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Attualità

Scuola: il liceo e la scelta del dopo

Classico e Scientifico in calo: in una società sempre più protesa all’immediato, si fa avanti l’esigenza più strumentale di un titolo che si possa utilizzare da subito

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a cura di Hervè Cavallera


Tra le notizie apparse in questi giorni sulla stampa si leggono quelle sul decremento del numero degli studenti e del calo delle iscrizioni ai licei e in particolare al liceo classico. Che vi sia una diminuzione demografica è un fatto assai grave e complesso e va analizzato in altro contesto. Al momento, per quanto riguarda immediatamente il mondo scolastico, si può rimediare con un minor numero di alunni per ogni classe, il che gioverebbe non poco ad una più efficace azione didattica e inoltre eviterebbe perdite di posti di lavoro per i docenti. Per ciò che concerne, invece, il calo di iscrizioni al liceo classico (e al liceo scientifico) è opportuno rilevare che in questa sede si intende parlare di tali scuole in senso tradizionale ossia come tali erano conosciute a sé stanti, prima che le leggi sull’autonomia scolastica promuovessero una serie di istituzioni onnicomprensive.


Premesso questo, è giusto richiamare qualche notizia storica.

La Legge Casati prevedeva solo la presenza del liceo classico che garantiva l’accesso alle facoltà universitarie. Era pertanto evidente che ad esso si indirizzassero coloro che avevano intenzione e possibilità di continuare gli studi (basti pensare che nel meridione continentale d’Italia l’unica sede universitaria era Napoli).


A fine Ottocento si discusse della possibilità di un cosiddetto “liceo moderno” senza l’insegnamento del Greco e con l’aggiunta dello studio di due lingue straniere e così delle sedi di tale liceo furono realizzate dal ministro Credaro nel 1911. La riforma Gentile del 1923 modificò tutto. Fu confermato il primato del liceo classico, ma ad esso, di là degli istituti tecnici, furono aggiunti il liceo scientifico e l’istituto magistrale. Si legge nel Regio Decreto 1054 del 6 maggio 1923 che l’istruzione classica ha per fine di preparare alle università ed agli studi superiori; l’istruzione tecnica ha per fine di preparare all’esercizio di alcune professioni; l’istruzione magistrale ha per fine di preparare gli insegnanti delle scuole elementari; i licei scientifici approfondiscono la cultura scientifica per coloro che hanno intenzione di iscriversi nelle facoltà di Scienze e di Medicina e Chirurgia.

La presenza dell’insegnamento del Latino era assicurata, oltre che nei licei classici, nei magistrali e nei licei scientifici.

Il diploma del liceo classico consentiva l’accesso a tutte le facoltà universitarie mentre il diploma del liceo scientifico non permetteva l’accesso a Lettere e Filosofia e a Giurisprudenza, ma lo accordava a tutte le altre facoltà; coloro che conseguivano il diploma magistrale potevano poi accedere, previo concorso di ammissione, a quella che sarebbe divenuta la facoltà di Magistero.    Si trattava di un sistema scolastico fortemente piramidale (come del resto era nel passato) e tale rimase sino ai tempi dei tumulti sessantottini. La legge 910 dell’11 dicembre 1969 (secondo governo Rumor) liberalizzò, infatti, l’accesso a tutte le facoltà universitarie con conseguenze non sempre felici, rendendo il sistema scolastico di natura cilindrica.

Il Professor Hervé Cavallera




Ad ogni modo, è chiaro che i due licei, classico e scientifico, erano gli assi portanti della scuola italiana proprio perché la formazione in essi impartita garantiva (o doveva garantire) la maturità necessaria per affrontare le facoltà universitarie, riservando Lettere e Filosofia e Giurisprudenza ai soli diplomati del liceo classico in base al mancato studio del Greco nel liceo scientifico.

Inoltre la presenza dei licei non era ancora così diffusa come sarebbe diventata a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Pertanto, da un punto di vista storico il liceo classico mantiene nell’immaginario collettivo la figura della scuola secondaria superiore per eccellenza sia perché il più antico sia perché  conserva l’aura del tipo di scuola che consente l’accesso a tutte le facoltà universitarie. Gli studenti che si iscrivono al classico sono ben consci di proseguire gli studi nell’università. Ora, a prescindere da tali ragioni e dalle situazioni contingenti (come la qualità dei professori, umanamente mutevole da sede a sede) occorre pensare se effettivamente i due licei (classico e scientifico) siano le scuole per eccellenza.

La risposta è appunto nel fatto che mentre tutte le altre scuole avevano e hanno come fine una figura ben precisa di professionista (ragioniere, geometra, maestro elementare, ecc.), i due licei, rinviando la scelta professionale all’università, dovevano (e devono) avere nel loro interno un carattere formativo generale in una visione prevalentemente umanistica secondo la tradizione italiana. Sono state, cioè, concepite come scuole volte soprattutto a formare la visione culturale generale dell’allievo; non che tale compito sia assente nelle altre, ma queste ultime hanno una specifica e sovrastante finalità professionale che non vi è nei licei.

Ne segue che se la scuola è una istituzione che attende allo studio, è evidente che i licei proprio per la non spendibilità immediata del loro titolo hanno o vorrebbero avere  una massima attenzione formativa generale che le altre scuole non hanno.

Se questo è vero, il calo della frequenza liceale non significa di per sé il declino di tali scuole, ma il fatto che in una società sempre più protesa all’immediato e con poca chiarezza di prospettive a lungo termine, si fa avanti l’esigenza più strumentale di un titolo che si possa utilizzare da subito, pur dando per scontato che comunque gli studi verranno continuati, come che sia, nell’università.

Sotto tale profilo, si riscontra la realtà di un tempo incerto, in cui, come si vede attraverso i Piani dell’Offerta Formativa, diventa decisiva la capacità orientativa che gli istituti scolastici cercano di mostrare nei loro open day.

Da questo punto di vista, le scelte dei corsi scolastici tradizionali (quali il liceo classico e il liceo scientifico) possono essere espressione di una ponderata scelta da parte di allievi e genitori, prescindendo da massificazioni che educativamente non significano alcunché.

Attualità

Gagliano del Capo, mobilitazione per il piccolo Marcello

L’associazione La Fara di Gagliano del Capo raccoglie 5mila euro per il bambino affetto da leucemia. La presidente Orietta Piccinni: “Abbiamo una certa predisposizione a far del bene. Anche l’ultima donazione per il piccolo Marcello è stata una giornata piena di emozioni”

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Nel giro di poche settimane, l’associazione La Fara con sede a Gagliano del Capo ha raccolto 5mila euro per il piccolo Marcello, affetto da leucemia.

I membri dell’associazione hanno già raggiunto importanti traguardi lavorando e mettendo in campo le proprie forze e risorse per realizzare progetti di beneficenza.

L’idea che ha dato vita a queste iniziative nasce da Cinzia Greco, che ha saputo trasformare le difficoltà in una vera e propria “missione”.

La presidente Orietta Piccinni afferma: “Abbiamo una certa predisposizione a far del bene. Anche l’ultima donazione per il piccolo Marcello è stata una giornata piena di emozioni, un momento speciale che ha lasciato un segno profondo nei nostri cuori. Abbiamo condiviso sorrisi, abbracci e speranza, perché per noi ogni bambino è una stella che illumina il cammino, e noi saremo sempre lì, a seguirne la luce”.

Come per tutti i nostri piccoli guerrieri”, aggiunge, “anche per il nostro supereroe Marcello il nostro percorso non si ferma qui. Non si tratta di un progetto che si conclude, ma di un cammino che prosegue, di una presenza che resta. Noi non li abbandoniamo mai, continuiamo a essere accanto a loro e alle loro famiglie, con tutto il sostegno e l’affetto che possiamo donare”.

Tante le manifestazioni di affetto e ringraziamento nei confronti dell’associazione.

Come sottolineano alcuni familiari che sono stati coinvolti in eventi sociali di beneficenza, “con La Fara si è intrapreso un nuovo e importante cammino. Grazie per il tempo e per l’amore che dedicate a ogni vostra iniziativa. Il vostro aiuto è sempre prezioso, la vostra presenza è sempre indispensabile. Mettete davvero il cuore in tutto quello che fate e ce lo dimostrano i fatti”.

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Attualità

Carnevale di Corsano e del Capo di Leuca: vincitori e classifica

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Il carro del gruppo “Quelli che il macello”, capitanato da Carlo Morrone, trionfa alla 41ma edizione del “Carnevale di Corsano e del Capo di Leuca”.

Tra l’entusiasmo di migliaia di persone, che hanno riempito i grandi viali della zona industriale corsanese, la storica compagnia ha convinto la giuria presentandosi con il carro “Il silenzio del cambiamento”, dove Madre Natura svettava dall’alto dei suoi 13 metri di altezza.

Al secondo posto della grande kermesse organizzata dalla Pro Loco di Corsano, presieduta da Salvo Bleve, si è piazzato il gruppo “Mare di guai” (capocarrista Marco Chiarello) con il carro “Super Mario”.
Terzo gradino del podio al gruppo “Picca ma boni” di Patù (capocarrista Francesco De Nuccio) con il carro “Io non sono di questo pianeta”.

A chiudere la classifica il gruppo “Mir” (capocarrista Roberto Buccarello) con il carro “Carrousel”.
Per i gruppi di ballo, al primo posto si è classificato “Amidarte in Bollywood” (l’unico dei cinque gruppi in gara non collegato a carri). Secondo posto al gruppo “Fairy Wonderland”. In terza posizione il gruppo “La giostra dei sorrisi”. Fuori podio si sono classificati al quarto posto “Let’s-a-go!” e al quinto “Le aliene stellari”.

“E’ stata un’edizione fantastica – il commento a caldo del presidente Bleve – le migliaia di presenze ci hanno gratificato degli sforzi di questi mesi. Grazie a tutti i volontari senza i quali tutto questo non ci sarebbe”.
“Continueremo nel rafforzamento della manifestazione – la promessa del sindaco Francesco Caracciolo – convinti che sia un formidabile attrattore per il nostro territorio e l’intero Capo di Leuca”.

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Appuntamenti

La campagna referendaria della Cgil parte da Melendugno

In vista dei referendum su lavoro e cittadinanza, il sindacato riunisce oltre 200 delegati; tra il 15 aprile e il 15 giugno il corpo elettorale nazionale sarà chiamato a pronunciarsi sui cinque quesiti

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Via alla campagna referendaria per migliorare la legislazione sul lavoro e sulla cittadinanza.

Oltre 200 delegati, attivisti e funzionari della Cgil si riuniranno giovedì 6 marzo a Melendugno nell’Assemblea che riunisce tutte le Assemblee generali delle Categoria aderenti alla Cgil di Lecce.

L’appuntamento è al Nuovo Cinema Paradiso in piazza Risorgimento alle ore 9,30.

Sarà l’occasione per avviare su tutto il territorio provinciale una grande discussione sul valore della democrazia e del voto, sui quattro referendum sul lavoro e sul referendum sulla cittadinanza.

Dopo i saluti di Maurizio Cisternino, sindaco del Comune di Melendugno (che patrocina l’iniziativa), sono previsti la relazione del segretario generale della Cgil Lecce, Tommaso Moscara, e l’intervento della professoressa Monica Mc Britton, docente di Diritto del Lavoro presso l’Università del Salento.

A seguire prenderanno la parola delegate e delegati, fino alle conclusioni affidate al segretario organizzativo della Cgil Puglia, Salvatore Arnesano.

Lo slogan che accompagnerà la campagna referendaria è “Il voto è la nostra rivolta”: una “rivolta” che non è altro che l’esercizio della democrazia.

Abbiamo tutti la possibilità di modificare immediatamente la legislazione sul lavoro, per renderlo più stabile, più tutelato, più dignitoso, più sicuro. Basta andare a votare”, spiega Moscara.

Attendiamo a breve la data del voto: comprendiamo bene le difficoltà e la disaffezione che spesso sviliscono le tornate elettorali, ma questa è un’occasione unica per combattere i licenziamenti illegittimi, per limitare il ricorso ai contratti precari, per chiamare a responsabilità le stazioni appaltanti sul tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, per ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia per presentare domanda di cittadinanza. Con cinque Sì possiamo tutti quanti insieme migliorare la nostra società”, prosegue.

Tra il 15 aprile e il 15 giugno il corpo elettorale nazionale sarà chiamato a pronunciarsi sui cinque quesiti.

Nelle prossime settimane, il Comitato per il Sì promuoverà assemblee e iniziative su tutto il territorio provinciale per informare la cittadinanza sugli obiettivi dei cinque referendum e sull’importanza di votare “”.

Il primo quesito intende stoppare i licenziamenti illegittimi nelle imprese con più di 15 dipendenti, per tornare alla legislazione precedente all’introduzione del Jobs Act (sono interessati circa 3,5 milioni di persone).

Il secondo vuole estendere le tutele contro i licenziamenti illegittimi anche a lavoratrici e lavoratori dipendenti delle micro e piccole aziende, quelle con meno di 16 dipendenti (il quesito riguarda 3,7 milioni di persone).

Il terzo quesito, in caso di affermazione del Sì, può dare risposta a 2,3 milioni di lavoratrici e lavoratori precari, ripristinando le causali che giustificano il ricorso a contratti a tempo.

Il quarto quesito intende abrogare le norme in vigore per estendere la responsabilità della sicurezza sui luoghi di lavoro in appalto anche al committente.

Infine, il quinto quesito vuol ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia per poter avviare le pratiche per ottenere la cittadinanza italiana (sarebbe una conquista decisiva per 2,5 milioni di persone che nascono, crescono, abitano, studiano, lavorano e pagano le tasse in Italia).

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