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Approfondimenti

Robot Sub made in Salento

ISME è capofila del Progetto Europeo di robotica subacquea WiMUST coordinato da Giovanni Indiveri dell’Università del Salento

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Si immergono in profondità, senza mai perdere il controllo. Sono tanti, collaborano e lavorano senza sosta per mappare i fondali. Non stiamo parlando di esperti subacquei con muta, bombola e pinne, ma di robot degli abissi: un vero e proprio sistema di robot subacquei intelligenti, che sanno come muoversi sott’acqua e comunicano fra di loro. Il tutto per migliorare notevolmente l’efficacia delle indagini geotecniche in mare. È quanto si prefigge di creare il Progetto Europeo WiMUST, www.wimust.eu, che è supportato nell’ambito di Horizon2020 e coinvolge Università, Enti di Ricerca e aziende da sei Paesi d’Europa (Portogallo, UK, Francia, Germania, Italia e Olanda).


Il coordinatore del progetto è il professor Giovanni Indiveri, docente di Robotica, Automatica e Sistemi di Controllo presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università del Salento.


La caratteristica fondamentale di WiMUST consiste nell’uso di una squadra di robot marini autonomi cooperativi, in grado di ottimizzare la qualità dei dati di rilevamento e variare la geometria della formazione durante l’esplorazione. Alcuni recenti sviluppi della tecnologia hanno evidenziato, infatti, la grande potenzialità dei gruppi di robot marini che agiscono in collaborazione: essi possono servire a migliorare enormemente i metodi disponibili per l’esplorazione dell’oceano.


La visione alla base di WiMUST è quella di sviluppare sistemi avanzati di controllo cooperativo,  per consentire ad un gran numero di robot marini di interagire attraverso la condivisione di informazioni, come un vero e proprio team.






Il coordinatore


“Il Progetto WiMUST è partito ufficialmente il 1 febbraio del 2015, coinvolgendo illustri Colleghi italiani, portoghesi, francesi, tedeschi, inglesi e olandesi. Dopo due anni di studi e prove in laboratorio e un primo esperimento in mare che si è svolto a fine 2016 a Sines in Portogallo, ci apprestiamo ad entrare nell’ultimo anno del progetto.”, spiega il coordinatore Giovanni Indiveri, che sottolinea: “Le tecniche fino ad ora utilizzate per l’esplorazione geotecnica e geofisica dei fondali, prevedono l’utilizzo di una nave che rimorchia una sorgente acustica, in grado di generare un suono che penetra la colonna d’acqua illuminando il fondale. Il segnale di ritorno è acquisito da gruppi di ricevitori (idrofoni) montati lungo cavi (streamers) a loro volta trainati in superficie dalla nave. L’insieme degli streamer formano un’antenna acustica di geometria prestabilita”.


Giovanni Indiveri di Unisalento, coordinatore del progetto WiMUST

Giovanni Indiveri di Unisalento, coordinatore del progetto WiMUST


“Nell’ambito di WiMUST si sta progettando un sistema alternativo in cui ogni streamer sarà trainato da un robot subacqueo. I robot potranno essere più vicini al fondale e ci si aspetta, di conseguenza, una migliore qualità del segnale; inoltre si punta a disaccoppiare la sorgente acustica dai ricevitori permettendo di cambiare la forma dell’antenna acustica ottimizzando quindi le caratteristiche dei rilevamenti. Questo comporta“, conclude Indiveri, “interessanti  problemi di ricerca quali, ad esempio, la sincronizzazione temporale tra sorgente e ricevitori e il coordinamento e controllo dei robot in navigazione.”.


I partners


Una ricerca stimolante, è il caso di dirlo, per il folto gruppo di ricercatori che afferiscono al Progetto WiMUST, le cui applicazioni potranno essere numerose in tutti quei campi dell’ingegneria in cui la mappatura dei fondali marini, la caratterizzazione del fondo marino, e l’esplorazione sismica sono operazioni fondamentali.


Il progetto riunisce un gruppo di istituti di ricerca, società di rilevamento geofisico e alcune PMI con una comprovata esperienza in sistemi autonomi, comunicazioni, reti di controllo cooperativo e di navigazione, progettazione e fabbricazione di robot marini.


Oltre all’ISME, Centro Interuniversitario di Sistemi Integrati per l’Ambiente Marino, al quale afferiscono diverse Università Italiane  (Università del Salento, Pisa, Genova e Cassino del Lazio Meridionale sono le Università di ISME che collaborano con WiMUST), sono coinvolti: IST Istituto Superiore Tecnico di Lisbona, CINTAL Centro di Investigazione Tecnologica di Algrave in Portogallo; l’Università di Hertfordshire in Gran Bretagna,  e poi le aziende EvoLogics, Graal tech, CGG, Geo Marine Survey Sistems e Geosurveys.


Sviluppi futuri


Il raggiungimento degli obiettivi del progetto sarà perseguito mediante ulteriori attività sperimentali, condotte dai partners utilizzando piattaforme robotiche già disponibili nel consorzio.


La tecnologia sviluppata è stata e sarà sperimentata in acque poco profonde (nell’ordine dei 20 metri), tuttavia le metodologie che sono alla base del progetto diventeranno immediatamente applicabili anche alle acque profonde. Ci si auspica che gli sviluppi scientifici e le innovazioni tecnologiche del progetto WiMUST saranno eventualmente sfruttabili in domini subacquei aggiuntivi: quelli relative alle operazioni di ricerca e salvataggio, monitoraggio ambientale e le applicazioni di sorveglianza, sminamento, subacquea archeologia subacquea e della pesca.


Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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Volte a Stella

Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta

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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.

Da quanti anni fa questo mestiere?

«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni.  Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».

È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?

«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».

Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?

«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».

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