Attualità
Rifiuti tossici: “Nessuna inchiesta!”
Quando veniamo a conoscenza di qualche reato (e capita), bisogna denunciare, non mettere la testa sotto terra come fanno gli struzzi (anche perché tra un po’ sotto la nostra terra la testa non la metteranno più neanche loro) perché altrimenti… i mafiosi siamo noi!

Il procuratore capo Cataldo Motta è stato chiaro: “Non rincorriamo i fantasmi”. Questo potrebbe voler dire che nessuna inchiesta sarà istruita in merito all’eventualità che rifiuti tossici siano stati interrati nel Salento. Ritenute troppo generiche e troppo lontane nel tempo le dichiarazioni del pentito. Altro snodo importante: la Commissione parlamentare ha ritenuto irrilevante l’indicazione fornita nel 1997 da Carmine Schiavone (pentito già ritenuto scarsamente credibile).
Una nota ufficiale del procuratore generale di Lecce, Giuseppe Vignola specifica che trattasi di “un generico riferimento al Salento quale territorio di destinazione di rifiuti provenienti da altre zone, posto che l’autorità giudiziaria non ne era stata neanche informata, evidentemente perché del tutto generica e priva di contenuto concreto e di qualsivoglia dettaglio suscettibile di sviluppi investigativi”. La nota è stata diffusa dopo l’incontro dei procuratori della Repubblica di Lecce, Brindisi e Taranto, del procuratore generale (Giuseppe Vignola), degli avvocati generali della Repubblica, Antonio Maruccia e Ciro Saltalamacchia, del procuratore aggiunto Ennio Cillo e del sostituto Elsa Valeria Mignone. In pratica un’ulteriore conferma dell’assenza di presupposti per una nuova inchiesta. Ciò non toglie che, come recita un’ulteriore nota “perdura l’azione di vigilanza del territorio ionico-salentino con la mobilitazione continua della polizia giudiziaria per la rilevazione di ogni notizia riguardante reati che offendano il diritto dei cittadini alla salute e alla salubrità dell’ambiente”. Considerazioni a margine: un’inchiesta ufficiale avrebbe un riverbero eccezionale sui media nazionali ed internazionali con un riflesso immaginabile sul nostro turismo che andrebbe ad intaccare ulteriormente un’economia già in prognosi riservata. Siamo portati a pensare (anche in virtù dell’ultima nota sulla “mobilitazione continua della polizia giudiziaria …”), che le indagini continuino senza clamore ma con la determinazione di arrivare ad un punto fermo. O almeno ce lo auguriamo, perché turismo, economia e quant’altro contano, ma se non c’è la salute…
(g.c.)
“Chi sa parli. e denunci!”. Motta capro espiatorio, e i politici a Roma?
“Un buon capro espiatorio vale quanto una soluzione”: la tecnica utilizzata dai politici, soprattutto quelli più navigati, quando arriva il giorno in cui si è con le spalle al muro, è da sempre quella di trovare qualcuno su cui riversare le proprie inefficienze ed inettitudini, siano esse colpose o dolose. Come uno di quei fulmini inattesi, è scoppiata la bomba dei rifiuti tossici. Non c’è giornale, televisione locale, sito internet o angolo di bar in cui non si parli delle enormi quantità di fusti contenenti le peggiori sostanze chimiche mortali per il nostro territorio e le nostre vite. Un tipo di mezza età che di cognome fa Schiavone e che viene da Casal di Principe, ha parlato, ha detto che ci stanno e gli ha fatto eco anche un suo feudatario della zona, indicando grosso modo anche i siti dove questi veleni si troverebbero. Si sono formati movimenti spontanei di protesta ed anche un comitato per affrontare in maniera più organica la vicenda; i Sindaci sono scesi in trincea per capire, sollecitare, sensibilizzare, auspicare ma soprattutto… è stato trovato il capro espiatorio: il Procuratore Generale Cataldo Motta. È perfetto per il ruolo, non è un politico, ha quell’alone di rispettabilità che è sempre un piacere poter attaccare e cercare di scalfire e soprattutto, per il ruolo che riveste, parla poco e non scende a battibecchi sulla carta stampata o nelle interviste. Meno male che lo abbiamo trovato! Da quando, infatti, ha detto di non ritenere di avere elementi sufficienti per aprire un’inchiesta, il Procuratore Motta s’è candidato da solo al ruolo di capro espiatorio. Su facebook si sono scatenati in maniera massiccia con lui come raccoglitore preferito degli strali e delle rimostranze di un campionario umano più che variegato e tutto molto più che competente che va da chi ad esempio sta per scrivere alla Corte di Strasburgo e chi invece ha già scritto al Papa. Una bella occasione la si è avuta anche lo scorso 10 ottobre quando, presso l’auditorium comunale, con la partecipazione dei Sindaci di Gallipoli, Cutrofiano, Supersano ed il vice-Sindaco di Casarano, nonché del Prof. Giuseppe Serravezza, Presidente provinciale della Lega per la lotta ai Tumori, si è tenuta un’assemblea pubblica per parlare del problema. L’incontro, ben moderato dal giornalista Alberto Nutricati, è stato però una mezza occasione persa perché per molti tratti è stata solo una passerella politica del tipo: “noi abbiam fatto e ancora faremo” dei politici, mentre dalla platea le rimostranze erano le solite beghe di cortile colorate di appartenenza politica. E anche in quest’occasione, bersaglio preferito, “l’inerzia” del Procuratore Motta che “non vuole guardare ai fatti”. Cerchiamo allora di guardarli anche noi questi fatti, cercando di usare la testa con oggettività e non l’emotività della pancia. Sedici anni fa quel tizio di Casal di Principe ha parlato e lo ha fatto dinanzi ad una Commissione Parlamentare (e quindi a dei politici). Questi signori, pur venendo a conoscenza di queste scottanti verità, non si sono minimamente preoccupati di fare nulla! Senza nemmeno inviare le deposizioni alla Procura e men che meno avvisare almeno uno straccio di Sindaco o una ASL o… almeno un parroco… nessuno! E questo per 16 anni! Dopo tutti questi anni poi, c’è voluto il “Movimento 5 Stelle” per chiedere all’on. Laura Boldrini di togliere il segreto e rendere disponibili queste zozzerie che solo il merito dei giornali ha reso pubbliche. Laborioso quindi trovare in tutto ciò le responsabilità di Motta; lui applica le norme e tali norme dicono che si può (e si deve) procedere sulla base di elementi oggettivi, che al momento evidentemente non ci sono. Nel Salento siamo in centinaia di migliaia e in fondo basterebbe che uno solo di noi andasse a fare una deposizione giurata dicendo di sapere con certezza qualcosa di circostanziato e la Procura l’inchiesta sarebbe obbligata ad aprirla. Di contro, appare quantomeno singolare che nessuno abbia tirato in ballo proprio quei politici che stanno a Roma, che hanno saputo ed hanno taciuto, che possono decidere di intervenire con degli studi e delle indagini e non lo fanno, che potrebbero finanziare delle bonifiche e non lo fanno, che potrebbero intervenire sulle aziende che si sa che inquinano, ma non ne hanno il coraggio perché ne hanno la convenienza. Nella nostra terra si muore, questo è un dato di fatto e probabilmente quei maledetti fusti sono sotterrati chissà dove, oppure chissà quale altra criminale causa ne è responsabile, ma non ha senso trovare capri espiatori e soprattutto non hanno alcun senso i discorsi colorati di politica. Questi comitati sono un bene per le nostre comunità perché almeno smuovono le acque stagnanti della nostra pigrizia, possono fare pressione sulle Istituzioni, sensibilizzare l’opinione pubblica… ma la tutela del nostro territorio non può essere delegata, deve partire da ognuno di noi. Quando veniamo a conoscenza di qualche reato (e capita), bisogna denunciare, non mettere la testa sotto terra come fanno gli struzzi (anche perché tra un po’ sotto la nostra terra la testa non la metteranno più neanche loro) perché altrimenti… i mafiosi siamo noi!
(Antonio Memmi)
Attualità
Il Venerdì Santo e il Coro delle Pie Donne a Ruffano

A Ruffano, i Riti della Settimana Santa hanno origini antichissime e rappresentano un intreccio di fede, storia e tradizione che raggiunge il suo apice nel Venerdì Santo con la Solenne Processione. I confratelli incappucciati, coronati di spine, scalzi e con i simboli della penitenza: le discipline e le pisare. Lungo le strade del paese risuonano degli antichi Inni composti per le Confraternite ruffanesi. Il più struggente e solenne è “O genti che passate”, un lamento che accompagna la processione di Gesù Morto e che scuote gli animi di chi lo ascolta.
A intonarlo insieme alla banda è il grande “Coro delle Pie Donne”, oltre 100 voci femminili che custodiscono e tramandano una tradizione secolare. Vestite di nero, con il capo velato in segno di lutto, non solo narrano la Passione di Cristo, ma si fanno eco di un dolore universale, dando voce alle sofferenze del mondo. In origine, ogni Confraternita aveva il proprio coro, poi unificato per rendere questa esecuzione ancora più potente e corale.
Per molti anni, queste donne non hanno avuto piena consapevolezza di essere le custodi di un’antichissima tradizione orale. Cantavano perché così si era sempre fatto, senza sapere di tramandare un patrimonio culturale unico. È un’usanza antica, autentica, che ha resistito ai cambiamenti e oggi si rinnova grazie alla partecipazione sempre più sentita delle nuove generazioni. Ancora oggi, infatti, il coro è un simbolo identitario di Ruffano, unico nella sua storicità e profondamente radicato nella comunità. Qui non si tratta di una semplice esecuzione, ma di un canto dell’anima, tramandato di madre in figlia, che continua a rendere il Venerdì Santo un momento di intensa e irripetibile suggestione.
Il coro delle donne è il protagonista soprattutto dell’inizio e della conclusione della processione, quando l’Addolorata ritrova il figlio morto e quando dovrà dara l’ultimo saluto. Un momento struggente e di grande preghiera grazie al canto eseguito insieme alla banda.
Venerdi Santo – 18 aprile
ore 21:30 partenza dell’Addolorata dalla Chiesa di San Francesco in Piazza Libertà.
Accoglienza del CRISTO MORTO in Piazza Nazario Sauro. Esecuzione dell’Inno dalle Pie Donne e inizio della Solenne Processione.
Al rientro (mezzanotte circa), sosta in Chiesa Madre con predicazione e Benedizione Solenne. Segue il tradizionale “Saluto” tra il Cristo e la Vergine e rientro dei simulacri nelle proprie Confraternite.
Attualità
Cimitero di Tuglie, scoppia la polemica
Il consigliere Lorenzo Longo attacca l’amministrazione sull’ampliamento. Dopo il Consiglio Comunale il Movimento 5 Stelle denuncia: «Gravissimo l’atteggiamento del Segretario». La sindaca Silvia Romano: «Riflessioni da Azzeccacarbugli. Il Segretario ha solo rimarcato la contraddittorietà delle affermazioni del consigliere»

di Giuseppe Cerfeda
Dopo il consiglio comunale infuocato del 4 aprile scorso e il comizio in Piazza Garibaldi, il Movimento 5 Stelle e il gruppo consiliare Viviamo Tuglie denunciano «quanto accaduto nell’ultima assise», con particolare riferimento alla vicenda del cimitero comunale.
«Durante la discussione sull’ampliamento del cimitero», ha spiegato il capogruppo del M5S, Lorenzo Longo, «abbiamo segnalato che il nuovo campo di inumazione è stato realizzato a soli 20-25 metri dalle abitazioni, contrariamente ai pareri espressi dall’ASL sia nel 2013 che nel 2016, in cui si imponeva una distanza minima di 50 metri dal centro abitato. Ci siamo limitati a chiedere la verifica della legittimità delle delibere approvate, ma il Segretario comunale, invece di mantenere un atteggiamento tecnico e super partes, si è inspiegabilmente alterato, arrivando a pronunciare una frase tanto sconcertante quanto grave: “Ah, quindi state cercando di coprire qualcuno?”».
«Una frase», continua Longo, «che ci ha profondamente colpiti e che riteniamo del tutto inaccettabile. Non solo perché infondata ma soprattutto, perché detta da chi dovrebbe garantire il corretto svolgimento dei lavori consiliari in maniera neutrale e istituzionale. Siamo stati offesi e delegittimati davanti all’intero consiglio comunale e alla cittadinanza, e per questo motivo ci vediamo costretti a scrivere formalmente alle autorità preposte per segnalare quanto accaduto e chiedere verifiche approfondite su tutta la vicenda».
Nel corso del comizio pubblico in Piazza Garibaldi, il consigliere regionale del M5S, Cristian Casili ha inoltre evidenziato «gravi responsabilità dell’amministrazione comunale in merito al Piano Generale di Bonifica», sottolineando come il Comune non abbia «adottato gli atti necessari per richiedere l’esclusione delle particelle non servite dal tributo 630. Una grave mancanza che ha comportato, per molti cittadini, l’obbligo di pagare un contributo ingiusto, a differenza di quanto già ottenuto da altri Comuni della provincia di Lecce».
«Da mesi denunciamo l’inerzia del Comune su questo fronte», hanno concluso i consiglieri del gruppo ViviAmo Tuglie, «e non accettiamo che si provi ancora a scaricare la responsabilità sul Movimento 5 Stelle Regionale. La verità è che l’amministrazione, dal 2012 a oggi, non ha mai fatto nulla di concreto, e oggi i cittadini ne pagano le conseguenze».
Il Gruppo Consiliare insieme al Consigliere regionale Casili annunciano nuove iniziative nelle prossime settimane e garantiscono che non abbasseranno la guardia: «Continueremo a fare opposizione seria e costruttiva, senza sconti a nessuno. Dalla parte dei cittadini, sempre».
LA SINDACA: «COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI»
Da noi sollecitata non tarda ad arrivare la replica della sindaca Silvia Romano.
«Longo non perde l’abitudine di inciampare, e farsi male, sulla realtà dei fatti», attacca la prima cittadina, «ancora una volta cade nelle sue riflessioni da “Azzecagarbugli” scagliate contro l’amministrazione comunale».
La sindaca passa poi ad elencare la sua versione dei fatti: «All’inizio della seduta del consiglio comunale del 4 aprile esordisce con la pretestuosa ed infondata denuncia di una fantasiosa illegittimità della convocazione della seduta consiliare in quanto effettuata, a suo dire, oltre il limite massimo di tre mesi, invocando una norma del Tuel che nulla c’entrava con la sua accusa. Forse turbato e risentito dalla figuraccia appena rimediata, non contento, con la sua tipica teatralità da novecentesco avanspettacolo, pronuncia in sede di consiglio: la cosa più grave è che il campo di inumazione è stato realizzato dentro una fascia di rispetto cimiteriale, violando il limite dei 50 metri dal centro abitato! Poi invita il segretario comunale a verificare la legittimità degli atti».
«Il segretario fa notare che la sua affermazione conteneva una contraddizione in termini», prosegue la sindaca, «poiché i campi di inumazione stanno all’interno dell’area cimiteriale, mentre la fascia di rispetto è sempre esterna al cimitero determinando un vincolo di inedificabilità assoluta».
«Longo», prosegue non risparmiando un certo sarcasmo, «in stato confusionale, riafferma: “il campo di inumazione sta attaccato ai terreni ed alle case di privati”, facendo intendere che ci potessero essere costruzioni all’interno della fascia di rispetto di contorno al cimitero, con possibile violazione di legge. Invita, ulteriormente, invocando il buon senso, il segretario a mettersi “nei panni di chi abita lì”, virando su un piano diverso dalla legalità. A tali illazioni il segretario chiede: “Ah quindi sta cercando di coprire, forse, qualche…”. In tal modo il segretario con fermezza rimarca la contraddittorietà delle affermazioni del consigliere Longo e, soprattutto, la prevalenza dell’interesse pubblico alla realizzazione del campo di inumazione rispetto ad eventuali interessi di privati».
Secondo la sindaca Romano «il consigliere Longo trafitto da tutti si perde nelle sue infinite contraddizioni di natura politica e giuridica. In un suo post parla di una “distanza del campo di inumazione a soli 20 – 25 metri dalle abitazioni”, dichiarazione mai pronunciata durante la seduta del consiglio comunale! Altra confusione derivante da una scarsa conoscenza dell’aritmetica e della geometria».
«Delle due l’una», tira le somme, «chi dice bugie? Stiano attenti i cittadini delle acrobazie di verità del consigliere Longo e dalle sue pretese di ergersi sempre a mo’ di paladino della verità».
«A questo punto», conclude Silvia Romano, «non ci resta che invitare tutti i cittadini, qualora ce ne fosse ancora bisogno, a leggere il resoconto della registrazione riguardante l’argomento».
Attualità
Poste finalmente pronte a ricostruire la sede centrale di Tricase
Un anno dopo la bomba, la comunicazione al sindaco De Donno: “Terminate le operazioni propedeutiche. I lavori richiederanno cento giorni”

di Lor. Zito
Il prossimo giovedì sarà trascorso un intero anno dal furto con esplosione messo in atto presso l’ufficio postale centrale di Tricase, in piazza Cappuccini.
Da allora, quasi 365 giorni dopo, l’edificio appare ancora transennato e pericolante, ed i lavori per il suo recupero non sono partiti.
Abbiamo sollecitato Poste Italiane, richiedendo informazioni a riguardo. Informazioni che la cittadinanza, a sua volta, reclama a gran voce (anche bussando alla porta della nostra Redazione), nella spasmodica attesa di un ritorno alla normalità.
La scorsa estate su piazza Cappuccini, proprio alle spalle della sede oggetto di furto, Poste Italiane ha collocato un container mobile, quale sede temporanea utile a garantire la continuità del servizio dopo il danno patito.
Va da sé che, sino al ritorno in funzione dell’edificio originario, si tratta di una soluzione tampone, che spesso porta in dote disagi per l’utenza che vi si interfaccia.
E’ il sindaco di Tricase Antonio De Donno a restituirci informazioni sugli sviluppi in corso, alla luce di una comunicazione in queste ore giuntagli direttamente dal direttore della filiale: anche da Palazzo Gallone erano pervenute sollecitazioni sul tema.
“Poste Italiane ci ha comunicato la conclusione delle procedure propedeutiche all’avvio dei lavori, scusandosi per la loro procrastinazione“, spiega il primo cittadino. “Il ritardo, ci viene spiegato, è dovuto al fatto che le attività di verifica statica dell’edificio da recuperare sono state complesse e delicate, ed hanno richiesto molto tempo“.
“Non c’è ancora una data certa per la riapertura della sede“, aggiunge De Donno, “ma Poste Italiane ci ha indicato la durata prevista per l’intervento: dal giorno del loro inizio, i lavori richiederanno circa cento giorni per essere portati a termine“.
Non viene specificata una data di apertura del cantiere. Alla luce di quanto sin qui descritto, è lecito attendersela a stretto giro.
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