Attualità
Proteggere il lupo salentino: la Provincia ha un piano
Un Piano di monitoraggio e gestione del lupo: questo l’obiettivo del provvedimento siglato dal presidente della Provincia di Lecce Stefano Minerva, nell’ambito delle funzioni di tutela e valorizzazione del territorio e che rappresenta una vera e propria azione di sistema che coinvolge tutti i soggetti interessati.
In seguito delle notizie apparse recentemente sulla stampa riguardanti la presenza del lupo nel Salento, l’idea da attuare è quella di un Piano per guidare la conservazione e gestione del lupo, attraverso il coordinamento delle azioni da intraprendere ai diversi livelli istituzionali (comunitario, nazionale, regionale), per assicurare la persistenza del lupo e minimizzare i conflitti con le attività dell’uomo.
Tali azioni saranno avviate mediante un Protocollo di intesa tra la Provincia di Lecce e gli Enti Parco presenti sul territorio. Saranno interessate anche le aree protette e i territori della Provincia in cui è accertata la presenza del lupo. L’azione congiunta dei diversi livelli istituzionali è finalizzata alla costituzione di un tavolo tecnico permanente per la mappatura del territorio provinciale, al fine di verificare la presenza del lupo e di individuare le misure di monitoraggio e di protezione.
Spiega il comandante della Polizia Provinciale Antonio Arnò: “La Provincia di Lecce, nell’ambito delle funzioni di tutela e valorizzazione del territorio, intende perseguire questa campagna di monitoraggio del lupo per verificarne la presenza e garantire la specie, anche secondo le direttive comunitarie, e poi attivare un piano di gestione che possa assicurare la convivenza con l’uomo. Gli interventi saranno principalmente diretti a verificare la presenza effettiva e permanente del lupo e, quindi, poi porre in essere tutti gli strumenti previsti dalla normativa vigente”.
Tutto questo dovrà avvenire anche attraverso un approccio integrato, che affronti in modo organico i diversi aspetti della conservazione del lupo; l’azione può risultare efficace se inserita in un programma organico di interventi, mirato a raccogliere le informazioni necessarie a migliorare la comprensione dell’ecologia del lupo, a promuovere il coinvolgimento di tutte le componenti sociali nella conservazione di questo predatore, ad attenuare le più gravi minacce attualmente presenti, a rendere organiche le politiche locali di intervento.
In particolare, come si legge nell’atto presidenziale, gli obiettivi specifici che il Piano si propone sono: costituire il documento di riferimento per la conservazione e gestione della specie in tutto il suo areale e per tutte le sue implicazioni economiche e sociali, e fornire un quadro delle norme e delle azioni che verranno intraprese per la conservazione e gestione della specie.
Ed ancora, evidenziare le azioni critiche per la gestione del lupo nel territorio salentino e in quello regionale, nonché gli interventi di carattere economico – suddivisi tra i vari enti partecipanti – che, da un lato, servono alla piena attuazione delle misure di protezione del lupo e, dall’altro lato, ad individuare misure specifiche di carattere economico a favore di agricoltori e allevatori.
Affinché il piano possa raggiungere i suoi obiettivi, saranno necessari la condivisione e la partecipazione di tutte le amministrazioni competenti (Ministeri interessati, Regioni, Province autonome, parchi nazionali), che provvederanno alle attività previste nel Piano nell’ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente. Il termine temporale di riferimento per l’applicazione e per la verifica degli obiettivi è di due anni.
Certamente il piano di monitoraggio e gestione del lupo non esaurisce il percorso da intraprendere per l’applicazione di una politica regionale di conservazione e gestione del lupo, ma identifica i principi generali ed alcuni passi necessari, assicurando un percorso decisionale aperto, condizione indispensabile per arrivare ad una duratura coesistenza dell’uomo con il lupo.
Attualità
Finanzieri salvano falco ferito
Il piccolo rapace, stremato e disidratato, aveva provato più volte a riprendere il volo senza riuscirci. Due uomini della Guardia di Finanza di Otranto lo hanno raccolto e portato al C.R.A.S. Salento di Calimera
Solitamente tiriamo in ballo le forze dell’ordine solo in presenza di fatti di cronaca.
Questa volta vogliamo segnalare l’apprezzabile slancio dei due uomini della pattuglia della Guardia di Finanza di Otranto che hanno dato un lieto fine ad una brutta disavventura, capitata ad un gheppio, volatile appartenente alla famiglia dei falchi, specie protetta.
Le Fiamme Gialle hanno notato la presenza del volatile selvatico sul ciglio della strada.
Il piccolo rapace, stremato e disidratato, aveva provato più volte a riprendere il volo senza riuscirci.
I due finanzieri in servizio lo hanno prontamente soccorso e messo in sicurezza, per poi trasferirlo per le necessarie cure presso il C.R.A.S. Salento, “Centro Territoriale di Accoglienza della Fauna Selvatica Omeoterma in Difficoltà del Salento” di Calimera.
Ricevute le cure necessarie, il giovane esemplare di gheppio si è completamente ristabilito ed è stato, poi, liberato e reinserito in natura dai finanzieri che lo hanno salvato.
La liberazione è avvenuta con una sorta di celebrazione, molto partecipata, organizzata dalla Cooperativa “Naturalia”, che gestisce il museo, in collaborazione con “Il Dado Gira società cooperativa sociale”, impegnata in progetti di animazione culturale e sociale rivolti ad ogni fascia d’età e, in particolar modo, ai soggetti deboli.
Proprio grazie all’intervento dei finanzieri, il gheppio è tornato a volteggiare con le sue eleganti ali nei cieli salentini.
Tutto è bene quel che finisce bene e complimenti ai due finanzieri, che non si sono girati dall’altra parte per evitare eventuali fastidi.
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Attualità
Meteo, in arrivo una settimana da freddo artico dal Nord al Sud
Tra giovedì e venerdì una seconda intensa perturbazione attraverserà l’Italia, accompagnata da aria ancora più fredda proveniente dal Nord Europa.
Dalla vasta e fredda circolazione attiva sull’Europa centro-settentrionale prenderà forma una prima perturbazione, che martedì raggiungerà gradualmente le Alpi, determinando un peggioramento a partire da Ovest. Il suo arrivo attiverà inoltre umide e tese correnti occidentali/sud-occidentali, che nei primi due giorni della settimana porteranno marcata variabilità al Centro-Sud, con precipitazioni sparse sui settori tirrenici, l’Appennino e, localmente, la Sardegna. Mercoledì il fronte si sposterà verso i Balcani, rinnovando condizioni di maltempo su gran parte del Centro-Sud, con rovesci, temporali e nevicate sull’Appennino centro-settentrionale, localmente fino a 1000-1200 metri di quota.”
Tra giovedì e venerdì una seconda intensa perturbazione attraverserà l’Italia, accompagnata da aria ancora più fredda proveniente dal Nord Europa.
Al momento si prevede che il maltempo interesserà giovedì il Nord e progressivamente le regioni tirreniche e il medio Adriatico, spostandosi venerdì verso il Sud.
Al Centro-Sud il calo termico sarà meno marcato, ma sufficiente a riportare la neve in Appennino, localmente fino a 900-1100 metri sui settori settentrionali. Seppur meno marcato – conclude il meteorologo di 3bmeteo.com – il calo termico sarà comunque amplificato dai forti venti, inizialmente occidentali o sud-occidentali, e successivamente di Maestrale, con il rischio di estese mareggiate.
Al Sud temperature in calo saranno più evidente verso il weekend.”
Approfondimenti
Gli anni passano, le tradizioni cambiano, in meglio o in peggio?
Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti..
di Hervé Cavallera
Con le Festività di inizio novembre si è entrati nell’ampio periodo delle feste di fine anno con tutte le celebrazioni rituali che esse implicano. Ora, già da un remoto passato l’essere umano ha avvertito con perplessità la fine della bella stagione, l’allungarsi del buio nelle giornate e l’appressarsi del freddo.
Ed ha collegato la fine della stagione calda e luminosa con la fine di un ciclo, che non è soltanto quello solare, ma soprattutto quello della stessa vita. Ha colto cioè il senso del trapasso con tutte le incognite ad esso legate, sì da elaborare nel corso dei millenni dei riti di passaggio tra questa e l’altra vita oltremondana. Al tempo stesso, si è pensato di illustrare il cammino del tempo secondo calendari legati al ciclo solare e a quello lunare.
Così per diverse popolazioni dell’antichità, tra cui i Celti che risiedevano principalmente nel centro Europa, il transito tra un anno e l’altro era previsto con l’attuale 1° novembre e in quel giorno, essendo poco netta la transizione tra la luce e le tenebre, il mondo dei vivi si mescolava con quello dei morti e questi ultimi potevano riapparire.
Non a caso il 2 novembre, che seguiva Ognissanti, fu scelto come il giorno della commemorazione dei defunti ed è triste constatare come oggi tanti cimiteri monumentali siano praticamente abbandonati.
Ora, il primo calendario che unificò il mondo mediterraneo fu quello giuliano, ideato dall’astronomo greco Sosigene e divenuto operativo nel 46 avanti Cristo con Giulio Cesare.
Tale calendario rimase in vigore sostanzialmente sino al 24 febbraio 1582 quando papa Gregorio XIII, attraverso la bolla Inter gravissimas, lo sostituì con vari ritocchi con il calendario tuttora esistente detto appunto gregoriano.
Il mondo cristiano ha poi inserito varie ricorrenze a tutti note, fissando le feste di precetto, ossia quelle in cui i fedeli sono particolarmente tenuti alla partecipazione della messa.
Per i cattolici sono: tutte le domeniche; Capodanno (1° gennaio); Epifania (6 gennaio); Assunzione di Maria Vergine (15 agosto); Tutti i Santi (1° novembre); Immacolata Concezione (8 dicembre); Natale (25 dicembre).
Accanto alle feste religiose ogni Stato ha aggiunto per suo conto le feste civili, tra le quali in Italia ricordiamo almeno il 1° maggio (festa dei Lavoratori) e il 2 giugno (festa della Repubblica).
È evidente che se la divisione del tempo in anni, mesi, settimane, giorni, corrisponde ad una esigenza di dare ordine in una realtà ciclica (il rinnovarsi delle stagioni), il concetto di festa si collega, per l’aspetto civile, ad un evento di cui si è particolarmente orgogliosi, e, per quello religioso, è volto ad onorare la Divinità e i Santi.
Sotto tale profilo la festa sia religiosa sia civile non è da intendersi come una vacanza, ma come una celebrazione. Certo nei giorni festivi non si lavora, ma essi non si dovrebbero intendere come meramente vacanzieri.
Festa o vacanza?
Al contrario, dovrebbero servire a raccogliere i componenti di una comunità, quotidianamente intenti ad attività differenti, in uno spirito celebrativo comune.
Una comunanza soprattutto spirituale che può naturalmente trovare un momento gioioso particolarmente nei pasti che una volta erano frugali per i più e ai quali si riusciva a fare qualche eccezione nei giorni di festa.
Così a Natale si poteva arricchire la tavola con il panettone o il pandoro, come nel cenone di Capodanno si mangiavano lenticchie (ritenute ben auguranti) e cotechino.
Sono solo pochi esempi di cibi per così dire “nazionali”, mentre ogni regione aveva (e in gran parte ha) i suoi piatti tipici. Per tale aspetto, nelle feste (e soprattutto in quelle religiose) il sacro si mescola col profano, la speranza del premio ultraterreno con il buon piatto, il senso della fratellanza spirituale con quello della buona compagnia. In ogni caso si percepisce o si dovrebbe percepire il riconoscimento del sacro confermato dalla grazia di star bene.
È così ancora oggi? Non proprio. Nella nostra società si è imposto e si va imponendo un modo di essere sempre più materialistico e consumistico. L’esempio più vistoso è Halloween, la notte di Tutti i Santi, che alla luce di evidenti influenze anglosassoni, è divenuta la festa del macabro e del soprannaturale in una atmosfera neopagana e consumistica. Che dire poi di prodotti come il panettone o la colomba che si cominciano a vendere mesi prima di Natale o di Pasqua?
Le due stesse massime festività della Cristianità (la nascita di Cristo e la Sua resurrezione) passano quasi in second’ordine nella loro specificità di fronte alle spese, ai doni e a quant’altro di godereccio possa esistere. Anche in questo caso occorre precisare che non vi è nulla di male nel mangiare il panettone e la colomba, che è bene brindare purché non si ecceda, che qualche bambino può ben dire Trick or Treat (Dolcetto o Scherzetto).
Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti (si pensi alle processioni, ai piatti particolari e così via), ora tutto si va modificando e si impone solo la dimensione del consumo e dello spettacolo.
Certo, il mondo da sempre va cambiando ed è così, ma il mutamento positivo è quello che sa conservare i valori e mettere da parte l’inutile; in tal modo una civiltà cresce e si sviluppa e le persone maturano. Che le cosiddette tradizioni rimangano solo per attrarre turisti o per generare consumi certamente non è positivo e rischia di ridurre tutta la realtà al semplice godimento – non sempre corretto né di tutti – dell’immediato.
Quello che veramente oggi dovrebbe contare, in una società dove soffiano pericolosi venti di guerra e l’Occidente è pervaso da un edonismo individualistico, è il recupero della dimensione spirituale che accomuna gli animi e li rende aperti al dialogo e agli affetti disinteressati.
E da tempo immemorabile tale è stato il compito della famiglia, della scuola, della Chiesa, istituzioni che attraversano un momento non facile, ma nel rilancio della loro funzione risiede la salvezza di un Occidente che va spegnendosi nelle luci artificiali dei consumi.
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