Attualità
«Non è colpa del covid!»
L’imprenditore di Uggiano La Chiesa Alessandro Zezza (Masseria Panareo) : «Si crei, oggi, subito, un tavolo permanente tra operatori economici e sociali, per utilizzare al meglio gli investimenti dei fondi comunitari, del “Recovery Fund” e di tutto quello che si può spendere per uscire da questa situazione»

Ospitiamo l’intervento di Alessandro Zezza, imprenditore impegnato nel ramo turistico (Masseria Panareo a Porto Badisco) che sottolinea la necessità di utilizzare nel miglio modo possibile i soldi del recovery found per uscire dalla paralisi dovuta all’emergenza pandemica.
«Da imprenditore, sento discutere circa il Covid, dei suoi effetti sulle aziende e sul tessuto economico. Sento continuamente la dicotomia Pandemia-Economia.
Sgombriamo il campo dagli equivoci: non è il Covid che ha distrutto il nostro tessuto socio economico, ma è la povertà derivante da una serie di crisi ripetute.
Parliamoci chiaramente in fondo la pandemia non ha fatto altro che accelerare ancor di più un processo di impoverimento e di estinzione di una classe media iniziato, ormai, più di vent’anni fa’. Il ceto medio, che in passato costituiva la spina dorsale del tessuto produttivo italiano, ha visto sgretolarsi non solo il suo potere economico, ma soprattutto ha visto fermarsi quella scala mobile, cioè quella possibilità di un riscatto, o avanzamento sociale.
In una società orfana del suo ceto medio le soluzioni dell’intero dibattito politico diventato sempre più estreme.
Cosa fare dunque? A parete salvarci da questa bulimia di opinioni e di opinionisti, (che sarebbe la prima cosa di buon senso)?
Si vedono le proteste, potrebbero essercene altre, s’intravede la fine della pandemia con il vaccino, ma non è la soluzione dei nostri mali. La gente che è scesa in strada a protestare non lo ha fatto per il COVID, o non soltanto per le chiusure dei ristoranti, ma perché da anni non riceve né risposte né una chiara e concreta visione di futuro: non saranno i tanto palesati ristori a placare il malcontento ormai sempre più montante.
A differenza della prima fase della pandemia, dove eravamo tutti entrati in un tunnel del quale comunque riuscivano a intravedere la luce dell’uscita, in questa seconda ondata è come essere precipitati in delle sabbie mobili. Quanto più ci agitiamo e sprechiamo energie nel trovare improbabili complotti, colpe, colpevoli, responsabilità e responsabili più veniamo trascinati giù.
Dobbiamo fermarci per raccogliere tutte le nostre forze per tentare un grande slancio che ci tiri fuori dal pantano in cui siamo finiti. Occorre reinventare un nuovo sistema sociale attivando quella scala mobile e ricostruendo un ceto medio quale ponte e punto di incontro delle varie istanze sociali. Dobbiamo reinventare una nuova fiscalità e un rapporto con lo Stato sia per le imprese che per i cittadini più equo, meno vessatorio. Dobbiamo studiare e applicare un nuovo piano di sviluppo industriale che comprenda un nuovo piano di investimenti pubblici e un nuovo ruolo dello stato nel sistema economico, dai quali una vera ripresa non può che prescindere. S’intraprenda la strada giusta per affrontare le nuove sfide legate all’innovazione tecnologica, alla conversione green delle attività, a nuovi sistemi di distribuzione del reddito applicabili alla sharing economy. Si crei, oggi, subito, un tavolo permanente tra operatori economici e sociali, per utilizzare al meglio gli investimenti dei fondi comunitari, del Recovery Fund e di tutto quello che si può spendere per uscire da questa situazione.
Questi, secondo me, sono i temi sui quali concentrare le nostre energie, approfittando della pausa forzata creata dal Covid e -soprattutto- in previsione degli aiuti che giungeranno dall’Europa.
Parafrasando Marx “Socialismo o barbarie”, ma declinato nella realtà presente e futura. Utilizziamo le nuove tecnologie, le piattaforme web, per aprire una fase di ascolto e verifica delle vere esigenze dei territori. Apriamo una seria riflessione sul gap infrastrutturale, formativo, culturale e territoriale».
Alessandro Zezza
Attualità
A Taviano, Pellegrino contro Stefanelli: i 32 nomi delle due liste

A Taviano sarà sfida a due il prossimo 25 e 26 maggio in occasione delle amministrative che decideranno chi prenderà il posto dell’ex Giuseppe Tanisi, la cui esperienza si è conclusa prematuramente ad inizio 2025.
“Radici e Futuro Taviano” candida a sindaco Francesco Pellegrino, già vicesindaco in occasione del primo mandato da primo cittadino di Tanisi (lo sostengono gli ex gruppi consiliari di Per la Città, Taviano Futura e Taviano Libera).
Candidati con lui al consiglio:
Sabrina Burlizzi,
Vito D’Argento,
Omar Del Rosario,
Gianni Fonseca,
Emanuela Garofalo,
Erika Leone,
Antonino Manni,
Daniela Meneleo,
Alessandra Mercutello,
Giorgia Montunato,
Silvia Palamà,
Stefano Piccinno,
Carlo Deodato Portaccio,
Paola Ria,
Germano Santacroce,
Marco Stefano.
È stata vicesindaca dell’ultimo mandato di Giuseppe Tanisi invece la candidata sindaca della lista “Taviano Guarda Avanti”, Serena Stefanelli.
Con lei:
Giuseppe Tanisi,
Antonella Previtero,
Paola Cornacchia,
Francesco Lezzi,
Salvatore Rainò,
Alessio Inguscio,
Massimo Mosticchio,
Chiara Minerva,
Lucy D’Ingiullo,
Martina Mauramati,
Mariassunta Garzia,
Simona Armida,
Marco Carluccio,
Elisa Ferocino,
Silvio Spiri,
Lucia Chetta.
Attualità
Tossico e invasivo: nell’Adriatico spunta il pesce palla argenteo
È pericoloso: ecco come comportarsi. Punto 1: non imitare i giapponesi, che praticano una sorta di ‘roulette russa’ alimentare

Il pesce palla argenteo invade l’Adriatico: allarme per la salute e l’ecosistema
Il pesce palla argenteo (Lagocephalus sceleratus), una specie marina altamente tossica e invasiva, è stato recentemente avvistato nel Mar Adriatico, segnando la sua presenza più settentrionale mai registrata nel Mediterraneo.
La cattura di un esemplare lungo oltre mezzo metro nella baia di Medulin, in Istria, ha destato preoccupazione tra pescatori e biologi marini.
Caratteristiche e pericolosità
Originario delle acque tropicali dell’Oceano Indiano e del Mar Rosso, il pesce palla argenteo è entrato nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, un fenomeno noto come migrazione lessepsiana. Questa specie è nota per la presenza di tetrodotossina, una neurotossina estremamente potente contenuta in organi come fegato, gonadi, pelle e intestino. Anche una piccola quantità può causare gravi intossicazioni e, in alcuni casi, la morte. La tossina resiste alle alte temperature, rendendo il consumo del pesce pericoloso anche dopo la cottura.
Oltre alla sua tossicità, il pesce palla argenteo possiede una bocca dotata di denti robusti, capaci di esercitare una forza impressionante. È anche una specie piuttosto territoriale, pronta a difendere i suoi spazi dagli invasori. In altre zone del Mediterraneo sono stati segnalati episodi di morsi ai bagnanti, con conseguenze mediche rilevanti.
Impatto sull’ecosistema
La presenza del pesce palla argenteo rappresenta una minaccia significativa per l’ecosistema marino. Si nutre di una vasta gamma di organismi, tra cui molluschi e crostacei, alterando l’equilibrio della catena alimentare. Inoltre, è noto per danneggiare le reti da pesca, aggravando le difficoltà della pesca artigianale.
Raccomandazioni per pescatori e bagnanti
Non consumare: evitare assolutamente di mangiare il pesce palla argenteo, anche se cotto. Manipolazione: in caso di cattura accidentale, maneggiare con estrema cautela e utilizzare guanti protettivi. Segnalazione: riportare immediatamente l’avvistamento alle autorità marittime o agli enti di ricerca locali.
Informazione: diffondere la conoscenza di questa specie tra comunità di pescatori e bagnanti per prevenire incidenti.
La diffusione del pesce palla argenteo nel Mar Adriatico è un segnale d’allarme che richiede attenzione e collaborazione tra cittadini, pescatori e istituzioni per proteggere la salute pubblica e preservare l’equilibrio degli ecosistemi marini.
La ‘roulette russa’ alimentare giapponese
In Giappone ci preparano il fugu, una delicatezza da brivido. Una “roulette russa alimentare” che va preparata da chef che hanno studiato 1 anno solo per servire questo piatto. Il segreto è lasciare quel tanto di veleno sufficiente a dare un po’ di euforia, ma niente piu’.
Se mangi questo pesce palla, mangi la tetrodotossina, un veleno micidiale, derivato dai batteri che vivono nelle alghe che lui mangia. A quel punto non hai scampo.
Attualità
Le scarpe con cui il Papa è stato sepolto vengono da Miggiano
Francesco ha voluto che fossero quelle che indossava tutti i giorni: al suo funerale, gli occhi del mondo su quel prodotto dell’artigianalità salentina

Miggiano e tutto il Salento entrano nella storia di Papa Francesco, in uno dei momenti più solenni e commoventi della Chiesa cattolica.
Oggi, in occasione dei funerali del Santo Padre, il mondo intero ha posato lo sguardo su un dettaglio carico di significato: le scarpe con cui Papa Francesco ha scelto di essere sepolto.
Il Pontefice infatti ha espresso il desidero di portare con sé nell’aldilà le sue umili scarpe di tutti i giorni. Ecco infatti che nelle foto che hanno fatto il giro del mondo si scorge quel paio di scarpe nere, consumate dall’utilizzo.

Un dettaglio che per il Salento ha un valore enorme, perché quelle scarpe sono nate a Miggiano.
Ne dà notizia il Comune in una nota in cui spiega che sono state realizzate nell’aprile 2024 dal Laboratorio Ortopedico Bello srl. Opera dei fratelli Vittorio e Giuseppe Bello (che negli anni hanno sempre recapitato di persona al Santo Padre il loro prodotto), le calzature ortopediche sono testimonianza di dedizione e di mani esperte che, nel silenzio dei laboratori, hanno creato qualcosa di infinitamente prezioso.
Il Comune di Miggiano ha espresso con orgoglio questo sentimento in una nota ufficiale:
“Papa Francesco porta con sé un pezzo di Miggiano e così ci sentiamo a lui ancor più vicini. La Comunità di Miggiano è onorata di aver offerto al Pontefice il pregio del proprio artigianato locale.”
Non si tratta solo di un onore per Miggiano, ma di un vero tributo all’intero Salento, terra di saperi antichi, di mani sapienti, di tradizione artigiana che riesce ancora a parlare al mondo con la lingua della qualità e della cura.
In un’epoca di globalizzazione e produzione industriale di massa, il fatto che il Papa abbia scelto — per il momento più intimo e sacro della sua esistenza terrena — delle scarpe fatte a mano in un piccolo comune salentino, ha un significato immenso. È la consacrazione di un modo di lavorare autentico, umano, profondamente radicato nella nostra identità.
Oggi le immagini del Santo Padre, vestito con la semplicità che l’ha sempre contraddistinto, e calzato con quelle scarpe di Miggiano, hanno fatto il giro del mondo.
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