Attualità
Rovinati dal gioco
I nuovi poveri. Figli della ludopatia: anziani, padri di famiglia, casalinghe, giovani disoccupati e studenti che mandano in fumo i risparmi, lasciandosi sedurre dalle illusorie promesse di vincite facili e sicure
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Gli ultimi dati della Caritas ci dicono che i “nuovi poveri” sono spesso figli della ludopatia: anziani, padri di famiglia, casalinghe, giovani disoccupati o anche studenti che mandano in fumo i risparmi, lasciandosi sedurre dalle illusorie promesse di vincite facili e sicure. Ecco perchè la III Commissione Sanità della Regione ha ritenuto opportuno approvare le “Modifiche ed integrazioni alla Legge regionale n. 43/2013 Contrasto alla diffusione del Gioco d’azzardo patologico”.
Il nuovo testo elenca una serie di divieti come quello relativo all’esposizione all’esterno dei locali e delle rivendite di cartelli, fotocopie o altro che pubblicizzino vincite passate o di giornata; al tempo stesso la Regione promuove accordi con le aziende di trasporto pubblico locale per l’adozione di un codice di autoregolamentazione che impedisca la concessione di spazi pubblicitari relativi al gioco a rischio. Un passaggio molto importante riguarda le distanze dai cosiddetti luoghi sensibili.
Secondo l’attuale legge regionale l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da: istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili.
Inutile girarci intorno, quella del gioco è una vera e propria dipendenza al pari di altre: come accade per i tossicodipendenti e per gli alcolisti, i danni sono devastanti. Ed anche la diffusione è impressionante: “Dei miei pazienti, 4 su 10 sono caduti nel vortice della ludopatia!”.
Lo afferma la psico antropologa e psicoterapeuta di Tricase, Giuliana Cazzato che, anche con l’associazione SDV di Alessano, è in prima linea nella guerra al gioco d’azzardo. Chiunque avesse bisogno di aiuto o volesse solo rendere la sua testimonianza può contattarci ad info@ilgallo.it o su whatsapp al 371/ 37 37 310: provvederemo, garantendo ovviamente l’anonimato a metterlo in contatto con l’associazione.
Il gioco d’azzardo nella storia
L’atteggiamento nei confronti del gioco d’azzardo è sempre stato ambivalente, nella storia si sono alternati periodi di permissivismo e addirittura promozione, a periodi di forte proibizionismo. Ovviamente nei secoli anche la percezione del gioco d’azzardo è cambiata ed ha attraversato diverse “fasi” anche concomitanti. La Chiesa ha tacciato il gioco come peccato, lo Stato come reato e infine la medicina, le scienze dell’educazione e la psicologia l’hanno definito come malattia e dipendenza.
La storia antica e moderna ci racconta come l’uomo sia sempre stato affascinato dal tentare la sorte. C’è anche chi ci vede un riferimento nell’Antico Testamento con Dio che esortò Giosuè a tentare la sorte nella scelta della Terra Promessa.
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Gli astragali
I primi riferimenti storici ai giochi d’azzardo vero e proprio risalgono alla Guerra di Troia, attorno al 1250 a.C. I primi dadi furono ideati da Palamede (personaggio mitologico esperto nell’arte bellica e valoroso guerriero noto per la sua anteposizione ad Odisseo): ognuno di essi si chiamava Astrogalo ed era una tavoletta composta da ossicine di capra o di montone, una sorta di antesignano dei nostri dadi (l’etimologia della parola “azzardo” rimanda proprio alla parola dado, deriva infatti dalla parola francese hazard, che a sua volta deriva dall’arabo az-zahr, cioè dado).
Gli egiziani avevano il corrispondente per il loro Senet gioco da tavolo considerato uno degli antenati del backgammon) che aveva dei bastoncini al posto delle ossa di capra. Nell’impero romano, nonostante il gioco fosse vietato, l’imperatore Augusto perdeva quasi 20mila sesterzi al giorno nel gioco. E non di meno fu Nerone. L’imperatore Claudio stilò un vero e proprio trattato sul gioco. Le carte da gioco, invece, furono diffuse sul pianeta dai cinesi nel 1300.
Nel XVII secolo Papa Benedetto minacciò tutti i giocatori di scomunica, il suo successore, Innocenzo XIII li riabilitò. E ancora: Garibaldi bandì totalmente il gioco dal suo Regno ma la novella Italia lo reinserì. Più recente il gioco del Lotto, adottato da tanti Paesi in Europa e nel Mondo che ne hanno visto una possibilità di fare cassa. Senza dimenticare la Belle Époque, vero e proprio emblema della deleteria accoppiata gioco e sesso: i soldi e il potere esercitano un certo fascino e in tanti, attratti dalla chimera dei soldi facili, sono andati incontro alla rovina. L’attività ludica è una necessità innata per l’uomo e questo lo dimostra il fatto che il gioco per i più piccini sia una necessità. Il problema è che nei giochi dei bimbi non si corrono rischi, mentre in quelli degli adulti il giocatore deve sottostare a regole ben precise e molto rischiose ed è proprio il rischio il motivo per il quale si accinge al gioco”.
“Ci cascano tutti, anche persone di buona cultura”
Nei periodi di crisi economica e quindi forte disagio, le persone si affidano ancora di più al gioco?
“Si sogna di poter cambiare la propria vita con un colpo di fortuna, soprattutto, ma non solo, tra i minorenni provenienti da famiglie meno abbienti: è questa la forza motrice che alimenta la volontà di giocare”.
Indro Montanelli diceva che la cultura è un vaccino contro tutti i pericoli. Nel caso della ludopatia?
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Giuliana Cazzato
“Da me vengono anche professionisti, persone di buona cultura ed alto ceto sociale che hanno questa problematica”.
Il ludopatico pur non avendo più soldi è disposto a tutto pur di giocare?
Qual è il campanello d’allarme che ti avverte di essere sulla soglia della ludopatia?
“Ognuno di noi dovrebbe esserne consapevole, confrontando quanto incide il gioco sulle proprie risorse. Il campanello d’allarme vero e proprio devono suonarlo i familiari o chi è vicino al ludopatico perché il giocatore non si rende conto della sua situazione. Vale lo stesso discorso degli alcolisti che hanno grande difficoltà ad ammettere innanzitutto a se stessi di esserlo. Purtroppo, il ludopatico si fa prendere la mano, come una mia paziente del Capo di Leuca che, dopo il primo gratta e vinci non riesce a fermarsi, magari vince una piccola cifra ma, poi, continua a giocare e, alla fine del giro, ha speso una cifra”.
“Solo la famiglia può salvarli”
Se il consiglio a chi ancora non si è fatto prendere la mano dal gioco è di andarci cauti, mi pare sia importante rivolgersi soprattutto ai familiari di chi invece è già nel vortice.
“Devono prendere la situazione in mano e rivolgersi a centri specializzati o a professionisti. Io faccio parte di un’associazione, Stile di Vita di Alessano, dove tratto queste problematiche, ovviamente nel pieno anonimato. Durante la terapia cerco di coinvolgere la famiglia e gli amici del paziente che dovranno vigilare attentamente perché il ludopatico sfugge come un’anguilla e, appena si ritrova 20 centesimi in tasca, se li gioca. Uno dei miei pazienti ha cominciato a giocare a 14 anni riducendo in povertà la famiglia: i genitori hanno dovuto vendere tutto perché non sono mai riusciti a frenare l’impulso di questo ragazzo che, pur di procurarsi il denaro, si è improntato anche spacciatore, indebitandosi sia con chi gli ha procurato la droga che con gli allibratori… Il suo è un loop pazzesco! Ricadere, poi, è molto semplice perché a queste persone non basta resistere all’impulso ma devono anche far fronte al bisogno di denaro, quindi sono ancora più attratti dalla chimera dei soldi facili”.
Eppure basta accendere la tv per guardare pubblicità che promettono ricchezza facile… “Si, anche se in maniera abbastanza ridicola lo spot finisce con la dicitura veloce che invita a giocare responsabilmente. Le slot-machine, poi, le puoi trovare ovunque, nei tabacchini, nei bar, nei ristoranti…”.
Qual è il gioco che secondo i dati in suo possesso crea maggiori disastri?
“Chi si rivolge a me si è inguaiato soprattutto con i gratta e vinci e le slot-machine, più raramente con il Lotto. Attenzione anche al gioco online, ti adescano con il bonus e poi non ne esci più. La piaga è molto diffusa tra le casalinghe che non avendo più la possibilità di lavorare cercano di arrotondare coi gratta e vinci o con altri giochi, finendo per mangiarsi tutte le entrate del marito. Sono tante le coppie in crisi a causa del gioco. In uno dei casi che seguo lei gioca in continuazione al Supernalotto, al 10 e Lotto e alle slot-machine: ha perso prima la dignità e poi anche il marito che ha chiesto la separazione. Allo stesso modo tante donne lasciano il marito proprio per la sua dipendenza dal gioco. Di situazioni simili nel Salento ce ne sono tantissime: tanti i casi di separazione, di squilibrio sociale e disagi che le famiglie vivono per colpa del gioco”.
Un ludopatico si alza dal letto già col desiderio di andare a giocare?
“Direi che non dorme! Il suo è un pensiero fisso e, spesso e volentieri, si astiene anche dal lavoro. Uno dei miei pazienti non è andato a lavorare per mesi perché preferiva stare davanti ad una slot-machine dalla mattina alla sera. Sono situazioni che ti portano a perdere l’etica, la dignità ed anche la voglia di vivere”.
Come se ne può uscire?
“Per quanto mi riguarda seguo dei protocolli ben precisi così come si fa in tutte le associazioni impegnate nella riabilitazione dei ludopatici. Esistono anche delle cliniche preposte alla cura di questo tipo di dipendenza. Si mettono i pazienti davanti al fatto compiuto: evento, stimolo comportamento e conseguenza. Si cerca di far comprendere al paziente a cosa va incontro. Con la mindfulness cerchiamo invece di spostare il pensiero ossessivo del gioco verso qualcos’altro di costruttivo per il paziente stesso”.
Cosa si può dire a chi si lascia ammaliare da una vincita facile?
“Vince sempre il banco, mai il giocatore! E anche in caso di fortuna, la ricchezza sarà effimera e destinata a consumarsi in altre giocate”.
L’appello finale è ancora rivolto ai familiari: “Se vi accorgete che un componente della vostra famiglia si è fatto prendere la mano, intervenite subito e, se la situazione è già grave, rivolgetevi ad un centro specialistico, alle associazioni sul territorio o a professionisti in grado di rimettere il ludopatico sulla retta via”.
Giuseppe Cerfeda
Attualità
Cassa integrazione: c’è luce in fondo al tunnel?
Primato nero per il Leccese sugli ammortizzatori sociali: il punto sulla flessione in atto con Mario Vadrucci (Camera di Commercio), Gabriele Abaterusso (Sud Salento srl) ed Antonio Bramato (OLC)
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di Lorenzo Zito
Un campanello d’allarme suona forte in provincia di Lecce nel mondo del lavoro e della produzione. Il Salento ha chiuso il 2024 con un primato da paura: siamo primi in Italia per aumento di ore di ammortizzatori sociali richieste rispetto all’anno precedente. Lecce (e provincia) segnano un +275% nel periodo gennaio-settembre 2024. La più vicina, Biella, si ferma ad un +188.
Il totale di ore autorizzate nel Leccese ammonta ad oltre 5milioni e 150mila. In media circa 69 ore per azienda. I dati snocciolati da “Il Sole 24 Ore” raccontano che (su scala nazionale) i settori più interessati dall’aumento d’ore di cassa integrazione sono: pelli-cuoio-calzature (+139,4%), abbigliamento (+124,7%), tessili (+74,6%) e meccaniche (+48,3%). Con quest’ultimo che, oltre ad essere tra i primi per aumento, segna il record di ore richieste: 152 milioni e 845mila (un abisso la distanza dal secondo, il metallurgico, che si ferma sotto i 30milioni).
Incrociando i dati, proviamo a fare zoom sulla nostra area andando a toccare con mano la situazione in essere in alcuni di settori citati (moda e meccanica) su quello che, sempre stando ai numeri, è il territorio più in affanno in tutto lo Stivale.
MARIO VADRUCCI. CAMERA DI COMMERCIO LECCE
Ci introduce all’argomento il presidente della Camera di Commercio di Lecce, Mario Vadrucci, che forte della sua esperienza pluriennale tra le pieghe dell’economia locale ci restituisce una fotografia del momento: “Questo periodo storico ci dimostra quanto le crisi internazionali impattano anche sul nostro Salento. A volte si fa fatica a immaginare che situazioni geopolitiche lontane abbiano peso su scala ridotta ed a migliaia di chilometri. Invece, la fase convulsa che viviamo sta mettendo in difficoltà diverse aziende, soprattutto piccole e medie realtà del calzaturiero e delle tessiture del Capo di Leuca, che in alcuni casi fanno i conti con la recessione. La dimensione di queste difficoltà è giunta forte anche ai nostri uffici. Al momento, il welfare sta permettendo di tamponare il problema, garantendo almeno, in alcuni casi, la permanenza della forza lavoro. Le emorragie di personale sono infatti la più grande mazzata per le aziende in crisi: riuscire a mantenere i propri dipendenti fino allo scollinare del periodo nero è vitale”.
La ripresa post pandemica, supportata da fondi istituzionali, per qualcuno ha creato una bolla che ha accentuato il contraccolpo che ora si accusa. Ma Vadrucci non è di questo avviso:
“È vero che fino ad un anno fa parlavamo di nuove assunzioni ed oggi ci lecchiamo le ferite, ma la crisi di determinati settori, come ad esempio quello del lusso, risente più delle tensioni attuali che delle scelte degli anni precedenti. I venti di guerra pesano sull’economia e ne provocano la contrazione. Il presidente Trump manifesta una voglia artificiosa di mettere fine a tutto ciò, senza un vero piano e senza il coinvolgimento delle parti in causa. Va da sé che, finché non c’è calma e tranquillità per le aziende, il domani è incerto. Attendiamo le mosse del nostro Governo, ma anche quelle dell’UE, per capire a cosa andremo incontro”.
GABRIELE ABATERUSSO, SUD SALENTO
Parliamo della Sud Salento srl con il suo responsabile amministrativo, il primo cittadino di Patù Gabriele Abaterusso.
La sua azienda opera con tre stabilimenti, tra Gagliano del Capo, Corsano ed Alessano. Il lavoro passa da una una mono-committenza: una produzione a marchio Gucci, realizzata per conto della titolare del brand, la “famiglia” Kering, multinazionale francese della moda di lusso.
La storica azienda della famiglia Abaterusso ha appena avviato una procedura di licenziamento per 120 dei suoi 335 dipendenti.
“Il Tavolo di crisi della task force regionale sta discutendo la possibilità della cassa integrazione in deroga, ma noi”, spiega Abaterusso, “abbiamo palesato come non faccia al nostro caso, mancando al momento una concreta prospettiva di ripresa. Piuttosto, abbiamo sottoposto il tema dell’aumento del costo degli ammortizzatori sociali a carico dell’azienda, che è quasi quadruplicato. Lo sosteniamo già da 15 mesi e spingerci oltre sarebbe molto rischioso per gli equilibri dell’azienda”.
La manodopera della Sud Salento è impegnata in due tipologie di reparto: taglio ed orlatura; montaggio e finissaggio. “Ci tengo a sottolineare”, continua Abaterusso, “che le difficoltà incontrate interessano unicamente il montaggio ed il finissaggio. Reparti che comunque non saranno dismessi, bensì ridimensionati. Nel 2022, abbiamo aperto degli altri reparti per le fasi di taglio ed orlatura ad Alessano. Qui abbiamo circa cento unità addette che non saranno intaccate dalla procedura di licenziamento”.
Il crollo degli ordinativi tocca infatti i soli reparti di montaggio e finissaggio, che sono passati da un fatturato di 10 milioni nel 2022 agli 8,8 del 2023 fino ad arrivare ai 4,2 milioni del 2024.
Ma Abaterusso ha una sua visione sulla situazione che il settore vive: “Sono fiducioso sul futuro. Nel nostro territorio il lusso e la moda hanno rappresentato e stanno rappresentando un’opportunità di lavoro e benessere per migliaia di lavoratori e famiglie. Penso che alla lunga continuerà ad essere così: quello della moda è un settore particolare, che ci ha abituato da sempre ad alti e bassi. Sicuramente col senno di poi possiamo dire che l’accelerata post Covid è stata eccessiva, ma la crisi ci racconta come tutto il settore del lusso sia difficoltà. Questo dipende sicuramente dalle tensioni globali e dalle novità che hanno interessato mercati come quello cinese e russo”.
Difficoltà sì, ma senza perdere il controllo: “In azienda avevamo optato per la settimana corta: vista la riduzione delle ore di lavoro avevamo chiuso i venerdì. Dalla scorsa settimana abbiamo ripreso a lavorare anche di venerdì, ma sempre con le catene di montaggio ridotte. Mentre ad Alessano i nuovi reparti di taglio e giunteria che avevamo tenuto in fermo prolungato hanno ripreso a pieno periodo”.
Prima di congedarci, un pensiero spontaneo: “Ci tengo a rivolgermi a coloro che perderanno il posto di lavoro. Da anni siamo abituati a fare i conti con una progressione e con l’aumento del lavoro e delle commesse. Una espansione che ci ha dato possibilità di offrire lavoro a molte persone, che sono diventate parte della nostra famiglia. Per noi questo è un momento di grande tristezza da cui ripartiamo prendendo un impegno: non ci accontenteremo del domani e non accetteremo questa condizione. Lavoreremo per restare competitivi e per cogliere la ripresa e le nuove occasioni che si presenteranno sul mercato, per poter tornare a collaborare con quelle persone da cui oggi siamo costretti a separarci”.
(Dopo la pubblicazione del nostro articolo, è giunta in Redazione una nota congiunta dei sindacati sulle procedure di licenziamento in atto. Sindacati che affermano: “Valuteremo con attenzione la procedura, anche alla luce del lavoro straordinario che si sta svolgendo”. Clicca qui per leggere l’articolo)
ANTONIO BRAMATO, OLC
Con l’ingegner Antonio Bramato facciamo il punto dalla prospettiva di OLC, azienda di Specchia che si occupa di costruzioni metalmeccaniche e carpenteria metallica.
“I nostri clienti sono soprattutto venditori di macchine movimento terra. Dalla lavorazione della materia prima sino al pre-assemblaggio ed alla verniciatura, passando per taglio, saldatura, lavorazione meccanica e via discorrendo, tutte le fasi trovano sfogo nella vendita finale, operata dai nostri committenti. Questo mercato è strettamente legato alle costruzioni ed agli appalti pubblici, ma va sé che risenta molto delle vicende internazionali (chiusura dei mercati russo, est europeo e asiatico, unita alla guerra dei dazi)”.
Come vanno le cose in OLC: “Ci aspettavamo una flessione nel settore, per come si è palesata nel 2024, e ci aspettiamo che perduri nel 2025. Il 2026 resta al momento un punto interrogativo. Ad oggi siamo in contratto di solidarietà. Contiamo di recedervi, salvo sorprese, dal prossimo anno. Si lavora a turno, a rotazione sui vari reparti. Non abbiamo avviato procedure di licenziamento, ma (a scadenza) abbiamo perduto i lavoratori a tempo determinato. La stessa normativa, del resto, prevede l’impossibilità di rinnovarli durante il regime di contratto di solidarietà. Con la forza lavoro a disposizione, lavoriamo attualmente all’80%. Prevediamo di riuscire a salire al 95% per agosto. Il nostro è un settore che risente anche della stagionalità: leggera flessione in inverno e ripresa tra primavera ed estate”.
Tavoli tecnici, Governo, Europa come dovrebbero intervenire? “La prima cosa da fare è quella di porre fine all’era dei bonus. Sin dalla pandemia, sono state utilizzate tante misure (dal famigerato Superbonus fino al PNRR) che si sono rivelate tossiche per il mercato. Non fanno che creare pericolose bolle. Se utilizzati male, bonus e incentivi portano ad investimenti sbagliati da cui è impossibile risollevarsi. Molte aziende, anche nostre concorrenti, li hanno utilizzati per nuovi capannoni ed aumento del personale. Investimenti ottimistici (con annessi fatturati drogati) che in breve tempo si sono rivelati distaccati dalla realtà.
Non a caso fino a pochi anni fa era difficile reperire forza lavoro qualificata, mentre oggi queste figure, licenziate altrove, si presentano alla nostra porta da sole”.
Attualità
I sindacati sui licenziamenti della Sud Salento: “Potrebbero fare di più”
In una nota congiunta Filctem Cgil, Femca Cisl e UILTEC promettono di “vigilare e valutare bene la procedura: in questi giorni, operai impegnati in straordinari”
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Dopo il nostro approfondimento sul tema CIG in Salento arriva una nota a firma congiunta delle sigle Filctem Cgil, Femca Cisl e UILTEC, che prendono parola sulla procedura per il licenziamento di 120 lavoratori avviata dalla Sud Salento srl (in foto). La pubblichiamo integralmente qui di seguito.
“La scelta della Sud Salento di Gagliano del Capo di aprire la
procedura per il licenziamento per 120 lavoratori sarebbe
totalmente inaccettabile se non fosse arrivata in un innegabile
momento di profonda difficoltà del TAC (tessile abbigliamento
calzaturiero), più un anno di CIG aziendale trascorsa e, in
particolare, la profonda crisi che da tempo attraversa il settore
calzaturiero, specificatamente per i reparti di montaggio della
calzatura.
L’aggravante ancor più evidente è che l’azienda produce quasi
esclusivamente per il gruppo Kering, con produzioni totalmente in
marchio Gucci e, per gli addetti ai lavori, è conosciuta la situazione
non proprio rosea degli andamenti di vendita di Gucci.
Riteniamo però che sia il marchio (Gucci) e prima ancora l’azienda
che alimenta Sud Salento (Pigini), con l’azienda stessa, debbano
fare uno sforzo ulteriore a ridurre il numero di posti di lavoro che si perderebbero in un lembo d’Italia dove non sarebbe solo alquanto difficile, sicuramente impossibile, ricollocarsi sul mercato del lavoro.
Valuteremo bene la possibile firma dell’accordo con il numero di licenziamenti dichiarati anche alla luce dell’attuale aumento della produzione e, secondo quello che ci riportano i lavoratori, del lavoro straordinario che si sta svolgendo in questi giorni.
Necessita ridurre le unità in esubero e traguardare un affidabile ed
equilibrato rilancio aziendale con una vera negoziazione tra le parti
per non dover ricorrere a enti ed istituzioni esterne (Task Force
Regionale per l’occupazione, ecc.) quali regolatori terzi della difficile
vertenza in atto”.
Alessano
Gli arredi in piazza spaccano Alessano
Lanciata una raccolta firme per chiedere di rivedere l’installazione delle nuove panchine. Il sindaco: “Dialoghiamo, ma…”
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Petizione popolare ad Alessano per richiedere “una piazza priva di barriere ed ostacoli”. L’ha indetta un gruppo di cittadini guidato da Massimo Vasquez Giuliano, Giuseppe Sergi e Maurizio Scalese. Il sabato (mattina e pomeriggio) e la domenica mattina, fino al prossimo 23 marzo, si terrà una raccolta firme per il destino della centralissima piazza Don Tonino. Location della raccolta è la stessa piazza, sotto l’orologio (sul nostro cartaceo, andato in stampa giovedì, è indicata la sede che era stata individuata in prima battuta, ossia il Vescovado. Sede variata dopo ottenimento di autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico).
L’obiettivo dei promotori dell’iniziativa è renderla “esente da rischi e pericoli. Sicura, ospitale, accogliente e inclusiva. Accortamente regolamentata, in modo da favorirne la pubblica fruizione. Una piazza”, continuano i firmatari, “che rispetti la storia che la circonda e la impreziosisce”.
All’attenzione diretta della cittadinanza e del Comune viene portata la presenza dei nuovi arredi urbani ivi installati. “Ne richiediamo la rimozione o, al più, la rimodulazione della loro sistemazione al fine di rendere il tutto più gradevole e meno impattante”. Inoltre, viene proposta l’utilizzo di sistemi alternativi alla regolamentazione del traffico, “come la creazione di una ZTL con apposite telecamere oppure l’installazione di dissuasori automatici a scomparsa che consentano l’attraversamento della piazza a mezzi autorizzati o d’emergenza”.
Il sindaco
Il sindaco di Alessano, Osvaldo Stendardo, non si scompone dinanzi alla richiesta: “Abbiamo accolto la richiesta di dialogo dei firmatari”, ci spiega, “ed incontrato in riunione i commercianti. Abbiamo predisposto anche un incontro sul tema anche con il Comandante della polizia locale e con l’ufficio tecnico, visto che si tratta di provvedimenti di natura più gestionale che amministrativa. Abbiamo, insomma, rassicurato i promotori sul fatto che avremmo preso in considerazione ogni eventuale criticità. Era stato richiesto l’utilizzo dell’ufficio anagrafe per la raccolta firme, ma non è possibile chiaramente tenerlo aperto nei giorni festivi, pertanto avevamo suggerito la collocazione in piazza, con l’autenticazione a cura di un consigliere comunale. La petizione è un atto di democrazia, ma ci stupisce, a questo punto, vedere che nonostante quanto detto la raccolta firme continui”.
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