Attualità
Provincia: ambiente e sicurezza stradale le priorità
Il presidente Minerva e il consigliere Nunzio Dell’Abate hanno incontrato il corpo di Polizia Provinciale
Si è tenuto un incontro tra il presidente della Provincia di Lecce Stefano Minerva, il consigliere provinciale con delega alla Polizia provinciale Nunzio Dell’Abate, il comandante della Polizia provinciale Antonio Arnò, il vice comandante Giuseppe Lazzari e tutto Corpo di polizia provinciale, composto da 19 istruttori di vigilanza.
L’incontro è stato occasione per fare il punto sull’attività svolta in questi mesi dalla Polizia provinciale e per tracciare le linee d’azione future, ma ha rappresentato anche un momento di dialogo e confronto diretto tra i vertici dell’amministrazione di Palazzo dei Celestini e gli operatori della Polizia provinciale.
Tutti gli operatori, con indosso la nuova divisa invernale, sono stati presentati al presidente Minerva e al consigliere provinciale Dell’Abate e, inoltre, il comandante Arnò ha annunciato che sono in arrivo anche le nuove divise mimetiche per i servizi operativi.
Nel suo intervento il presidente della Provincia Stefano Minerva ha dichiarato: «Non posso far altro che esprimere grande soddisfazione per quello che il Corpo di Polizia provinciale ha fatto e fa, con sacrificio, passione e dedizione. È un punto sicuramente qualificante per la nostra Amministrazione: possiamo contare su un Corpo di Polizia che, per primo, porta avanti le battaglie in tema di sicurezza e tutela ambientale. Ce lo chiedevano i cittadini della Provincia di Lecce. Noi le abbiamo inserite come linee programmatiche di Governo. Grazie a voi le stiamo realizzando».
Il presidente ha, quindi, raccolto le richieste degli operatori di Polizia provinciale, assicurando l’impegno dell’Amministrazione nel costruire insieme un Piano di lavoro da qui ai prossimi tre anni.
«Non posso che complimentarmi con il Comandante Antonio Arnò e con l’intero corpo di polizia provinciale per l’egregio lavoro che stanno espletando con professionalità e dedizione, pur nelle note ristrettezze di unità e di economie. Di necessità virtù, sembrerebbe il loro motto, e di ciò va dato loro atto», ha esordito il consigliere delegato alla Polizia provinciale Nunzio Dell’Abate.
«Ecco la ragione per la quale, assieme al presidente Minerva», continua il consigliere provinciale tricasino, «abbiamo voluto questa mattina presenziare presso la loro sede alla nuova vestizione e farne pubblico riconoscimento. Nell’occasione abbiamo condiviso un cronoprogramma delle attività di vigilanza che pone al primo posto tutela ambientale e sicurezza stradale, in perfetta simbiosi con gli indirizzi delineati nelle linee programmatiche di questa amministrazione».
«Perché le nostre strade non intendiamo solo pulirle, ma anche mantenerle pulite. La bonifica dai rifiuti è quasi in via di completamento, ma non è razionale che si spendano soldi pubblici per togliere i rifiuti dalle strade, semplicemente perché non ce ne dovrebbero essere. Di qui la precisa direttiva: tolleranza zero per gli sporcaccioni. Di qui la recente variazione di bilancio con cui abbiamo dotato il Corpo di polizia provinciale delle risorse necessarie per l’acquisto di almeno una dozzina di sistemi di videosorveglianza per individuare e punire senza pietà gli incivili che saranno sorpresi ad insozzare le arterie provinciali», ha concluso Nunzio Dell’Abate.
Il comandante della Polizia provinciale Antonio Arnò ha tracciato a grandi linee un bilancio dell’attività svolta fino ad oggi dal Corpo di Polizia provinciale e che si concentra prioritariamente sull’ambiente e sul rispetto del codice della strada.
«In particolare, sono stati predisposti servizi giornalieri su tutte le strade provinciali per contrastare il fenomeno dell’abbandono incontrollato di rifiuti. Questo servizio ha portato una serie di risultati sia in termini preventivi, perché la presenza sul territorio ha un effetto deterrente, sia in termini repressivi perché sono state elevate sanzioni in materia ambientale nei confronti dei trasgressori. Da giugno ad oggi sono stati effettuati 70 controlli ed elevate 10 sanzioni. Da ultimo si segnala l’individuazione di responsabili di abbandono rifiuti in area privata, cioè nelle campagne e non solo sui cigli delle strade», ha spiegato Arnò.
«È proseguita, inoltre, l’attività di contrasto all’abuso edilizio, di contrasto all’esercizio illecito di discariche e gestione non autorizzata allo smaltimento dei rifiuti. C’è stata una sinergia costante con il Servizio Ambiente della Provincia per controllare le prescrizioni negli atti autorizzativi degli impianti che trattano rifiuti. È in corso di definizione l’acquisto di 12 telecamere da collocare sulle strade provinciali, grazie ad un progetto strategico che si sta facendo con la Direzione generale dell’Ente provinciale, che ha individuato strumenti e risorse necessarie per portare a termine questo progetto insieme al Servizio Ambiente e alla Polizia provinciale», ha concluso il comandante.
Attualità
Ambulanza rotta e non sostituita, Capo di Leuca senza postazione fissa 118
Il consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo de La Puglia Domani: «ASL Lecce risponda di questo grave disservizio»
Da ieri il territorio del Capo di Leuca è senza postazione fissa del 118.
L’ambulanza India (con infermiere, soccorritore e autista a bordo) che staziona davanti all’ex ospedale di Gagliano del Capo è guasta, e la Asl di Lecce non ha un mezzo sostituivo.
Fino a domani il personale impiegato nella postazione 118 di Gagliano è stato messo in ferie forzate, e in caso di necessità sono chiamate ad intervenire le squadre di altre postazioni del servizio di emergenza-urgenza.
«Come è accaduto questa mattina», racconta il consigliere regionale Paolo Pagliaro, «quando è dovuta arrivare un’ambulanza da Scorrano per soccorrere le persone coinvolte in un grave incidente stradale avvenuto vicino all’ospedale di Tricase, sulla provinciale per Depressa, perché la squadra della postazione di Tricase era impegnata a coprire un codice verde ad Alessano, territorio di competenza di Gagliano».
«Tutto questo perché, nell’intera Asl e per ben tre giorni, non c’è un mezzo sostitutivo di emergenza», tuona il fondatore di Regione Salento, «una situazione paradossale, che pregiudica la tempestività e l’efficacia del servizio 118. È inconcepibile che un presidio salvavita possa rimanere sguarnito del mezzo di soccorso in una zona così vasta».
«Chiediamo», conclude Paolo Pagliaro, «che l’azienda sanitaria si assuma la responsabilità di questo grave disservizio di fronte ai cittadini salentini, costretti a subire le conseguenze di un’evidente inefficienza gestionale».
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Approfondimenti
Una volta i salentini emigravano, ma poi tornavano
Andata e ritorno. Come tanti Ulisse che dopo numerose peripezie tornavano alla loro Itaca. Per costruire, edificare, migliorare sé stessi e il paese, per una vita migliore per tutti
Un problema che riguarda il nostro presente è una massiccia immigrazione che in questi ultimi anni ha inciso non poco sulla vita delle nostre città ed è un fenomeno che ci ha colti quasi inaspettatamente perché in fondo, specialmente nel Meridione, ci si sentiva una terra di emigranti e non di “accoglienti”.
Sotto tale aspetto gli studiosi sono d’accordo a dividere la vicenda della emigrazione italiana, dall’Unità (1861) ad oggi, in tre periodi: la grande emigrazione che arriva sino all’avvento del fascismo; l’emigrazione europea che va dai primi anni ’50 alla fine degli anni ’70; la nuova emigrazione che inizia col secolo corrente.
LA GRANDE EMIGRAZIONE
La prima emigrazione, causata dalle condizioni miserevoli in cui viveva buona parte della nazione, peraltro analfabeta, riguardò uno spostamento dei nostri verso altri continenti come l’Africa del nord, ma soprattutto l’America settentrionale e meridionale.
Il fascismo rallentò in parte il processo di emigrazione anche per le numerose opere pubbliche del periodo che furono peraltro utili per impegnare una notevole quantità di manodopera.
Con il dopoguerra, ci fu una consistente emigrazione verso Paesi europei come Germania, Svizzera, Belgio, Francia. L’emigrazione del presente – certamente minoritaria come numero complessivo – riguarda per lo più giovani laureati che cercano una maggiore fortuna all’estero.
Si tratta di una storia complessa che meriterebbe una lunga trattazione, ma chi ha potuto osservare la seconda fase, quella appunto dell’emigrazione in Europa, non può che far venire alla mente particolari annotazioni.
Se l’emigrazione verso le Americhe, infatti, rappresentò per gli italiani del tempo un distacco definitivo, tanto che oggi molti noti personaggi statunitensi si trovano a “scoprire” antenati nella nostra Penisola, l’emigrazione europea, pur scaturita dalle difficoltà economiche derivate dalla guerra, ebbe da subito la caratteristica di uno spostamento relativamente temporaneo.
Innanzitutto ci si spostava in un continente di cui ci si sentiva di far parte e non vi era l’oceano a rendere ben difficile il ritorno, anche temporaneo, per rivedere e salutare familiari e amici; era inoltre una partenza vissuta non con lo spirito d’avventura, sia pure sofferta, come accadeva alla fine dell’Ottocento o ai primi del Novecento, ma con la certezza di un inserimento nel mondo del lavoro che avrebbe consentito quanto meno una tranquillità economica e quindi una serenità familiare.
NEL DOPOGUERRA
Stati come la Svizzera e la Germania, in effetti, erano disposti ad accogliere nostri conterranei in funzione del loro bisogno esistente di manodopera. Quindi l’inserimento nel mondo del lavoro era garantito.
D’altra parte erano gli anni del boom economico e vi fu una forte emigrazione da quella parte della Penisola prevalentemente agricola (il Mezzogiorno appunto) non solo all’estero, ma anche verso le città italiane più industrializzate.
Basti ricordare il cosiddetto “triangolo industriale”, ossia l’area compresa tra Torino (sede della Fiat), Milano (con tutto il suo sviluppo immobiliare, industriale e commerciale) e Genova (il grande porto commerciale).
In tale dinamica, apparve subito chiaro che i rapporti con i paesi di origine erano mantenuti. Non solo: la stabilità economica acquisita all’estero (ma anche in alta Italia) consentiva di poter mettere da parte del denaro in modo da aiutare i familiari che erano rimasti nel paese natio o da utilizzare per loro lecito profitto in vista di un ritorno.
Chi ormai non è più giovane ricorda molto bene tanti emigrati che, come laboriose formiche, raccoglievano denaro che poi investivano nella propria terra per costruirsi una casa ove risiedere una volta tornati dall’estero o dall’Italia del nord.
Il paese di origine rimaneva un po’ come il luogo della nostalgia di una giovinezza lontana e degli affetti troncati, un luogo dove trascorrere gli anni una volta pensionati.
E si può constatare l’ampliamento dei nostri paesi con la nascita di nuovi quartieri, anche se con una urbanistica non sempre soddisfacente in quanto ognuno ha edificato su ciò che aveva e le amministrazioni comunali non hanno sempre adeguatamente considerato lo sviluppo della viabilità in funzione della crescita dei mezzi di comunicazione.
Sotto tale profilo, spesso è mancata una visione d’insieme dell’espansione delle varie cittadine, ma questa è un’altra storia e non riguarda gli emigranti, bensì gli amministratori.
Quello che va ricordato è invece il forte attaccamento alla terra natale, sì da ritornarci non solo periodicamente, a Natale, a Pasqua e durante le ferie estive, ma al termine del proprio percorso lavorativo. E c’era in quei volti un senso di soddisfazione.
IL RICHIAMO DELLA PROPRIA TERRA
Erano partiti poveri e molte volte senza casa ed ora tornavano in una casa di loro proprietà; avevano del denaro e una pensione dignitosa.
spesso utilizzavano, per darsi delle arie umanamente comprensibili, un tedesco o un francese approssimativi per far vedere a coloro che non avevano mai viaggiato che essi, invece, conoscevano il mondo e le lingue.
Ma quello che soprattutto può oggi sorprendere è che tornavano a voler essere quello che sentivano di essere: dei cittadini salentini, che dovevano risiedere nel proprio paese di nascita.
In questo si rivelava un attaccamento alla propria origine che può essere spiegato particolarmente dalla natura degli affetti.
Altrove avevano avuto quella fortuna economica che il paese natale non aveva loro consentito, ma essi percepivano che la loro origine e il senso della loro esistenza erano proprio in quel contesto da dove erano dovuti espatriare e a cui non potevano sottrarsi: erano come tanti Ulisse che dopo numerose peripezie tornavano alla loro Itaca.
E tornavano per costruire, per edificare, per migliorare sé stessi e il paese: per una vita migliore per tutti. E si mandavano i figli a scuola, per far loro conseguire un diploma o una laurea.
Con il ritorno degli emigrati i paesi crescevano e in vario modo si arricchivano, e le generazioni si ritrovavano e si intesseva e si rafforzava una comunità.
Ed è una lezione che oggi, in un tempo in cui spesso si cede al proprio individualismo, non bisogna in alcun modo dimenticare, bensì sottolineare se non si vuole svanire nel dimenticatoio di una realtà senza storia e senza affetti.
Attualità
Maxi inchiesta su appalti pubblici: interrogatorio anche per tre sindaci
Sarà un mese caldo quello di febbraio per tre centri salentini che vedono i rispettivi primi cittadini al centro di una indagine per presunti favori nell’ambito di appalti pubblici.
Il gip di Lecce Stefano Sala ha fissato per il prossimo 4 febbraio l’interrogatorio preventivo di 25 persone tra rappresentanti istituzionali ed imprenditori.
Tra questi figurano i nomi del sindaco e del vicesindaco di Maglie, Ernesto Toma e Marco Sticchi, del sindaco di Ruffano, Antonio Cavallo, e del sindaco di Sanarica, Salvatore Sales.
Si tratta di una maxi inchiesta, avviata alcuni anni fa e condotta dal pm della Procura di Lecce Maria Vallefuoco.
I capi d’accusa, in totale, sarebbero oltre 30. Le richieste vanno dai domiciliari sino all’arresto in carcere.
Tra i reati ipotizzati, a vario titolo, quelli di associazione per delinquere (contestata agli imprenditori) e vari reati contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica.
Il sindaco di Ruffano Antonio Cavallo è intervenuto sulla questione con una nota: “In queste ore sono stato raggiunto da un avviso di chiusura delle indagini relative ad un’inchiesta iniziata a maggio di tre anni fa. Un’indagine in cui compaiono i nomi di 25 persone, tra cui anche quelli di rappresentanti istituzionali di altri comuni, dalle accuse molto pesanti, che lederebbero la moralità di chiunque. Tengo a chiarire sin da subito la mia completa estraneità rispetto alle accuse. Nella mia carriera politica, ho sempre operato in maniera trasparente, per il bene della collettività. Mai ho tradito la fiducia della mia comunità, né tanto meno ho utilizzato la mia posizione per tornaconto personale o per favorire terzi. Confido che la giustizia, nell’offrirmi la possibilità di chiarire ogni equivoco, mi permetterà di far luce su questo e di dimostrare la mia innocenza.
Al contempo, vigilerò affinché il peso di questa indagine non ricada sul bene di Ruffano e della sua comunità. Qualora questo dovesse succedere, sarò pronto a fare un passo indietro rimettendo la mia carica“.
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