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Attualità

La scuola dell’obbligo e le sfide del tempo

Il discorso sin qui sviluppato sul tema implica alcune riflessioni generali…

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di Hervé Cavallera


Il discorso sin qui sviluppato sulla scuola dell’obbligo in Italia implica alcune riflessioni generali, rinviando per una più ampia analisi storica al mio Storia della scuola italiana (Firenze 2013). Se nell’antichità prevalevano le scuole private, la scuola come istituzione nasce propriamente con san Benedetto (480-547) ed essa rimane nel corso dei secoli, particolarmente nella Penisola, gestita, soprattutto a partire dalla Controriforma (seconda metà del XVI secolo), dagli ordini religiosi, tra cui sono particolarmente da ricordare i Gesuiti con la loro Ratio studiorum.


La presenza nella Penisola di tanti Stati favoriva, inoltre, una varietà di impostazioni di curricoli scolastici. Con l’unità d’Italia, fu estesa (1861) al nuovo regno la piemontese Legge Casati che esprimeva una tendenza centralistica del potere, peraltro giustificata dal fatto che occorreva unificare in unico sistema formativo popolazioni di diverse tradizioni e costumi, anche lessicali. La legge divideva l’istruzione in vari livelli: l’istruzione superiore (ossia l’università), l’istruzione secondaria classica (il ginnasio-liceo), l’istruzione tecnica e quella elementare, che era l’obbligatoria. Poca chiara era la figura del maestro elementare che diveniva nei fatti un dipendente comunale, come poco soddisfacente era che i Comuni dovevano farsi carico degli edifici e della frequenza scolastica elementare. D’altronde, il momento storico non era facile e dovere della scuola dell’obbligo era la formazione di cittadini ubbidienti con un minimo di istruzione.


Non mancarono negli anni che seguirono voci autorevoli volte ad un rinnovamento didattico, ma un effettivo rilancio della scuola elementare vi fu solo con la riforma Gentile del 1923. Il filosofo-ministro creò l’istituto magistrale per la preparazione degli insegnanti elementari valorizzando come mai prima la figura del maestro; avviò la statalizzazione delle scuole elementari; ripristinò l’insegnamento della religione cattolica come essenziale per fornire le fondamenta del comportamento morale; previde la scuola materna come grado preparatorio alle elementari; volle, coadiuvato dall’amico e discepolo Giuseppe Lombardo-Radice, che nelle elementari non vi fosse una preconcetta metodica, ma si tenessero presenti le capacità dei piccoli per poterle potenziare e  vi fosse attenzione per l’ambiente in cui si operava.


In altri termini, nella scuola elementare era rispettata la fantasia e la creatività infantile, che poi veniva gradualmente disciplinata nella secondaria, per giungere a completa maturazione in coloro che avrebbero intrapreso gli studi universitari. Il che rispecchiava i momenti del divenire dello spirito propri della filosofia di Gentile.


Tale impostazione è sostanzialmente rimasta inalterata in quanto i numerosi ritocchi che si sono succeduti nel corso del tempo sono stati estrinseci, non hanno cioè toccato il senso generale dell’impostazione. Basti ricordare che i programmi delle elementari del 1955 continuavano a ribadire che essi  prescrivevano il grado di preparazione che l’alunno doveva raggiungere  e che lo Stato non aveva una propria metodologia educativa. Ciò ha consentito il permanere di una generale solidità formativa, secondo una impostazione che garantiva a tutti i rudimenti del sapere, distingueva poi tra coloro che sospendevano gli studi, coloro che avrebbero conseguito un diploma che avrebbe assicurato dei lavori di concetto e coloro che sarebbero pervenuti al conseguimento di una laurea.  La situazione è mutata con la nascita della scuola media unica (1962). Non assicurando alcun specifico sbocco lavorativo, essa è subito apparsa come una scuola di passaggio, crescendo intanto il numero di coloro che continuavano gli studi nella secondaria superiore.

Il fatto che la media divenisse una scuola di transizione doveva di conseguenza accompagnarsi ad un ruolo di orientamento che essa in realtà non ha mai avuto.


Al contrario, la scomparsa nella scuola media dell’insegnamento del Latino ha indebolito la formazione logica di base degli alunni, non compensata per tale aspetto dalla presenza di lingue straniere incentrate sull’aspetto comunicativo.  A tutto questo è venuta ad aggiungersi l’autonomia scolastica. Se l’intento di fondo era quello di rendere giustamente ogni scuola più adatta al soddisfacimento dei bisogni degli studenti, è pur vero che l’autonomia didattica e organizzativa (Legge n°59/1997) ha naturalmente favorito una varietà di Piani dell’Offerta Formativa che ha inevitabilmente accentuato l’attenzione delle famiglie sulla singola struttura scolastica.  Nel mondo della scuola ha così fatto ingresso la competitività tra istituti. In tal modo è venuta meno l’ufficiale uniformità scolastica, all’interno della quale il ruolo rilevante era assunto dalla competenza e dall’abilità didattica dei singoli insegnanti, favorendo, alla luce del principio della flessibilità didattica e organizzativa, sempre di più l’inclusione e il pluralismo. Il termine “preside” è stato sostituito da quello di “dirigente scolastico”, facendo così risaltare l’aspetto organizzativo e propositivo tanto da far pensare ad una scuola-azienda.


Tutto questo, si capisce, ha degli indubbi lati positivi che consistono in un dinamismo che corrisponde alla necessità di affrontare un momento storico con forti cambiamenti. Di qui l’importanza appunto dell’offerta formativa che deve essere supportata da insegnanti di qualità. L’aspetto da riconsiderare è invece quello di non essere troppo facilmente dipendenti dalle cangianti e non sempre valide attrattive del presente perché la scuola, qualunque sia il grado, deve assicurare, nel rispetto delle diverse personalità degli allievi, i fondamenti cognitivi e comportamentali. La grande sfida del presente, proprio nella scuola dell’obbligo, nasce appunto dalla compresenza, non priva di conflittualità, di due istanze: quella di rispondere alle trasformazioni del tempo e quella di dover far acquisire delle conoscenze basilari. Di qui, sempre nell’attenzione ai capisaldi del sapere e alle personalità degli alunni, la capacità di mediazione che si richiede ai docenti della primaria e della secondaria di primo grado per avviare a un adeguato percorso nella secondaria superiore.


 


 


Attualità

Porto Cesareo resta Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo

Confermata la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche

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L’Area Marina Protetta Porto Cesareo si conferma un’Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo (ASPIM), aggiudicandosi ancora una volta la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche.

La conferma della certificazione ASPIM è giunta al termine di una tre giorni di lavori sul campo da parte della commissione internazionale composta da Leonardo Tunesi, rappresentante del Focal Point, Robert Turk e Rais Chedly esperti internazionali, Antonio Terlizzi, esperto nazionale e dal direttore dell’AMP Porto Cesareo Paolo D’Ambrosio.

L’iter per ottenere il riconoscimento come da regolamento è passato dall’attivazione di attività di studio scientifico sistematico e di monitoraggio degli habitat, che consentono di stilare gli elenchi delle specie di flora e fauna necessari per definire il grado di biodiversità del sito.

«Lo status viene mantenuto attraverso il costante monitoraggio e salvaguardia delle specie individuate negli elenchi, ed essere ASPIM aumenta la nostra responsabilità di controllo dell’ambiente, allo scopo di salvaguardare le specie e gli habitat in cui esse vivono e si riproducono», hanno affermato soddisfatti i massimi responsabili di AMP Porto Cesareo.

Il riconoscimento dello status di ASPIM viene rilasciato dal Regional Activity Centre for  Specially Protected Area (RAC-SPA), con sede a Tunisi, organismo creato nel 1995 fra i Paesi che hannostipulato nel 1976 la Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento.

È questo centro che definisce e mantiene la lista delle ASPIM, vagliando nuove domande e promuovendo le aree protette meritevoli del riconoscimento.

Le aree marine protette italiane che detengono lo status di ASPIM sono attualmente 10.

Quattro in Sardegna tra cui Capo Carbonara, Capo Caccia-Isola Piana, Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre e Tavolara-Punta Coda Cavallo.

A livello nazionale figurano poi Portofino (prima AMP italiana ad aver ottenuto il riconoscimento, nel 2005), Miramare, Plemmirio, Punta Campanella.

Per il Salento, Porto Cesareo e Torre Guaceto.

Direttore e Presidente dell’AMP esprimono la loro soddisfazione per questo «ulteriore traguardo raggiunto, a conclusione di quest’anno, che conferma le altissime performance dell’AMP Porto Cesareo, la quale si posiziona non solo tra le prime a livello Nazionale, ma anche nell’élite delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea»

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Fitto vicepresidente Commissione Ue, arriva il via libera

La situazione si è sbloccata ieri sera con il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti. Ma i Verdi non ci stanno e i Socialisti si spaccano. Il presidente della Camera del Commercio di Lecce, Mario Vadrucci: «Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini e aiuterà le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti»

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Alla fine, Raffaele Fitto ce l’ha fatta.

Dopo lunghi giorni di attesa, polemiche a non finire e qualche ironia social, dopo il suo intervento in un inglese non proprio fluente, è arrivato il via libera alla nomina del politico salentino.

I coordinatori delle commissioni Affari regionali dell’Eurocamera, con il quorum dei due terzi, hanno dato l’ok alla nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione con delega alla Coesione.

Allo stesso tempo le commissioni Affari Economici, Industria e Ambiente hanno dato l’ok definitivo alla nomina della spagnola Teresa Ribera.

Il voto finale previsto mercoledì 27 novembre, in seno alla plenaria della Commissione europea.

L’accordo, formalizzato nella serata di ieri, ha sbloccato il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti su Fitto, mentre Ribera ha ricevuto il sostegno anche di Verdi e Sinistra.

Non sono mancate, però, le critiche: i Verdi hanno accusato il PPE di minare la trasparenza e i principi democratici, mentre il gruppo Socialista si è spaccato, con delegazioni di paesi come Germania e Francia contrarie all’intesa.

Per molti la nomina di Fitto è inopportuna perché «rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, l’ambiente e l’integrazione europea».

Il presidente della Camera del Commercio di Lecce Mario Vadrucci si compolimenta: «Da Italiani e soprattutto da salentini siamo particolarmente soddisfatti di come si è conclusa la vicenda connessa con il completamento della Commissione Europea, che vede Raffaele Fitto meritatamente nominato nel prestigioso incarico di vicepresidente esecutivo dell’organismo che regge politicamente e concretamente le sorti dell’Unione Europea».

«Le attestazioni di stima che, in questi giorni, da più parti politiche, sono state espresse sulla figura di Raffaele Fitto, èprosegue il presidente della Cammera del Commercio leccese, «ci fanno ben sperare in vista di un lavoro nei settori delicati cui è stato chiamato, quelli delle Riforme e della Coesione, che guardano al futuro ed alla crescita della parte meno sviluppata dei Paesi Europei».

«Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini salentine e, nel suo impegno politico per favorire la coesione europea», conclude Mario Vadrucci, «cercherà di fare gli interessi dell’Italia, aiutando anche le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti».

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Attualità

Ospedale di Casarano, «eterna emergenza»

Carenza di personale al “Ferrari”: «Sette reparti in affanno. Difficoltà a programmare i turni, rischio burnout e incapacità di gestire il paziente». Fp Cgil chiede «Subito una Commissione Sanità ad hoc»

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«Rischio burnout, disservizi, paralisi della struttura: subito una riunione monotematica della Commissione Regionale sulle sofferenze dell’ospedale di Casarano».

Sono giorni complicati in molti reparti del “Ferrari”, che vive una delle più gravi carenze di personale della sua storia.

La Fp Cgil Lecce ha scritto alla Regione (al presidente della terza Commissione e al responsabile del Dipartimento Salute) ed ai dirigenti di Asl e presidio per denunciare tutti i disagi vissuti da pazienti e lavoratori: «Il fabbisogno è talmente alto da non riuscire a garantire, in molti casi, neppure la normale turnazione».

«Dopo un’attenta ricognizione», il sindacato segnala «ben sette unità operative in sofferenza e ai limiti della capacità di gestire la salute del malato, oltre alla vicenda delle squadre antincendio».

REPARTO PER REPARTO

«In Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza per coprire i turni si ricorre alle attività aggiuntive.

Nel reparto di Anestesia e rianimazione e nel Blocco Operatorio mancano anestesisti, infermieri e operatori sociosanitari (Oss).

L’unità operativa di Patologia clinica non dispone di un numero sufficiente di biologi e tecnici di laboratorio. 

Particolarmente grave la situazione in Radiologia, dove i tecnici sono costretti a saltare il giorno di riposo e la programmazione dei turni mensili è diventata un’impresa impossibile da realizzare.

A Neurologia mancano infermieri ed Oss: qui addirittura di recente è stato richiesto al personale smontante di garantire anche il turno successivo di notte.

Nel reparto di Geriatria il turno è composto un Oss e due infermieri, ma è evidente che un solo Oss non può riuscire a soddisfare l’assistenza diretta al paziente.

Infine, nell’unità di Cardiologia mancano medici, infermieri e Oss».

 SANITASERVICE E ANTINCENDIO

«Ci sono appena quattro persone nell’organico della squadra antincendio e tra queste, una si trova in aspettativa lunga. Per garantire la copertura dei turni, si attinge al personale di Sanitaservice, che però in caso di necessità può garantire l’intervento solo al mattino. Una situazione che costringe le 3 persone in organico a lavorare costantemente di pomeriggio, di notte e nei festivi. Solo l’abnegazione e la dedizione del personale, davvero innamorato della propria professione e fedele al dovere nei confronti del paziente, garantisce l’attività in un ospedale importante come quello di Casarano», dicono Floriano Polimeno, segretario generale della Fp Cgil Lecce, e Cosimo Malorgio, coordinatore provinciale per la Fp Cgil.

«Proseguire oltre», aggiungono, «non è possibile. Il rischio burnout, ossia dello stress da lavoro-correlato, è concreto. Continuando così, poi, si va dritti verso la paralisi dell’ospedale, incapace di erogare prestazioni sanitarie. Spiace constatare che nonostante gli interventi politici e le audizioni alla Commissione regionale Sanità, nulla sta cambiando».

 

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