Attualità
Insegniamogli ad essere social
La nostra inchiesta: anche in Puglia un Patentino per lo smartphone nella scuola media? La scuola può educare i ragazzi a difendersi dalle insidie ed a sapersi comportare sul web. Parola all’assessore regionale Sebastiano Leo ed ai dirigenti scolastici
L’Assessore Sebastiano Leo
Cyberbullismo, autolesionismo, istigazione al suicidio, revenge porn, ecc. sono temi legati a smartphone e social e con i quali dobbiamo ormai convivere. Non sarebbe opportuno aprire una nuova era anche nelle scuole pugliesi?
«Da qualche anno si sta verificando un fenomeno inquietante che coinvolge circa 44mila ragazzi in Italia, definiti Hikikomori, e molti altri rischiano di diventarlo.
Stiamo parlando di un fenomeno che porta i ragazzi a ritirarsi nelle loro stanze e a vivere solo relazioni virtuali. È evidente che quello che è stato fino ad ora non è più. Voglio dire che, a partire da un po’ prima del covid, la fascia più giovane della popolazione ha avviato una mutazione, una nuova era che si confronta con altri meccanismi, con altre realtà e noi non possiamo ignorarle. Se da un lato il mondo virtuale include importanti potenzialità, dall’altro dobbiamo fare i conti con conseguenze meno piacevoli e molto preoccupanti, come il cyberbullismo, il revenge porn, che sono una riproduzione tra i più piccoli, del mondo degli adulti.
Lasciamo forse troppo spesso che i nostri figli vivano dentro il mondo dei social, dimenticandoci che non è come in passato, quando si lasciavano giocare per strada, con confini ben definiti e il controllo di vicinato, di una società educante che esisteva, mentre oggi è chiusa nelle sue case. Sul web non c’è definizione degli spazi né controllo. Per questa ragione e poiché non si può pensare di tornare indietro, bisogna imparare a convivere con questa nuova realtà. A saperla affrontare e districarsi nei suoi pericoli. La scuola non più essere più quella del banco e lavagna con il gessetto. Ne abbiamo avuto prova concreta durante il covid e quel momento storico particolare, avrebbe dovuto dettare un cambiamento totale. Ci siamo trovati sì capaci di riformulare, ma un po’ impreparati di fronte alla tecnologia. Oggi, però, questa transizione non è più procrastinabile, i nostri ragazzi sono “virtuali” e la scuola, la più importante istituzione perché determina quasi sempre la vita delle persone, non può restare un passo indietro. Siamo nell’era dell’uomo digitale, di una tecnologia che può aiutare anche nello studio e nella ricerca».
«Parliamo spesso di dispersione e abbandono scolastico, di giovani incapaci di provare interesse per il mondo esterno e per la scuola. I giovani oggi non guardano la tv, probabilmente non leggono neanche tanti libri, ma si informano e vivono in maniera diversa. Seguono altre forme di comunicazione e aggregazione, altre leadership, pensiamo alla nascita degli influencer. Sono dei cambiamenti importanti con cui dobbiamo fare i conti. Non mostrandoci ostili, condividiamo il cambiamento. È ovvio che noi non siamo nati digitali, ma non possiamo restare ancorati ad un’epoca passata. È per questa ragione che ritengo necessario imparare, tutti. Dai docenti alle famiglie, noi adulti prima ancora dei giovani, dovremmo imparare questo nuovo linguaggio, perché non si può pretendere di parlare coi ragazzi se, invece di capire, chiudiamo il dialogo. Mi viene in mente un film d’animazione per bambini, quello di una famiglia che grazie allo sprono della figlia esce dalla caverna ad affrontare il mondo esterno, ad accendere il fuoco, a incontrare infinite scoperte. Noi stiamo vivendo la stessa situazione. I più giovani hanno avuto il coraggio di spingersi oltre e noi li dobbiamo aiutare a non perdersi. Dobbiamo avere il coraggio di scoprire, capire, perché sicuramente abbiamo di fronte potenzialità infinite.
Non condivido le posizioni ostruzioniste che stanno proliferando. Al contrario, sono dell’opinione che si debba utilizzare questo strumento straordinario che è il web, con la tecnologia, i computer e gli smartphone che sono ormai parte di noi. Bisogna ribaltare l’aspetto negativo e imparare a dominare la rete. Seguire un nuovo filo d’Arianna che ci guidi nel labirinto virtuale, riportarci ai ragazzi esattamente come si faceva un tempo per i pericoli reali. Se prima si ammonivano i bambini a non seguire gli sconosciuti incontrati per strada, oggi bisogna insegnare a non credere agli sconosciuti incontrati sul web. Potrebbe esserci un nuovo “illuminismo” tecnologico, e si può più restare impantanati nella paura di affrontarlo. La scuola è il primo luogo di confronto e deve necessariamente essere anche il luogo in cui si cresce».
In Piemonte, Lombardia ed altre regioni del nord hanno già avviato, per gli adolescenti, delle apposite iniziative come la patente per smartphone dove oltre ad insegnare a difendersi dai pericoli della rete si educano i ragazzi al corretto utilizzo soprattutto dei social. Non sarebbe il caso fare lo stesso anche in Puglia?
«In Puglia esistano da tempo azioni che vanno in questa direzione. La Regione Puglia e il mondo della scuola hanno già avviato progetti di contrasto al cyber bullismo, di sostegno all’educazione tecnologica. Oltre a finanziare e sostenere progetti delle singole scuole che contrastano questi fenomeni o che educano all’uso del web, è anche stato stipulato un accordo tra Regione e Ufficio scolastico regionale tramite il quale si sostengono percorsi operativi di lavoro sul campo di formazione specifica per docenti o Team bullismo e che prevedano attività di sensibilizzazione e informazione dedicate a studenti e famiglie, l’Istituzione di sportelli di ascolto per la prevenzione e il contrasto del bullismo e cyberbullismo, per le Istituzioni scolastiche di ogni grado».
Si è mai discusso in Regione (o se sono in agenda) di appositi fondi per formare docenti prima ed alunni poi?
«A breve partirà, con un investimento di 40 milioni di euro un progetto innovativo:“Puglia Scuola Più” che, attraverso la ricerca applicata e quindi il coinvolgimento di esperti direttamente nelle scuole e nelle aule, non solo supporterà i docenti, ma affronterà anche tali problematiche con i ragazzi. È un progetto che intende superare le fragilità, aiutare i ragazzi ad affrontare la vita reale e virtuale, che aiuti ad esprimere le proprie potenzialità, a uscire da questa fase storica particolarmente profonda. Attraverso “Puglia Scuola Più” si intende creare una rete educante che coinvolga la scuola, le famiglie, la società. È un progetto che include quello che per noi è prioritario e cioè il patto con le famiglie. I nostri ragazzi sono i protagonisti di una rivoluzione importante e hanno bisogno di tutto il sostegno da parte delle istituzioni, delle famiglie, della società. Non basta solo parlare di loro. Ricordo spesso che, per far crescere un figlio, ci vuole una comunità».
Le domande ai dirigenti scolastici
<<Saper utilizzare lo smartphone>>
Ivano De Luca, dirigente scolastico I.c. di Andrano
(con sedi a Castiglione, Diso, Marittima e Spongano)
2. «Fortunatamente nella mia scuola non sono emersi episodi simili, ma il problema è ciò che accade al di fuori della scuola, che poi si riversa nelle aule. Qualora dovessero emergere episodi all’interno del mio Istituto, interverrei a gamba tesa, dopo aver cercato di aprire le porte al ragionamento, alla comprensione e all’autovalutazione per quanto possibile. Stiamo lavorando tanto per prevenire: abbiamo dato alla luce tanti punti d’incontro e riflessione con psicologi ma la partecipazione delle famiglie è ridotta al minimo ed è davvero svilente».
3. «Ogni qualvolta entro in una scuola, prima da docente ora da Dirigente, una delle prime iniziative è quella di far conseguire ai ragazzi una certificazione informatica sulle competenze di base, in cui sono presenti moduli legati alla sicurezza personale e digitale. Anche qui il territorio non aiuta: il corso sul digitale ha avuto pochi iscritti, a conferma che ancora, dal punto di vista delle famiglie, vige la consapevolezza che un dispositivo così minuscolo sia innocuo, quando, in realtà, è potenzialmente un’arma di distruzione di massa. La formazione deve essere fatta, ma come può un ragazzo reputarla importante se non è mai stato sensibilizzato sul tema?».
4. «I miei ragazzi lo devono tenere sempre spento (solo quelli delle secondarie). Lo abbiamo lasciato utilizzare per alcuni esperimenti o concorsi, ma stiamo pensando di dar vita alle gite senza smartphone. La gita è un momento importantissimo per la socializzazione, la scoperta e l’interesse verso le mete didattiche. Avere lo smartphone devia tutto verso quello schermo creando isolamento, e atti stupidi: spero che, almeno su questo, le famiglie non ribattano con la scusa di dover avere informazioni h24 sul proprio figlio in gita. Per il futuro vorrei davvero che lo smartphone potesse entrare nelle aule in modalità “innocente” ma la strada da fare è lunga e i social non aiutano».
«Prevenire tramite informazione e formazione»
dirigente scolastica I.c. Presicce-Acquarica
Ritengo assolutamente necessario prevenire tramite l’informazione e la formazione, tuttavia credo poco nell’efficacia di un patentino digitale. La norma in Italia è già chiara e vieta l’uso dei social ai minori di 13 anni. Quest’anno l’ho ricordato con una comunicazione ai miei studenti e alle famiglie cui, soprattutto, ho chiesto di vigilare attentamente sulla vita digitale dei ragazzi. Inutile far finta che non sia così: usano gli smartphone e vivono la rete. Questi i tempi. I loro tempi. Bisogna accompagnarli al ritorno nella dimensione reale, aiutarli a recuperare l’empatia per poter comprendere gli effetti delle proprie azioni e delle proprie parole sugli altri, ma anche su se stessi. Educare la persona a vivere con gli altri. Una persona educata a vivere con gli altri, nel rispetto delle diversità, saprà necessariamente vivere bene anche la dimensione digitale».
«Indispensabile alleanza educativa con le famiglie»
2. «In passato si sono verificati sporadici episodi rispetto ai quali la scuola ha preferito agire, più che sul piano disciplinare, sul versante della formazione (utilizzando le risorse del PON) e della sensibilizzazione, promuovendo nelle classi (in collaborazione con le amministrazioni locali, l’Ambito Territoriale Sociale e la Polizia Postale) interventi di esperti sulle tematiche della prevenzione del cyberbullismo e sull’uso corretto dei social network, per informare i giovani e i loro genitori circa le corrette modalità di utilizzo dei social e sui rischi connessi ad un uso non consapevole degli stessi».
3. «È sicuramente meritevole di attenzione ogni iniziativa utile per la promozione di una corretta alfabetizzazione digitale, affinché i nostri ragazzi possano confrontarsi con le tecnologie digitali non come semplici fruitori passivi, ma consapevoli del “codice” che governa una parte sempre più rilevante del mondo che li circonda.
Ciò si realizza in primo luogo rafforzando le competenze relative alla comprensione e alla produzione di contenuti all’interno dell’universo digitale, sviluppando la capacità di ricercare e valutare informazioni in termini di attendibilità, completezza e qualità delle fonti. Occorre, inoltre, dare loro gli strumenti per una piena consapevolezza delle implicazioni delle proprie interazioni sulla rete per promuovere l’educazione ad un uso positivo e consapevole dei media, con particolare attenzione al rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, ai temi dell’identità e della privacy. Tutto questo però non basta: occorre andar oltre, coinvolgendo le famiglie per far sì che dalla logica della “delega educativa” si passi ad una vera e concreta “alleanza educativa” attraverso una condivisione di responsabilità per il conseguimento di un comune, supremo obiettivo, quale il benessere dei nostri figli e la loro crescita armonica.
Su questo versante la nostra scuola si è attivata nel 2019 con un convegno sul tema “i minori e i rischi della rete”, con l’intervento di psicologi, pedagogisti e forze dell’ordine, per sensibilizzare la comunità sui rischi legati all’uso di social da parte dei minori e fornire indicazioni per un uso responsabile e consapevole degli strumenti di connessione globale, analizzando le problematiche connesse dal punto di vista pedagogico, psicopatologico e giuridico. A breve, dopo la pausa imposta dal Covid, riprenderemo l’azione rivolta ai genitori con un convegno su un’altra questione molto delicata, lo sharenting ossia la condivisione sui social di immagini di minori».
4. «All’ingresso a scuola non viene effettuato nessun controllo sui telefonini e non ne viene richiesta la consegna, anche perché ciò comporterebbe tutta una serie di problematiche connesse alla loro custodia. Ad ogni inizio di anno scolastico viene diramata, ai genitori e agli alunni, una circolare in cui viene disposto il divieto di utilizzare lo smartphone nei locali scolastici, evidenziando i rischi e le responsabilità connesse ad un uso non corretto. Riteniamo di mantenere anche per il futuro la stessa linea preferendo agire sul versante della consapevolezza e della condivisione di intenti, piuttosto che su quello della repressione».
«Prevenzione, educazione e rispetto degli altri»
(con sedi anche a Lucugnano)
2. «Nell’arco di età degli utenti degli istituti comprensivi c’è la “conquista” del primo telefonino e dell’inserimento nelle prime chat. La famiglia e la scuola devono subito educare all’uso corretto di tali strumenti. I ragazzi prima o poi entreranno a far parte di questa realtà ed è compito degli adulti aiutarli, dando loro delle regole chiare, che vanno rispettate sia in famiglia che a scuola».
3. «Le parole chiave ovviamente sono “prevenzione” ed “educazione”. Gli interventi per il corretto uso dei social che noi prevediamo anche nella scuola primaria, sui più grandicelli, diventano di educazione e prevenzione contro la dipendenza patologica. Il progetto “Epicentro di pace” (condotto dal dott. Giovanni Scarascia) degli anni scorsi, gli interventi da parte di alcuni membri del Rotary Club di Tricase e il “Progetto di prevenzione ai rischi dei social network”, creano spazi di aggregazione e socializzazione, promuovendo alternative alla rabbia e al cinismo: educazione emotiva, percorsi di educazione al rispetto dell’altro e contro la violenza di genere. Anche attività di socializzazione, come sport, il teatro, diventano spazi protetti di aggregazione. Sono azioni che si sta cercando, in autonomia, di istituzionalizzare».
4. «Da regolamento di Istituto il telefonino che, eventualmente, i ragazzi più grandi portano a scuola, lo devono riporre spento nella sacca (ricordo che sono alunni che hanno l’autorizzazione dei genitori all’uscita autonoma dalla scuola per il ritorno a casa).
Sono delle regole da rispettare e le mancanze vanno sanzionate.
La sanzione assume una funzione educativa, ha valore formativo di acquisizione di comportamenti responsabili, di scelte “pensate” e non agite con impulsività».
«Ok la patente per smartphone, ma da sola non basta»
scolastica I.C. Polo 3 di Galatina
2. «La nostra scuola nonè avulsa dalla società e, in un processo osmotico continuo, risente degli effetti dei social, delle mode, delle nuove changelles e, in generale, del cattivo utilizzo dei social e della rete. Di tanto in tanto ci sono stati episodi riprovevoli (a dire il vero pochi) nelle classi, ma molti fuori dalla scuola con ripercussioni anche tra i banchi e conseguente allarme da parte delle famiglie e dei docenti a cui noi rispondiamo cercando di dipanare il caso, instaurando un dialogo con i ragazzi, anche con l’intervento della psicologa di Istituto. Nei prossimi giorni la psicologa incontrerà le famiglie della secondaria per discutere delle nuove “challenges”».
3. «Il nostro Regolamento di Istituto prevede l’utilizzo dei BYOD – siano essi gli smartphone dei ragazzi o un semplice tablet – anche per attività didattiche in classe perché è nostro obiettivo educare i ragazzi all’uso corretto dei dispositivi personali. Molti docenti già fanno utilizzare il dispositivo personale per verifiche scritte. I ragazzi conoscono le regole, possono accendere lo smartphone solo per l’attività da svolgere e, una volta finito, devono riporlo nel proprio zaino. Non siamo contrari ad una patente per smartphone che implichi una conoscenza più strutturata dei rischi/vantaggi, siamo convinti, però, che solo il dialogo quotidiano con i ragazzi e la conoscenza delle loro problematiche possa aiutarli a difendersi dai pericoli dei social e della rete in generale, apprezzandone i vantaggi. Ben venga una patente per smartphone ma da sola non basta. Servono progetti che mirano alla socializzazione, attività più incisive ed efficaci di peer-education, regole meglio definite per l’accesso ai social, a garanzia e difesa dei minori».
4. «I ragazzi non lasciano il cellulare all’ingresso ma sanno che il Regolamento di Istituto ne prescrive le corrette modalità di utilizzo e accettano i provvedimenti disciplinari nel caso dovessero trasgredire. Tutte le decisioni in merito all’utilizzo dei cellulari a scuola vengono assunte in seno agli Organi Collegiali – Collegio Docenti e Consiglio di Istituto – e deliberate a maggioranza».
«Famiglie spesso impreparate ad affrontare problema»
Maria Abbondanza Baglivo
dirigente scolastica I.c. di Taurisano
e reggente I.c. di Miggiano (con sedi anche a Montesano Salentino)
1.«La valutazione sulle modalità di utilizzo dello smarthphone in classe e delle sue ricadute sugli alunni è argomento complesso. Lo smarthphone si configura come strumento di apprendimento utile, se correttamente impiegato. Tuttavia, frequentemente, diventa elemento di distrazione e facilita le occasioni di mancanza di rispetto da parte degli studenti verso i docenti e verso i coetanei, soprattutto in considerazione dell’uso poco consapevole dei social».
2.«In aula e più in generale nelle scuole che dirigo non mi risulta vi siano stati episodi spiacevoli»
3.«In relazione al Progetto Patente Smartphone, avviato in alcune Regioni del Nord, credo sia un’iniziativa interessante, portatrice di utili consapevolezze, sia per gli alunni sia per le figure adulte di riferimento. Sarebbe, però, auspicabile che i corsi formativi sul tema non si configurassero come un ulteriore, ennesimo carico per i docenti e per l’istituzione scolastica in generale. Tanto in considerazione anche del fatto che le criticità maggiori derivano, con provata evidenza, molto frequentemente, da un lacunoso o del tutto assente apporto educativo delle famiglie, spesso impreparate rispetto all’entità del problema».
«Parliamo con loro»
1. «I temi posti in evidenza rappresentano, ognuno con le sue caratteristiche, una minaccia pervasiva per gli studenti delle scuole primarie e secondarie.
Questi comportamenti che conducono a isolamento e aggressività, possono avere gravi conseguenze per la salute mentale, sociale e fisica.
Penso che sia compito primario della scuola fornire educazione e informazione, fare prevenzione e intervenire su tutte queste problematiche che riguardano i ragazzi, per promuovere il loro benessere e diminuire il loro malessere.
È fondamentale parlare loro e con loro di queste problematiche svolgendo un profondo lavoro di sensibilizzazione.
L’azione della scuola deve, però, trovare sinergia con quella messa in atto dalla famiglia. Scuola e famiglia devono muoversi su un unico binario per provare ad arginare queste problematiche. Importantissima, poi, è la capacità di ascolto di insegnanti e genitori, ascolto che non deve mai mancare poichè, spesso, da poche parole spesso ritenute insignificanti, possono individuarsi e intravedersi strade pericolose.
Ritengo anche che la presenza fissa di uno psicologo all’interno delle scuole sia fondamentale.
La triade insegnanti-genitori-psicologo, a mio avviso, potrebbe sortire effetti migliori, necessari per i nostri ragazzi che, in fase di crescita, sono particolarmente vulnerabili».
2. «No, ad oggi non riscontro casi di questo tipo».
3. «Lo ritengo molto utile. Penso ad un’attività di questo tipo da porre in essere già entro la fine di questo anno scolastico cominciando con azioni di divulgazione e di conoscenza più approfondita delle tematiche inerenti i pericoli che sono nascosti dietro la rete, pericoli dei quali i ragazzi sono a conoscenza, ma che spesso sottovalutano. Già lo scorso anno scolastico, nell’ambito delle azioni di prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, abbiamo attivato dei percorsi di formazione su tali tematiche facendo vedere loro, in diretta, le problematiche legali cui si può andare incontro. L’intervento di avvocati e giudici hanno permesso ai ragazzi di assistere a delle simulazioni di processi in cui anche i minorenni possono diventare soggetti attivi. Proprio per non vanificare quanto già impostato, stiamo proseguendo in queste azioni di supporto e di riflessione con i nostri studenti».
4. «I ragazzi non lasciano il telefono all’ingresso. Sono invitati, anche attraverso un’azione di sensibilizzazione delle famiglie, a non portarlo a scuola.
Se dovessero portarlo, il telefono dovrà rimanere spento e riposto nello zaino. La normativa e il regolamento di Istituto sono fin troppo chiari in merito al loro utilizzo a scuola: educare al rispetto della normativa rappresenta l’azione migliore per un corretto utilizzo delle apparecchiature telefoniche. Educare, ovviamente, è molto più difficile che proibire, ma l’educazione ha dei risvolti positivi quando diviene parte metabolizzata del saper vivere di ogni studente».
«Patente anche ai genitori»
2.«Purtroppo si, il cattivo uso del telefono è soprattutto legato ai gruppi whatsapp attraverso i quali i ragazzi socializzano foto, commenti che hanno come bersaglio qualche compagno/a per fortuna non ancora sfociati, almeno spero, in episodi di cyberbullismo. Tutto questo avviene fuori dalla scuola, ma si ripercuote all’interno delle classi rendendone difficoltosa la gestione da parte dei docenti».
3.«Sicuramente è un’ottima iniziativa da adottare al più presto. Nella mia scuola ho affrontato il tema nell’ambito di diversi progetti, ma spesso sono momenti estemporanei che avrebbero bisogno di più tempo e risorse per sortire degli effetti.
Comunque, non vorrei essere monotona, ma la patente per smartphone sarebbe utilissima per i genitori visto che anche loro utilizzano in modo scorretto i social».
4. «Nella mia scuola vige da sempre un regolamento che impedisce agli alunni di portare lo smarthphone a scuola salvo esigenze particolari da documentare; le dirò di più, non facciamo portare il telefono neanche durante le uscite didattiche perché ci siamo resi conto che i ragazzi, non distratti dal loro dispositivo, sono più motivati alla relazione anche con i compagni delle altre classi e prestano più attenzione ai luoghi che vanno a visitare».
Attualità
Santa Caterina, strada intitolata al Giudice Sodo
L’amministrazione comunale ha deliberato l’intestazione di una strada della marina di Nardò al compianto “Pretore d’assalto”
L’amministrazione comunale ha deliberato l’intestazione di una strada di Nardò, precisamente nella marina di Santa Caterina, al compianto giudice Angelo Sodo.
L’iniziativa è stata proposta da Carlo de Bartolomeis, diciassettenne, studente del Liceo Scientifico Banzi di Lecce e nipote del giudice Angelo Sodo.
Il giudice Sodo è ricordato per quanto si spese in favore della comunità neretina e non solo, tutelando beni paesaggistici dalle speculazioni edilizie.
Pretore di Nardò per 42 anni, Consigliere di Cassazione, Presidente della Commissione Tributaria di II grado della Puglia, sez. di Lecce e docente universitario presso l’Università di Bari.
Per i tempi furono innovative le sue sentenze, come il sequestro dei volatili al di sopra del Parco Naturale di Porto Selvaggio affinché i bracconieri, se colti in flagranza di reato con la selvaggina, sarebbero stati punibili o arrestati per Legge.
Tante le altre sue sentenze conosciute, adottate negli anni a cavallo tra il 70 e il 90.
Inoltre, fu il “Pretore d’assalto” a preoccuparsi e a far porre il limite di velocità sulla strada che collega Nardò alle marine, teatro di numerosi incidenti mortali.
L’idea iniziale era, come di prassi, porre il limite di 50 km/h lungo il tratto di strada (attuale via Benedetto Leuzzi e Str. Santa Caterina) e, così, assieme al sindaco di Nardò di quegli anni, si recarono ad acquistare i paletti con sopra il limite di velocità.
Per sfortuna da un lato, ma per fortuna dal lato che riguarda la sicurezza stradale, il giudice Sodo ed il sindaco, non trovando divieti di oltrepasso di 50 km/h, furono costretti a porre il limite di 30 km/h.
La perseveranza da cui era accompagnato Sodo, costrinse ad applicare quei limiti, che tutt’oggi sono presenti lungo la strada.
Tante sono le sentenze emanate dal dott. Sodo, ad esempio il sequestro del tratto di mare ove era affondata una nave romana con all’interno varie anfore e suppellettili dell’epoca.
Il tutto al fine di consentire il recupero di questi oggetti, il successivo restauro ed infine l’esposizione al pubblico presso il museo provinciale.
Inoltre, una celebrazione della strada intestata al compianto dott. Sodo, la già via Monte Alto di Santa Caterina, sarà programmata prossimamente in accordo con l’amministrazione comunale di Nardò.
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Attualità
Donne all’Opera: il 1 Polo contro la violenza sulle donne e i bambini
Seguiranno le testimonianze di otto donne del nostro territorio, professioniste e appartenenti a diverse categorie, che si sono distinte nella lotta contro le discriminazioni e gli stereotipi di genere…
In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne e i minori, il Polo 1 di Galatina, in collaborazione la Commissione Pari Opportunità, d’intesa con l’Assessorato alle Pari Opportunità di Galatina, organizzano l’evento “Donne all’Opera” che si svolgerà lunedì 25 novembre, a partire dalle 9:30, presso il teatro Cavallino Bianco di Galatina.
Dopo i saluti istituzionali ci sarà un concerto a cura della Salent’Opera, orchestra Sinfonica Giovanile diretta dal M° Tommaso REHO.
Seguiranno le testimonianze di otto donne del nostro territorio, professioniste e appartenenti a diverse categorie, che si sono distinte nella lotta contro le discriminazioni e gli stereotipi di genere.
Di grande pregio la presenza del Cav. Malala Yousafzai dell’Ambito Territoriale Sociale di Galatina, nella persona della dr.ssa Paola GABRIELI, che da dieci anni coordina l’unico centro antiviolenza pubblico a gestione pubblica della Regione Puglia, lavorando sul territorio dell’Ambito di Galatina accanto alle donne e ai figli minori con la presa in carico, nella difesa dei loro diritti, oltre alle attività di sensibilizzazione e formazione, al fine di favorire l’emersione del fenomeno e il contrasto alla violenza di genere.
Attualità
“Cari giovani, costruiamo libertà: non cediamo alla mafia”
Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un nostro giovane lettore, Michele Cojocaru.
“L’impegno contro la mafia, non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza”. Queste le parole di Paolo Borsellino, che tengo sempre a mente.
Se dovessi scrivere una lettera ai giovani al tempo di oggi, scriverei così:
Cari giovani del mio tempo, sono Michele, ho 20 anni, vengo dalla provincia di Lecce. Nel mio paese, tanti giovani come noi sono caduti nelle mani della malavita. Tanti fumano, molti spacciano, alcuni hanno addirittura pistole con loro.
Vedendo questo scrivo a voi, giovani della mia generazione, non abbiate paura di denunciare questi fatti: la società di oggi conta su di noi.
Vorrei tanto, insieme a tutti voi, richiamare lo Stato italiano, per ricordargli ancora una volta di stare dalla nostra parte.
Cari giovani e care giovani, costruiamo insieme la società la nostra società. Il futuro non deve essere la droga, non devono essere le armi. Ma un futuro di pace, in cui possiamo dire ai
nostri figli: tutto questo lo abbiamo fatto per voi.
La mafia distrugge, la mafia uccide, la mafia vieta di sognare.
Anche nel Salento c’è la mafia.
Anche nella provincia di Lecce c’è la mafia, ma è una mafia silenziosa, che agisce senza fare rumore.
Non diamogliela vinta, costruiamo libertà: coraggio, insieme ce la faremo.
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