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Salento: aumenta il numero degli invalidi civili

Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio Economico di Davide Stasi, l’Insp spenderebbe mensilmente circa 29 milioni di euro a favore degli invalidi civili solo a Lecce e provincia

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Lecce. Circa 29 milioni di euro. Ogni mese, l’Istituto nazionale della previdenza sociale sborsa ben 28 milioni 960mila 440 euro a favore degli invalidi civili della provincia di Lecce. Esistono due tipi di prestazioni: l’indennità (legata al tipo di invalidità civile ed indipendente dal reddito) e la pensione (legata a requisiti reddituali).


Nel primo caso, si contano 44.029 trattamenti assistenziali, nel secondo 23.481. Per un totale di 67.510 prestazioni.


È quanto emerge da uno studio condotto dall’Osservatorio economico di Davide Stasi che ha elaborato i dati Inps.


La provincia di Lecce si conferma, così, una terra di «cagionevoli» o presunti tali. Nel passato, infatti, sono state scoperte vere e proprie truffe ai danni dello Stato, con la complicità di medici e professionisti d’ogni genere.


Tornando ad oggi, l’indennità media è di 502,89 euro, mentre la pensione è di 290,41 euro.


Nel Salento, i ciechi assoluti che percepiscono una pensione sono 625. L’importo medio mensile è di 314,45 euro. I ciechi parziali sono 862 ed incassano, in media, 286,31 euro. Le indennità di accompagnamento sono 919, con una media di 914,46 euro.


Le indennità ai ventesimisti (ciechi parziali con residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi) sono 1.088, con un trattamento medio di 209,47 euro.


I sordomuti sono 228 e percepiscono 288,73 euro pro-capite. Ci sono, poi, le indennità di comunicazione erogate a 620 beneficiari (media 256,20 euro).

Le pensioni di inabilità sono 10.836 (289,88 euro in media). Le indennità di accompagnamento agli invalidi totali sono 39.174.


Ai 10.930 invalidi parziali si riconoscono 289,91 euro, a cui si aggiungono 2.069 indennità di frequenza ai minori (media di 292,84 euro) e 159 indennità di accompagnamento agli invalidi parziali (media di 516,32 euro).


«Va ricordato – spiega Davide Stasi – che l’importo complessivo annuo delle pensioni è ottenuto moltiplicando il valore dell’importo mensile per 13 mensilità (12 nel caso delle indennità di accompagnamento). Agli invalidi civili sono assegnate pensioni (a favore di cittadini con redditi insufficienti e con una riduzione a partire dal 74 per cento della capacità di lavoro) e indennità di accompagnamento, concesse in presenza di accertata inabilità al cento per cento e impossibilità di deambulare o compiere gli atti quotidiani della vita. Al contrario delle pensioni di invalidità civile, cecità e sordomutismo e degli assegni mensili di assistenza agli invalidi civili parziali, l’indennità di accompagnamento non è soggetta a limiti reddituali, ma viene erogata per la minorazione».


Rispetto all’anno prima sono state tagliate 981 prestazioni assistenziali. In particolare, si contano 104 pensioni per ciechi assoluti in meno; -150 pensioni ai ciechi parziali; -56 indennità ai ventesimisti; -38 indennità di accompagnamento ai ciechi; -16 pensioni ai sordomuti; -2 indennità di comunicazione; -417 pensioni di inabilità e -422 indennità di accompagnamento agli invalidi totali. Sono cresciuti, invece, gli assegni di assistenza (+173); le indennità di frequenza minori (+31) e le indennità di accompagnamento agli invalidi parziali (+20).


«La contrazione di quasi mille prestazioni a favore degli invalidi civili – sottolinea Stasi – conferma la stretta messa in atto. È vero sì che una parte sia dovuta ai decessi, ma una quota è imputabile alle misure tese alla riduzione delle pensioni di inabilità e alle indennità di accompagnamento agli invalidi totali, rispettivamente meno 417 e meno 422.


Riguardo agli assegni di invalidità – aggiunge – è bene ricordare che rappresentano una misura assistenziale a favore di coloro ai quali è stata riconosciuta un’invalidità tra il 74 per cento e il 99 per cento, con una capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo a causa dell’infermità fisica o mentale. L’assegno è subordinato a particolari limiti di reddito e consente di poter ottenere, dunque, un sostegno economico. L’entità e la misura del beneficio economico è proporzionato alla gravità dell’invalidità. Ne hanno diritto i lavoratori dipendenti; gli autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri); gli iscritti ad alcuni fondi pensioni sostitutivi ed integrativi dell’assicurazione generale obbligatoria».


«Tra i requisiti – puntualizza Stasi – la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo a causa di infermità o difetto fisico o mentale; almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda; non svolgere alcuna attività lavorativa: in questo caso non bisogna più iscriversi alle liste di collocamento, ma bisogna presentare ogni anno all’Inps una dichiarazione sostitutiva che attesti di prestare o non prestare attività lavorativa. Riguardo al rinnovo, il beneficiario può chiedere il rinnovo prima della data di scadenza. Dopo tre riconoscimenti consecutivi, l’assegno di invalidità è confermato automaticamente, salvo le facoltà di revisione».


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Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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Volte a Stella

Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta

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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.

Da quanti anni fa questo mestiere?

«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni.  Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».

È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?

«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».

Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?

«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».

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