Attualità
“No ad altro opificio insalubre a Galatina”
Le associazioni del territorio scrivono a Leo Caroli (Regione Puglia) per chiedere difesa e tutela del territorio

Le associazioni “Coordinamento Civico Ambiente e Salute della prov. di Lecce”, “Natural-mente NO RIFIUTI – Collemeto di Galatina”, “NoiAmbiente e Beni Culturali di Noha e Galatina”, “Medici per l’Ambiente-ISDE Italia
Forum Amici del Territorio ETS”, “Nuova Messapia”, “Forum Ambiente e Salute”, “Associazione Bianca Guidetti Serra”, “Associazione Adotta Dog”, “Organizzazione di Volontariato Mobius Circle- ODV”, “CAS Coordinamento Ambientale Salento”, “Salento km0 APS” scrivono al responsabile della task force regionale per l’occupazione Leo Caroli “per esprimere parere contrario alla proposta di destinazione dell’impianto Minermix Galatina ad
una ulteriore industria insalubre”.
Si parla di un’azienda di calce e derivati che ha sedi a Galatina e a Fasano (Br), il cui principale committente è l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia.
Appena un mese e mezzo fa l’azienda è stata sotto i riflettori per il rischio licenziamenti paventato nell’ultimo periodo. Ad inizio febbraio si è tenuto un incontro proprio con la Task force regionale, a Bari, in cui l’azienda ha annunciato l’impegno di sospendere i licenziamenti (sono 59 i dipendenti) ed avviare la procedura di richiesta della cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività. La proprietà ha confermato la scelta di carattere industriale di interrompere l’attività, dichiarandosi disponibile a valutare percorsi che conducano alla cessione.
Veniamo dunque alla lettera di cui sopra.
La lettera
“Gentilissimo dott. Leo Caroli
in risposta alle recenti preoccupazioni espresse dalla popolazione galatinese a seguito di
un possibile impianto di trattamento rifiuti speciali e non a Santa Barbara e delle
segnalazioni di emissioni anomale presso il cementificio Colacem, rimbalza su alcune
pagine social la proposta avanzata dalla task force regionale, istituita per il salvataggio del
calcificio Minermix, di chiamare a raccolta altri cementieri o comunque produttori di rischio
per la salute.
Questa proposta, come forse lei saprà, si inserisce in un quadro territoriale molto delicato.
Le autorità sanitarie e gli enti locali che siedono al tavolo provinciale V.I.S. (Valutazione
Impatto Sanitario) per valutare – secondo quanto riporta ASL Lecce – i danni e l’impatto
sanitario e ambientale con riferimento alle potenziali ricadute cumulative di tutte le attività
produttive presenti nell’area industriale, in particolare del cementificio Colacem Galatina,
non possono ignorare che l’area Galatina/Soleto e comuni limitrofi, come confermato
dall’Istituto Superiore di Sanità, dai rapporti Ambiente e Salute RePOL, dallo studio
PROTOS, dai dati LILT e dell’OER Puglia, è un cluster che registra dati epidemiologici
allarmanti, in particolare per neoplasie polmonari, per l’esposizione ambientale come quelle
derivanti dalle emissioni di grandi camini industriali. Come riportato nei giorni scorsi
nell’ultimo Rapporto di Puglia Salute in tutta la Provincia di Lecce, in particolare nel Distretto
di Galatina, la fotografia dell’incidenza delle neoplasie è in peggioramento.
Nell’area galatinese, la più industrializzata e malsana della provincia di Lecce, con la
maggiore concentrazione di grossi impianti industriali insalubri IPPC, il quadro sanitario e
ambientale non è stato sufficientemente rappresentato nei lavori della task force regionale
impegnata nella vertenza Minermix.
Lo stabilimento della Minermix Srl, attivo dal 1990, è adibito alla produzione, macinazione e
miscelazione di ossido di calcio, calce idrata, premiscelati di minerali, grassello e malte per
edilizia. È inserito nella ASI Galatina Soleto a poche centinaia di metri dall’area densamente
urbanizzata, insieme ad altri opifici di trattamenti rifiuti e comunque fortemente nocivi.
Come Associazioni, abbiamo preso parte alla CDS del mese di marzo 2022, e in quella
occasione abbiamo preso atto che la stessa Dr.ssa Teresa Alemanno, presente in
conferenza di servizi per il riesame A.I.A. per il Dipartimento di Prevenzione ASL Lecce, pur
essendo stata molto concisa, ha evidenziato chiaramente la questione “area sensibile”,
in riferimento all’area cluster tumore polmonare del Distretto di Galatina, chiedendo
quindi ad ARPA se avessero loro effettuato delle verifiche sulle emissioni, con chiaro
riferimento al potenziale apporto di ulteriori danni all’ambiente.
Occorre ricordare che a Galatina insiste un cementificio Colacem attivo sin dalla fine degli
anni ‘50, uno degli impianti più grandi d’Europa. Le ricordiamo che i cementifici sono
compresi nell’elenco delle industrie a maggior impatto ambientale in EUROPA, come
industrie insalubri di Seconda Classe, cioè di impianti che devono osservare speciali cautele
nei confronti del vicinato. L’insostenibilità ambientale è legata non solo alle emissioni di
particolato, di PCB (prodotto clorato simil diossina), metalli pesanti, (Mercurio, piombo,
cadmio, cromo esavalente), tutte sostanze gravemente nocive per la salute, cancerogene
ed interferenti endocrine, ma anche alla portata di consumo di acqua e suolo.
Nel 2017 Colacem Galatina ha prodotto complessivamente 2.658.578 t di Clinker,
2.883.528t di cemento, ha consumato 244 litri di acqua per ciascuna delle 309.900
tonnellate di cemento prodotto, ovvero 75,6 milioni di litri di acqua. Il consumo è abnorme
per un territorio già fortemente penalizzato dalla sua stessa conformità naturale, dove lo
spessore medio del sottosuolo riferito al livello del mare è di circa 60 metri, con scarsa
capacità di filtraggio delle acque pluviali per via della sua condizione carsica, e con una
falda esigua che presenta forti infiltrazioni inquinanti.
Le concentrazioni contaminanti e il correlato rischio mortalità mostrano un trend in
peggioramento, secondo quanto indicato in uno studio realizzato nel 2014 dall’istituto di
Scienze dell’Atmosfera e del Clima ISAC – CNR in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia
Clinica del CNR attraverso una valutazione preliminare nei comuni di Sogliano Cavour,
Galatina, Cutrofiano, Corigliano d’Otranto e Soleto.
Gli impegni dichiarati anche da alcuni rappresentati politici locali pare che siano finalizzati
nel voler salvare i 20 posti di Galatina, e forse anche i 39 di Fasano, con il rischio però di
ritrovarci un nuovo opificio maggiormente inquinante, chiamando a raccolta altri cementieri
o comunque opifici produttori di rischio.
Inoltre, va tenuto conto dei riferimenti legislativi alla salute della popolazione e all’integrità
riferimento alla “salute della popolazione” e all’“ambiente esterno”.
Da un lato, l’art. 2, comma 1, lett. n), definisce proprio il concetto di “prevenzione” come
quel «complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del
lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto
della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno».
Dall’altro, l’art. 18, comma 1, lett. q), impone al datore di lavoro e al dirigente l’obbligo di
«prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano
causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno
verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio» (la violazione di tale
obbligo è sanzionata dall’art. 55, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 81/2008 con l’arresto da due a
quattro mesi o con l’ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro).
Il Dispositivo dell’art. 452 bis Codice Penale, reato di inquinamento ambientale,
determina quanto segue:
• È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro
100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento
significativi e misurabili:
1. 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del
sottosuolo;
2. 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo
paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno
di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.
Dalle norme, si evince come esse siano essenzialmente dirette ad evitare la possibile
“esternalizzazione” dei rischi cui sono sottoposti i lavoratori nel contesto produttivo,
obbligando l’impresa ad adottare tutti quei provvedimenti necessari affinché la
predisposizione delle misure di salute e sicurezza dei lavoratori non determini un
riversamento all’esterno delle nocività presenti nell’ambiente di lavoro, pregiudicando la
salute della popolazione e l’integrità dell’ambiente [15].
E’ vero che i galatinesi hanno bisogno di posti di lavoro, il lavoro è nel diritto costituzionale,
per tutti, anche di chi va a cercarlo altrove. È vero che è necessario fare il possibile per
salvare quei pochi posti esistenti, ma è altrettanto vero che il diritto alla salute è
sacrosanto e altrettanto costituzionale, e va individuata una strada occupazionale
perseguibile, che tenga conto dell’intera cittadinanza.
Come ben sappiamo tutti, a Galatina non c’è famiglia che non abbia un lutto a causa del
cancro, o una patologia che tende a degenerare in tumore. Lo si dice dappertutto:
nelle Cds aziendali, nelle Asl, nello studio Protos, nei recentissimi dati LILT, che vede la
provincia di Lecce seconda solo al Piemonte e alla Liguria in numero di morti per tumori, alla
pari con la Lombardia. Che il quadro sanitario di Galatina sia aggravato con un aumento
ulteriore di tumori è anche denunciato nel Registro dei Tumori 2021 appena pubblicato, con
i dati di incidenza che vanno dal 2013 al 2017.
Lo stesso principio di precauzione consiglia di non rischiare la salute di giovani famiglie che
mettono al mondo bambini, la parte più fragile della società, costruendo abitazioni a ridosso di
una zona industriale insalubre, come invece si sta facendo ancora oggi a Galatina, insistendo
nell’errore fatto negli anni ’70 del secolo scorso, o ri-attivando impianti insalubri, che andrebbero
riconvertiti in green.
Siamo convinti che quando si tratta di risolvere problemi di straordinaria importanza, come quello
di 30 o 100 posti di lavoro da tutelare, oppure il pericolo per la salute di 140.000 cittadini inermi,
non lo debbano decidere solo alcuni rappresentanti della politica. Quando la questione è
straordinaria, si porta ad un tavolo di concertazione con tutte le forze sociali presenti sul territorio,
anche con le nostre associazioni impegnate nella tutela dell’ambiente e della salute nei diversi
procedimenti autorizzativi.
Certe responsabilità non devono pesare sulla coscienza o presunzione di nessuno, ne va del
diritto, ne va della democrazia, ne va dello stato di civiltà di una comunità, ne va del futuro dei
nostri figli.
Basta fingere che il primato della più alta mortalità per tumori non esista, Galatina e la provincia
di Lecce sono sul podio. Non aspettiamo che il dolore delle persone che vedono morire
prematuramente figli e parenti, diventi rabbia, o peggio ancora rassegnazione a dover
barattare il posto di lavoro con la perdita di salute propria, dei propri familiari o dei
loro concittadini, rischiamo lo sfascio sociale.
Auspichiamo l’impegno dei rappresentanti istituzionali, che si adoperano per il coinvolgimento di
nuovi produttori di rischio, a non aprire le porte ad un altro opificio insalubre, di investire sulla
riconversione di Minermix in chiave green e di riflettere su quale soluzione possa portare ad uno
sviluppo sostenibile della nostra città”.
Attualità
La “Bike economy” a Lecce e provincia: una filiera diffusa
Ancora più alto il numero delle localizzazioni (112) che rappresentano la sede secondaria o l’unità locale (ad esempio laboratorio, officina, stabilimento, negozio)…

A Lecce e provincia la “Bike economy” è una filiera diffusa che va dalla fabbricazione di biciclette tradizionali oppure elettriche a pedalata assistita fino alla vendita, dalla riparazione e manutenzione fino al noleggio o al leasing.
Nel Salento sono attive 90 imprese che danno lavoro a 103 addetti.
Ancora più alto il numero delle localizzazioni (112) che rappresentano la sede secondaria o l’unità locale (ad esempio laboratorio, officina, stabilimento, negozio) o amministrativo/gestionale (ad esempio ufficio, magazzino, deposito), ubicato in luogo diverso da quello della sede legale.
È quanto emerge da uno studio condotto dal data analyst Davide Stasi.
«L’integrazione di dati – spiega Davide Stasi – assieme alla formazione e alla cultura delle due ruote stanno rivoluzionando il modo in cui pensiamo e utilizziamo la bicicletta: permettono di progettare soluzioni innovative per ridurre l’impatto ambientale nelle città, ma soprattutto di promuovere valori etici e sociali nella ciclo della logistica e nei sistemi di delivery. Non si tratta solo del tragitto casa-lavoro dei dipendenti o degli spostamenti per attività di tipo aziendale, ma anche del trasporto, della distribuzione e della vendita di merci.
Tanti aspetti che, messi tutti insieme, sono in grado di operare una piccola rivoluzione green a beneficio di tutti. Al mondo delle due ruote – aggiunge Stasi – guardano con crescente interesse non solo gli addetti ai lavori del settore, quali i produttori di biciclette, componentistica e accessoristica o i commercianti al dettaglio o i noleggiatori ma anche gli appassionati di cicloturismo; i produttori di macchine industriali/tecnologie (ad esempio robot) o strumenti (ad esempio stampi) per la produzione di biciclette o per la produzione di componentistica; e poi ancora, i produttori di servizi e tecnologie intangibili (ad esempio le soluzioni software) al servizio della filiera della bicicletta, le associazioni, gli investitori e i business angels. Fino alla pandemia e nel periodo immediatamente successivo – ricorda Stasi – il mercato è cresciuto grazie alle e-bike. Subito dopo il Covid, in particolare e per oltre un anno, la filiera della “Bike economy” ha registrato un incremento maggiore delle più rosee aspettative. Dopodiché, l’assestamento del mercato e i tempi lunghi di consegna hanno rallentato questa sorprendente crescita. Il mercato oggi continua a soffrire per le piccole dimensioni delle aziende e per una politica ancora poco lungimirante che non incentiva l’utilizzo delle biciclette attraverso, ad esempio, una forte defiscalizzazione».
“Bike economy” a Lecce e provincia | Imprese attive | Localizzazioni | Addetti |
Fabbricazione di biciclette (Ateco 30.92) | 1 | 1 | 1 |
Fabbricazione di biciclette, escluse parti e accessori (Ateco 30.92.1) – fabbricazione di biciclette senza motore, con motore elettrico a propulsione o elettriche a pedalata assistita | 3 | 3 | 1 |
Attività di intermediari del commercio all’ingrosso di biciclette (Ateco 46.18.22) | 38 | 39 | 38 |
Commercio all’ingrosso di biciclette e altre attrezzature e articoli sportivi (Ateco 46.49.4) | 10 | 15 | 13 |
Noleggio e leasing operativo di biciclette (Ateco 77.21.01) – incluse biciclette con pedalata elettrica assistita | 15 | 30 | 23 |
Riparazione e manutenzione di biciclette, articoli sportivi e attrezzature da campeggio (95.29.2) | 23 | 24 | 27 |
totale | 90 | 112 | 103 |
Attualità
Donna scomparsa ritrovata morta dopo un mese vicino alla marmeria del marito

Si è conclusa tragicamente la vicenda di Gina Monaco, la 60enne di Ceglie Messapica scomparsa il 6 aprile scorso. Il corpo della donna è stato ritrovato l’8 maggio in avanzato stato di decomposizione sotto un albero nel boschetto di contrada Moretto, a pochi metri dalla sua abitazione e dalla marmeria del marito.
A fare la drammatica scoperta sono stati alcuni volontari impegnati nelle ricerche. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e il medico legale. La Procura di Brindisi ha disposto l’autopsia per chiarire le cause della morte, che, secondo una nota del procuratore reggente Antonio Negro, sembrano non essere imputabili ad altri.
Gina, conosciuta e benvoluta in paese, era uscita di casa la mattina del 6 aprile, dopo aver chiesto al marito di prenotare un ristorante per il pranzo domenicale. Le ultime immagini la mostrano camminare con passo deciso lungo la strada vicino alla marmeria. Uno dei suoi cellulari era stato localizzato proprio nei pressi del bosco dove è poi stata trovata.
Cinque giorni prima della scomparsa, la donna era stata ricoverata in ospedale per un’ingestione di psicofarmaci. Le indagini proseguono per chiarire se si sia trattato di un gesto volontario o meno.
Alessano
Fiocco azzurro per Chiara e Matteo: è il loro decimo figlio
Risale a meno di un anno fa la nascita della loro figlia Vittoria, ultima di nove figli, quando la famiglia Amico-Calsolaro si era ripromessa che non sarebbe stata l’ultima…

Mamma Chiara e papà Matteo, di Alessano, come anticipavamo a febbraio scorso, erano euforici e felici per l’arrivo che sarebbe dovuto avvenire, a maggio, del loro decimo figlio.
Ebbene, quel momento è arrivato, Achille, questo è il nome scelto per il nascituro, è l’ultimo di dieci figli della coppia alessanese.
Il piccolo è nato ieri, all’ospedale Panico di Tricase e pesa 3,5 chili, lui e la mamma stanno bene, presto potranno rientrare a casa.
Risale a meno di un anno fa la nascita della loro figlia Vittoria, ultima di nove figli, quando la famiglia Amico-Calsolaro si era ripromessa che non sarebbe stata l’ultima.
Il piccolo è stato accolto dal calore di sorelle e fratelli: Mattia, Azzurra, Francesco, Riccardo, Enea, Ludovica, Diego, Luigi Maria e Vittoria.
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