Attualità
Indipendenza alimentare ieri. E oggi?

riceviamo e pubblichiamo, di Salvatore Brigante
Raggiungere l’indipendenza alimentare è un obiettivo che tutti da sempre si pongono, ma ci sono tanti elementi che lo ostacolano. Spesso si creano in modo spontaneo delle isole felici che riescono in un modo quasi naturale ad arrivare a questo traguardo.
Qualsiasi tipo di indipendenza sappiamo che non è ben vista dai poteri forti, tipo le multinazionali e industrie agroalimentari che boicottano le piccole realtà e la piccola economia per meri vantaggi di pochi. Per esempio con l’appropriarsi dell’esclusiva dei semi a volte appartenenti a piccole entità, in modo scorretto, o sostituendoli con nuovi semi ibridi nati in laboratorio.
Ma lasciamo la parte tecnica a quelli che ci lavorano e manipolano il tutto al soldo delle multinazionali e a quelli che sulla carta dovrebbero risolvere i problemi ma guardano soprattutto a come incrementare ricchezza a chi già la ha.
Un diritto di qualsiasi essere è vivere bene e sano a lungo godendo in modo semplice e spontaneo di quello che il pianeta ci mette generosamente a disposizione. Tra i bisogni primari c’è il cibo, un luogo dove vivere bene e socializzare in modo sano. Oggi il cibo viene sopperito con facilità in qualsiasi stagione sugli scaffali dei supermercati che gonfiano in maniera smisurata le casse già piene di gente dai poteri forti mondiali. Ma questo non può far tornare i sapori di una volta, di un’arancia che ti schizza negli occhi e nelle narici e ti entra nell’anima, o il sapore e il profumo del pane fresco sfornato da poco, o di pomodori di macisa su una frisa con olio d’oliva o salsa essiccata al sole, accompagnata da un bicchiere de mieru.
Amo spesso parlare di scorci di vita vissuti, anche di obiettivi raggiunti, a volte inconsapevolmente o per bisogno. Mi piace ricordare un tempo, verso la fine degli anni ’60 o inizio ’70, periodo in cui vivevo con i nonni a Caprarica di Tricase dove il tempo sembrava essersi fermato. I miei nonni, nati nell’800, mi parlavano di genti, guerre mondiali, faide, amori, di un altro modo di vivere e regolare l’economia. La fame dopo la seconda guerra mondiale era una piaga. Il piano Marshall non fu sufficiente a far ripartire l’economia, specie al sud che come sempre si dovette arrangiare o improvvisare. Quindi le famiglie, che erano numerose, si attrezzarono, con acume e lungimiranza, per avere un tetto e un fabbisogno alimentare, coltivando i terreni in base alle loro caratteristiche.
Nel caso dei miei nonni materni, loro producevano grano, frutta, verdura abbondante, legumi, carni di colombi e conigli, etc. Spesso si barattava il cibo in eccedenza con vino o altri alimenti. Le famiglie erano numerose, delle piccole comunità, e i figli venivano al mondo a volte con cadenza annuale e spesso erano manodopera per l’economia familiare, un costo alto per loro. In questo modo molte famiglie si avvicinarono all’indipendenza alimentare in quanto, avendo vissuto i travagli delle guerre mondiali, si premuravano ad avere cibo a disposizione.
Mi ricordo che dire “ho fame” era qualcosa che a molti non piaceva ascoltare perché ricordava il periodo della guerra. Spesso a cadenza mensile o quindicinale ci si alzava presto per fare il pane, un evento a cui tutta la famiglia partecipava fino al trasporto al forno vicino, dove veniva cotto. Ero io l’addetto a salire sul granaio, ben nascosto tra le mura spesse, ad un’altezza di minimo due metri. Mi sollevavano da terra, avevo le vertigini e anche un po’ di paura ma quando entravo nel granaio, il profumo del grano mi invadeva di tante sensazioni e già pensavo allu ’ndoru che usciva dal forno, al pane croccante, ai biscotti, alle frise.
Accanto, in una muraglia, c’era ‘u cammarinu, un deposito con contenitori di terracotta pieni di fichi secchi a volte con dentro mandorle e noci, ’na poscia de fiche si usava dire allora scherzando, come se non valessero niente, invece ci davano tanta energia e forza per i nostri giochi e lavori. C’era il vino e l’olio, l’oro verde. Quasi tutti i pomeriggi si andava a raccogliere l’erba per i conigli, spesso ricevevo in compenso un gelato comprato al bar di zio Cosimo, costava cinque lire. Le macchine, nel sud del sud, non erano ancora numerose. C’era la Topolino, le Balilla e dopo le Fiat 500, qualche 850, qualche 1100 Fiat. Noi piccoli facevamo collezione dei numeri delle targhe, le scrivevamo su dei fogli, era uno dei nostri giochi preferiti. Quando la targa era irriconoscibile la chiamavamo streusa.
Ancora esisteva un mondo medioevale e nei borghi le persone venivano identificate, oltre che con soprannomi, con i mezzi di locomozione che usavano: “chiro cullu sciarabbà” o “chiru cullu traìnu” o “chiru culla sciarretta” o “chiru cullu cavaddu stallone”. Sfrecciavano per le vie del paese veloci, con lo sguardo fiero: “hop hop hop… ah ah ah…” sempre con lo scudiscio che sibilava nell’aria mentre trasportavano le merci. Lo sterco dei cavalli veniva raccolto dagli addetti e utilizzato per concimare le campagne pietrose che davano cibo ricco di sapori dalle caratteristiche organoelettriche uniche, come unici sono i sapori e i venti del sud impregnati di salsedine.
In molti siamo andati via, lasciando le nostre terre, forse sperando in un avvenire migliore. Lo abbiamo trovato? O forse abbiamo lasciato quello che tutti adesso stanno cercando ma non lo sapevamo? Un mondo fiabesco con il piacere delle rinunce, un mondo unico che la trasformazione del pianeta ci ha regalato, forse abbiamo cercato altrove la ricchezza che già avevamo. Forse è troppo tardi per ricominciare.
Attualità
Riqualificazione a Depressa, il Comune: “Invitiamo agli allacci prima dei lavori”
La nota indirizzata ai proprietari di immobili che insistono sulle strade interessate: “Richieste postume subiranno aggravio dei costi”

Sono in arrivo i lavori di riqualificazione nel centro storico di Depressa, nello specifico su via Brenta e via Fiume.
Il comune invita i proprietari di immobili che insistono sulle strade interessate a procedere all’allaccio alle pubbliche utenze prima del rifacimento della pavimentazione pubblica.
La nota redatta dal sindaco Antonio De Donno: “L’Amministrazione Comunale informa la cittadinanza che, con delibera n. 284 del 05/12/2024, è stato approvato il progetto per i lavori di manutenzione straordinaria finalizzati al rifacimento dei marciapiedi e alla realizzazione del basolato su Via Brenta, nella frazione di Depressa. L’intervento, attualmente in fase di affidamento, interesserà le aree indicate nella planimetria allegata. Per garantire la corretta esecuzione dell’opera e evitare future manomissioni della nuova pavimentazione, si invitano i proprietari degli immobili affacciati su Via Brenta e Via Fiume a presentare, entro 30 giorni dalla data del presente avviso, eventuali domande di allaccio alle reti cittadine (acqua, fogna, gas, luce, telefonia, ecc.).
Le richieste dovranno essere comunicate all’Ufficio Tecnico Comunale: mediante nota protocollata oppure via e-mail a: protocollo.comune.tricase@pec.rupar.puglia.it.
Attenzione: eventuali manomissioni successive al completamento dei lavori comporteranno un significativo aumento dei costi di allaccio a carico dei richiedenti”.
Attualità
L’altra Galatina: “Il sindaco crea alibi per nascondere fallimenti”
Al giro di boa, l’intervista alla consigliera di minoranza Loredana Tundo: “Molte feste, poco bene comune”

Mentre due Comuni della nostra provincia si preparano ad un maggio alle urne (Corsano e Taviano), altre esperienze amministrative sono invece a metà percorso. È il caso di Galatina. Alla guida della Città c’è il sindaco Fabio Vergine, che abbiamo avuto il piacere di ospitare sulle nostre colonne per approfondire l’operato della maggiornaza. Per il giro di boa, abbiamo invece incontrato la consigliera di minoranza Loredana Tundo, per fare il punto su questi 30 mesi dalla sua prospettiva.
Come vede la Città due anni e mezzo dopo le urne?
“Osservando l’attuale amministrazione dall’opposizione, devo dire che di tutta la programmazione annunciata ho visto ben poco: progetti bloccati, risorse restituite, varianti ai progetti già finanziati che hanno probabilmente rallentato la loro realizzazione, molte feste, ma poco per il bene comune. Ho fatto parte dell’amministrazione Amante dal 2017 al 2022, con deleghe ai lavori pubblici, urbanistica e pari opportunità. Conosco bene ciò che abbiamo lasciato in eredità e sono convinta che, se fosse stato portato avanti con continuità, avrebbe già dato molto alla Città. Parlo in particolare di rigenerazione urbana (i lavori relativi ai finanziamenti ottenuti sono o bloccati o procedono a rilento); mitigazione del rischio idrogeologico (finanziamenti fermi); restauro della Torre dell’Orologio (progetto bloccato da due anni con impalcatura deteriorata); Quartiere fieristico (in stato di abbandono); finanziamenti rifiutati (3 milioni di euro per l’eliminazione di tre passaggi a livello); edilizia scolastica (solo l’Istituto di via Corigliano completato). La mancanza di continuità amministrativa ha penalizzato fortemente Galatina. Nel complesso, non posso assolutamente dirmi soddisfatta da un’amministrazione che accusava la nostra di aver svolto il compitino (ricordo a tutti che quando iniziamo ad amministrare eravamo sull’orlo del fallimento e abbiamo lasciato una città con i conti in ordine), mentre non riesce neanche a svolgere i più semplici compiti che ha ricevuto in eredità”.
Intanto con nomi importanti (da Nek per la festa patronale a McDonald’s che sbarca in provincia) e 20 milioni di euro di finanziamenti (di cui 2,2 per la nuova Fiera) la maggioranza vede una Galatina al top della sua attrattività.
“Gli ospiti di rilievo per le feste patronali non sono una novità. L’organizzazione di eventi è certamente positiva, ma non può essere considerata un indicatore esclusivo dell’attrattività della città. Per quanto riguarda il McDonald’s si tratta di un insediamento commerciale come tanti altri. Ben venga se l’azienda decide di investire nel nostro territorio, ma non lo avrei presentato come un grande successo amministrativo. L’entusiasmo mostrato dal Sindaco e dall’Assessore sembra più orientato a lanciare messaggi che vanno oltre il semplice insediamento commerciale.
Il Sindaco ha parlato di 20 milioni di euro di finanziamenti durante un consiglio comunale, ma è necessario fare chiarezza su cosa realmente sia stato ottenuto: 6 milioni di euro per la condotta idrica (opera direttamente realizzata da Acquedotto Pugliese); 7 milioni per l’abbattimento dei passaggi a livello (nella prima ipotesi erano disponibili 12 milioni ai quali l’Amministrazione ha rinunciato con proprio atto: il saldo è negativo); 2,2 milioni per la nuova Fiera (fondi prelevati direttamente dalle casse comunali)”.
Recentemente, alla presenza di Paolo Mieli, è stata riaperta la biblioteca “Pietro Siciliani”, ed in questi giorni è arrivato l’annuncio della candidatura di “Galatina Capitale della Cultura”. È la strada giusta in ambito culturale?
“Quale impatto concreto ha avuto questo evento rispetto ai 500 volumi acquistati? È questa la domanda. La riqualificazione della biblioteca è stata resa possibile grazie al primo finanziamento ottenuto dalla nostra amministrazione. Galatina possiede un patrimonio culturale straordinario che meriterebbe di essere valorizzato pienamente. La candidatura a “Capitale Italiana della Cultura” potrebbe rappresentare una strada giusta per rafforzare l’identità culturale e attrarre nuove opportunità. Tuttavia, mi sembra che manchi una visione chiara e un percorso ben definito per raggiungere questo obiettivo”.
Riverbera spesso il tema del rapporto con le frazioni, i cui cittadini qualcuno sostiene siano considerati di Serie B. Se ne è riparlato in seguito alla temporanea chiusura degli uffici comunali di Noha e Collemeto. Qual è il suo punto di vista a riguardo?
“È evidente che i presidi nelle frazioni sono fondamentali e che i servizi comunali devono essere erogati direttamente ai cittadini per garantire una vera prossimità. Tuttavia, la chiusura di questi uffici contraddice questo principio.
Inoltre, Collemeto ha subito anche la perdita del medico di base, ma su questo tema non abbiamo sentito alcuna dichiarazione da parte del Sindaco, se non dopo le nostre sollecitazioni. Le recenti riaperture degli uffici comunali a partire dal 14 aprile 2025 sono un passo positivo, ma è fondamentale che ci sia un piano strutturato”.
Di recente ha pubblicamente incalzato il sindaco sulla visita, condita da critiche, di Paolo Pagliaro all’ospedale “Santa Caterina Novella”. Lo giudica uno scivolone del consigliere regionale o un corto circuito politico?
“La vedo come una strumentalizzazione della sanità per fini elettorali. Pagliaro si presenta con le sue telecamere non per affrontare realmente i problemi, ma per mettersi in evidenza. Questo comportamento riflette un corto circuito politico, poiché il Sindaco ha scelto di ignorare la situazione, sperando che passasse inosservata. E non è la prima volta, perché lo ha fatto già all’inizio della sua amministrazione: dare la presidenza della Commissione Sanità ad un altro consigliere significa non assumersi la responsabilità del risultato che la sua amministrazione sarà in grado di ottenere. Questo modo di fare mi sembra simbolico di un primo cittadino che è in prima fila quando si tratta di eventi, ma è defilato quando si tratta di prendere posizioni politiche. A proposito di Pagliaro, dove sarà il sindaco Vergine alle elezioni regionali? Qual è la sua posizione?”
Si parla molto in paese dell’aumento delle tariffe cimiteriali. A 12 anni dall’ultimo intervento, l’adeguamento è fisiologico?
“L’aumento delle tariffe cimiteriali, che raggiunge l’80%, non può essere considerato fisiologico, soprattutto senza una chiara spiegazione dei motivi nella delibera. È importante sottolineare che nella documentazione ufficiale sembra mancare il paragrafo dedicato alle motivazioni. La situazione è aggravata dal problema dell’ampliamento dell’area cimiteriale. Attualmente, molte salme sono in attesa di tumulazione poiché i loculi disponibili sono esauriti”.
Vergine afferma che alle sue spalle si tifi per una Galatina perdente. È la verità?
“Assolutamente no! E’ un alibi creato dal Sindaco per giustificare i suoi fallimenti. Io amo profondamente la mia Città e le sue frazioni; il mio attaccamento è viscerale. La vittoria di Galatina deve essere l’obiettivo comune di tutti noi”.
Quali sono gli aspetti trascurati da questa amministrazione su cui lei lavorerebbe se oggi fosse prima cittadina?
“Mi concentrerei su diversi aspetti trascurati dall’attuale amministrazione, in particolare sul tema del lavoro. Un progetto che porterei avanti è quello di sviluppare un hub ITS Academy. Inoltre, migliorerei le infrastrutture a supporto delle aziende locali. Investire in strade, trasporti e servizi è cruciale per stimolare l’economia e attrarre nuovi investimenti. Ma in ogni caso, se parliamo di tematiche trascurate dall’attuale amministrazione, temo che non mi basterebbe tutto il suo giornale per risponderle”.
Attualità
Tricase torna al centro del Mediterraneo
A dieci anni dall’inaugurazione dell’avamposto del “Centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei”, Tricase Porto recupera il suo storico ruolo di ponte tra culture e di luogo d’incontro tra popoli lavorando allo sviluppo sostenibile

di Lorenzo Zito
Tre bandiere che sventolano alte tra le correnti del Canale d’Otranto, un avamposto affacciato sul mare ed un acronimo importante. Siamo a Tricase Porto, il luogo scelto dal CIHEAM Bari quale posto ideale per declinare in modo concreto la sua missione: promuovere la cooperazione e lo sviluppo sostenibile (con un orizzonte che in principio era sui territori costieri e rurali del Mediterraneo e che oggi va ben oltre).
Parliamo del Centro internazionale di alti studi agronomici Mediterranei, organizzazione intergovernativa composta da 13 stati membri (oltre all’Italia, ne fanno parte Albania, Algeria, Egitto, Spagna, Francia, Grecia, Libano, Malta, Marocco, Portogallo, Tunisia e Turchia), con sede centrale a Parigi (l’acronimo va interpretato proprio in lingua francese).
L’esperienza di Tricase Porto viene avviata già nel 2006, quando tra CIHEAM Bari e la locale Associazione Magna Grecia Mare iniziano dialogo e collaborazione sugli obiettivi da ciascuna perseguiti, con l’orizzonte di portare anche oltre confine la visione e l’esperienza di Magna Grecia Mare, già condivisa con e dalla Città di Tricase.
È il 2015, invece, quando viene inaugurato il primo nucleo della sede di Tricase del CIHEAM Bari, grazie alla ristrutturazione e rifunzionalizzazione di alcuni immobili concessi dal Comune di Tricase in comodato.
I dieci anni trascorsi dal giorno in cui è stata (simbolicamente) piantata questa bandierina che, attraverso il mare, guarda al mondo, ci offrono una prospettiva che racconta come, nel lavorare ai macro-obiettivi dell’organizzazione, questo presidio stia recuperando uno dei più grandi valori storici di questo lembo di terra: la sua centralità nel Mediterraneo.
LA PERIFERIA CHE DIVENTA CENTRO
La scelta di Tricase (in qualità di sede operativa del CIHEAM Bari) non è casuale, né frutto di una semplice opportunità logistica. Al contrario, è una scelta strategica e profondamente radicata nella storia, nella cultura e nella visione del Mediterraneo come spazio di incontro e cooperazione tra popoli e territori.
Tricase, con il suo porto e la sua comunità, incarna perfettamente il concetto di “periferia che diventa centro”. Una cittadina che, pur trovandosi al confine sud-orientale d’Italia, si proietta al centro del Mediterraneo, diventando un ponte naturale tra Nord e Sud, tra Europa, Balcani, Nord Africa e Medio Oriente.
Da sempre, in verità, Tricase Porto rappresenta un punto di snodo tra mare e terra, tra Oriente e Occidente, tra tradizione e innovazione. La sua storia millenaria di approdo di genti, saperi e commerci ne ha fatto uno dei cuori pulsanti della cultura marinara del Salento. Qui il mare non è mai stato solo confine o barriera, ma strada di comunicazione e di scambio, fonte di vita, lavoro e cultura.
SINERGIE LOCALI
In questo contesto, fatto non solo di territorialità e storicità ma anche di preziose sinergie, il CIHEAM Bari ha trovato il quadro ideale per sviluppare una delle sue missioni più importanti: la crescita sostenibile delle comunità costiere attraverso la cooperazione internazionale. Un’area, questa, che ha saputo conservare e rinnovare la propria memoria marinaresca, grazie anche all’impegno dell’Associazione Magna Grecia Mare, una locale realtà culturale no profit impegnata nella valorizzazione dei patrimoni territoriali costieri mediterranei. Partendo dal porto di Tricase, dal 2003 l’associazione si occupa della salvaguardia e della diffusione della marineria tradizionale da lavoro e della pratica di mare e delle sue documentate e tradizionali interazioni con l’entroterra, tipiche di una penisola proiettata in “un mare tra le terre”. Il lavoro paziente e appassionato dei suoi associati ha svolto un ruolo fondamentale nel recuperare e valorizzare la cultura del mare di Tricase e del Capo di Leuca: attraverso il restauro di antiche imbarcazioni in legno, la trasmissione dei saperi dei maestri d’ascia e l’organizzazione di eventi e laboratori dedicati alla tradizione marinara, Magna Grecia Mare ha riacceso l’orgoglio e il senso di appartenenza della comunità locale verso la propria identità marinara.
C’è poi il Comune di Tricase che, già coinvolto nell’iniziativa, con attenzione costante e attraverso proficua collaborazione, ha contribuito fortemente alla realizzazione di questo percorso, riconoscendo il valore strategico della cultura del mare per il rilancio economico, sociale e culturale del territorio. L’amministrazione comunale ha sostenuto nel tempo azioni e progetti mirati a trasformare il porto in uno spazio pubblico condiviso, un vero Porto Museo (riconosciuto di interesse regionale), luogo di memoria ma anche di innovazione e progettazione del futuro senza dimenticare il passato.
LABORATORIO DI SVILUPPO COSTIERO
Se il terreno è fertile, i germogli sono tanti. La presenza del CIHEAM Bari a Tricase ha contribuito innanzitutto a rafforzare un concetto innovativo: quello di “comunità costiere”. Non più semplici località di mare o territori da valorizzare solo per il turismo, ma comunità vive e complesse, fatte di persone, mestieri, tradizioni e nuove sfide da affrontare insieme.
Le comunità costiere sono oggi in prima linea di fronte ai cambiamenti climatici, alla crisi della pesca artigianale, alla necessità di proteggere la biodiversità marina e costiera, alla gestione sostenibile delle risorse. La sede di Tricase del CIHEAM Bari ha lavorato e lavora proprio al rafforzamento di queste comunità, promuovendo la formazione dei giovani, la valorizzazione delle competenze tradizionali, l’innovazione nei settori legati tanto al mare quanto alla terra e la cooperazione tra territori che condividono gli stessi bisogni e le stesse opportunità.
Tricase è diventata così un laboratorio di sviluppo costiero sostenibile, un luogo dove si sperimentano nuove strategie per valorizzare la cultura del mare e trasformarla in opportunità di crescita e benessere per la popolazione.
DIMENSIONE LOCALE E VISIONE INTERNAZIONALE
È così che, nel cuore del Salento, si è creata una vera e propria piattaforma per il dialogo tra comunità costiere di Paesi diversi, che condividono sfide comuni e cercano insieme soluzioni per uno sviluppo sostenibile, rispettoso delle identità culturali e delle tradizioni. Non a caso, numerose e continue sono le visite di rappresentati di importanti enti ed istituzioni internazionali o, ancora, di portavoce di diversi Paesi del mondo. Ospiti che si recano alle pendici della scogliera tricasina per raggiungere questo avamposto che, attraverso monitoraggio e ricerca scientifica, corsi di alta formazione sullo “Sviluppo Sostenibile delle Comunità Costiere”, laboratori di comunità ed una lunga serie di buone pratiche ed attività orientate alla cooperazione internazionale ed allo sviluppo sostenibile, è diventato un luogo dove la dimensione locale incontra la visione internazionale. Un posto in cui la piccola scala diventa spazio di sperimentazione di modelli replicabili su scala più ampia.
Da Tricase partono progetti di cooperazione che parlano a tutte le comunità costiere del Mediterraneo e del mondo, valorizzando il capitale umano, sociale ed economico delle persone che vivono e lavorano sul mare. Tricase, con la Terra d’Otranto tutta, oggi come un tempo si fa ponte tra culture, luogo di transito e di incontro tra civiltà, snodo di crescita del Mare Nostrum.
È un viaggio verso un futuro diverso che passa attraverso il recupero di una centralità che appartiene al passato. Se sapremo comprenderne il valore, potremo esserne partecipi tutti.
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