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Approfondimenti

Regionali, i candidati: “Noi e il Salento”

Intervento dei papabili governatori sui temi “caldi” della provincia di Lecce

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Con questa intervista abbiamo voluto conoscere la posizione dei candidati Presidente alla Regione Puglia in merito ad alcune questioni che riguardano da vicino il Salento: Lavoro e disoccupazione, turismo, i nostri ulivi messi a rischio dalla xylella, SS 275 Maglie-Leuca, impianti di compostaggio e isolamento della provincia di Lecce dal resto della regione. Ecco le risposte dei candidati Michele Emiliano (centrosinistra), Antonella Laricchia (MoVimento 5 Stelle) e Francesco Schittulli (I Ricostruttori di Fitto, NCD, Fratelli D’Italia).


Adriana Poli Bortone

Adriana Poli Bortone


Per questioni di tempistica non è stato possibile coinvolgere nel dibattito la quarta candidata (ancora incerta la sua candidatura al momento dell’intervista): Adriana Poli Bortone di Fratelli d’Italia, voluta da Forza Italia (quella ufficiale, facente capo al Commissario Luigi Vitali e quindi direttamente a Silvio Berlusconi), appoggiata da “Noi con Salvini”, ma mollata proprio dal suo partito che alla fine sosterrà Schittulli.


ULIVI A RISCHIO PER LA XYLELLA


Stato di salute dei nostri ulivi (e dei portafogli di tanti salentini) messi in pericolo dalla Xylella. E la Puglia rischia una sorta di embargo dagli altri Paesi e persino dalle altre regioni italiane. Qual è in proposito il suo orientamento?


MICHELE EMILIANO


“Chi è nato in Puglia considera l’ulivo alla pari di un essere umano. C’è una tale identificazione tra questi alberi e la nostra identità che la sola idea di vederli malati o tagliati è vissuta come la tragedia di una vita che si spezza.


RegionaliEmilianoPrima

Michele Emiliano


La Xylella è una minaccia enorme per la nostra terra, ma è un problema che ci arriva da lontano e che deve riguardare a pieno titolo l’Italia e l’Unione Europea. Per prima cosa chiediamo con forza al Governo di spostare la sede di discussione sulla Xylella e sulle sue tremende conseguenze sociali ed economiche a Bruxelles, sollecitando, insieme ai nostri europarlamentari e al capo gruppo del PSE, un tavolo di discussione e negoziazione permanente sul tema. Chiediamo, inoltre, che il Governo acceleri le procedure necessarie per includere all’interno del D.Lgs n. 102/2004 in tema di  “Esoneri per calamità alle aziende agricole” le Fitopatie. Il Decreto ha lo scopo di garantire le produzioni agricole e zootecniche, nonché le strutture ed infrastrutture aziendali, dai danni conseguenti a calamità naturali o ad eventi eccezionali, tramite azioni di prevenzione volte alla salvaguardia delle imprese agricole. L’inserimento tra le calamità delle fitopatie, come la Xylella, consentirebbe l’utilizzo degli strumenti previsti dal decreto, come la concessione di contributi pubblici, l’esonero parziale del pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali propri e per i lavoratori dipendenti, etc. Il riconoscimento dello stato di calamità consentirebbe, inoltre, di aprire tavoli di negoziazione con il sistema bancario per la rinegoziazione e/o la post-erogazione dei crediti delle imprese coinvolte.


Faccio inoltre mia la proposta che gli stessi salentini hanno lanciato dalla nostra “Sagra del Programma”: realizzare in Puglia, grazie alla ricerca, un grande distretto contro le fitopatologie e dunque provare a trasformare questa minaccia in un’opportunità, mantenendo un approccio che può rivelarsi fondamentale non solo per combattere la Xylella ma anche per affrontare altre gravi questioni che ci affliggono”.


ANTONELLA LARICCHIA


“Urge un piano olivicolo regionale che tenga conto delle caratteristiche delle nostre varietà di ulivo e che suggerisca le buone pratiche. Per risolvere il problema del disseccamento rapido, il M5S punterà sull’informazione delle buone pratiche agricole, sul finanziamento e sostegno alla ricerca affinché ci suggerisca al più presto le soluzioni e sulle compensazioni agli agricoltori che stanno subendo questo fenomeno.


Regionali AntonellaLaricchia

Antonella Laricchia


Come affermato dall’ EFSA, e dallo stesso commissario Silletti, non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell’eradicazione della Xylella Fastidiosa, una volta insediatasi all’aperto. L’EFSA raccomanda pertanto che le strategie preventive per il controllo dei focolai si concentrino sulle due principali vie di infezione (piante da messa a dimora e insetti infetti presenti nelle partite di vegetali) e si fondino su un approccio basato su sistemi integrati. Quindi lo sradicamento degli alberi non garantisce  il successo. Al momento, ci sono moltissimi suggerimenti che giungono dal mondo agricolo e scientifico che però Silletti non ha valutato, limitandosi ad affrontare il caso con la formazione di guardia forestale. Per questo occorreva ed occorre un coordinamento multidisciplinare, in fretta però”.


FRANCESCO SCHITTULLI


Francesco Schittulli

Francesco Schittulli


“Purtroppo gli ulivi interessati non sono solo più salentini. In questi giorni si stanno sradicando quelli nella zona al confine tra Lecce e Brindisi. E la speranza è che il Piano predisposto dal commissario Siletti possa fermare il contagio. Credo che vadano eseguiti determinati interventi per poter salvare gli ulivi sani. Espletata questa fase si potrà passare a  quella dello studio scientifico: in questi giorni sento parlare di nuove ricerche e di utilizzo di droni. La verità è che non un solo euro è stato investito in questi anni nella ricerca da parte della Regione,unica colpevole di questo disastro quanto meno per aver sottovalutato il fenomeno che si era manifestato nell’autunno del 2011 e che poi ufficialmente certificato nell’autunno del 2013. Ma neppure di fronte a un decreto ministeriale del dicembre scorso la Regione si è resa conto di quello che stava accadendo. Tant’è che è stata commissariata.

Sono stato il primo a lanciare l’appello #iononcompromadeinfrance il cui messaggio aveva il sapore di attirare l’attenzione su quanto stava accadendo in Puglia. Insomma, una sorta di comunicazione pseudo provocatoria che attirasse l’attenzione del Governo nazionale e dell’Unione Europea”.


GIOVANI E LAVORO


Cresce il tasso di disoccupazione in Puglia e nel Salento ha raggiunto il 25,8% con aspettative pressoché uguali allo zero per i nostri giovani. Cosa potrebbe fare in merito la Regione?


ANTONELLA LARICCHIA


“Potrebbe smetterla di ostinarsi a puntare su modelli economici ottocenteschi e favorire attività che possano realizzare la vera vocazione territoriale della Puglia, il turismo ma in maniera sostenibile.  Secondo uno studio del comitato d’indagine della Camera dei Deputati sulla Green Economy ad esempio, risulta che se una pubblica amministrazione sceglie di investire 1 miliardo di euro nelle grandi opere, sblocca appena 600 posti di lavoro. Se lo stesso miliardo di euro, lo investe invece nel settore dell’agricoltura biologica, sblocca 4.000 posti di lavoro. Se invece lo investe nel settore dell’efficientamento energetico degli edifici, ne sblocca addirittura 18.000.


Se volessimo trattenere i giovani, dovremmo investire in quei settori e non in altri. Ma per farlo, occorre una forza politica libera dalle grandi lobby e che non si lasci ammaliare dalle multinazionali: può farlo solo il MoVimento 5 Stelle”.


FRANCESCO SCHITTULLI


“Molto. Io non prometto posti di lavoro in campagna elettorale. Ma intendo offrire serie opportunità per chi intende crearlo. A cominciare proprio dai giovani, che se avranno voglia di “mettersi in proprio”, dovranno essere agevolati e aiutati sul territorio. Proprio il centrodestra in Regione Puglia aveva proposto di creare in ogni provincia un’Agenzia per lo Sviluppo del Territorio a costo zero che potesse a venire incontro alle esigenze dei giovani vede avviare una nuova attività commerciale o impresa. La proposta è stata inspiegabilmente bocciata e così i giovani pugliesi sono costretti a mettersi in viaggio al di fuori della Puglia. Alla fine molti si scoraggiano solo per questo e molti si affidano al politico regionale di turno per poter avere  anche solo un appuntamento. Tutto questo non deve più accadere”.


MICHELE EMILIANO


“Stiamo scrivendo il nostro programma dal basso, attraverso degli eventi, le Sagre del Programma, che stanno coinvolgendo migliaia di persone. Tra i tanti spunti emersi sul tema sviluppo e occupazione c’è la valorizzazione della ricerca industriale, che sta già dando ottimi frutti. Sempre più le multinazionali stanno scegliendo la Puglia come punto di riferimento, perché qui trovano un elevato livello di competenze grazie a una rete universitaria e della ricerca ampiamente riconosciuta in ambito internazionale in numerosi settori. Dovremo insistere sulle azioni che possano incentivare le grandi aziende a scegliere la nostra regione per la ricerca e per le produzioni di qualità e a intensificare le delocalizzazioni in Puglia”.


TURISMO E INDOTTO: ULTIMO APPIGLIO?


Come si può valorizzare ulteriormente il settore senza metterne a rischio la sostenibilità?


FRANCESCO SCHITTULLI

 

“Molti italiani chiamano la nostra regione Le Puglie e non sbagliano! La Puglia è in grado di offrire agli ospiti una molteplicità di proposte paesaggistiche-turistico-culturali-artistico-religiose-enograstronomiche-ambientali le più variegate possibili, a seconda del territorio. E allora io intendo creare dei brand per mettere in rete le risorse che già ci sono. Qui, per esempio, il Salento è sicuramente uno dei territori più gettonati di Italia sotto il profilo turistico. Ma se le offerte turistiche fossero in rete, si potrebbe puntare sulla programmazione destagionalizzata”.


MICHELE EMILIANO


“È mia intenzione far approvare una legge regionale sulla Bellezza (la cui proposta è stata già redatta insieme a Legambiente e sottoscritta da centinaia di sindaci italiani) al fine di tutelare il paesaggio anche attraverso forme innovative di premialità per quei privati che contribuiscano ad eliminare le brutture per ripristinare la bellezza autentica dei luoghi. Intitolerei una strada a tutti quegli amministratori che hanno custodito nel tempo l’integrità dei centri storici, dei tratti di costa, delle campagne, impedendo scempi urbanistici ed edilizi! Inoltre sarà fondamentale utilizzare la cultura come asset per migliorare l’offerta turistica, disponendo di un patrimonio di tradizioni, eventi e luoghi che tutto il mondo ci invidia. Dunque tutela dell’ambiente, marketing culturale e promozione turistica devono crescere insieme e in armonia”.


ANTONELLA LARICCHIA


“Promuovendo il diritto alla mobilità sostenibile, e quindi il trasporto su ferro e su biciclette, destagionalizzando l’offerta attraverso una promozione non soltanto del nostro splendido mare ma anche di centri storici, architetture e paesaggi e dei nostri riti religiosi, ormai fonti attrattive per i turisti. Aumentando i siti protetti in modo da incrementare l’attrattività del territorio e contestualmente la sua difesa. Favorendo il recupero dell’edilizia esistente piuttosto che la costruzione del nuovo ed infine con grandi campagne di sensibilizzazione ed educazione all’accoglienza e al rispetto delle regole”.


SS 275 MAGLIE-LEUCA: UTILE O DANNOSA?


Da trent’anni si discute di raddoppio della Maglie-Leuca (SS 275). L’opinione pubblica era e resta divisa sulla sua utilità e sulle modalità da seguire. Lei cosa ne pensa?


FRANCESCO SCHITTULLI


“E’ un’opera che è utile sia sotto il profilo della sicurezza , visto che sono tanti gli automobilisti che hanno perso la vita, sia per lo sviluppo del territorio, per non escludere un bacino di utenze aziendali che soffrono delle arterie viarie, e quello turistico, per tutti coloro che vogliono visitare l’entroterra leccese, addentrandosi in paesini unici per la loro bellezza. Chiaramente i lavori devono rispettare il paesaggio e l’ambiente”.


MICHELE EMILIANO


“Subito una premessa generale: non sempre la “velocità” si coniuga con la vocazione turistica di un luogo. A volte la lentezza, l’equilibrio fra tempi di percorrenza e ambiente circostante, rappresentano un valore aggiunto che viene ricercato a peso d’oro dai turisti. Nel caso della 275 bisogna fare lo sforzo di trovare la soluzione ottimale che garantisca condizioni di viabilità sicure, tempi di percorrenza ragionevoli, ma senza andare ad impattare in maniera pesante sull’ambiente, in particolare nell’ultimo tratto in prossimità della costa. Ascoltare le popolazioni che in quei luoghi ci vivono, consultarle, rispettare le loro indicazioni è comunque sempre una buona regola per evitare errori specie quando si tratta di avviare opere di grande impatto ambientale”.


ANTONELLA LARICCHIA


” Siamo contrari alla sua realizzazione tant’è vero che a febbraio, in Parlamento, abbiamo proposto una risoluzione che impegni il Governo a spostare i fondi stanziati per il progetto di raddoppio stradale sulla SS275, per mettere in sicurezza l’esistente e potenziare la linea ferroviaria che da Martina Franca porta a Gagliano del Capo, elettrificandone il tracciato. Siamo a favore della mobilità sostenibile non solo su ferro e tramite biciclette ma anche promuovendo il car sharing e il car pooling, riducendo la mobilità privata soprattutto su gomma”.


IMPIANTI DI COMPOSTAGGIO


Tricase, Soleto e Cavallino saranno dotati di impianto di compostaggio dei rifiuti. Anche qui l’opinione pubblica pare divisa temendo a fronte dei vantaggi, ripercussioni ambientali e rischi per la salute. Lei è favorevole o contrario?


MICHELE EMILIANO


“Per prima cosa la regione deve pianificare l’intero ciclo dei rifiuti, che in Puglia non è ancora chiuso. Il compostaggio ha senso  se si prevede la chiusura del ciclo. Il cambiamento del modello di gestione del rifiuto deve perseguire l’obiettivo del rifiuto zero. Trasformare i rifiuti in risorse, ovviamente nel pieno rispetto dell’ambiente e della tutela della salute delle persone, deve diventare un obiettivo delle istituzioni pubbliche che, in materia, dovranno giocare un ruolo ancor più di primo piano rispetto a quanto accaduto sino ad oggi”.


ANTONELLA LARICCHIA


“Senza una seria pianificazione della gestione dei rifiuti, nessun impianto di Compostaggio avrà mai senso. Bisogna analizzare e verificare quale sia l’apporto di organico che si potrebbe recuperare tramite compostaggio domestico e quello di quartiere, che nel Salento per via di molti piccoli Comuni, potrebbero togliere una parte consistente di organico da conferire in grandi impianti di compostaggio. Inoltre si dovrebbe procedere alla riconversione, con l’aumento delle percentuali di raccolta differenziata, degli attuali impianti di Trattamento Meccanico Biologico che trattano il residuo delle raccolte differenziate, in impianti di compostaggio che recuperano l’umido. Infine, se risultassero comunque necessari gli impianti di compostaggio, sarebbero sicuramente da preferire quelli a proprietà pubblica e aerobici, per togliere ai privati la possibilità di speculare sull’organico con impianti anaerobici per ottenere gli incentivi per la produzione di energia elettrica con il biogas. Inoltre le dimensioni degli eventuali impianti devono essere direttamente proporzionate al territorio servito senza permettere che rifiuti/risorse girino per tutta la Puglia in cerca dell’impianto idoneo. Come da altre parti in Puglia, ma soprattutto nel Salento, bisogna sottrarre ai soliti privati il business dell’indifferenziato che troppo spesso condiziona la politica a non attuare correttamente le direttive europee e le norme italiane sulla corretta gestione dei rifiuti che ricordo, mettono come priorità ed in sequenza la riduzione a monte dei rifiuti prodotti, la preparazione al riciclo, il riciclo e il recupero lasciando solo in fase residuale lo smaltimento in discariche ed inceneritori. Purtroppo in Puglia questa sequenza viene completamente invertita a danno dell’ambiente, della salute e delle tasche dei cittadini”.


FRANCESCO SCHITTULLI


“Anche qui analoga considerazione: i pugliesi non devono scegliere fra infrastrutture o ambiente o salute. Oggi esistono tutte le condizioni per coniugarle. E comunque non imponendo delle scelte dall’alto, ma concordandole con i territori che devono ospitare la struttura. E’ chiaro che gli impianti di compostaggio servono a chiudere il ciclo dei rifiuti. In questo caso bisogna garantire un sistema di compostaggio che si adegui al territorio e lo salvaguardi. E quindi non una mega centrale, ma un sistema a capacità ridotte”.


PUGLIA…BARICENTRICA


Tre candidati presidente sono del barese. Il Salento ha sempre lamentato di essere considerato una sorta di periferia della Puglia. Si sente di garantire che con lei non correrà questo rischio?


ANTONELLA LARICCHIA


“La periferia la creano gli altri partiti, invece per il M5S tutto il territorio è centrale perchè quando un cittadino diventa portavoce, lo diventa di tutto il territorio servito, proprio come afferma la Costituzione. Inoltre la rappresentanza di ben 4 portavoce salentini del M5S tra Camera e Senato dimostra che il salento è un territorio importante che consideriamo prioritario al pari di tutta la Puglia.   Siamo dei portavoce e quindi obbligati dalle nostre regole ad ascoltare e rispondere alle richieste dei cittadini, ovunque essi abitino. “Uno vale uno” sia che sia barese sia che sia leccese”.


FRANCESCO SCHITTULLI


“Tutte le cinque province pugliesi e la città metropolitana non dovranno più soffrire di una accentuata baricentricità. Anzi proprio perché la Città metropolitana di Bari avrà un canale diretto con l’Unione Europea per quanto riguarda il recupero di fondi strutturali, sarà mia premura prendermi maggiormente “cura” di quelle realtà che sono in maggiore difficoltà e si sentono più emarginate”.


MICHELE EMILIANO


“Il Sindaco di Puglia” per me non è un semplice slogan elettorale, ma il modo con il quale  interpreterò il ruolo di presidente in caso di vittoria: vicino alle persone, ai sindaci, a contatto con tutte le città e i territori. È mia intenzione far approvare dal prossimo Consiglio regionale una modifica statutaria che decentri la sede della presidenza della Regione Puglia. Non più solo a Bari, ma una in ciascun capoluogo di provincia, utilizzando magari proprio gli edifici delle Province come sede. In questa maniera sarà possibile dal Gargano al Salento avere un rapporto di prossimità con la futura giunta regionale, discutere di problemi e proposte specifiche direttamente nei luoghi interessati, far terminare i continui viaggi di delegazioni e amministratori verso Bari per incontrare i loro rappresentanti regionali. Per me la candidatura alla regione ha senso solo nella misura in cui potrò risolvere problemi concreti e trovare soluzioni insieme ai pugliesi”.


Approfondimenti

Gli anni passano, le tradizioni cambiano, in meglio o in peggio?

Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti..

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di Hervé Cavallera

Con le Festività di inizio novembre si è entrati nell’ampio periodo delle feste di fine anno con tutte le celebrazioni rituali che esse implicano. Ora, già da un remoto passato l’essere umano ha avvertito con perplessità la fine della bella stagione, l’allungarsi del buio nelle giornate e l’appressarsi del freddo.

Ed ha collegato la fine della stagione calda e luminosa con la fine di un ciclo, che non è soltanto quello solare, ma soprattutto quello della stessa vita. Ha colto cioè il senso del trapasso con tutte le incognite ad esso legate, sì da elaborare nel corso dei millenni dei riti di passaggio tra questa e l’altra vita oltremondana. Al tempo stesso, si è pensato di illustrare il cammino del tempo secondo calendari legati al ciclo solare e a quello lunare.

Così per diverse popolazioni dell’antichità, tra cui i Celti che risiedevano principalmente nel centro Europa, il transito tra un anno e l’altro era previsto con l’attuale 1° novembre e in quel giorno, essendo poco netta la transizione tra la luce e le tenebre, il mondo dei vivi si mescolava con quello dei morti e questi ultimi potevano riapparire.

Non a caso il 2 novembre, che seguiva Ognissanti, fu scelto come il giorno della commemorazione dei defunti ed è triste constatare come oggi tanti cimiteri monumentali siano praticamente abbandonati.

Ora, il primo calendario che unificò il mondo mediterraneo fu quello giuliano, ideato dall’astronomo greco Sosigene e divenuto operativo nel 46 avanti Cristo con Giulio Cesare.

Tale calendario rimase in vigore sostanzialmente sino al 24 febbraio 1582 quando papa Gregorio XIII, attraverso la bolla Inter gravissimas, lo sostituì con vari ritocchi con il calendario tuttora esistente detto appunto gregoriano.
Il mondo cristiano ha poi inserito varie ricorrenze a tutti note, fissando le feste di precetto, ossia quelle in cui i fedeli sono particolarmente tenuti alla partecipazione della messa.

Per i cattolici sono: tutte le domeniche; Capodanno (1° gennaio); Epifania (6 gennaio); Assunzione di Maria Vergine (15 agosto); Tutti i Santi (1° novembre); Immacolata Concezione (8 dicembre); Natale (25 dicembre).
Accanto alle feste religiose ogni Stato ha aggiunto per suo conto le feste civili, tra le quali in Italia ricordiamo almeno il 1° maggio (festa dei Lavoratori) e il 2 giugno (festa della Repubblica).

È evidente che se la divisione del tempo in anni, mesi, settimane, giorni, corrisponde ad una esigenza di dare ordine in una realtà ciclica (il rinnovarsi delle stagioni), il concetto di festa si collega, per l’aspetto civile, ad un evento di cui si è particolarmente orgogliosi, e, per quello religioso, è volto ad onorare la Divinità e i Santi.

Sotto tale profilo la festa sia religiosa sia civile non è da intendersi come una vacanza, ma come una celebrazione. Certo nei giorni festivi non si lavora, ma essi non si dovrebbero intendere come meramente vacanzieri.

Festa o vacanza?

Al contrario, dovrebbero servire a raccogliere i componenti di una comunità, quotidianamente intenti ad attività differenti, in uno spirito celebrativo comune.

Una comunanza soprattutto spirituale che può naturalmente trovare un momento gioioso particolarmente nei pasti che una volta erano frugali per i più e ai quali si riusciva a fare qualche eccezione nei giorni di festa.
Così a Natale si poteva arricchire la tavola con il panettone o il pandoro, come nel cenone di Capodanno si mangiavano lenticchie (ritenute ben auguranti) e cotechino.

Sono solo pochi esempi di cibi per così dire “nazionali”, mentre ogni regione aveva (e in gran parte ha) i suoi piatti tipici. Per tale aspetto, nelle feste (e soprattutto in quelle religiose) il sacro si mescola col profano, la speranza del premio ultraterreno con il buon piatto, il senso della fratellanza spirituale con quello della buona compagnia. In ogni caso si percepisce o si dovrebbe percepire il riconoscimento del sacro confermato dalla grazia di star bene.

È così ancora oggi? Non proprio. Nella nostra società si è imposto e si va imponendo un modo di essere sempre più materialistico e consumistico. L’esempio più vistoso è Halloween, la notte di Tutti i Santi, che alla luce di evidenti influenze anglosassoni, è divenuta la festa del macabro e del soprannaturale in una atmosfera neopagana e consumistica. Che dire poi di prodotti come il panettone o la colomba che si cominciano a vendere mesi prima di Natale o di Pasqua?

Le due stesse massime festività della Cristianità (la nascita di Cristo e la Sua resurrezione) passano quasi in second’ordine nella loro specificità di fronte alle spese, ai doni e a quant’altro di godereccio possa esistere. Anche in questo caso occorre precisare che non vi è nulla di male nel mangiare il panettone e la colomba, che è bene brindare purché non si ecceda, che qualche bambino può ben dire Trick or Treat (Dolcetto o Scherzetto).

Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti (si pensi alle processioni, ai piatti particolari e così via), ora tutto si va modificando e si impone solo la dimensione del consumo e dello spettacolo.

Certo, il mondo da sempre va cambiando ed è così, ma il mutamento positivo è quello che sa conservare i valori e mettere da parte l’inutile; in tal modo una civiltà cresce e si sviluppa e le persone maturano. Che le cosiddette tradizioni rimangano solo per attrarre turisti o per generare consumi certamente non è positivo e rischia di ridurre tutta la realtà al semplice godimento – non sempre corretto né di tutti – dell’immediato.

Quello che veramente oggi dovrebbe contare, in una società dove soffiano pericolosi venti di guerra e l’Occidente è pervaso da un edonismo individualistico, è il recupero della dimensione spirituale che accomuna gli animi e li rende aperti al dialogo e agli affetti disinteressati.

E da tempo immemorabile tale è stato il compito della famiglia, della scuola, della Chiesa, istituzioni che attraversano un momento non facile, ma nel rilancio della loro funzione risiede la salvezza di un Occidente che va spegnendosi nelle luci artificiali dei consumi.

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Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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