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Otranto, il fascino dei SS Martiri dopo 544 anni: la storia e la festa

Non si era ancora spento del tutto il trauma della caduta di Costantinopoli il 29 maggio 1453, quando le forze del vittorioso sultano Mehmet II attraversarono il Canale d’Otranto facendo vela verso le coste italiane. La cosa non era una sorpresa per molti, quantomeno non per i Veneziani, che dopo 17 anni di guerra…

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di Giovanni U. Cavallera



Otranto non è una città da visitare come una qualunque località marittima piena di fascino per i suoi scorci pittoreschi o per le sue spiagge. Fosse solo per questo non sarebbe molto diversa da tanti graziosi centri sparsi per il Mediterraneo. Otranto porta su di sé il blasone di una grande e lunga storia che ha il suo culmine nel mezzo di una tranquilla estate della fine del XV secolo.


Non si era ancora spento del tutto il trauma della caduta di Costantinopoli il 29 maggio 1453, quando le forze del vittorioso sultano Mehmet II attraversarono il Canale d’Otranto facendo vela verso le coste italiane. La cosa non era una sorpresa per molti, quantomeno non per i Veneziani, che dopo 17 anni di guerra contro gli Ottomani avevano raggiunto alfine un accordo con la Sublime Porta, ma non avevano perdonato al re di Napoli, Ferrante di Aragona, di essersi accordato con il sultano in funzione antiveneziana mettendogli a disposizione i porti pugliesi contro la Serenissima.


Quando il 28 luglio 1480 gli Idruntini videro approssimarsi le vele di una grande flotta e poi gli stendardi verdi con la mezzaluna gli animi di molti dovettero tremare. Gli Ottomani non avevano perso una battaglia da secoli, avevano posto fine all’esistenza dell’Impero Romano e ora volgevano le proprie mire verso la vecchia Roma. Fuerunt Itali rerum domini, nunc Turchorum inchoatur imperium (Una volta gli Italiani furono i signori del mondo, ora ha inizio l’impero dei Turchi), scriveva il grande umanista Enea Silvio Piccolomini.


Non sappiamo di quanti uomini fosse composto il corpo di spedizione ottomano, le fonti oscillano fra le 70 e le 200 navi, in ogni caso si trattava di un soverchiante numero di uomini in rapporto alla guarnigione idruntina. Gli Ottomani godevano non solo del vantaggio numerico, ma anche di un fondamentale vantaggio tecnico: la flotta di Gedik Ahmet Pascià, bey di Valona, portava con sé diversi cannoni e mortai, già adoperati con successo nel demolire le inespugnabili mura di Costantinopoli.


Nonostante il terrore che doveva attanagliare i cuori gli Otrantini non si arresero, ma vollero resistere e combattere in difesa della loro città sperando in un aiuto da Napoli che tardò tuttavia ad arrivare. Non era facile, del resto, allestire una flotta ed un esercito e muovere fulmineamente verso i confini del Regno.


La storia dell’assedio è nota a tutti. Gli araldi inviati a dettare le condizioni di resa, cioè la vita e i beni salvi a coloro si fossero convertiti all’Islam e la possibilità di andar via per gli altri, furono respinti con sdegno.


Non avendo dunque ottenuto nulla attraverso le trattative Gedik Ahmet Pascià ordinò l’assalto alle mura: non si poteva perdere tempo, perché non si doveva correre il rischio di essere presi alle spalle da un eventuale esercito cristiano giunto in soccorso.  I cannoni smantellarono incontrastati le mura medievali e dopo 15 giorni di assalti alla fine venne aperta una breccia nelle mura del castello e gli ultimi soldati furono trucidati.


Le porte della cattedrale furono sfondate e tutti coloro che vi si erano rifugiati presi prigionieri o uccisi, primo fra tutti il vecchio arcivescovo Stefano Agricoli, detto Pendinelli. Immaginiamo i soldati che dilagano nelle strade della città, entrando nelle case, trucidando gli uomini che resistevano, le urla delle donne violate o prese prigioniere: il tipico saccheggio operato dai conquistatori ai danni di una città che non si era voluta arrendere.


Gli edifici sacri furono oltraggiati. Quella antichissima città che era stata la residenza del Ducato romano d’Oriente e sede più importante in Italia del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, quella città che aveva visto passare imperatori, usurpatori, prelati, letterati, eserciti, flotte, libri e mercanzie di ogni sorta, aveva cessato di esistere.


Ma ciò che colpì e continua a colpire gli animi di chi si accosta a queste vicende è ciò che accadde dopo la conquista. Le fonti raccontano che il bey di Valona fece radunare un certo numero di prigionieri e pose loro una scelta: convertirsi seduta stante all’Islam in cambio della vita.


Il 14 agosto con un macabro cerimoniale, 813 Idruntini vennero condotti sul colle della Minerva, poco distante dalla città, dove era verosimilmente posta la tenda del bey, e vennero decapitati a fendenti di scimitarra uno ad uno dopo aver rifiutato di rinnegare la propria fede. Una spietatezza che va al di là della vendetta per i soldati morti durante l’assedio.


Probabilmente da un lato Gedik Ahmet Pascià voleva atterrire gli Italiani e dall’altro perpetuava una pratica di origine preislamica già nota in precedenza quando gli Ottomani conquistarono gli ultimi residui dell’Impero Romano d’Oriente nei Balcani. Nel 1446, ad esempio, il sultano Murad II, padre di Mehmet II, aveva fatto uccidere ritualmente 600 abitanti di Corinto dopo l’assedio della città.


I cadaveri oltraggiati degli 813 Idruntini rimasero insepolti finché Alfonso d’Aragona, duca di Calabria, figlio di Ferdinando e futuro Sovrano del Regno di Napoli, riconquistò la città, il 13 ottobre del 1481.

Mehmet II, il conquistatore di Costantinopoli, era morto il 3 maggio di quell’anno e la notizia della sua morte aveva dato coraggio alla Cristianità e ridotto momentaneamente le velleità offensive ottomane. Otranto fu ricostruita e fortificata in maniera mirabile, ma non tornò più la città di un tempo, i porti principali rimasero Brindisi, Taranto e Gallipoli, mentre Lecce acquisiva sempre più importanza come sede amministrativa di quella che continuava a chiamarsi Terra d’Otranto.


Chi visita oggi con animo ispirato le vie affollate di Otranto può percepire nei segni del passato la presenza di una Grande Storia nella massiccia mole della Cattedrale normanna e nello straordinario ciclo musivo del suo mosaico pavimentale, nella perfezione architettonica bizantina di San Pietro, nella forza delle mura vicereali e soprattutto in quei teschi che occhieggiano i fedeli nelle loro teche di cristallo nella cappella absidale dedicata ai Martiri.


Quella frattura terribile che nel 1480 taglia per sempre la storia di questa città la rende tuttavia più grande e più insigne grazie al sacrificio dei difensori sugli spalti e alla forza della fede di coloro che compresero che era preferibile perdere la vita piuttosto che perdere sé stessi.


Il programma della Festa



Si entrerà nel vivo delle celebrazioni martedì 13 agosto.


In piazzale degli eroi, alle ore 20, la commemorazione civile degli Eroi e Martiri Otrantini caduti nel 1480.


Dopo il saluto del sindaco Francesco Bruni, la prof.ssa Manuela De Giorgi, docente di storia dell’arte medievale all’Università del Salento, terrà il discorso commemorativo.

Alle 21,30 la veglia diocesana di preghiera sul Colle dei Martiri.


Nel corso della giornata presterà servizio il premiato Gran Concerto Bandistico Città di Conversano “G. Piantoni”: ore 10,30, Matinée; ore 18,30 raduno della banda in piazzale Molo Santi Martiri; ore 19,30 partenza dal municipio per la commemorazione civile; ore 21,30 concerto bandistico.


Mercoledì 14 agosto in programma la celebrazione delle sante messe alle 7, 9 e 18.


Alle 10,30, nella cattedrale, la solenne concelebrazione eucaristica sarà presieduta da S.E. mons. Francesco Neri, Arcivescovo di Otranto e concelebrata da: S.E. mons. Donato Negro, già Arcivescovo di Otranto; S.E. mons. Bruno Musarò, già Nunzio Apostolico; S.E. mons. Francesco Coppola, Nunzio Apostolico in Belgio e Lussemburgo; S.E. mons. Vincenzo Pianello, Vescovo di Oria; S.E. mons. Giuseppe Mengoli, Vescovo di San Severo; dal Capitolo Cattedrale, dai presbiteri, religiosi e diaconi dell’arcidiocesi. Saranno presenti anche i seminaristi.


Nel corso della mattinata “In Giro per la Città”, musica nei quartieri e nei villaggi di Otranto.


Alle 19,30 prenderà il via la Processione presieduta dall’arcivescovo S.E. mons. Francesco Neri, con l’urna delle Reliquie dei Santi Martiri recata in spalla dei presbiteri giovani dell’Arcidiocesi. Parteciperanno anche il sindaco con le autorità civili e militari della città.


Nel corso della giornata presterà servizio il Gran Concerto Bandistico Città di Fisciano: alle 8,30 attraversamento delle vie della città; alle 10,30, Matinée; alle 19, arrivo della banda nei pressi del municipio e partenza per la cattedrale al seguito della processione; alle 21,30 concerto bandistico.


All’una di notte circa, Luci sulla Città, spettacolo pirotecnico, dalla banchina del porto.

Il giorno di Ferragosto, alle 21,30, infine, Otranto in Festa, con il concerto di musica popolare di Enza Pagliara con Dario Muci, Gianluca Longo, Giorgio Distante, Giuseppe Anglano, Matteo Resta e Francesco De Donatis.

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Giornata vittime della Strada, la polizia stradale tra i giovani

Iniziative in programma a Tricase, Maglie, Scorrano e Matino. Saranno coinvolti 350 studenti degli istituti secondari di secondo grado

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In occasione della “Giornata mondiale in memoria delle vittime della strada” gli uomini e le donne della Sezione Polizia Stradale di Lecce si sono resi protagonisti di varie iniziative, finalizzate al ricordo delle vittime della strada ed alla promozione di una cultura della sicurezza stradale.

Tali iniziative, che si protrarranno per tutta la seconda e la terza decade del mese di novembre, interesseranno istituzioni e società civile del territorio salentino coinvolgendo, fra l’altro, circa 350 studenti degli istituti secondari di secondo grado.

Le classi IV e V del Liceo Scientifico “G. Comi” di Tricase e del Liceo Scientifico “L. Da Vinci” di Maglie saranno coinvolte sui comportamenti virtuosi alla guida, con particolare attenzione alla guida sotto l’alterazione psicofisica dovuta all’abuso di sostanza alcolica e all’uso di sostanza stupefacente e/o psicotropa.

Nell’ambito del Patto Educativo di Comunità “Facciamo un patto…attiviamoci per Scorrano!”, previsto per sabato 16 e domenica 17 novembre, presso la Sala “Mario Camboa” di Scorrano, l’intervento è stato finalizzato a sensibilizzare i giovani bikers, partecipanti al corso di guida sicura per i motoveicoli, all’utilizzo dei sistemi di ritenuta.

Infine, nell’ambito della manifestazione per la sicurezza stradale e commemorazione delle “vittime della strada”, l’amministrazione comunale di Matino ha richiesto la presenza di questa Specialità alla benedizione di un monumento dedicato alle vittime della strada ubicato all’interno del Cimitero comunale, cui farà seguito un intervento presso il Teatro Comunale “G. Peschiulli”, dove verrà ospitata, fra gli altri ospiti, la comunità scolastica locale.

*foto da Asaps.it Il Portale della Sicurezza Stradale

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Assaggi di gusto a Melpignano

Tra forni medievali e frantoi ipogei. Passeggiata con archeologa, degustazione narrata e laboratorio con la sommelier dell’olio. Sabato 23 dalle 15,30 alle 18,30

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Profuma di olio nuovo e legumi in pignata il percorso esperienziale “Assaggi di Gusto a Melpignano” ideato dal comune della Grecìa Salentina nell’ambito del progetto “Melpignano promuove cultura”, che propone in ogni stagione percorsi turistici per viaggiatori attenti ai temi del cibo e delle tradizioni, realizzati con l’Associazione di Promozione Sociale pugliese Vivarch e varie realtà.

In compagnia dell’archeologa Eda Kulja, sabato 23 novembre, dalle 15,30 alle 18,30, si potrà passeggare lungo le vie del paese che ospitavano un tempo i forni dove si produceva il pane della comunità e, tra aneddoti e attrezzi della civiltà contadina, si incontrerà Uccio Treglia, proprietario dell’ultimo forno ancora visitabile, il più antico del paese, probabilmente risalente al 1200 e che si è spento nel 1967, con la sua ultima cotta, di cui Uccio conserva la cenere.

Pochi passi e si raggiungerà uno dei sette frantoi ipogei presenti a Melpignano, quello di via Fazzi, acquisito dal comune e aperto al pubblico, preziosa testimonianza della produzione dell’oro verde pugliese che ha rappresentato fino all’Ottocento una delle attività più redditizie; mentre il frantoio di via Roma interamente scavato nella pietra nel XVII secolo, non è ancora visitabile, ma si può vedere nel  nuovo portale discovermelpignano.it.

La passeggiata proseguirà nel vicino Palazzo Marchesale, ex castello feudale dotato di torri merlate, cinta muraria, fossato e camminamenti di ronda, trasformato in una raffinata residenza nel Seicento con giardino storico, cella carceraria e preziosi affreschi negli ambienti a piano terra, con motivi vegetali, episodi mitologici e scorci bucolici. Nella sala a botte del Palazzo si terrà il percorso del gusto con un mini laboratorio sull’extravergine, con l’assaggio di tre varietà di olio condotto dall’architetta Silvana Inguscio, sommelier dell’olio e produttrice di òliolocale, che guiderà i partecipanti alla scoperta delle caratteristiche di due monocultivar, delle loro componenti sensoriali, dell’abbinamento consigliato cibo-olio, con assaggi preparati da Mariagrazia Antifora, Lady Chef Puglia, come i legumi coltivati da produttori locali (Marco Garrapa e Danilo Palma di Melpignano, Gli Orti di Peppe di Tricase, PiediGrandi di Spongano e Terre Paduli di Nardò) e le friselline del forno Fior di Pane di Melpignano condite con rucola e pomodori dell’Azienda Agricola Manfio’s di Marco Reho di Ruffano o in versione dolce con marmellate di agrumi.

Infine, si vedrà La Pietra del Gusto, l’installazione dell’architetta Inguscio realizzata in collaborazione con Bianco Cave, come inno all’identità e biodiversità del Salento.

Questa tavola botanica, che celebra l’ulivo, anima e simbolo della Puglia, richiamando la sacralità del lavoro e la ciclicità della vita, sarà visitabile fino al 6 gennaio all’interno del palazzo Marchesale.

Non in legno, ma in pietra calcarenite: è solida, intrisa di storia, plasmata con precisione tecnologica in forme che evocano gocce d’olio e foglie d’ulivo.

Questi incavi accolgono cibi di stagione – frise, pane, arance, legumi, ampolle d’olio – trasformando l’installazione in una tavola che celebra la condivisione e il legame con la terra. La scelta di Melpignano non è casuale. Questo piccolo comune è un faro di sostenibilità e tradizione, grazie a iniziative come il Mercato del Giusto (piccolo mercato di bio agricoltura arricchito da eventi culturali, quali talk e dibattiti sulle tematiche legate al food, alla sostenibilità, al sociale) e il Master in Gastronomie Territoriali Sostenibili e Food Policies: il cibo non è solo nutrimento, ma un atto d’amore per il territorio e un manifesto per il futuro.

Info & Prenotazione: Info Point Melpignano, via Roma 16, Melpignano, tel. 3277128024.

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Migrazioni libere e immigrazioni legali

Sabato 23 novembre a Maglie il convegno organizzato dalla Fondazione Don Giuseppe Colavero. Presentazione domani a palazzo Adorno

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Convegno organizzato dalla Fondazione Don Giuseppe Colavero, con il patrocinio della Provincia di Lecce e con il patrocinio e il contributo della Presidenza del Consiglio regionale.

L’evento dal titolo “Migrazioni libere e immigrazioni legali” sarà presentato domani, giovedì 21 novembre, alle ore 12, nella sala conferenze stampa di Palazzo Adorno, a Lecce.

Interverranno: Alessandro Distante, presidente della Fondazione Don Giuseppe Colavero; Maria Rosaria De Lumè, addetto stampa della Fondazione e Gigi Nestola, dirigente presso la Presidenza del Consiglio regionale pugliese.

Il convegno è in programma sabato 23 novembre, alle ore 16, nel salone dell’Oasi della convivialità (SS16, Maglie).

I temi, di grande attualità al centro dell’incontro, saranno affrontati da Attilio Pisanò e Eliana Augusti, docenti dell’Università del Salento e Valeria Guterrez, responsabile nazionale Corridoi umanitari della Comunità di Sant’Egidio, alla presenza del vescovo di Otranto, padre Francesco Neri.

La figura e l’azione di don Giuseppe Colavero sono strettamente collegate all’accoglienza degli albanesi negli anni Novanta già dalla prima migrazione.

Ha fondato il centro giovanile internazionale Agimi (L’alba), attivo in Italia e in Albania, in quella che ora si chiama Oasi della convivialità (prima Eurogiovani) ha offerto ospitalità a tanti che erano in difficoltà.

Il suo progetto viene ripreso ora dalla Fondazione intitolata a lui e ai suoi genitori Anna e Tobia.

Don Giuseppe si è spento a 76 anni il 28 marzo del 2016 e, con disposizione testamentaria ha lasciato tutti i suoi beni ai poveri.

Il suo progetto, il suo sogno trovano continuità nell’attività della Fondazione.

Qualche mese fa, con la mediazione dei Corridoi umanitari della Comunità di Sant’Egidio, è stata accolta una famiglia siriana, che attualmente ha trovato ospitalità e lavoro in Olanda.

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