Attualità
Il vescovo di Ugento sull’eutanasia: “È cultura dello scarto”
L’analisi di Monsignor Angiuli su quella che definisce autodeterminazione estrema e sui suoi paradossi

Torna (o resta) tema d’attualità l’eutanasia. In questi giorni sono state raccolte oltre 500mila firma per una proposta di legge che la legalizzi. Sul tema, prende la parola con la seguente lettera il vescovo Vito Angiuli della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca.
I paradossi del principio di autodeterminazione
Cari fratelli e sorelle,
la Lettera della Congregazione per la dottrina della fede “Samaritanus bonus” (14 luglio 2020) sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita illustra in modo ampio e approfondito la dottrina della Chiesa sui temi dell’eutanasia e del suicidio assistito. Il principio fondamentale è che la vita mantiene la sua dignità dal suo inizio fino alla sua naturale conclusione.
Pertanto, come ha bisogno di essere accudita e custodita nel suo inizio così deve essere amorevolmente assistita nel momento finale, soprattutto in presenza di gravi e invincibili malattie, attraverso le cure palliative e la terapia del dolore. Un bambino non perde la sua dignità anche se
è in tutto dipendente dalla cura dei genitori. Allo stesso modo, una persona gravemente malata conserva il suo inalienabile valore anche se impossibilitato ad agire. In questa prospettiva, «una società merita la qualifica di “civile” se sviluppa gli anticorpi contro la cultura dello scarto; se riconosce il valore intangibile della vita umana; se la solidarietà è fattivamente praticata e
salvaguardata come fondamento della convivenza» (Samaritanus bonus, V, 1).
I promotori dell’iniziativa referendaria, invece, in perfetta sintonia con lo “spirito del tempo”, si muovono in una visione antropologica totalmente differente, sintetizzata dallo slogan:
“Liberi fino alla fine”. L’idea fondamentale è la seguente: niente e nessuno deve poter limitare la libertà personale, soprattutto quando si tratta di questioni che toccano la propria persona e il proprio destino. L’io individuale non deve avere altra norma e altra regola se non la propria insindacabile decisione anche di fronte alla morte.
Colonna portante di questa visione è il “dogma laico”, ritenuto inamovibile e
incontestabile, del diritto illimitato di ogni individuo a decidere del proprio destino rimuovendo ogni possibile vincolo etico e sociale. La libertà si pone in modo assoluto e si qualifica come “autodeterminazione estrema”. Nel “moderno giardino dell’Eden”, vige la legge di andare “al di là
del bene e del male” (F. Nietzsche) ossia l’imperativo a superare ogni morale oggettiva in vista della trasmutazione di tutti i valori ad opera di una libertà dell’individuo che deve essere senza
limiti e senza divieti non solo divini, ma anche umani. Criticando questa visione, il noto moralista Mons. Mauro Cozzoli ha precisato che «la libertà cresce e matura nel passaggio dalla libertà di scelta (autodeterminazione) alla libertà morale (autodeterminazione per il bene), cui i classici riservavano il nome libertas, chiamando la prima arbitrium. Fissando la libertà sull’arbitrium, l’individuo non diventa libero ma libertario» (Avvenire, martedì 12 luglio 2011).
In riferimento al tema dell’eutanasia, mi permetto di evidenziare quattro paradossi in cui si incorre quando si passa dalla libertas all’arbitrium. Il primo paradosso si riferisce al fatto che la vita è intrinsecamente limitata nel suo inizio e nella sua fine. Essa scorre tra due estremi: la nascita e la morte. Vivere significa riconoscere il limite intrinseco al nascere e al morire. Accettare di vivere anche per un solo istante, significa implicitamente accettare la limitatezza della vita. Se il limite è parte integrante della vita, lo è necessariamente anche della libertà. Non esiste una libertà in astratto, ma solo in quanto legata alla nascita. Ora, se non si è liberi di nascere come si può essere liberi di morire? In realtà, si è solo liberi di vivere. «Il miracolo della libertà – scrive Hannah Arendt – è insito in questo saper cominciare che, a sua volta, è insito nel fatto che ogni uomo, in quanto per nascita è venuto al mondo che esisteva prima di lui, e che continuerà dopo di lui, è un nuovo
inizio» (H. Arendt, Cos’è la politica?, tr. it. Marina Bistolfi, Einaudi, Torino 2006, p. 26).
Il secondo paradosso consiste nel fatto che l’eutanasia e il suicidio assistito sono presentati surrettiziamente come espressione di libertà. In realtà, sono solo una “fuga dalla vita e dalla libertà”. Con l’eutanasia e il suicidio assistito si spezza il filo che lega la libertà al suo cominciamento. In tal modo, questa estrema decisione diventa espressione di una forma radicale
di protesta e di rivolta contro la vita che non è stata scelta e voluta, ma imposta da un atto precedente alla propria volontà. La vita stessa è, dunque, intesa come una sciagura da cui fuggire, non solo perché carica di dolore invincibile, ma soprattutto perché frutto di un’azione avvenuta senza il personale acconsentimento.
A tal proposito, è significativa l’espressione di Sileno, che Nietzsche indica come portatore della saggezza dionisiaca e del senso tragico dell’esistenza. Così scrive il filosofo tedesco: «L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tacque; finché, costretto dal re, uscì da ultimo fra stridule risa in queste parole: “Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto”» (F. Nietzsche, La nascita della tragedia, Adelphi, Milano 2018, pp. 31-32).
Il terzo paradosso si riferisce al fatto che se il “suicidio assistito” deve essere consentito
quando la malattia irreversibile riguarda il corpo, non si vede il motivo per il quale non dovrebbe essere praticato anche quando tocca la psiche. A rigor di logica, anche a chi ha perso il gusto della vita e “vive senza vivere” dovrebbe essere consentito quanto è permesso a chi è affetto da una
malattia incurabile. Non si soffre di meno nell’anima, rispetto a quanto si soffre nel corpo. Si svela così la tragicità della “cultura di morte” che aleggia nel nostro tempo. Essa, come un’ombra oscura, spinge la vita in un abisso senza senso.
Il quarto paradosso consiste nella palese contraddizione tra la libertà posta in modo
assoluto in ambito individuale e la libertà che si esercita in modo condizionato in ambito sociale.
Se si accetta l’idea che la libertà deve esprimersi in modo assoluto sul piano dei diritti individuali, non si vede il motivo per il quale la stessa cosa non debba valere anche per le norme, i limiti e i divieti imposti dalla società. A tutti dovrebbe essere consentito di vivere liberi da ogni imposizione esterna alla propria libertà di autodeterminazione. Il buon senso, però, intuisce che se la libertà si dovesse esprimere in modo assoluto anche in ambito sociale si aprirebbe la porta all’anarchia e
alla dissoluzione di qualsiasi forma di società e si andrebbe incontro a un “suicidio sociale” non meno deleterio del “suicidio assistito”.
La Vergine Maria Assunta in cielo in anima e corpo ci insegni ad avere cura dei nostri fratelli ammalati, soprattutto di quelli affetti da gravi patologie, conforti tutti noi con la sua presenza materna e ci aiuti ad avere lo sguardo rivolto al cielo, dove Ella ci attende con amore di Madre.
Attualità
Scivolone a Maglie: il 25 aprile diventa Festa della Repubblica
Clamorosa svista sui manifesti del Comune e non è la prima: un anno fa la foto dell’attore Gifuni al posto di quella di Aldo Moro. E c’è anche chi dice “errore voluto per cancellare vero significato della Liberazione”

Maglie, i manifesti comunali confondono il 25 aprile con la Festa della Repubblica: polemiche e sconcerto
A Maglie il 25 aprile arriva… con una svista. In questi giorni, i cittadini hanno notato affissi nei punti principali della città dei manifesti del Comune che annunciano le celebrazioni per la “Festa della Repubblica”, dimenticando però che la data in questione è quella del 2 giugno.
Il 25 aprile, infatti, è storicamente e istituzionalmente riconosciuto come la Festa della Liberazione, giornata simbolo della fine del nazifascismo in Italia.
Una svista? Forse. Ma in città c’è chi si chiede se si tratti di un errore davvero casuale o se ci sia, invece, una scelta più sottile dietro, considerando l’orientamento politico di centrodestra dell’attuale amministrazione comunale.
Non sarebbe la prima volta che a Maglie si inciampa sulla memoria storica. I più attenti ricorderanno il clamoroso scivolone di un anno fa, quando furono realizzati manifesti commemorativi per Aldo Moro… con la foto di un attore che lo interpretava (Gifuni), anziché del vero statista magliese.
Il gruppo di opposizione “Maje Noscia” ha commentato così l’accaduto con un post sui social:
“CHE CONFUSIONE!!!
A Maglie si anticipano le celebrazioni: sembra infatti che la Festa della Repubblica sia arrivata con un mese e mezzo d’anticipo, confusa con il 25 aprile che pare quasi scivolare via, confuso con un’altra ricorrenza.
Un refuso? Forse, ma l’ennesimo…
Anche gli errori più piccoli, quando toccano la memoria storica, ci ricordano quanto sia fondamentale conoscere — e riconoscere — la Storia.
Perché senza studio, attenzione e consapevolezza, si rischia di confondere le date… e, più grave ancora, il senso.
Il 25 aprile celebriamo la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Ricordarlo con esattezza è un dovere. Civico, culturale e democratico.”
La speranza è che, al di là delle appartenenze politiche, si possa riportare al centro l’importanza del rispetto per la memoria collettiva e per le ricorrenze che hanno segnato la storia democratica del nostro Paese.
Attualità
Tricase: auto in fiamme nella notte
Ford C Max completamente distrutta in via Pantaleo Carabellese poco prima delle due di notte

Un’auto completamente distrutta dalle fiamme in piena notte.
È avvenuto in via Pantaleo Carabellese introno all’1,50.
Divorata dalle fiamme una Ford C-Max di un uomo del posto, parcheggiata in quella via.
Sul posto sono intervenuti Vigili del Fuoco del locale distaccamento che hanno provveduto a spegnere le fiamme dopo aver circoscritto l’incendio per evitare che le fiamme intaccassero altre auto o le abitazioni vicine.
Su quanto avvenuto indagano i Carabinieri della locale stazione.
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Attualità
I Giardini della Legalità tra Maglie e Otranto
Collaborazione tra la Guardia di Finanza e l’Istituto Agrario “Egidio Lanoce”. Le Fiamme Gialle hanno consegnato alla scuola circa 300 piante, tra agrumi ed ornamentali, sequestrate nel corso di un’attività finalizzata al contrasto dell’abusivismo commerciale

Presso la sede dell’Istituto Istruzione Secondaria Superiore “Egidio Lanoce” di Maglie, è stata sottoscritta la stipula di un “Percorso per le Competenze Trasversali e l’Orientamento – PCTO” denominato “I Giardini della Legalità“.
Un percorso formativo che si propone di coinvolgere gli studenti in attività pratiche di giardinaggio all’interno degli spazi adibiti a verde pubblico della caserma della Compagnia della Guardia di Finanza di Otranto.
Un’occasione di conoscenza e di arricchimento reciproco tra gli studenti ed i militari delle Fiamme Gialle, finalizzata a diffondere la cultura della legalità tra le giovani generazioni.
Il progetto, in linea tra l’altro con i dettami del protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero dell’Istruzione e del Merito e la Guardia di Finanza, in materia di “educazione alla legalità e prevenzione dell’evasione fiscale e delle violazioni finanziarie“, ha visto la partecipazione del dirigente scolastico Giovanni Casarano e del Comandante della Compagnia di Otranto, Cap. Luca Vincenzoni.
Si sono confrontati con gli studenti sul tema della legalità economico finanziaria e sui principali rischi che si celano dietro alle più diffuse condotte illecite.
Al termine dell’incontro la Guardia di Finanza ha consegnato all’istituto scolastico circa 300 piante (tra agrumi ed ornamentali), sottoposte a sequestro amministrativo nel corso di un’ordinaria attività istituzionale finalizzata al contrasto dell’abusivismo commerciale, utili per incentivare le attività didattiche degli scolari, offrendo agli stessi la possibilità di percepire in maniera tangibile il frutto del lavoro svolto dai finanzieri a tutela della legalità economica.
La giornata testimonia l’impegno della Guardia di Finanza non solo nel reprimere le condotte illecite che impediscono il corretto funzionamento del mercato ma anche nello svolgere una costante attività di prevenzione, fornendo alle giovani generazioni gli strumenti per diventare parte attiva di un meccanismo virtuoso a salvaguardia dell’economia sana.
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