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Approfondimenti

Uno scatto è per sempre

Emanuele e Tommaso Ferramosca di Superstudio: “Il fotografo, oltre allo scatto, deve saper curare anche e soprattutto la stampa evitando di affidarsi a laboratori esterni”

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La fotografia di matrimonio è un ritratto di una storia di un giorno speciale in un contesto speciale ed è per questo che Emanuele Ferramosca  (Superstudio in Corso Roma a Tricase) dedica una particolare attenzione ai ritratti dei soggetti, con un taglio che sappia sempre rispettare, se pur in chiave odierna, l’imprescindibile classicità del matrimonio. Ogni reportage include le immagini più essenziali, ma allo stesso tempo è fondamentale garantire agli sposi un album con un taglio fortemente creativo, contemporaneo e che non rischi di risultare anacronistico a distanza di anni. La fotografia si alimenta di passione e richiede sensibilità e curiosità, prontezza e immaginazione, ma si esprime pienamente solo attraverso le competenze acquisite negli anni con l’esperienza e lo studio. Senza trascurare la disponibilità di attrezzature all’avanguardia che garantiscano al prodotto anche una lunga durata.


Negli ultimi anni è cambiato radicalmente il modo di fare foto ai matrimoni. Prima erano per lo più foto in posa, ora si parla di reportage. Come mai questo cambiamento? E si fanno ancora foto in posa?


Il cambiamento è dato dal susseguirsi delle mode e da quello che viene proposto dai media. Il fotografo matrimonialista deve essere in grado di coniugare giustamente la percentuale di foto in posa, senza tralasciare il reportage


Che cos’è il wedding photoreportage? Perché è così richiesto oggi?


La moda del fotoreportage nasce alla fine degli anni ’90 con il passaggio dai formati professionali (“medio formato”) all’uso delle pellicole 35 mm nel settore della fotografia di matrimonio. Tali pellicole permettevano di effettuare più scatti a raffica che garantivano la spontaneità dei progetti. Oggi si fa tutto in digitale e il fotoreportage viene ancora richiesto da coppie di sposi che vogliono la presenza discreta del fotografo durante la cerimonia


Quali sono le caratteristiche fondamentali che deve avere un fotoreportage di matrimonio?


Non deve mancare nulla, deve comprendere sia foto spontanee, documentando ogni momento delle cerimonia a partire dai preparativi degli sposi, che quelle in posa che assicurano un ricordo di valore nel tempo


Da cosa dipende un buon risultato?


Innanzitutto preparazione tecnica, sia per quanto riguarda la produzione dello scatto sia (“a mio avviso soprattutto”) per la postproduzione. Inoltre bisogna dare molta importanza all’attrezzatura che si utilizza: un fotografo matrimonialista non può di certo presentarsi sul lavoro con una banale reflex che il fotoamatore evoluto trova nella grande distribuzione”.


Che tipo di preoccupazioni hanno gli sposi e che richieste fanno generalmente?


La preoccupazione principale delle coppie è di non avere ritardi sulla tabella di marcia della giornata. In questo caso un vero professionista può fare la differenza, perchè sa adattarsi a tutte le situazioni, nonostante il tempo a disposizione che, a volte, è davvero limitato”.


Il matrimonio più singolare che ha fotografato?


Ogni matrimonio ha una sua storia, l’importante è instaurare un rapporto di amicizia con gli sposi. in modo che ogni servizio sia perfettamente confezionato su misura”.


C’è una foto a cui è particolarmente affezionato?


La foto nella quale impugno. all’età di 4 anni, una vecchia Leica, la cui evoluzione digitale oggi è il mio strumento principale di lavoro

Qual è la stagione migliore per un reportage di matrimonio?


I periodi migliori, per la mia lunga esperienza, sono primavera ed autunno”.


Le foto che andrebbero sempre realizzate?


Sicuramente i gruppi di famiglia


E quelle che non vorrebbe mai vedere in un album?


Le foto ai tavoli


I suoi consigli per gli sposi perché il reportage del loro matrimonio sia davvero speciale.


Siate sempre voi stessi”.


All’estero viene data grande importanza anche ai servizi fotografici che precedono il grande giorno: in America si usa infatti realizzare servizi fotografici dei fidanzati o shooting delle fidanzate per realizzare foto sexy per il proprio compagno. A lei l’hanno mai richiesto? 


Lo stiamo facendo già da 15 anni. Ultimamente c’è un incremento della richiesta anche da parte di coppie di fidanzati che vogliono regalare alla propria metà un servizio fotografico particolare”.


Quanto può costare un fotoreportage?


Sia la produzione delle stampe che del video sono effettuate all’interno di Superstudio: questo ci permette di andare incontro a tutte le esigenze del cliente, siano esse economiche che di personalizzazione del servizio. Non a caso stiamo effettuando un rinnovamento dello stabile per accogliere nuovi macchinari per l produzione di fotoalbum”.


Abbiamo letto sul vostro nuovo logo la dicitura “Fine art lab”. Cosa vuol dire?


Il fotografo oltre allo scatto, deve essere in grado di curare anche e soprattutto la stampa, evitando di affidarsi a laboratori esterni che puntano molto sulla produzione industriale di bassa qualità. Rimanendo al passo coi tempi, siamo sempre stati attrezzati per effettuare la stampa di tutta la produzione all’interno del nostro laboratorio. “Fine art” è la stampa a pigmenti (“a differenza della tradizionale stampa chimica”), effettuata su carta e supporti pregiati che, se conservati in modo appropriato, garantiscono la durata dell’immagine e la stabilità dei colori nei secoli. Non a caso, è il tipo di stampa richiesto dai musei per la riproduzione di opere d’arte. Perciò “fine art” non è, come qualcuno potrebbe credere o far credere l’aggiunta di filtri con effetto vintage allo scatto


Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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Volte a Stella

Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta

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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.

Da quanti anni fa questo mestiere?

«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni.  Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».

È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?

«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».

Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?

«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».

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