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Attualità

Il futuro? «Dipenderà dalla capacità competitiva del sistema territoriale»

Il presidente di Confindustria Lecce, Giancarlo Negro: «Dovremo essere pronti a sostenere il rilancio della nostra economia e delle sue imprese appena i segnali si faranno più concreti»

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Stiamo vivendo un momento tristemente storico per tutti gli aspetti della nostra vita. Parallelamente all’emergenza sanitaria e sociale corre quella economica. Le imprese salentine sono in grado di reggere la botta?


«Il sistema produttivo salentino sta attraversando uno dei momenti più difficili, in considerazione dell’emergenza pandemico-sanitaria e degli effetti di questa sulle preesistenti fragilità del nostro sistema economico, per lo più caratterizzato dalla piccola e piccolissima dimensione delle imprese. Gli esiti sono difficili da valutare, soprattutto nel medio lungo periodo, poiché sono state attuate delle tutele per il lavoro e sono stati previsti piccoli ristori per le imprese bloccate, ma non è possibile prevedere come le criticità che stanno man mano emergendo (e che inevitabilmente si presenteranno) possano evolvere, rendendo magari più o meno complicata la ripartenza. Certamente le imprese più strutturate reggeranno meglio le difficoltà economiche ed eventuali imprevisti e potranno offrire performance migliori nel tempo, rispetto alle imprese più piccole. Molto dipenderà anche dalla capacità competitiva del sistema territoriale nel complesso, che deve essere in grado di sostenere il rilancio della nostra economia e delle sue imprese appena i segnali si faranno più concreti.


Stiamo vivendo una situazione in evoluzione di fronte alla quale occorre attrezzarsi arginando l’impatto immediato e cercando di porre le basi per il futuro».


Qual è la posizione di Confindustria Lecce riguardo all’ultimo DPCM?


«L’aggravamento dell’emergenza sanitaria, la presenza di un numero rilevante di soggetti positivi al virus asintomatici e non, con un impegno crescente del sistema sanitario regionale, farebbe propendere per l’accettazione dell’ultimo DPCM, anche se le imprese, già dalla prima ondata, hanno avviato tutta una serie di prescrizioni atte a garantire la salubrità degli ambienti di lavoro e arginare i possibili contagi. Qualsiasi scelta, pertanto, in questo momento, rischia di essere esposta a plausi o critiche in base all’ottica con la quale si guarda.


La tutela della vita è prioritaria su tutto: certo è che questa risulta strettamente collegata alla capacità del sistema sanitario di rispondere efficacemente ai bisogni di salute dei cittadini. Ho sentito da più parti che il numero dei contagi non è proporzionato a quello di altre aree del Paese e pertanto non si giustifica l’inserimento della nostra regione nelle aree cosiddette arancioni. Questo vale, però, se si considera il dato dei contagi sic et simpliciter. In effetti il collocamento della Puglia nella zona arancione dimostra che il nostro sistema sanitario non è attrezzato adeguatamente rispetto a quello di altre aree del Paese per far fronte alla portata dei nostri pazienti affetti da Covid19. Auspico, pertanto, una riflessione che vada, nell’immediato futuro, nella direzione di un’integrazione intelligente tra sanità pubblica e privata per soddisfare con maggiore qualità e tempestività i bisogni di salute dei cittadini non solo in periodo di emergenza».


Confindustria ha partecipato all’iniziativa di Confcommercio “Siamo Spenti”. Cosa chiedete per sostenere le imprese salentine?


«Confindustria Lecce ha inteso sostenere la manifestazione promossa da Confcommercio per lanciare un allarme non solo alle istituzioni ma anche a tutti i cittadini sulla tenuta del sistema economico e produttivo in generale. Siamo di fronte ad un momento eccezionale, nel quale occorre mettere in campo risorse e risposte straordinarie. Non è sufficiente infatti dare ristoro momentaneo a chi ha dovuto interrompere la propria attività, ma è necessario prevedere misure di sostegno nel lungo periodo (a livello locale, regionale e nazionale) poiché è in ballo la vita stessa delle imprese. Questo è il vero problema, il nodo da sciogliere per il quale sarà doveroso l’impegno di tutti. Occorre responsabilità nelle scelte dell’oggi che avranno ripercussioni inevitabili sul domani».


Record di imprese in provincia (il più alto numero mai registrato in Camera di Commercio) ma sono andati perduti 6.411 addetti (3,6% della forza lavoro)…


«Questo dato va interpretato da un punto di vista qualitativo e non quantitativo, poiché la perdita del lavoro fa crescere il numero di lavoratori autonomi e di partite iva, non quello di grandi imprese che occupano un numero consistente di risorse umane. Il dato citato quindi è la perfetta fotografia dell’epoca che stiamo vivendo: diminuiscono gli occupati con contratti a termine nei settori direttamente interessati dalla crisi e il territorio risponde con la crescita del lavoro autonomo».

Allo stesso modo sono aumentati i depositi ma diminuiscono i prestiti alle imprese…


«Gli italiani sono sempre stati un popolo di risparmiatori e in un momento di grande incertezza quale quello attuale preferiscono la tutela del patrimonio e la prudenza. Scelgono insomma di mantenere al sicuro i propri risparmi. Di contro le imprese hanno necessità di liquidità per affrontare la drastica diminuzione dei ricavi. I decreti emanati durante il lockdown non hanno dato gli effetti sperati, poichè le istruttorie e gli iter bancari, ispirati a criteri strettamente rivenienti da Basilea 2, hanno bloccato i finanziamenti, eccezion fatta per talune imprese già sol   ide e strutturate, che hanno potuto contare su fondi aggiuntivi da parte degli istituti di credito. In generale esiste una profonda  crisi di liquidità alla quale occorre rispondere dando sostegno alle imprese mediante contributi a fondo perduto. Solo in questo modo si potrà compensare e sopperire alla riduzione dei ricavi e alla crisi delle imprese».


Regge l’export delle nostre imprese?


«L’export in questo momento è in difficoltà. Le imprese forti, di medie e grandi dimensioni, già strutturate per affrontare i mercati esteri sono certamente più avvantaggiate rispetto a quelle di piccola e piccolissima dimensione, che non si sono mai rapportate con l’estero o l’hanno fatto raramente. Esistono poi delle criticità connesse alla diminuzione della domanda globale per diversi prodotti: macchinari, beni di lusso, ecc.».


Quanto il Salento e le sue imprese si stanno convertendo al digitale?


«Le difficoltà dell’economia in generale non favoriscono gli investimenti delle imprese anche sul digitale. Sebbene l’incremento di smartworking e di sistemi informatizzati per la partecipazione a bandi di gara, call conference, webinar, seminari, ecc.,  dovrebbe spingere le imprese ad investire, esistono delle condizioni di contesto che non accompagnano la propensione dell’impresa. Occorre che il territorio compia notevoli balzi in avanti sulla infrastrutturazione digitale per consentire alle imprese di governare il cambiamento e riconsiderare la propria posizione. Il nostro territorio anche su questo fronte presenta gravissime carenze».


Lei ha detto che trasporti, infrastrutture e logistica, al pari della digitalizzazione, costituiscono condizioni di contesto fondamentali per un territorio ed ha invitato a “saper sfruttare i finanziamenti europei del recovery fund…”


«Non è una scoperta recente che il nostro territorio presenti condizioni di contesto in termini di infrastrutture materiali ed immateriali non adeguate al sistema economico nazionale, per non parlare di quello globale. Da diversi anni Confindustria Lecce ha rivendicato la necessità di accrescere la competitività del Salento, puntando a colmare i gap di competitività rivenienti dalle infrastrutture. All’interno del Piano di sviluppo economico “Tra il dire e il fare c’è il nostro futuro” presentato in occasione della nostra Assemblea annuale, per esempio, e su cui recentemente abbiamo promosso il Tavolo sulle Infrastrutture materiali, abbiamo evidenziato quanto ancora c’è da fare sul fronte delle tratte aeree, dell’alta velocità (che non arriva a Lecce) dei collegamenti tra la stazione del capoluogo salentino e l’aeroporto di Brindisi e di questi con i diversi comuni del territorio a vocazione economica, produttiva e turistica. è necessario altresì rivedere il complessivo sistema dei porti turistici, nonché la viabilità interna per rendere fruibile tutto il Salento. La capacità del territorio di concorrere con il resto del Paese e del mondo è infatti resa meno efficace dalle nostre storiche carenze infrastrutturali. Dobbiamo utilizzare le risorse regionali, nazionali e comunitarie per migliorare e rendere più attrattivo e competitivo il nostro territorio; esse rappresentano l’ultimo treno per il Salento per ridare pari dignità alle imprese e ai cittadini. Sono un’occasione imperdibile che non va in alcun modo sprecata. Dopo questo periodo, infatti, lo Stato, oramai indebitato, non potrà più disporre di una tale portata di risorse da investire. È l’ora del fare».


Giuseppe Cerfeda


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A Taviano, Pellegrino contro Stefanelli: i 32 nomi delle due liste

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A Taviano sarà sfida a due il prossimo 25 e 26 maggio in occasione delle amministrative che decideranno chi prenderà il posto dell’ex Giuseppe Tanisi, la cui esperienza si è conclusa prematuramente ad inizio 2025.

Radici e Futuro Taviano” candida a sindaco Francesco Pellegrino, già vicesindaco in occasione del primo mandato da primo cittadino di Tanisi (lo sostengono gli ex gruppi consiliari di Per la Città, Taviano Futura e Taviano Libera).

Candidati con lui al consiglio:

Sabrina Burlizzi,

Vito D’Argento,

Omar Del Rosario,

Gianni Fonseca,

Emanuela Garofalo,

Erika Leone,

Antonino Manni,

Daniela Meneleo,

Alessandra Mercutello,

Giorgia Montunato,

Silvia Palamà,

Stefano Piccinno,

Carlo Deodato Portaccio,

Paola Ria,

Germano Santacroce,

Marco Stefano.

È stata vicesindaca dell’ultimo mandato di Giuseppe Tanisi invece la candidata sindaca della lista “Taviano Guarda Avanti”, Serena Stefanelli.

Con lei:

Giuseppe Tanisi,

Antonella Previtero,

Paola Cornacchia,

Francesco Lezzi,

Salvatore Rainò,

Alessio Inguscio,

Massimo Mosticchio,

Chiara Minerva,

Lucy D’Ingiullo,

Martina Mauramati,

Mariassunta Garzia,

Simona Armida,

Marco Carluccio,

Elisa Ferocino,

Silvio Spiri,

Lucia Chetta.

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Tossico e invasivo: nell’Adriatico spunta il pesce palla argenteo

È pericoloso: ecco come comportarsi. Punto 1: non imitare i giapponesi, che praticano una sorta di ‘roulette russa’ alimentare

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Il pesce palla argenteo invade l’Adriatico: allarme per la salute e l’ecosistema

Il pesce palla argenteo (Lagocephalus sceleratus), una specie marina altamente tossica e invasiva, è stato recentemente avvistato nel Mar Adriatico, segnando la sua presenza più settentrionale mai registrata nel Mediterraneo.

La cattura di un esemplare lungo oltre mezzo metro nella baia di Medulin, in Istria, ha destato preoccupazione tra pescatori e biologi marini.

Caratteristiche e pericolosità

Originario delle acque tropicali dell’Oceano Indiano e del Mar Rosso, il pesce palla argenteo è entrato nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, un fenomeno noto come migrazione lessepsiana. Questa specie è nota per la presenza di tetrodotossina, una neurotossina estremamente potente contenuta in organi come fegato, gonadi, pelle e intestino. Anche una piccola quantità può causare gravi intossicazioni e, in alcuni casi, la morte. La tossina resiste alle alte temperature, rendendo il consumo del pesce pericoloso anche dopo la cottura. 

Oltre alla sua tossicità, il pesce palla argenteo possiede una bocca dotata di denti robusti, capaci di esercitare una forza impressionante. È anche una specie piuttosto territoriale, pronta a difendere i suoi spazi dagli invasori. In altre zone del Mediterraneo sono stati segnalati episodi di morsi ai bagnanti, con conseguenze mediche rilevanti. 

Impatto sull’ecosistema

La presenza del pesce palla argenteo rappresenta una minaccia significativa per l’ecosistema marino. Si nutre di una vasta gamma di organismi, tra cui molluschi e crostacei, alterando l’equilibrio della catena alimentare. Inoltre, è noto per danneggiare le reti da pesca, aggravando le difficoltà della pesca artigianale. 

Raccomandazioni per pescatori e bagnanti

Non consumare: evitare assolutamente di mangiare il pesce palla argenteo, anche se cotto. Manipolazione: in caso di cattura accidentale, maneggiare con estrema cautela e utilizzare guanti protettivi. Segnalazione: riportare immediatamente l’avvistamento alle autorità marittime o agli enti di ricerca locali.

Informazione: diffondere la conoscenza di questa specie tra comunità di pescatori e bagnanti per prevenire incidenti.

La diffusione del pesce palla argenteo nel Mar Adriatico è un segnale d’allarme che richiede attenzione e collaborazione tra cittadini, pescatori e istituzioni per proteggere la salute pubblica e preservare l’equilibrio degli ecosistemi marini.

La ‘roulette russa’ alimentare giapponese

In Giappone ci preparano il fugu, una delicatezza da brivido. Una “roulette russa alimentare” che va preparata da chef che hanno studiato 1 anno solo per servire questo piatto.  Il segreto è lasciare quel tanto di veleno sufficiente a dare un po’ di euforia, ma niente piu’.

Se mangi questo pesce palla, mangi la tetrodotossina, un veleno micidiale, derivato dai batteri che vivono nelle alghe che lui mangia. A quel punto non hai scampo.

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Le scarpe con cui il Papa è stato sepolto vengono da Miggiano

Francesco ha voluto che fossero quelle che indossava tutti i giorni: al suo funerale, gli occhi del mondo su quel prodotto dell’artigianalità salentina

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Miggiano e tutto il Salento entrano nella storia di Papa Francesco, in uno dei momenti più solenni e commoventi della Chiesa cattolica.

Oggi, in occasione dei funerali del Santo Padre, il mondo intero ha posato lo sguardo su un dettaglio carico di significato: le scarpe con cui Papa Francesco ha scelto di essere sepolto.

Il Pontefice infatti ha espresso il desidero di portare con sé nell’aldilà le sue umili scarpe di tutti i giorni. Ecco infatti che nelle foto che hanno fatto il giro del mondo si scorge quel paio di scarpe nere, consumate dall’utilizzo.

Un dettaglio che per il Salento ha un valore enorme, perché quelle scarpe sono nate a Miggiano.

Ne dà notizia il Comune in una nota in cui spiega che sono state realizzate nell’aprile 2024 dal Laboratorio Ortopedico Bello srl. Opera dei fratelli Vittorio e Giuseppe Bello (che negli anni hanno sempre recapitato di persona al Santo Padre il loro prodotto), le calzature ortopediche sono testimonianza di dedizione e di mani esperte che, nel silenzio dei laboratori, hanno creato qualcosa di infinitamente prezioso.

Il Comune di Miggiano ha espresso con orgoglio questo sentimento in una nota ufficiale:

“Papa Francesco porta con sé un pezzo di Miggiano e così ci sentiamo a lui ancor più vicini. La Comunità di Miggiano è onorata di aver offerto al Pontefice il pregio del proprio artigianato locale.”

Non si tratta solo di un onore per Miggiano, ma di un vero tributo all’intero Salento, terra di saperi antichi, di mani sapienti, di tradizione artigiana che riesce ancora a parlare al mondo con la lingua della qualità e della cura.

In un’epoca di globalizzazione e produzione industriale di massa, il fatto che il Papa abbia scelto — per il momento più intimo e sacro della sua esistenza terrena — delle scarpe fatte a mano in un piccolo comune salentino, ha un significato immenso. È la consacrazione di un modo di lavorare autentico, umano, profondamente radicato nella nostra identità.

Oggi le immagini del Santo Padre, vestito con la semplicità che l’ha sempre contraddistinto, e calzato con quelle scarpe di Miggiano, hanno fatto il giro del mondo.

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