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Approfondimenti

Sud-Est: “Subito il piano industriale”

Giancarlo Tramacere (Filt-Cgil): “È la più estesa rete ferroviaria d’Italia, nessuno può permettersi il lusso di mandarla in aria”

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La situazione venutasi a creare in seno alle Ferrovie Sud Est sta mettendo in seria apprensione i 1.284 dipendenti che, naturalmente, temono per il loro posto di lavoro. Molti lavoratori hanno lamentato il pagamento in ritardo degli stipendi anche se, in realtà, si è trattato quasi sempre di pochi giorni eccetto che per la mensilità di ottobre, versata solo alla metà del mese successivo. Secondo i soliti informati, FSE sarebbe debitrice nei confronti della BNL di una cifra di circa 71 milioni di euro, così la Banca Nazionale ad ogni 27 del mese si prenderebbe qualche giorno prima di versare: una sorta di manifestazione di disagio da far giungere all’azienda dei trasporti pugliese anche se, alla fine, gli unici ad accorgersi veramente di ciò che sta accadendo sono stati i poveri dipendenti, che non vedevano accreditato per tempo il loro stipendio e rimanevano col fiato sospeso fino a che ciò non accadeva.


Altro aspetto inquietante: alcuni lavoratori hanno scoperto che l’azienda non ha versato molte rate del trattamento di fine rapporto (TFR) e ci sarebbe anche chi avrebbe denunciato ammanchi fino a 30mila euro. Su questo ovviamente dovrà esprimersi la magistratura nei confronti dei dirigenti defenestrati.


In ultimo, ma solo cronologicamente, i dipendenti hanno lamentato di subire pressioni dall’azienda in nome della salvezza del posto di lavoro. Il coro è unanime: “Non possono chiederci ulteriori sacrifici!”. Il riferimento è anche al pagamento degli straordinari che, però, visto il sottodimensionamento dell’organico (1.284 di cui 200 cosiddetti inidonei sovrannumero e quindi non in grado di svolgere molte mansioni), sono quasi fisiologici e, come previsto dalla legge, vanno retribuiti come tali.


“Non subiremo passivamente”


Di tutte queste vicende se ne sta occupando in prima persona anche il segretario provinciale della Filt – Cgil, Giancarlo Tramacere: “Lo stipendio ad oggi è stato sempre riconosciuto. L’ultimo, quello di marzo, in ritardo di qualche giorno anche per la concomitanza con le festività pasquali: il 29 mattina lo stipendio era, però, già versato. Fino a qualche tempo fa la vecchia gestione di FSE, nonostante tutte le sue riconosciute pecche, pagava sempre in modo puntuale, anticipando addirittura nei periodi festivi. Il ritardo delle ultime mensilità è stato solo di pochi giorni, non una cosa piacevole ma comunque non un problema gravissimo fino a che il ritardo sarà di appena 24-48 ore, una bazzecola soprattutto se paragonato ai ritardi macroscopici di altre aziende”.


Giancarlo Tramacere

Giancarlo Tramacere

Il problema vero da affrontare con cautela e severità, invece, secondo Tramacere, è quello relativo alla continuazione lavorativa: “Tutto sembra essere in ballo, non c’è ancora nulla di definito.  Siamo ancora in attesa di un piano industriale che la Sud Est sta facendo realizzare per proprio conto”. I sindacati non sono coinvolti? “Hanno cercato di farlo insieme a noi, impedendoci, però, di dire la nostra. Ho l’impressione che non cerchino un vero e proprio dialogo ma solo una sorta di accettazione di quelle che sono o saranno le loro condizioni, approfittando del commissariamento in atto e sentendosi nelle condizioni di fare e disfare come vogliono. Ovviamente non subiremo passivamente”.


Vista l’attuale situazione, può bastare un nuovo piano industriale per rimettere sui binari giusti la Sud Est? “Rispetto alle cifre che venivano fuori qualche mese fa e che sfondavano il tetto dei 300 milioni di euro, i 160 e passa di debito dichiarati oggi, non dovrebbero essere un ostacolo insormontabile. Molto probabilmente, con un piano industriale fatto bene, in 2-3 anni si potrebbe tornare in carreggiata”. C’è poi il mancato versamento di decine di rate di TFR, “frutto della mala gestione della vecchia dirigenza. I dipendenti hanno tutti gli strumenti per recuperare quei soldi”.


Delle 1.400 cause di lavoro per una società con 1.284 dipendenti che ci dice? “Che a pensar male si fa peccato ma… Da quello che è venuto fuori in questi giorni, pare proprio che i vertici dell’azienda spingessero i dipendenti ad una causa legale per proprio tornaconto e per quello di una serie di studi legali con avvocati amici loro che aspettavano a braccia aperte”.


Per il futuro, però, ci sembra ottimista… “Ottimista forse è troppo, ma nulla è ancora perduto. La FSE gestisce 474 km di linee ferroviarie nelle quattro province meridionali della Puglia, collegando fra loro le città di BariTaranto Lecce e i loro rispettivi Comuni. Dopo quella statale è la più estesa rete ferroviaria omogenea d’Italia, se non d’Europa, e nessuno si può permettere il lusso di mandare all’aria tale struttura, per non parlare poi dei posti di lavoro. Anzi, soprattutto per il Salento, la FSE dovrebbe essere ammodernata e rilanciata”.


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Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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Volte a Stella

Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta

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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.

Da quanti anni fa questo mestiere?

«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni.  Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».

È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?

«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».

Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?

«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».

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