Attualità
Insegniamogli ad essere social
La nostra inchiesta: anche in Puglia un Patentino per lo smartphone nella scuola media? La scuola può educare i ragazzi a difendersi dalle insidie ed a sapersi comportare sul web. Parola all’assessore regionale Sebastiano Leo ed ai dirigenti scolastici
L’Assessore Sebastiano Leo
Cyberbullismo, autolesionismo, istigazione al suicidio, revenge porn, ecc. sono temi legati a smartphone e social e con i quali dobbiamo ormai convivere. Non sarebbe opportuno aprire una nuova era anche nelle scuole pugliesi?
«Da qualche anno si sta verificando un fenomeno inquietante che coinvolge circa 44mila ragazzi in Italia, definiti Hikikomori, e molti altri rischiano di diventarlo.
Stiamo parlando di un fenomeno che porta i ragazzi a ritirarsi nelle loro stanze e a vivere solo relazioni virtuali. È evidente che quello che è stato fino ad ora non è più. Voglio dire che, a partire da un po’ prima del covid, la fascia più giovane della popolazione ha avviato una mutazione, una nuova era che si confronta con altri meccanismi, con altre realtà e noi non possiamo ignorarle. Se da un lato il mondo virtuale include importanti potenzialità, dall’altro dobbiamo fare i conti con conseguenze meno piacevoli e molto preoccupanti, come il cyberbullismo, il revenge porn, che sono una riproduzione tra i più piccoli, del mondo degli adulti.
Lasciamo forse troppo spesso che i nostri figli vivano dentro il mondo dei social, dimenticandoci che non è come in passato, quando si lasciavano giocare per strada, con confini ben definiti e il controllo di vicinato, di una società educante che esisteva, mentre oggi è chiusa nelle sue case. Sul web non c’è definizione degli spazi né controllo. Per questa ragione e poiché non si può pensare di tornare indietro, bisogna imparare a convivere con questa nuova realtà. A saperla affrontare e districarsi nei suoi pericoli. La scuola non più essere più quella del banco e lavagna con il gessetto. Ne abbiamo avuto prova concreta durante il covid e quel momento storico particolare, avrebbe dovuto dettare un cambiamento totale. Ci siamo trovati sì capaci di riformulare, ma un po’ impreparati di fronte alla tecnologia. Oggi, però, questa transizione non è più procrastinabile, i nostri ragazzi sono “virtuali” e la scuola, la più importante istituzione perché determina quasi sempre la vita delle persone, non può restare un passo indietro. Siamo nell’era dell’uomo digitale, di una tecnologia che può aiutare anche nello studio e nella ricerca».
«Parliamo spesso di dispersione e abbandono scolastico, di giovani incapaci di provare interesse per il mondo esterno e per la scuola. I giovani oggi non guardano la tv, probabilmente non leggono neanche tanti libri, ma si informano e vivono in maniera diversa. Seguono altre forme di comunicazione e aggregazione, altre leadership, pensiamo alla nascita degli influencer. Sono dei cambiamenti importanti con cui dobbiamo fare i conti. Non mostrandoci ostili, condividiamo il cambiamento. È ovvio che noi non siamo nati digitali, ma non possiamo restare ancorati ad un’epoca passata. È per questa ragione che ritengo necessario imparare, tutti. Dai docenti alle famiglie, noi adulti prima ancora dei giovani, dovremmo imparare questo nuovo linguaggio, perché non si può pretendere di parlare coi ragazzi se, invece di capire, chiudiamo il dialogo. Mi viene in mente un film d’animazione per bambini, quello di una famiglia che grazie allo sprono della figlia esce dalla caverna ad affrontare il mondo esterno, ad accendere il fuoco, a incontrare infinite scoperte. Noi stiamo vivendo la stessa situazione. I più giovani hanno avuto il coraggio di spingersi oltre e noi li dobbiamo aiutare a non perdersi. Dobbiamo avere il coraggio di scoprire, capire, perché sicuramente abbiamo di fronte potenzialità infinite.
Non condivido le posizioni ostruzioniste che stanno proliferando. Al contrario, sono dell’opinione che si debba utilizzare questo strumento straordinario che è il web, con la tecnologia, i computer e gli smartphone che sono ormai parte di noi. Bisogna ribaltare l’aspetto negativo e imparare a dominare la rete. Seguire un nuovo filo d’Arianna che ci guidi nel labirinto virtuale, riportarci ai ragazzi esattamente come si faceva un tempo per i pericoli reali. Se prima si ammonivano i bambini a non seguire gli sconosciuti incontrati per strada, oggi bisogna insegnare a non credere agli sconosciuti incontrati sul web. Potrebbe esserci un nuovo “illuminismo” tecnologico, e si può più restare impantanati nella paura di affrontarlo. La scuola è il primo luogo di confronto e deve necessariamente essere anche il luogo in cui si cresce».
In Piemonte, Lombardia ed altre regioni del nord hanno già avviato, per gli adolescenti, delle apposite iniziative come la patente per smartphone dove oltre ad insegnare a difendersi dai pericoli della rete si educano i ragazzi al corretto utilizzo soprattutto dei social. Non sarebbe il caso fare lo stesso anche in Puglia?
«In Puglia esistano da tempo azioni che vanno in questa direzione. La Regione Puglia e il mondo della scuola hanno già avviato progetti di contrasto al cyber bullismo, di sostegno all’educazione tecnologica. Oltre a finanziare e sostenere progetti delle singole scuole che contrastano questi fenomeni o che educano all’uso del web, è anche stato stipulato un accordo tra Regione e Ufficio scolastico regionale tramite il quale si sostengono percorsi operativi di lavoro sul campo di formazione specifica per docenti o Team bullismo e che prevedano attività di sensibilizzazione e informazione dedicate a studenti e famiglie, l’Istituzione di sportelli di ascolto per la prevenzione e il contrasto del bullismo e cyberbullismo, per le Istituzioni scolastiche di ogni grado».
Si è mai discusso in Regione (o se sono in agenda) di appositi fondi per formare docenti prima ed alunni poi?
«A breve partirà, con un investimento di 40 milioni di euro un progetto innovativo:“Puglia Scuola Più” che, attraverso la ricerca applicata e quindi il coinvolgimento di esperti direttamente nelle scuole e nelle aule, non solo supporterà i docenti, ma affronterà anche tali problematiche con i ragazzi. È un progetto che intende superare le fragilità, aiutare i ragazzi ad affrontare la vita reale e virtuale, che aiuti ad esprimere le proprie potenzialità, a uscire da questa fase storica particolarmente profonda. Attraverso “Puglia Scuola Più” si intende creare una rete educante che coinvolga la scuola, le famiglie, la società. È un progetto che include quello che per noi è prioritario e cioè il patto con le famiglie. I nostri ragazzi sono i protagonisti di una rivoluzione importante e hanno bisogno di tutto il sostegno da parte delle istituzioni, delle famiglie, della società. Non basta solo parlare di loro. Ricordo spesso che, per far crescere un figlio, ci vuole una comunità».
Le domande ai dirigenti scolastici
<<Saper utilizzare lo smartphone>>
Ivano De Luca, dirigente scolastico I.c. di Andrano
(con sedi a Castiglione, Diso, Marittima e Spongano)
2. «Fortunatamente nella mia scuola non sono emersi episodi simili, ma il problema è ciò che accade al di fuori della scuola, che poi si riversa nelle aule. Qualora dovessero emergere episodi all’interno del mio Istituto, interverrei a gamba tesa, dopo aver cercato di aprire le porte al ragionamento, alla comprensione e all’autovalutazione per quanto possibile. Stiamo lavorando tanto per prevenire: abbiamo dato alla luce tanti punti d’incontro e riflessione con psicologi ma la partecipazione delle famiglie è ridotta al minimo ed è davvero svilente».
3. «Ogni qualvolta entro in una scuola, prima da docente ora da Dirigente, una delle prime iniziative è quella di far conseguire ai ragazzi una certificazione informatica sulle competenze di base, in cui sono presenti moduli legati alla sicurezza personale e digitale. Anche qui il territorio non aiuta: il corso sul digitale ha avuto pochi iscritti, a conferma che ancora, dal punto di vista delle famiglie, vige la consapevolezza che un dispositivo così minuscolo sia innocuo, quando, in realtà, è potenzialmente un’arma di distruzione di massa. La formazione deve essere fatta, ma come può un ragazzo reputarla importante se non è mai stato sensibilizzato sul tema?».
4. «I miei ragazzi lo devono tenere sempre spento (solo quelli delle secondarie). Lo abbiamo lasciato utilizzare per alcuni esperimenti o concorsi, ma stiamo pensando di dar vita alle gite senza smartphone. La gita è un momento importantissimo per la socializzazione, la scoperta e l’interesse verso le mete didattiche. Avere lo smartphone devia tutto verso quello schermo creando isolamento, e atti stupidi: spero che, almeno su questo, le famiglie non ribattano con la scusa di dover avere informazioni h24 sul proprio figlio in gita. Per il futuro vorrei davvero che lo smartphone potesse entrare nelle aule in modalità “innocente” ma la strada da fare è lunga e i social non aiutano».
«Prevenire tramite informazione e formazione»
dirigente scolastica I.c. Presicce-Acquarica
Ritengo assolutamente necessario prevenire tramite l’informazione e la formazione, tuttavia credo poco nell’efficacia di un patentino digitale. La norma in Italia è già chiara e vieta l’uso dei social ai minori di 13 anni. Quest’anno l’ho ricordato con una comunicazione ai miei studenti e alle famiglie cui, soprattutto, ho chiesto di vigilare attentamente sulla vita digitale dei ragazzi. Inutile far finta che non sia così: usano gli smartphone e vivono la rete. Questi i tempi. I loro tempi. Bisogna accompagnarli al ritorno nella dimensione reale, aiutarli a recuperare l’empatia per poter comprendere gli effetti delle proprie azioni e delle proprie parole sugli altri, ma anche su se stessi. Educare la persona a vivere con gli altri. Una persona educata a vivere con gli altri, nel rispetto delle diversità, saprà necessariamente vivere bene anche la dimensione digitale».
«Indispensabile alleanza educativa con le famiglie»
2. «In passato si sono verificati sporadici episodi rispetto ai quali la scuola ha preferito agire, più che sul piano disciplinare, sul versante della formazione (utilizzando le risorse del PON) e della sensibilizzazione, promuovendo nelle classi (in collaborazione con le amministrazioni locali, l’Ambito Territoriale Sociale e la Polizia Postale) interventi di esperti sulle tematiche della prevenzione del cyberbullismo e sull’uso corretto dei social network, per informare i giovani e i loro genitori circa le corrette modalità di utilizzo dei social e sui rischi connessi ad un uso non consapevole degli stessi».
3. «È sicuramente meritevole di attenzione ogni iniziativa utile per la promozione di una corretta alfabetizzazione digitale, affinché i nostri ragazzi possano confrontarsi con le tecnologie digitali non come semplici fruitori passivi, ma consapevoli del “codice” che governa una parte sempre più rilevante del mondo che li circonda.
Ciò si realizza in primo luogo rafforzando le competenze relative alla comprensione e alla produzione di contenuti all’interno dell’universo digitale, sviluppando la capacità di ricercare e valutare informazioni in termini di attendibilità, completezza e qualità delle fonti. Occorre, inoltre, dare loro gli strumenti per una piena consapevolezza delle implicazioni delle proprie interazioni sulla rete per promuovere l’educazione ad un uso positivo e consapevole dei media, con particolare attenzione al rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, ai temi dell’identità e della privacy. Tutto questo però non basta: occorre andar oltre, coinvolgendo le famiglie per far sì che dalla logica della “delega educativa” si passi ad una vera e concreta “alleanza educativa” attraverso una condivisione di responsabilità per il conseguimento di un comune, supremo obiettivo, quale il benessere dei nostri figli e la loro crescita armonica.
Su questo versante la nostra scuola si è attivata nel 2019 con un convegno sul tema “i minori e i rischi della rete”, con l’intervento di psicologi, pedagogisti e forze dell’ordine, per sensibilizzare la comunità sui rischi legati all’uso di social da parte dei minori e fornire indicazioni per un uso responsabile e consapevole degli strumenti di connessione globale, analizzando le problematiche connesse dal punto di vista pedagogico, psicopatologico e giuridico. A breve, dopo la pausa imposta dal Covid, riprenderemo l’azione rivolta ai genitori con un convegno su un’altra questione molto delicata, lo sharenting ossia la condivisione sui social di immagini di minori».
4. «All’ingresso a scuola non viene effettuato nessun controllo sui telefonini e non ne viene richiesta la consegna, anche perché ciò comporterebbe tutta una serie di problematiche connesse alla loro custodia. Ad ogni inizio di anno scolastico viene diramata, ai genitori e agli alunni, una circolare in cui viene disposto il divieto di utilizzare lo smartphone nei locali scolastici, evidenziando i rischi e le responsabilità connesse ad un uso non corretto. Riteniamo di mantenere anche per il futuro la stessa linea preferendo agire sul versante della consapevolezza e della condivisione di intenti, piuttosto che su quello della repressione».
«Prevenzione, educazione e rispetto degli altri»
(con sedi anche a Lucugnano)
2. «Nell’arco di età degli utenti degli istituti comprensivi c’è la “conquista” del primo telefonino e dell’inserimento nelle prime chat. La famiglia e la scuola devono subito educare all’uso corretto di tali strumenti. I ragazzi prima o poi entreranno a far parte di questa realtà ed è compito degli adulti aiutarli, dando loro delle regole chiare, che vanno rispettate sia in famiglia che a scuola».
3. «Le parole chiave ovviamente sono “prevenzione” ed “educazione”. Gli interventi per il corretto uso dei social che noi prevediamo anche nella scuola primaria, sui più grandicelli, diventano di educazione e prevenzione contro la dipendenza patologica. Il progetto “Epicentro di pace” (condotto dal dott. Giovanni Scarascia) degli anni scorsi, gli interventi da parte di alcuni membri del Rotary Club di Tricase e il “Progetto di prevenzione ai rischi dei social network”, creano spazi di aggregazione e socializzazione, promuovendo alternative alla rabbia e al cinismo: educazione emotiva, percorsi di educazione al rispetto dell’altro e contro la violenza di genere. Anche attività di socializzazione, come sport, il teatro, diventano spazi protetti di aggregazione. Sono azioni che si sta cercando, in autonomia, di istituzionalizzare».
4. «Da regolamento di Istituto il telefonino che, eventualmente, i ragazzi più grandi portano a scuola, lo devono riporre spento nella sacca (ricordo che sono alunni che hanno l’autorizzazione dei genitori all’uscita autonoma dalla scuola per il ritorno a casa).
Sono delle regole da rispettare e le mancanze vanno sanzionate.
La sanzione assume una funzione educativa, ha valore formativo di acquisizione di comportamenti responsabili, di scelte “pensate” e non agite con impulsività».
«Ok la patente per smartphone, ma da sola non basta»
scolastica I.C. Polo 3 di Galatina
2. «La nostra scuola nonè avulsa dalla società e, in un processo osmotico continuo, risente degli effetti dei social, delle mode, delle nuove changelles e, in generale, del cattivo utilizzo dei social e della rete. Di tanto in tanto ci sono stati episodi riprovevoli (a dire il vero pochi) nelle classi, ma molti fuori dalla scuola con ripercussioni anche tra i banchi e conseguente allarme da parte delle famiglie e dei docenti a cui noi rispondiamo cercando di dipanare il caso, instaurando un dialogo con i ragazzi, anche con l’intervento della psicologa di Istituto. Nei prossimi giorni la psicologa incontrerà le famiglie della secondaria per discutere delle nuove “challenges”».
3. «Il nostro Regolamento di Istituto prevede l’utilizzo dei BYOD – siano essi gli smartphone dei ragazzi o un semplice tablet – anche per attività didattiche in classe perché è nostro obiettivo educare i ragazzi all’uso corretto dei dispositivi personali. Molti docenti già fanno utilizzare il dispositivo personale per verifiche scritte. I ragazzi conoscono le regole, possono accendere lo smartphone solo per l’attività da svolgere e, una volta finito, devono riporlo nel proprio zaino. Non siamo contrari ad una patente per smartphone che implichi una conoscenza più strutturata dei rischi/vantaggi, siamo convinti, però, che solo il dialogo quotidiano con i ragazzi e la conoscenza delle loro problematiche possa aiutarli a difendersi dai pericoli dei social e della rete in generale, apprezzandone i vantaggi. Ben venga una patente per smartphone ma da sola non basta. Servono progetti che mirano alla socializzazione, attività più incisive ed efficaci di peer-education, regole meglio definite per l’accesso ai social, a garanzia e difesa dei minori».
4. «I ragazzi non lasciano il cellulare all’ingresso ma sanno che il Regolamento di Istituto ne prescrive le corrette modalità di utilizzo e accettano i provvedimenti disciplinari nel caso dovessero trasgredire. Tutte le decisioni in merito all’utilizzo dei cellulari a scuola vengono assunte in seno agli Organi Collegiali – Collegio Docenti e Consiglio di Istituto – e deliberate a maggioranza».
«Famiglie spesso impreparate ad affrontare problema»
Maria Abbondanza Baglivo
dirigente scolastica I.c. di Taurisano
e reggente I.c. di Miggiano (con sedi anche a Montesano Salentino)
1.«La valutazione sulle modalità di utilizzo dello smarthphone in classe e delle sue ricadute sugli alunni è argomento complesso. Lo smarthphone si configura come strumento di apprendimento utile, se correttamente impiegato. Tuttavia, frequentemente, diventa elemento di distrazione e facilita le occasioni di mancanza di rispetto da parte degli studenti verso i docenti e verso i coetanei, soprattutto in considerazione dell’uso poco consapevole dei social».
2.«In aula e più in generale nelle scuole che dirigo non mi risulta vi siano stati episodi spiacevoli»
3.«In relazione al Progetto Patente Smartphone, avviato in alcune Regioni del Nord, credo sia un’iniziativa interessante, portatrice di utili consapevolezze, sia per gli alunni sia per le figure adulte di riferimento. Sarebbe, però, auspicabile che i corsi formativi sul tema non si configurassero come un ulteriore, ennesimo carico per i docenti e per l’istituzione scolastica in generale. Tanto in considerazione anche del fatto che le criticità maggiori derivano, con provata evidenza, molto frequentemente, da un lacunoso o del tutto assente apporto educativo delle famiglie, spesso impreparate rispetto all’entità del problema».
«Parliamo con loro»
1. «I temi posti in evidenza rappresentano, ognuno con le sue caratteristiche, una minaccia pervasiva per gli studenti delle scuole primarie e secondarie.
Questi comportamenti che conducono a isolamento e aggressività, possono avere gravi conseguenze per la salute mentale, sociale e fisica.
Penso che sia compito primario della scuola fornire educazione e informazione, fare prevenzione e intervenire su tutte queste problematiche che riguardano i ragazzi, per promuovere il loro benessere e diminuire il loro malessere.
È fondamentale parlare loro e con loro di queste problematiche svolgendo un profondo lavoro di sensibilizzazione.
L’azione della scuola deve, però, trovare sinergia con quella messa in atto dalla famiglia. Scuola e famiglia devono muoversi su un unico binario per provare ad arginare queste problematiche. Importantissima, poi, è la capacità di ascolto di insegnanti e genitori, ascolto che non deve mai mancare poichè, spesso, da poche parole spesso ritenute insignificanti, possono individuarsi e intravedersi strade pericolose.
Ritengo anche che la presenza fissa di uno psicologo all’interno delle scuole sia fondamentale.
La triade insegnanti-genitori-psicologo, a mio avviso, potrebbe sortire effetti migliori, necessari per i nostri ragazzi che, in fase di crescita, sono particolarmente vulnerabili».
2. «No, ad oggi non riscontro casi di questo tipo».
3. «Lo ritengo molto utile. Penso ad un’attività di questo tipo da porre in essere già entro la fine di questo anno scolastico cominciando con azioni di divulgazione e di conoscenza più approfondita delle tematiche inerenti i pericoli che sono nascosti dietro la rete, pericoli dei quali i ragazzi sono a conoscenza, ma che spesso sottovalutano. Già lo scorso anno scolastico, nell’ambito delle azioni di prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, abbiamo attivato dei percorsi di formazione su tali tematiche facendo vedere loro, in diretta, le problematiche legali cui si può andare incontro. L’intervento di avvocati e giudici hanno permesso ai ragazzi di assistere a delle simulazioni di processi in cui anche i minorenni possono diventare soggetti attivi. Proprio per non vanificare quanto già impostato, stiamo proseguendo in queste azioni di supporto e di riflessione con i nostri studenti».
4. «I ragazzi non lasciano il telefono all’ingresso. Sono invitati, anche attraverso un’azione di sensibilizzazione delle famiglie, a non portarlo a scuola.
Se dovessero portarlo, il telefono dovrà rimanere spento e riposto nello zaino. La normativa e il regolamento di Istituto sono fin troppo chiari in merito al loro utilizzo a scuola: educare al rispetto della normativa rappresenta l’azione migliore per un corretto utilizzo delle apparecchiature telefoniche. Educare, ovviamente, è molto più difficile che proibire, ma l’educazione ha dei risvolti positivi quando diviene parte metabolizzata del saper vivere di ogni studente».
«Patente anche ai genitori»
2.«Purtroppo si, il cattivo uso del telefono è soprattutto legato ai gruppi whatsapp attraverso i quali i ragazzi socializzano foto, commenti che hanno come bersaglio qualche compagno/a per fortuna non ancora sfociati, almeno spero, in episodi di cyberbullismo. Tutto questo avviene fuori dalla scuola, ma si ripercuote all’interno delle classi rendendone difficoltosa la gestione da parte dei docenti».
3.«Sicuramente è un’ottima iniziativa da adottare al più presto. Nella mia scuola ho affrontato il tema nell’ambito di diversi progetti, ma spesso sono momenti estemporanei che avrebbero bisogno di più tempo e risorse per sortire degli effetti.
Comunque, non vorrei essere monotona, ma la patente per smartphone sarebbe utilissima per i genitori visto che anche loro utilizzano in modo scorretto i social».
4. «Nella mia scuola vige da sempre un regolamento che impedisce agli alunni di portare lo smarthphone a scuola salvo esigenze particolari da documentare; le dirò di più, non facciamo portare il telefono neanche durante le uscite didattiche perché ci siamo resi conto che i ragazzi, non distratti dal loro dispositivo, sono più motivati alla relazione anche con i compagni delle altre classi e prestano più attenzione ai luoghi che vanno a visitare».
Attualità
I Riti della Terra e del Cibo a Uggiano La Chiesa
Rassegna di antropologia visuale “Luoghi e Visioni”. Domani, in occasione della Festa di Santa Lucia, dalle 17 la rassegna di cinema antropologico promossa da Salento Km0 dedicata al valore simbolico e sociale del cibo
In occasione della Festa di Santa Lucia, ricorrenza che da sempre intreccia devozione e pratiche alimentari, Salento Km0 propone una nuova edizione della rassegna di cinema antropologico dedicata all’esplorazione del cibo come espressione culturale, simbolica e comunitaria.
Domani, presso la Sala Consiliare “Sandro Pertini” in via Garibaldi a Uggiano, un articolato programma di attività, incontri e proiezioni.
Si inizierà alle 17 con “Vita e morte in un chicco di grano”, laboratorio partecipativo condotto da Francesca Casaluci, dedicato al grano cotto (o Cuccìa di Santa Lucia, vedi foto in alto in evidenza), piatto rituale diffuso in diverse aree del Mediterraneo e tradizionalmente preparato in onore della santa siracusana. L’esperienza collettiva offrirà l’occasione per riflettere sul cibo come gesto simbolico e pratica comunitaria, capace di andare oltre la sua dimensione materiale.
La partecipazione al laboratorio è gratuita (su prenotazione al 3286594611).
A seguire, “Il giorno più corto che ci sia”: dialogo con Rosa Parisi, docente di Antropologia presso l’Università del Salento, accompagnato dalla proiezione di due documenti audiovisivi di rilevante valore storico e etnologico: La cena di San Giuseppe di Giuseppe Ferrara (1963), testimonianza della tradizione siciliana di offrire un pranzo a poveri e orfani in onore di San Giuseppe, con pani votivi e pietanze rituali; uno spezzone di La Festa, la Farina, la Forca (1979) di Sergio Spina per la Rai, realizzato con la partecipazione di Rina Durante e del Canzoniere Grecanico Salentino.
La serata continuerà per le strade del paese dove, al termine della processione dedicata a Santa Lucia, sarà acceso il tradizionale falò simbolo di purificazione, accompagnato da spettacoli circensi e dal profumo degli stand gastronomici.
La rassegna si inserisce nel progetto Casamassella – Borgo delle Tessitrici, finanziato dal Ministero della Cultura nell’ambito del Bando PNRR Borghi 2023–2026, e realizzata in collaborazione con il laboratorio di antropologia visuale “Luoghi e Visioni” di Meditfilm.
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- Francesco del Cossa, Santa Lucia, particolare
Attualità
La Dolcezza del Natale
Che dolce mangiamo? Il panettone resta il re delle feste di fine anno senza trascurare la tradizione: Purceddrhuzzi, Cartellate, Mustazzoli, Pasta di mandorla, Cupeta e Pitteddhe. Chiediamolo ai nostri passticceri loro: Quali sono i dolci natalizi più richiesti dai clienti? Come mantenete viva la tradizione salentina? Come scegliere un buon panettone? Quali le novità del Natale 2025?
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I dolci tipici natalizi della provincia di Lecce sono i Purceddrhuzzi (palline fritte e ricoperte di miele) e le Cartellate (intrecci di pasta fritta a forma di rosa, spesso con vincotto), accompagnati da Mustazzoli (biscotti speziati alle mandorle, foto a destra), Pasta di mandorla, Cupeta (croccante di mandorle) e Pitteddhe (crostatine alla marmellata), che riflettono una tradizione popolare con ingredienti semplici come miele e mandorle, influenzati dalla storia bizantina.
I GRANDI CLASSICI DEL NATALE SALENTINO
I Purceddrhuzzi: sono piccoli gnocchetti di pasta fritta, profumati all’anice, ricoperti di miele caldo, decorati con codette colorate, cannella, mandorle o pinoli.
Le Cartellate o Carteddhrate sono strisce di pasta frolla intrecciate a formare una rosa (o simbolo religioso), fritte e immerse nel miele o nel vincotto, secondo la tradizione.
I Mustazzoli: biscotti speziati (cannella, chiodi di garofano, cacao) e aromatici, a base di farina, mandorle, zucchero e vino bianco, spesso a forma di parallelepipedo o a «S».
Pasta di Mandorla: Biscotti morbidi a base di mandorle, zucchero e albumi, che assumono varie forme.
La Cupeta: è un croccante simile al torrone, fatto con mandorle, zucchero caramellato, vaniglia e scorza di limone, tipico anche delle feste patronali.
Le Pitteddhe: crostatine di pasta frolla ripiena di marmellata (uva o fichi), arricchite con mandorle tritate o vino cotto, un dolce povero ma gustoso.
Non sono propriamente classificabili tra i dolci (anche se qualcuno forza la mano) ma in Salento, in tutte le stagioni, figurarsi a Natale, non possono mancare da tavola le tradizionali pittule. Per i visitatori ancora poco avvezzi alla nostra cucina: si tratta di una sorta di frittelle salate, spesso servite calde a Natale come accompagnamento salato, a volte anche con uva sultanina per una nota agrodolce. Provare per credere!
IL PASTICIOTTO – MORCIANO DI LEUCA
Salvatore Salerno de Il Pasticciotto di Morciano di Leuca riferisce che i dolci natalizi più richiesti «sono le cartellate, panettoni di vari gusti, tronco in pasta di mandorle».
Riguardo alle Cartellate aggiunge che «sono una tradizione di famiglia. Sin da piccolo ogni anno aspettavo questo momento da condividere con i miei parenti».
La tradizione nella pasticceria morcianese è importante e da rispettare: «Cerchiamo di mantenere viva la tradizione dei dolci salentini rispettando le ricette originali e usando prodotti di alta qualità».
Anche se ha non ha origini nostrane, ovviamente il Panettone, anche alle nostre latitudini, è il dolce più gettonato del periodo.
Il consiglio di Salvatore «per scegliere un buon panettone è quello di affidarsi a piccole botteghe artigianali, che producono il panettone con la garanzia di freschezza e qualità».
Ed è anche un dolce su cui sbizzarrirsi, sempre nel rispetto della tradizione.
Quest’anno, a Il Pasticciotto, «come novità, oltre agli otto gusti già proposti gli anni passati, ci sarà il panettone con impasto al caffè e gocce di cioccolato bianco».
DOLCEMENTE – TRICASE
Anche ad Andrea Ferraro di Dolcemente (Tricase) abbiamo chiesto quali sono i dolci natalizi più richiesti dai clienti: «Il panettone senza ombra di dubbio, ma anche i dolci tradizionali come tronchetti in pasta di mandorle e per i più golosi anche soggetti in cioccolato».
Come mantenete viva la tradizione dei dolci natalizi salentini nella vostra pasticceria?
«Facendo trovare ai nostri clienti già dai primi giorni di dicembre una vasta scelta di prodotti proprio legati alla nostra tradizione»
Come scegliere un buon panettone e/o pandoro?
«Noi consigliamo vivamente di acquistare il panettone o il pandoro solo presso artigiani che curano la qualità, i quali senza ombra di dubbio usano ingredienti genuini e rispettano tutti i criteri di produzione».
Per quest’anno presenterete delle novità?
«Oltre alla soggettistica in cioccolato che ogni anno porta sempre tante nuove proposte, quest’anno abbiamo presentato il nostro nuovo panettone ispirato alla iconica “torta foresta nera”. Un panettone con impasto al cioccolato fondente e amarene semicandite… assolutamente da provare!».
FORNO CASCIARO – TIGGIANO
Al Forno Casciaro di Tiggiano, «i dolci più richiesti sono le nostre paste secche, ricche di mandorla, i Mustazzoli che con i loro aromi conquistano sempre i clienti, e poi ancora purcedduzzi, cartellate e l’immancabile panettone».
Panettone che anche quest’anno è valso a Gabriele Ricchiuto il riconoscimento di Panettone d’Autore, il premio nazionale assegnato da una giuria di maestri lievitisti a Brescia.
«Per tenere vivo lo spirito natalizio, della condivisione e del coinvolgimento», riferisce Gabriele, «organizziamo spesso delle degustazioni in panetteria per creare un ambiente cordiale e armonioso».
Al Forno Casciaro si possono ritrovare sapori antichi anche perché «dietro i nostri dolci natalizi c’è una grande sinergia fatta di dedizione, passione e cura, quella stessa cura con la quale i nostri nonni ci donavano i frutti del loro lavoro in un incarto semplice ma ricco d’amore. Per questo molti sono attratti dai profumi che ricordano i dolci fatti in casa di una volta».
Per guidare la clientela a scegliere bene il proprio panettone il Forno Casciaro dispiega «diverse proposte partendo da un gusto più delicato e fruttato, come quello delle fragoline, fino a gusti più decisi e intensi come quello rum e cioccolato. Abbiamo poi favorito l’incontro tra la tradizione salentina e il grande lievitato con il Panettone al Mostacciolo».
Per concludere con la novità del Natale 2025: «Abbiamo il Panettone alla Birra, realizzato in collaborazione con un birrificio artigianale, creando una struttura estremamente soffice e particolare tutta da assaporare».
«Se volete scoprire tutti gli altri gusti seguiteci sui social, oppure», conclude con un invito Gabriele Ricchiuto, «venite direttamente in panetteria, vi aspettiamo».
PASTICCERIA FABRIZIO NAPOLI – TORRE SAN GIOVANNI
Il dolce più richiesto per le feste, presso la Pasticceria Fabrizio Napoli, a Torre San Giovanni, resta «senza dubbio il panettone».
Secondo Fabrizio Napoli, «un buon panettone si riconosce tagliandolo a metà. Dalle alveature si può capire se è stato fatto con un buon lievito madre, mentre dal profumo e dalla morbidezza possiamo capire la qualità degli ingredienti che sono stati usati per produrre quel panettone».
«Come dolce tradizionale», precisa, infine, il pasticciere, «sono molto richiesti i purciaddhuzzi: grazie alla semplicità degli ingredienti (farina, olio, vino, miele), alla tecnica della frittura e al dolcificante naturale, incarnano la tradizione contadina e domestica del Salento».
LE MILLE VOGLIE – SPECCHIA
Anche da Millevoglie a Specchia, quello natalizio è un periodo che dà un gran daffare.
Giuseppe Zippo confida che «i dolci Natalizi più richiesti sono il panettone, i mustazzoli e i tronchetti di pasta di mandorle».
Sul dolce principe di Natale vale la pena ricordare come tuto ebbe inizio: il panettone nacque come sfida di un giovanissimo Giuseppe.
Alla prima infornata, quasi 25 anni fa fece giusto una decina di panettoni e da lì non si è più fermato.
Dal 2016 sono piovuti i primi riconoscimenti, diventati negli anni un’abitudine per il pasticciere di Specchia che anticipa: «La novità del 2025 è il panettone Gioia dedicato a mia figlia, la secondogenita. Trattasi di un panettone con impasto al fondente e lamponi, glassa al cioccolato bianco e perline di lamponi».
Giuseppe aggiunge: «Manteniamo viva la tradizione cercando di far conoscere sempre più il nostro panettone, partecipando ad eventi e degustazioni gratuite. Un buon panettone lo fanno gli ingredienti, la scadenza breve (massimo 40 giorni), l’artigianalità e (ahimè) il prezzo. Ingredienti e materie prime eccellenti, un processo attento, lento e artigianale darà certamente vita ad un prodotto di alto livello».
Attualità
Khady Sene a Salve e Tricase
Il coraggio di non arrendersi: trasformare le sfide in opportunità: la prima donna immigrata in Italia a ricoprire il ruolo di direttrice di una Caritas diocesana domattina farà visita a ragazzi e ragazze dell’Istituto comprensivo di Salve Morciano Patù. Nel pomeriggio Semi di integrazione a Palazzo Galone a Tricase
È donna, italiana, di origini senegalesi, Khady Sene, la nuova direttrice della Caritas diocesana di Foggia-Bovino, nominata dall’arcivescovo Giorgio Ferretti.
Domattina, alle 9,30, sarà ospite presso l’Istituto comprensivo di Salve Morciano Patù (nell’aula magna della sede centrale di via Rosenberg), per incontrare gli studenti e testimoniare «il coraggio di non arrendersi, per trasformare le sfide in opportunità».
E lei di coraggio ne ha avuto tanto: arrivata in Italia a 20 anni ha dovuto fin da subito rimboccarsi le maniche, ricominciare a studiare, ripartendo dalle medie, fino a laurearsi in finanza e marketing.
Nel frattempo, per 10 anni, Khady si è impegnata come volontaria nelle mense e come operatrice sociale.
A soli 31 anni è oggi la prima donna immigrata in Italia a ricoprire il ruolo di direttrice dell’ente ecclesiastico.
Un esempio di donna che non si è arresa, che ha creduto in una missione: stare accanto agli ultimi.
E lo fa, Kadhy, in un luogo martoriato dal caporalato e dallo sfruttamento dei migranti nei campi.
«In un presente segnato da sofferenze e incertezze, è difficile immaginare un futuro luminoso. Tuttavia, anche in tempi come i nostri, essere contaminatori di pace diventa un dovere», ha dichiarato la nuova direttrice al magazine Vita.
«Mentre i “potenti” bombardano, c’è una collettività che lotta quotidianamente per dare voce a una comunità violata, che presta il proprio volto a una giusta causa, difendendo i diritti di tutti» ha ribadito Khady Sene, ricevendo il “Premio donna per la pace” dal Comune Monteleone di Puglia.
Il dirigente scolastico Istituto comprensivo di Salve Morciano Patù accoglie la nuova direttrice Caritas: «Siamo convinti che l’incontro con Kadhy Sene rappresenti un momento prezioso per offrire ai nostri studenti una prospettiva diretta sulle sfide del territorio e sull’importanza di essere un aiuto concreto nella comunità. L’obiettivo è quello di consolidare il messaggio di forza, resilienza e responsabilità sociale. Ascoltare la sua testimonianza significa educare al cuore della cittadinanza attiva: comprendere le realtà di fragilità e imparare che, a tutte le età, possiamo e dobbiamo fare la nostra parte per un mondo più giusto e inclusivo. L’appuntamento di domani», conclude Gianni Sergi, «si pone in stretta continuità con l’iniziativa tenutasi là scorsa settimana che ha celebrato figure femminili di forte impatto sociale e civile».
A TRICASE
Nelle Scuderie di Palazzo Gallone, dalle 15 alle 19, 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐭𝐫𝐚 𝐢𝐬𝐭𝐢𝐭𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢, 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢𝐬𝐭𝐢 𝐞 𝐨𝐩𝐞𝐫𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐬𝐞𝐫𝐯𝐢𝐳𝐢 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢, 𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐭𝐢𝐯𝐢 𝐞 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚𝐥𝐢, 𝐜𝐨𝐧 𝐥’𝐨𝐛𝐢𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞: il funzionamento e l’evoluzione del servizio di supporto alle persone migranti; le metodologie adottate nei percorsi educativi e di mediazione; le collaborazioni attive con scuole, enti locali e realtà associative; testimonianze e buone pratiche maturate nel territorio dell’Ambito.
“Semi di Integrazione” è un’iniziativa promossa dall’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo, nell’ambito dei servizi dedicati al supporto, all’accompagnamento e all’integrazione delle persone con background migratorio.
L’evento, patrocinato dalla Città di Tricase, è realizzato con il contributo degli enti attuatori del servizio, la Cooperativa Sociale Ipad Mediterranean e l’Associazione Form.Ami, impegnati quotidianamente nel lavoro di mediazione, orientamento e costruzione di percorsi inclusivi sul territorio.
L’iniziativa prevede inoltre la possibilità di visitare la mostra fotografica “Nessuno è straniero – Storie di migrazioni” e si concluderà con un momento di convivialità multiculturale.
L’evento rappresenta un’occasione per conoscere più da vicino i servizi messi in campo dall’Ambito e il lavoro svolto dagli enti attuatori, evidenziando il ruolo della cura, della professionalità e della rete territoriale nel promuovere integrazione e inclusione sociale.
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