Attualità
Caffè salentino mai in capsule
Antonio Quarta: “È come cucinare la pasta con tutta la busta! La migrazione delle sostanze pericolose per la salute umana, avviene già a freddo: figuriamoci con gli 80-90 gradi che servono per estrarre un caffè”
Sarebbe a questo punto auspicabile una legge per rendere i consumatori edotti su dove cominci il pericolo, ovvero specificare la soglia oltre la quale l’effetto accumulo di una serie di sostanze nocive diventa un problema serio per la salute.
Antonio Quarta, imprenditore leccese di uno dei marchi di caffé tra i più amati in tutto il Sud, è alquanto allarmato dai dati del convegno “L’infertilità di coppia: dalla medicina generale al centro Pma”, tenutosi alcuni giorni fa a Lecce e veicolo dell’allarme lanciato da Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Padova.
Motivo, i risultati di un recente studio del gruppo di ricerca guidato da Foresta, in collaborazione con il Cnr, circa il contenuto di ftalati in una delle bevande più diffuse al mondo, il caffè, e in particolare nei preparati commerciali predosati in capsule.
“Gli ftalati”, ha ricordato Foresta, “sono agenti chimici aggiunti alle materie plastiche per aumentarne la flessibilità. Sono ovunque ma non ce ne accorgiamo, e svolgono un’ azione simil-estrogenica nel nostro organismo; secondo recenti ipotesi aumenterebbero l’incidenza di patologie andrologiche e cancerogene, come osservato negli ultimi vent’anni”.
In diverse specie animali gli ftalati modificano il funzionamento del sistema riproduttivo, ha continuato Foresta, “e sono ritenuti anche per l’uomo tra quei contaminanti che possono agire negativamente sulla fertilità”.
Sorprendentemente tutti i prodotti testati, dalle capsule in alluminio a quelle in plastica e materiale biodegradabile, si sono rilevati capaci di rilasciare gli ftalati nel caffè: “Non vogliamo demonizzare nulla”, ha precisato Foresta, “anche perché le concentrazioni riscontrate sono nell’ambito di range consentiti. Ma deve essere considerato che anche attraverso questa contaminazione si contribuisce al raggiungimento dei valori soglia segnalati come nocivi dalle autorità sanitarie nazionali e internazionali”.
Certi effetti, dunque, si sommano, “e noi siamo la somma di queste esposizioni. Quindi sarebbe importante cercare di capire se, nell’arco della giornata, si superino i limiti dell’assunzione, il che aiuterebbe anche a decidere in che modo eventualmente limitarla”, ha concluso Foresta.
Subito seguito da Antonio Quarta: “Questi risultati si sommano allo speciale di “Report” sui danni della plastica e con altre ricerche analoghe in corso in Francia, in Spagna e in America: spesso dimentichiamo infatti che la plastica è un derivato del petrolio. La migrazione delle sostanze pericolose per la salute umana, ormai è certo, avviene già a freddo: figuriamoci con gli 80-90 gradi che servono per estrarre un caffè. È come cucinare la pasta con tutta la busta”.
Della plastica meglio non abusare, anche perché inquina: “Troppo packaging”. Soprattutto quando si parla di alimentazione e di ambiente. “Le capsule sono infatti un rifiuto speciale”, conclude Quarta, “a volte i miei colleghi mi dicono che non sono un bravo imprenditore perché non metto davanti a tutto le ragioni del fatturato, ma io preferisco privilegiare la qualità delle nostre miscele, e soprattutto la salute dei nostri consumatori salentini e l’ambiente. E in ogni caso perché non fare una legge che eviti le diciture ambigue, tipo “entro le dosi consentite”, che poi non si sa quali siano, e spiegare esattamente alla gente quale sia la soglia oltre la quale la plastica e l’alluminio diventano pericolosi?”.
Leda Cesari
Attualità
Lecce sotterranea, arrivano i soldi
Dopo la scoperta di un’altra porzione dell’antico Anfiteatro romano durante i lavori in via Alvino, la sindaca Adriana Poli Bortone incassa la promessa del Ministro della Cultura Giuli sulal disponibilità dei fondi necessari
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Le scoperte, come spesso, accade sono casuali.
Così, mentre si scavava in via Alvino, a Lecce, è venuto alla luce un altro pezzo dell’antico Anfiteatro Romano.
Sorpresa fino ad un certo punto, a dire la verità, perché la scoperta era, tutto sommato, già stata messa in conto.
In antichità, infatti, Piazza Santo Oronzo presentava una diversa planimetria, quando lo spazio dell’Anfiteatro Romano era occultato dalle botteghe ottocentesche. In seguito agli scavi archeologici, il piccolo borgo venne abbattuto per portare alla luce l’antico Anfiteatro.
Una traccia dell’antico insediamento che Lecce, città di storia e di arte, non può permettersi di perdere.
Per questo la sindaca Adriana Poli Bortone ha subito interessato il ministro della Cultura Alessandro Giuli per reperire i fondi necessari per salvaguardare quel tesoro sotterraneo.
La prima cittadina leccese è stata a Roma e il viaggio, a quanto pare, è stato fruttuoso, perché il ministro le ha garantito le risorse economiche per valorizzare la Lecce dell’Antica Roma, con i suoi monumenti patrimonio dell’umanità, da connettere alle altre testimonianze della civiltà romana nel Salento.
Quindi si continuerà a scavare in via Alvino per scoprire l’altra parte dell’Anfiteatro.
Una prima idea potrebbe essere quella di rendere la scoperta fruibile a locali e visitatori che potranno ammirarla passando su un ponte o su un pavimento di vetro.
Che ne sarà, intanto, dei lavori iniziati e dei fondi gia stanziati?
Si tenga conto che si tratta di un punto nevralgico della città, con un’alta densità di attività commerciali e di ristorazione, quindi una zona molto frequentata sia dai turisti che dai residenti.
La riqualificazione di via Alvino, a cui si stava mettendo mano anche per mitigare il rischio idrogeologico e migliorare l’accessibilità dell’area, comprendeva anche la rimozione del marciapiede esistente e il rifacimento del basolato.
Adriana Poli Bortone ha già esternato la sua convinzione che non andranno perdute le risorse da impiegare per rifare la pavimentazione, e che si potranno impegnare anche quelle nella costruzione del ponte o della vetrata.
Cosa fare e come farlo, comunque, lo si deciderà presto.
Intanto, quel che è certo è che Lecce potrà usufruire delle risorse necessarie per svelare l’altra parte dell’antico Anfiteatro.
* Nella foto in alto, immagine satellitare di piazza Sant’Oronzo da Google Earth
Attualità
Caccia… al bracconiere
Operazione “Artemis 2” dei carabinieri forestali. Sequestri e denunce a Cannole, Galatina, Galatone, Guagnano, Otranto e Salice Salentino. E continua la campagna di controlli in tutto il Salento
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Continua in tutta la provincia di Lecce la campagna di controllo di contrasto mirato al fenomeno del bracconaggio, coordinata dal Gruppo Carabinieri Forestale del capoluogo salentino.
L’ operazione, denominata “Artemis”, è entrata nella seconda fase, con il coinvolgimento, oltre che del Nucleo Investigativo (NIPAAF), dei Nuclei Forestali di Lecce, Gallipoli, Maglie, Otranto e Tricase: complessivamente, nelle ultime tre settimane
sono state deferite all’ Autorità Giudiziaria 7 persone, ed altrettanti fucili sono stati sottoposti a sequestro, unitamente a munizioni ed 8 apparecchi fonoriproduttori.
“Artemis 2” ha focalizzato i controlli dei Carabinieri Forestali su quelle aree della provincia dove il fenomeno dell’attività venatoria è più intenso, ed all’ interno delle quali persistono e si nascondono sacche di bracconaggio, che vanno dall’ utilizzo di mezzi non consentiti (tipicamente i richiami elettroacustici, che riproducono il verso di specie di volatili) fino all’ uso di fucile senza porto d’ armi, o addirittura di arma clandestina (con matricola abrasa).
In relazione alla prima tipologia di illegalità, i Militari del Nucleo Forestale di Lecce, a Salice Salentino, in una zona (contrada “Masseria Mazzetta”) battuta dalle doppiette ed al confine con la provincia di Brindisi, hanno individuato un richiamo per allodole, e subito dopo il suo proprietario ed utilizzatore.
Il bracconiere, un 47enne proveniente dalla provincia di Brindisi, è stato deferito alla Procura della Repubblica di Lecce.
A suo carico è stato effettuato il sequestro dei richiami utilizzati, del fucile e delle munizioni.
A poca distanza, in agro di Guagnano, altri due cacciatori denunciati, sempre per utilizzo di richiami, con sequestro di 2 fucili, richiamo e munizioni.
Gli altri episodi, tutti con denuncia e sequestro di fucili, richiami e munizioni, si sono verificati a Otranto (contrada “Masseria Ficola”), Galatone (località “Li Papi” e contrada “Risoli”), Galatina (Località “Pennella”) e Cannole (via Vecchia per Bagnolo): questo è il bilancio delle 3 settimane di “Artemis 2”.
Si evidenzia che, essendo i procedimenti penali ancora nella fase delle indagini preliminari, le persone segnalate sono da ritenersi sottoposte alle indagini stesse e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
Attualità
L’agricoltura sociale rafforza le imprese salentine
CIA Salentina: gli esiti del convegno che si è svolto nell’ambito di Agro.Ge.Pa.Ciok. Dalla rigenerazione anti-Xylella all’innovazione del comparto primario salentino per una nuova fase
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L’agricoltura sociale rappresenta un’interessante opportunità di sviluppo per le imprese del settore primario. Da un lato, infatti, si possono diversificare le attività delle aziende agricole e, dall’altro, si possono offrire alle comunità locali servizi e luoghi di inclusione.
Per diffonderne la conoscenza e rimarcarne i vantaggi, Cia-Agricoltori Italiani area Salento ha promosso un convegno sul tema, nell’ambito del Salone internazionale della gelateria, pasticceria, cioccolateria e dell’agroalimentare (Agro.Ge.Pa.Ciok), svoltosi a Lecce.
L’iniziativa, presentata e moderata dal direttore provinciale di Cia Salento Emanuela Longo, ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, esperti e tecnici della materia ma anche di imprenditori ed operatori di lungo corso che hanno portato la loro testimonianza.
Per la Provincia di Lecce è intervenuto il consigliere con delega all’Agricoltura e sindaco di Caprarica Paolo Greco che ha sottolineato quanto l’ente sia impegnato sul fronte della rigenerazione delle aree colpite dalla Xylella fastidiosa e della valorizzazione del paesaggio rurale, ma non solo.
Giuseppe Mauro Ferro, dottore agronomo ed esperto di agricoltura Struttura missione Pnrr, ha fatto dei cenni storici sull’evoluzione dell’agricoltura sociale e ne ha narrato gli esordi in Italia, evidenziando le ricadute positive per il territorio.
Il data analyst Davide Stasi ha snocciolato i numeri del settore e ha fornito i principali indicatori per avere un quadro complessivo.
L’agricoltura sociale favorisce l’inserimento socio-lavorativo di persone con disabilità; incentiva le attività sociali e di servizio per le comunità locali; sostiene i servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative grazie alla coltivazione delle piante e all’allevamento degli animali; promuove progetti finalizzati all’educazione ambientale ed alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio.
Su questi aspetti si è soffermato Vito Paradiso, responsabile tecnico del progetto di agricoltura sociale Utilità Marginale di Fondazione Div.ergo onlus, organizzazione non lucrativa di utilità sociale, che ha come scopo la solidarietà e l’assistenza sociale, la formazione a favore di persone con disabilità intellettiva e, comunque, delle fasce deboli della società, favorendo processi di inclusione.
Infine, Roberta Bruno, presidente della società cooperativa agricola Karadrà, ha raccontato l’impegno di volenterosi giovani agricoltori e i sacrifici da tempo portati avanti al fine di promuovere un’agricoltura sana che rispetti l’ambiente e il territorio.
La cooperativa prende in comodato d’uso terreni abbandonati ed incolti per bonificarli e riportarli a produzione con la tecnica dell’aridocultura. Uno dei loro prodotti più rappresentativi è la penda, una qualità di pomodoro giallo d’inverno, coltivato senza rincorrere all’irrigazione.
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