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Attualità

Da Botrugno ad Amsterdam per la ricerca contro il cancro

Stefano Manzo, 32enne ricercatore salentino: “Qui la vita è più facile perché ci sono i soldi per fare ricerca, molti più fondi, il supporto logistico… si procede al doppio della velocità!”

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Da Botrugno ad Amsterdam per dare il suo contributo alla ricerca contro il cancro.

La storia di Stefano Manzo, 32enne ricercatore di Botrugno, è stata raccontata dal blog “La Nuvola del Lavoro” del Corriere.it, rivolto ai giovani e ai temi dell’occupazione.


Nell’ambito del programma Horizon 2020, AIRC ha presentato il progetto iCARE-2 (International Cancer Research Fellowships) per borse di studio che promuovono la mobilità di giovani ricercatori con il dottorato di ricerca da e per l’Italia. Il progetto è stato valutato dall’Unione Europea che ha riconosciuto la validità del sistema di valutazione di AIRC a livello internazionale e ha assegnato ad AIRC un cofinanziamento di circa 3 milioni di euro. è Stefano è risultato vincitore di una delle borse di studio.


Quando hai un approccio con il paziente è gratificante“, spiega su “La Nuvola del Lavoro” il botrugnese in Olanda dal 2019, “vedi un impatto diretto, io no. Spero che il mio lavoro porti un beneficio alle persone. Non posso dirlo ancora per me, ma posso portare centinaia di esempi in cui le ricerche di base hanno rivoluzionato il modo di fare clinica“.


Come riporta il blog del Corriere, AIRC e la sua Fondazione nel 2019 investono oltre 108 milioni di euro per sostenere circa 5 mila ricercatori al lavoro per studiare e comprendere a fondo i meccanismi del cancro con l’obiettivo di curare più efficacemente tutti i tipi di tumore. Un impegno che si traduce in 524 progetti di ricerca, 101 borse di studio e 24 programmi speciali.


Il ricercatore salentino sta studiando la proteina Topoisomerasi1 “per capire come la sua attività cambi quando si guarda in 3D dentro al nucleo della cellula. Questa proteina potrebbe contribuire alla composizione di alcuni farmaci chemioterapici“.


Avverto la responsabilità del compito che AIRC mi ha affidato attraverso il finanziamento della borsa di studio offerto dai parenti dei malati e dai pazienti stessi: le loro storie mi chiedono aiuto“, racconta ancora Stefano.

Dopo aver frequentato Biotecnologie molecolari e conseguito il dottorato a Bologna ha vissuto un anno in California “dove ho analizzato alcune strutture particolari del Dna responsabili di alcune instabilità genomiche. Mentre ero negli Stati Uniti ho scritto un’application per Airc. Ho vinto una borsa triennale con la possibilità di un postdoc in Olanda. I dati che avevo già raccolto si intersecavano alla perfezione con quelli del mio attuale professore di Amsterdam“.


Sul lungo periodo la sua ricerca di base, “che non è applicativa, tende a individuare i componenti che regolano l’attività dell’enzima Topoisomerasi1, che non è la stessa in tutti i punti del genoma“.


Il ricercatore di Botrugno intende “identificare le proteine già targhettizzate in altri farmaci per farne di nuovi con componenti a dosi più basse per diminuire la tossicità e aumentarne l’efficacia“.


“La ricerca applicativa senza la ricerca di base si ferma molto presto“, ha aggiunto Stefano Manzo sul blog, “sono molto soddisfatto di questa esperienza estera: qui la vita è più facile perché ci sono i soldi per fare ricerca, molti più fondi, il supporto logistico, tante interazioni tra i gruppi e si procede al doppio della velocità. Lavorare in Italia mi ha forgiato“.


A Stefano, però, mancano il Salento e la sua Botrugno, “Qui ti scordi come è fatto il sole,  il cielo è sempre molto coperto. La luce è poca: durante l’inverno non sorge prima delle nove di mattino. Entri in ufficio che è buio ed esci che è buio…“.


Attualità

Col supporto di Tricase, due navigazioni a vela candidate patrimonio UNESCO

L’Associazione Magna Grecia Mare e il Porto Museo hanno offerto il loro prezioso contributo nel lavoro portato avanti in sinergia da sei Paesi

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Consegnato all’UNESCO il dossier internazionale per inserire la navigazione con barche a vela latina e vela al terzo nella lista rappresentativa del patrimonio immateriale mondiale. Il riconoscimento dell’arte di navigare con queste due tipologie di vele dovrebbe arrivare entro la fine del 2025.

Il dossier è il frutto di un gruppo di lavoro internazionale composto dall’Italia, Croazia, coordinatrice del progetto, Francia, Grecia, Spagna e Svizzera.

In Italia, il compito di raccogliere i dati e coordinare le comunità è stato svolto dal Museo della Marineria di Cesenatico, in sinergia con il Ministero della Cultura.

L’Associazione Magna Grecia Mare e il Porto Museo di Tricase, con il sempre prezioso contributo della Città di Tricase e del CIHEAM Bari, sono stati invitati caldamente ad affiancare l’iniziativa e a mettere a disposizione la loro competenza in materia di marineria tradizionale e di cura e gestione delle relazioni, riuscendo a far fronte alla richiesta di sostegno internazionale alla candidatura.

La lungimiranza e l’ampiezza di visione di Tricase, insieme a quanto è stato realizzato in questi ultimi venti anni, la stima nazionale e internazionale riservata alla sua idea di investimento in saperi e culture locali, di necessario e funzionale dialogo con il Mediterraneo e oltre, dell’opportuno coinvolgimento di migliaia di persone, le hanno consentito di diventare una buona pratica italiana, internazionalmente riconosciuta e studiata, con un ruolo importante di animazione dell’intero bacino (e non solo) per la cooperazione italiana e per tante altre istituzioni.

Oggi, con un riconoscimento (si auspica di vedere concluso entro l’anno) così prezioso e ambito, si potranno tracciare tante altre rotte di crescita per la Città di Tricase e la sua comunità, le comunità vicine e l’intero territorio.

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Attualità

La spiaggia più felice d’Italia è nel Salento

Secondo uno studio effettuato mediante un software di riconoscimento facciale, le “Maldive del Salento” a Pescoluse (marina di Salve) è la spiaggia italiana che riesce a strappare i sorrisi più grandi ai visitatori

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Pescoluse, marina di Salve, spiaggia da tutti conosciuta come le Maldive del Salento, è la spiaggia più felice d’Italia ed una delle più felici al mondo.

In uno studio commissionato da un’agenzia di viaggi specializzata in affitti di ville di lusso, un software di riconoscimento facciale ha analizzato migliaia di foto Instagram e, sulla base dei sorrisi catturati, ha identificato la spiaggia più felice.

Pescoluse è famosa per la sabbia finissima e bianca, le acque turchesi e il fondale basso, che la rendono ideale per le famiglie.

È circondata da dune di sabbia e vegetazione mediterranea, creando un paesaggio naturale intatto.

La tranquillità e la bellezza del luogo hanno conquistato i turisti di tutto il mondo.

La spiaggia di Marina di Pescoluse è anche in cima alla classifica delle spiagge più felici al mondo.

Per elaborare il concetto di “spiagge felici”, lo studio si è riferito a quei luoghi in riva al mare che, oltre a essere esteticamente belli, riescono a suscitare sensazioni di gioia e soddisfazione per chi le visita.

L’intelligenza artificiale ha identificato le spiagge che riescono a strappare i sorrisi più grandi ai loro visitatori.

Sono questi, secondo gli esperti, i segnali inequivocabili di un’esperienza di vacanza positiva e gratificante.

Secondo il riconoscimento facciale quella delle Maldive del Salento è la spiaggia che ha strappato i sorrisi più grandi nel campione di persone analizzato, meritandosi il titolo di spiaggia più felice d’Italia.

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Appuntamenti

Esplorare l’abbandono: focus sul Salento

Contest Fotografico promosso dall’Ordine degli Architetti PPC, in collaborazione con l’Associazione Tempo di scatto, aperto agli iscritti e alle iscritte di tutti gli Ordini nazionali. Obiettivo del Contest favorire una riflessione sulla rigenerazione dei luoghi a partire dal dato visivo su degrado, abbandono, consumo di suolo, nel nostro territorio. Partecipazione entro il 23 aprile e Mostra conclusiva in maggio

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Favorire la riflessione sul consumo del suolo nel Salento attraverso un’analisi visiva dei tanti beni urbani in stato di abbandono e degrado presenti sull’intero territorio della città capoluogo e dell’intera provincia salentina: è l’obiettivo del Contest fotograficoEsplorare l’abbandono” promosso e organizzato dall’ Ordine degli Architetti PPC della provincia di Lecce in collaborazione con l’associazione fotografica Tempo di Scatto.

Aperto a tutti gli Ordini nazionali, e focalizzato esclusivamente sul territorio salentino, l’invito a partecipare (già sul sito dell’Ordine Architetti, clicca qui), interpreta l’abbandono come «una dinamica che, suscitando emozioni profonde e riflessioni inattese, consente di esplorare la bellezza nel degrado e la storia celata tra le rovine. Camminando in luoghi abbandonati come ville e fabbriche dismesse», osservano ancora gli organizzatori, «si crea un dialogo con il tempo, dando vita a narrazioni che raccontano di vite passate».

Il Contest fotografico, con scadenza per l’invio foto fissata al 23 aprile, costituisce il primo momento di un progetto a più vasto raggio che includerà, nei successivi step, percorsi guidati ricognitivi e l’invito a produrre specifici contributi di idee per la futura riqualificazione e rigenerazione anche alla luce dell’atlante dei luoghi individuato dalle suggestioni fotografiche e dalle immagini, che dovranno essere caratterizzate da specifici requisiti tecnici.

Le foto, infatti, saranno valutate alla luce di quattro distinti criteri: pertinenza, impatto, qualità della foto, visioni e originalità e, una volta selezionate, andranno a comporre una Mostra conclusiva prevista nel maggio prossimo, mentre tra quelle ritenute idonee 10 immagini saranno pubblicate on line sulla piattaforma dell’Ordine.

«Il tema dell’abbandono nel nostro territorio è quanto mai cogente e merita una riflessione puntuale e approfondita», sottolinea Tommaso Marcucci, Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Lecce, «ed è la ragione per cui abbiamo accolto con grande favore la proposta dell’associazione Tempo di scatto facendo nostre le ragioni e gli obiettivi del progetto che, peraltro, prevede step successivi alla Mostra finale come percorsi guidati ricognitivi e l’invito a individuare per ognuno dei luoghi fotografati ipotesi di possibili future riqualificazioni. Ecco, dunque, che esplorare l’abbandono può significare, grazie all’esplorazione visiva e fotografico, immergersi in storie non raccontate, riconoscendo la fragilità e la resilienza come condizioni costitutive proprie del vivente in tutte le sue forme. La mostra fotografica con cui si concluderà il progetto costituirà, come già quella su i paesaggi della Xylella, promossa e organizzata dal nostro Ordine negli scorsi anni, un’opportunità ulteriore di conoscenza del territorio e per sottolineare la complessità e l’urgenza della rigenerazione urbana. Chiamare a raccolta la nostra comunità nazionale su questi temi, consapevoli anche di quanto negli anni il Salento sia divenuta terra di forte attrazione e appeal, riteniamo possa agevolare uno scambio proficuo di riflessione e di buone pratiche».

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