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Attualità

I figli che non tornano

Facciamo attenzione, una società di anziani o di persone che non hanno valori condivisi è una società che si disgrega e si spegne. L’impegno che attende i residenti è quello di ricostruire…

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di Hervé Cavallera


Nei precedenti articoli su queste colonne, trattando dell’emigrazione del passato, si leggono con emozione alcune testimonianze sulla vita e sui sacrifici di tanti nostri conterranei che hanno dovuto emigrare all’estero per poter campare, per quindi ritornare al proprio paese e promuovere una vita migliore per loro e per i loro cari.


E anche grazie ad essi il Salento è cresciuto.


Ora, come più volte abbiamo rilevato, la nostra terra si sta numericamente svuotando sia perché vi è una decrescita delle nascite sia perché molti giovani, una volta laureati in altre parti della Penisola, non tornano più nella città di provenienza. E accade sentire numerosi genitori affermare con legittimo vanto che i propri figli lavorano e guadagnano bene in altre parti d’Italia e anche all’estero.


Questo è normale in quanto un genitore non può che provare gioia nel sapere ben sistemato un proprio figlio. E tuttavia si rimane soli e man mano che gli anni passano naturalmente si invecchia e ogni paese, anche grazie al fatto che la speranza di vita si è allungata e le condizioni fisiche e intellettive si mantengono buone, è popolato da anziani.


Così ci si incontra, purtroppo, ogni giorno sempre di meno e si ricorda il passato e non facilmente si riesce a guardare al futuro.


Le forze propulsive si attenuano e la nostalgia del passato prevale sulle aspettative del futuro.


Aumentano così le residenze sanitarie assistenziali (RSA) per persone che non sono più autosufficienti e la vita pare arrestarsi.


Certo, non si può né si deve generalizzare.


Vi sono ancora molti giovani attivi e imprenditori capaci.


Nulla è veramente perduto ed è opportuno valorizzare coloro che rimangono.


Ma sia lo spopolamento sia l’invecchiamento dei residenti sono dei fenomeni in crescita e non devono essere sottovalutati. Contemporaneamente arrivano emigranti da varie parti del globo, specialmente dall’Africa.


Per lo più essi passano dal Mezzogiorno per andare in altre parti d’Italia e del mondo ritenute più attrattive, ma non mancano coloro che si fermano dove arrivano.


E anche in questo caso sorgono altri problemi.


L’accoglienza è un aspetto indubbiamente positivo e occorre aiutare i bisognosi. Ma ancora una volta la storia vissuta dai nostri emigranti insegna: essi andavano a lavorare nelle nazioni che li ospitavano e talvolta si integravano totalmente divenendo cittadini svizzeri, tedeschi e così via.


REGOLARIZZARE ED INTEGRARE


Ciò significa che è opportuno che i nuovi venuti siano per così dire regolarizzati e concretamente inseriti nel mondo del lavoro sì che possano essere un arricchimento per loro stessi e per la terra che li accoglie, la quale a sua volta, pur nella comprensione della multiculturalità, non deve smarrire la propria identità culturale e spirituale in quanto una nazione, come avviene per le famiglie, deve avere consapevolezza della tutela dei lati positivi della propria tradizione umana.

RELATIVISMO E INDIVIDUALISMO


Il tutto poi avviene in un Occidente in cui prevalgono la globalizzazione e la secolarizzazione.


Vi è il rischio non lieve dell’accentuazione del relativismo e dell’individualismo che conducono a costumi certamente non positivi.


Accade che si è scambiata la libertà con la liceità personale e molti credono di poter fare ciò è sollecitato dalle proprie pulsioni, ma il mero soddisfacimento degli impulsi comporta atti sconsiderati, i quali non giovano né agli altri né a sé stessi.


LIBERTÀ E RESPONSABILITÀ


Non per nulla si riscontra un aumento della criminalità e della violenza.


Si scivola in un mondo senza regole morali veramente condivise e questo induce ad un susseguirsi di comportamenti negativi, dei quali è piena la cronaca quotidiana.


Si è insomma dimenticato che la corretta libertà presuppone la responsabilità, la quale distingue tra ciò che è lecito e ciò che è illecito.  È chiaro che in questa sede abbiamo insistito sugli aspetti meno piacevoli e più preoccupanti del presente, anche perché è bene mettere in guardia dai rischi che si corrono.


Sotto tale profilo, i figli che non tornano, al di là della loro personale sorte professionale ed umana, sono un nocumento per il contesto che li ha visti nascere.


GIOVENTÙ SCOMPARSA


Una popolazione che perde la gioventù è una popolazione destinata alla scomparsa e ciò certamente è male per una terra che ha visto per millenni diffondersi una civiltà cha ha dato tanta luce al mondo.


In questa situazione è evidente che nonostante permangano non pochi talenti tra i giovani e i meno giovani, occorre andare oltre e, da questo punto di vista, il problema diventa chiaramente politico, ossia comporta la presenza di una classe politica che sappia ben investire in Puglia, in modo da far crescere complessivamente il territorio.


Certo, la Puglia e il Salento in particolare godono al momento di una particolare (e giusta) popolarità turistica, ma il turismo non è sufficiente per far crescere stabilmente una regione.


Bisogna accrescere i commerci, le infrastrutture, i poli industriali e culturali.


Ovviamente non è questa la sede per prospettare una programmazione politico-economica che in verità è stata da tempo carente non solo nella nostra regione.


Quello che è doveroso ribadire è che ogni partenza, ogni distacco è una perdita sociale e che l’essere umano è, come già diceva il filosofo Aristotele, un animale sociale, ossia che si aggrega in società, in una comunità in cui si condividono dei valori e si cresce insieme.


Una società di anziani o di soggetti che non hanno valori condivisi è una società che si disgrega e si spegne; pertanto, l’impegno che attende i residenti è quello di ricostruire, come già fecero coloro che lasciarono il Salento per poi ritornarci, una società che dia sollecitazioni e prospettive di vita. Che non è cosa da poco. Ma nel fascino delle grandi e buone sfide risiede la forza propulsiva della vita.


 


Attualità

Il Venerdì Santo e il Coro delle Pie Donne a Ruffano

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A Ruffano, i Riti della Settimana Santa hanno origini antichissime e rappresentano un intreccio di fede, storia e tradizione che raggiunge il suo apice nel Venerdì Santo con la Solenne Processione. I confratelli incappucciati, coronati di spine, scalzi e con i simboli della penitenza: le discipline e le pisare. Lungo le strade del paese risuonano degli antichi Inni composti per le Confraternite ruffanesi. Il più struggente e solenne è “O genti che passate”, un lamento che accompagna la processione di Gesù Morto e che scuote gli animi di chi lo ascolta.


A intonarlo insieme alla banda è il grande “
Coro delle Pie Donne”, oltre 100 voci femminili che custodiscono e tramandano una tradizione secolare. Vestite di nero, con il capo velato in segno di lutto, non solo narrano la Passione di Cristo, ma si fanno eco di un dolore universale, dando voce alle sofferenze del mondo. In origine, ogni Confraternita aveva il proprio coro, poi unificato per rendere questa esecuzione ancora più potente e corale.
Per molti anni, queste donne non hanno avuto piena consapevolezza di essere le custodi di un’antichissima tradizione orale. Cantavano perché così si era sempre fatto, senza sapere di tramandare un patrimonio culturale unico. È un’usanza antica, autentica, che ha resistito ai cambiamenti e oggi si rinnova grazie alla partecipazione sempre più sentita delle nuove generazioni. Ancora oggi, infatti, il coro è un simbolo identitario di Ruffano, unico nella sua storicità e profondamente radicato nella comunità. Qui non si tratta di una semplice esecuzione, ma di un canto dell’anima, tramandato di madre in figlia, che continua a rendere il Venerdì Santo un momento di intensa e irripetibile suggestione.
Il coro delle donne è il protagonista soprattutto dell’inizio e della conclusione della processione, quando l’Addolorata ritrova il figlio morto e quando dovrà dara l’ultimo saluto. Un momento struggente e di grande preghiera grazie al canto eseguito insieme alla banda.

 

Venerdi Santo – 18 aprile
ore 21:30 partenza dell’Addolorata dalla Chiesa di San Francesco in Piazza Libertà.
Accoglienza del CRISTO MORTO in Piazza Nazario Sauro. Esecuzione dell’Inno dalle Pie Donne e inizio della Solenne Processione.

Al rientro (mezzanotte circa), sosta in Chiesa Madre con predicazione e Benedizione Solenne. Segue il tradizionale “Saluto” tra il Cristo e la Vergine e rientro dei simulacri nelle proprie Confraternite.

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Attualità

Cimitero di Tuglie, scoppia la polemica

Il consigliere Lorenzo Longo attacca l’amministrazione sull’ampliamento. Dopo il Consiglio Comunale il Movimento 5 Stelle denuncia: «Gravissimo l’atteggiamento del Segretario». La sindaca Silvia Romano: «Riflessioni da Azzeccacarbugli. Il Segretario ha solo rimarcato la contraddittorietà delle affermazioni del consigliere»

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di Giuseppe Cerfeda

Dopo il consiglio comunale infuocato del 4 aprile scorso e il comizio in Piazza Garibaldi, il Movimento 5 Stelle e il gruppo consiliare Viviamo Tuglie denunciano «quanto accaduto nell’ultima assise», con particolare riferimento alla vicenda del cimitero comunale.

Il consigliere Lorenzo Longo

«Durante la discussione sull’ampliamento del cimitero», ha spiegato il capogruppo del M5S, Lorenzo Longo, «abbiamo segnalato che il nuovo campo di inumazione è stato realizzato a soli 20-25 metri dalle abitazioni, contrariamente ai pareri espressi dall’ASL sia nel 2013 che nel 2016, in cui si imponeva una distanza minima di 50 metri dal centro abitato. Ci siamo limitati a chiedere la verifica della legittimità delle delibere approvate, ma il Segretario comunale, invece di mantenere un atteggiamento tecnico e super partes, si è inspiegabilmente alterato, arrivando a pronunciare una frase tanto sconcertante quanto grave: “Ah, quindi state cercando di coprire qualcuno?”».

«Una frase», continua Longo, «che ci ha profondamente colpiti e che riteniamo del tutto inaccettabile. Non solo perché infondata ma soprattutto, perché detta da chi dovrebbe garantire il corretto svolgimento dei lavori consiliari in maniera neutrale e istituzionale. Siamo stati offesi e delegittimati davanti all’intero consiglio comunale e alla cittadinanza, e per questo motivo ci vediamo costretti a scrivere formalmente alle autorità preposte per segnalare quanto accaduto e chiedere verifiche approfondite su tutta la vicenda».

Nel corso del comizio pubblico in Piazza Garibaldi, il consigliere regionale del M5S, Cristian Casili ha inoltre evidenziato «gravi responsabilità dell’amministrazione comunale in merito al Piano Generale di Bonifica», sottolineando come il Comune non abbia «adottato gli atti necessari per richiedere l’esclusione delle particelle non servite dal tributo 630. Una grave mancanza che ha comportato, per molti cittadini, l’obbligo di pagare un contributo ingiusto, a differenza di quanto già ottenuto da altri Comuni della provincia di Lecce».

«Da mesi denunciamo l’inerzia del Comune su questo fronte», hanno concluso i consiglieri del gruppo ViviAmo Tuglie, «e non accettiamo che si provi ancora a scaricare la responsabilità sul Movimento 5 Stelle Regionale. La verità è che l’amministrazione, dal 2012 a oggi, non ha mai fatto nulla di concreto, e oggi i cittadini ne pagano le conseguenze».

Il Gruppo Consiliare insieme al Consigliere regionale Casili annunciano nuove iniziative nelle prossime settimane e garantiscono che non abbasseranno la guardia: «Continueremo a fare opposizione seria e costruttiva, senza sconti a nessuno. Dalla parte dei cittadini, sempre».

LA SINDACA: «COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI»

Da noi sollecitata non tarda ad arrivare la replica della sindaca Silvia Romano.

La sindaca Silvia Romano

«Longo non perde l’abitudine di inciampare, e farsi male, sulla realtà dei fatti», attacca la prima cittadina, «ancora una volta cade nelle sue riflessioni da “Azzecagarbugli” scagliate contro l’amministrazione comunale».

La sindaca passa poi ad elencare la sua versione dei fatti: «All’inizio della seduta del consiglio comunale del 4 aprile esordisce con la pretestuosa ed infondata denuncia di una fantasiosa illegittimità della convocazione della seduta consiliare in quanto effettuata, a suo dire, oltre il limite massimo di tre mesi, invocando una norma del Tuel che nulla c’entrava con la sua accusa. Forse turbato e risentito dalla figuraccia appena rimediata, non contento, con la sua tipica teatralità da novecentesco avanspettacolo, pronuncia in sede di consiglio: la cosa più grave è che il campo di inumazione è stato realizzato dentro una fascia di rispetto cimiteriale, violando il limite dei 50 metri dal centro abitato! Poi invita il segretario comunale a verificare la legittimità degli atti».

«Il segretario fa notare che la sua affermazione conteneva una contraddizione in termini», prosegue la sindaca, «poiché i campi di inumazione stanno all’interno dell’area cimiteriale, mentre la fascia di rispetto è sempre esterna al cimitero determinando un vincolo di inedificabilità assoluta».

«Longo», prosegue non risparmiando un certo sarcasmo, «in stato confusionale, riafferma: “il campo di inumazione sta attaccato ai terreni ed alle case di privati”, facendo intendere che ci potessero essere costruzioni all’interno della fascia di rispetto di contorno al cimitero, con possibile violazione di legge.  Invita, ulteriormente, invocando il buon senso, il segretario a mettersi nei panni di chi abita lì”, virando su un piano diverso dalla legalità. A tali illazioni il segretario chiede: “Ah quindi sta cercando di coprire, forse, qualche…”. In tal modo il segretario con fermezza rimarca la contraddittorietà delle affermazioni del consigliere Longo e, soprattutto, la prevalenza dell’interesse pubblico alla realizzazione del campo di inumazione rispetto ad eventuali interessi di privati».

Secondo la sindaca Romano «il consigliere Longo trafitto da tutti si perde nelle sue infinite contraddizioni di natura politica e giuridica. In un suo post parla di una “distanza del campo di inumazione a soli 20 – 25 metri dalle abitazioni”, dichiarazione mai pronunciata durante la seduta del consiglio comunale! Altra confusione derivante da una scarsa conoscenza dell’aritmetica e della geometria».

«Delle due l’una», tira le somme, «chi dice bugie? Stiano attenti i cittadini delle acrobazie di verità del consigliere Longo e dalle sue pretese di ergersi sempre a mo’ di paladino della verità».

«A questo punto», conclude Silvia Romano, «non ci resta che invitare tutti i cittadini, qualora ce ne fosse ancora bisogno, a leggere il resoconto della registrazione riguardante l’argomento».

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Attualità

Poste finalmente pronte a ricostruire la sede centrale di Tricase

Un anno dopo la bomba, la comunicazione al sindaco De Donno: “Terminate le operazioni propedeutiche. I lavori richiederanno cento giorni”

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di Lor. Zito

Il prossimo giovedì sarà trascorso un intero anno dal furto con esplosione messo in atto presso l’ufficio postale centrale di Tricase, in piazza Cappuccini.

Da allora, quasi 365 giorni dopo, l’edificio appare ancora transennato e pericolante, ed i lavori per il suo recupero non sono partiti.

Abbiamo sollecitato Poste Italiane, richiedendo informazioni a riguardo. Informazioni che la cittadinanza, a sua volta, reclama a gran voce (anche bussando alla porta della nostra Redazione), nella spasmodica attesa di un ritorno alla normalità.

La scorsa estate su piazza Cappuccini, proprio alle spalle della sede oggetto di furto, Poste Italiane ha collocato un container mobile, quale sede temporanea utile a garantire la continuità del servizio dopo il danno patito.

Va da sé che, sino al ritorno in funzione dell’edificio originario, si tratta di una soluzione tampone, che spesso porta in dote disagi per l’utenza che vi si interfaccia.

E’ il sindaco di Tricase Antonio De Donno a restituirci informazioni sugli sviluppi in corso, alla luce di una comunicazione in queste ore giuntagli direttamente dal direttore della filiale: anche da Palazzo Gallone erano pervenute sollecitazioni sul tema.

Poste Italiane ci ha comunicato la conclusione delle procedure propedeutiche all’avvio dei lavori, scusandosi per la loro procrastinazione“, spiega il primo cittadino. “Il ritardo, ci viene spiegato, è dovuto al fatto che le attività di verifica statica dell’edificio da recuperare sono state complesse e delicate, ed hanno richiesto molto tempo“.

Non c’è ancora una data certa per la riapertura della sede“, aggiunge De Donno, “ma Poste Italiane ci ha indicato la durata prevista per l’intervento: dal giorno del loro inizio, i lavori richiederanno circa cento giorni per essere portati a termine“.

Non viene specificata una data di apertura del cantiere. Alla luce di quanto sin qui descritto, è lecito attendersela a stretto giro.

 

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