“, ha commentato il direttore generale, Francesco Benazzi, “nel caso la famiglia lo ritenga opportuno siamo a disposizione per fornire supporto psicologico“.
Per lunedì 18 disposta l’autopsia.
Il piccolo Marco (così Antonio e Francesca avevano deciso di chiamare il nuovo arrivato) si chiamerà anche Francesco per volontà del padre ed in ricordo della mamma scomparsa.
In Italia la mortalità materna ha una incidenza di 8-9 morti ogni 100,000 parti. La maggioranza dei decessi, il 68%, avviene in occasione del parto e il 19% durante la gravidanza.
Appuntamenti
Sulle Orme del Senso del Sacro a Santa Maria di Leuca
Collettiva d’arte da domani e fino al 30 novembre a Villa La Meridiana. Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, dipingeranno “en plein air”, dalle ore 10 alle ore 13
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Presso le Scuderie dell’ottocentesca Villa La Meridiana a Santa Maria di Leuca, la mostra “Sulle orme del senso del Sacro” alla presenza di Maria Rosaria Rosato.
L’inaugurazione è in programma domani, sabato 9 novembre, alle ore 16.
Ideata e progettata da Luciana Mascia, con il patrocinio della curia di Napoli nella persona di Monsignor Adolfo Russo e con il supporto di Caroli Hotels, la mostra resterà aperta fino a domenica 30 novembre.
Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, saranno lieti di dipingere en plein air, dalle ore 10 alle ore 13.
La mostra, allestita da Onia Schirinzi, è una collettiva d’arte che vuole riflettere sul senso del sacro nella vita di tutti i giorni e sui valori fondanti dell’animo umano.
Attualità
Cento candeline per nonna Cosima
Festa grande a Castrignano del Capo per nonna Cosima.
Cosima Donnicola ha raggiunto il traguardo delle cento candeline. Un secolo di vita, da festeggiare con i 5 figli Franco, Aldo, Michele, Giovanni e Antonio Schirinzi e con i 10 nipoti e 5 pronipoti.
Nata nel 1924, Cosima, prima che madre, nonna e bisnonna, è stata contadina.
Oggi tutta la nostra Redazione le augura un gioioso e lungo futuro.
Attualità
Ovunque vai, Martinucci
Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia. Qualità e tradizione grazie alle due linee di produzione dell’azienda salentina, portavoce dell’abilità dolciaria nostrana ad ogni latitudine
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Martinucci è un’azienda riconosciuta nel mondo, portavoce della tradizione dolciaria ad ogni latitudine, con tanti punti vendita in Salento ed in diversi Paesi del globo.
Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia.
Con Fabio Martinucci facciamo il punto su come si possano raggiungere obiettivi così grandi, continuando il proprio percorso di crescita, mantenendo alti gli standardi qualità.
Eccellere su piccola e grande scala. Qual è il segreto?
«Senz’altro la nostra produzione, che oggi viaggia su due linee: una artigianale ed una industriale, mantenendo sempre altissimi standard di qualità. I prodotti della linea artigianale sono quelli che realizziamo nel nostro laboratorio di Acquarica del Capo. Da qui partono i prodotti freschi che lavoriamo giornalmente e che servono tutte le nostre pasticcerie presenti in Salento. I prodotti che vendiamo nelle pasticcerie Martinucci nel mondo, invece, sono realizzati dalla nostra linea industriale. Una linea che conserva tutte le caratteristiche del prodotto artigianale e tutte quelle preziose conoscenze artigiane tramandate nel tempo, lungo la decennale esperienza di Martinucci nel settore. La nostra azienda oggi è un po’ una fotografia del settore dolciario, in cui produzione artigianale ed industriale viaggiano sempre l’una accanto all’altra».
In che modo due metodi di lavoro, all’apparenza lontani, si avvicinano?
«Nel mondo della pasticceria, la produzione artigianale oggi si regge in gran parte sul lavoro industriale. Questo non ci deve spaventare o insospettire. Al contrario, è un percorso che ormai avanza in simbiosi e che permette di accrescere la qualità dei prodotti. Basti pensare che tutta la pasticceria oggi è improntata sull’utilizzo di semilavorati, compresa quella di pasticcieri e gelatai che si definiscono artigiani. Nel settore, tutti utilizziamo i prodotti semilavorati, talvolta anche provenienti dalle grandi multinazionali, senza che questo rappresenti un peggioramento nella qualità del prodotto. Anche grandi aziende storiche come la Pernigotti forniscono ingredienti, per fare un esempio come la nocciola di Piemonte DOC, che vengono impiegati dai mastri artigiani. Questo ci dice, nella realtà dei fatti, che produzione artigiana ed industriale non devono essere considerate antitetiche, come molte campagne di marketing vogliono farci credere, ma sono molto più prossime di quanto possiamo immaginare. Non a caso Martinucci oggi, con la sua linea industriale, è sia produttore che distributore sul mercato di semilavorati, che vengono acquistati ed impiegati giornalmente anche da molte piccole realtà del nostro territorio».
Esiste ancora l’antica figura del pasticciere che gestisce la produzione dalla A alla Z?
«Sono davvero rarissimi i pasticcieri che continuano a gestire artigianalmente l’intero processo di produzione e vendita in autonomia. È difficile pensare che al giorno d’oggi un pasticciere prepari ogni mattina tutta la produzione per la singola giornata. La prassi vuole che anche i dolci dei laboratori artigianali vengano realizzati in gran numero per coprire più giornate, poi conservati e cotti di volta in volta, giorno per giorno, secondo vendite e necessità».
Pesano ancora i falsi miti sulla produzione industriale nelle scelte dei consumatori?
«Purtroppo, si. Diverse credenze spingono il consumatore a pensare che un prodotto, se non realizzato e consumato al momento, abbia un gusto differente oppure possa nascondere delle sorprese. Ma non è così. Uno dei falsi miti più radicati è quello relativo alla conservazione. I prodotti della linea industriale, anche ma non solo per poter essere gustati in luoghi diversi da quelli di produzione, sono sottoposti a congelamento. E questo può generare scetticismo nel consumatore. In realtà, il processo di conservazione non altera le proprietà organolettiche. Ed inoltre rappresenta anche un presidio di sicurezza per il consumatore, dal punto di vista batteriologico. L’abbattimento che effettuiamo a livello industriale (oggi richiesto in molti ambiti anche dalle Asl), portando il prodotto a -18° in venti minuti, rende la proliferazione batterica innocua per il consumatore. È un po’, per fare un parallelismo, come quando in ambito domestico congeliamo la classica lasagna della nonna per mangiarla l’indomani. In questo caso, nei laboratori, con strumentazioni e procedure professionali, che permettono il cosiddetto abbattimento, abbiamo ulteriori garanzie circa la sicurezza del prodotto che viene somministrato al cliente. È proprio come nei ristoranti dove, per intenderci, non consumeremmo mai un tonno o delle cozze se prima non passate in abbattitore».
Processo industriale ed artigianale: la qualità è nel punto d’incontro?
«Mi sento di dire che senza la grande industria oggi non ci sarebbero i grandi artigiani. Se un prodotto è scadente questo non dipenderà dall’utilizzo dei semilavorati, ma dalla qualità di quei semilavorati che si sceglie di utilizzare. Un consiglio? Assaggiare per credere!».
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