Attualità
Vertenza Enel-Sindacati: «È mobilitazione!»
Nota congiunta di Filctem CGIL, Flaei CISL e Uiltec UIL: «Enel lancia una sfida senza precedenti a lavoratori e sindacato, annunciando esternalizzazioni di attività Core e un cambio epocale di orario di lavoro per gli operativi di e-distribuzione senza accordo con il sindacato. Le assunzioni previste nel triennio produrranno addirittura una contrazione degli organici. Con lo stesso metodo ci attendiamo l’ulteriore comunicazione che riguarderà lo Smart Working»
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«ENEL, azienda centrale per il Paese e fondamentale per guidare la transizione energetica, è ormai una Azienda solo concentrata a contenere la spesa, arretra sul piano delle tutele, non ha visione per il bene del Paese, è incapace di creare valore»: lo sostengono in una nota congiunta, che vi proponiamo di seguito, le segreterie nazionali Filctem-Cgil, Flaei-Cisl, Uiltec-Uil
ENEL: «SFIDA APERTA AI LAVORATORI»
Il sindacato si appresta a mettere in campo dure azioni di lotta e lancia due hastag da utilizzare su tutti i Social e commenti sui post, da oggi e fino alla fine della vertenza: #EnelSmobilita #ilSindacatoMobilita.
Premessa
«Enel è una azienda che gestisce una concessione che le è stata affidata dallo Stato, vive di costi riconosciuti, ha ricavi altissimi (particolarmente in e-distribuzione) e un costo del lavoro che incide pochissimo sul bilancio. Enel è una azienda pubblica, pur se fortemente partecipata da privati e di fatto gestisce i soldi delle bollette degli italiani. Enel è l’Azienda italiana con la maggiore capitalizzazione in Borsa ed ha il compito centrale di sviluppare, all’interno di una transizione energetica epocale, un piano industriale espansivo e utile al bene del Paese. Se, come tutti sanno, il vettore del futuro sarà quello elettrico, Enel ha il preciso dovere di affrontare questi anni difficili – ma di espansione del proprio business – con senso di responsabilità, avendo ben chiara la propria missione sociale, ancor prima di quella finanziaria».
Il racconto di quanto sta accadendo
«Il sindacato da qualche tempo sta contrastando un atteggiamento del management di Enel, esclusivamente utile agli azionisti privati e per nulla orientato al bene comune. C’è certamente da porre attenzione al bilancio, bilancio che ha dei debiti significativi, causati da scelte poco ponderate in passato. Se possono essere comprensibili le scelte di alleggerimento della propria presenza all’estero ciò che non possiamo accettare è l’ingiustificata riduzione del costo del lavoro e delle conseguenti tutele, un sistema che in Enel non aveva mai attecchito in precedenza. In questi anni i lavoratori hanno visto efficientamenti spinti ma nonostante questo hanno continuato a mettere in campo quel senso del dovere che da sempre caratterizza il loro operato. A tutto però c’è un limite.
Ci sembrava che la nostra impostazione avesse fatto breccia quando tre anni fa, per gli stessi motivi, organizzammo uno sciopero che ha registrato una partecipazione altissima. Da quel momento l’Azienda ha concordato con il sindacato un congruo numero di assunzioni, con l’obbiettivo di assicurare la reperibilità uno su quattro e per rinforzare tutte quelle aree bisognose di personale, proprio in virtù dei compiti che la transizione energetica richiede. Questo cammino, che ha consentito in questi tre anni pianificare assunzioni per quasi tremila giovani, sembra essersi bruscamente fermato.
In questi mesi abbiamo assistito a decisioni unilaterali, prese senza spiegarne il senso, che hanno altresì portato ad un forte rallentamento delle assunzioni pianificate, il blocco completo degli straordinari, le trasferte e da ultimo addirittura lo strumento delle trasferte concordate (strumento utile a tutti che stava ottimamente funzionando).
Ma non solo: mentre Luxottica, Lamborghini e tante altre aziende sperimentano la settimana corta, altre stanno sperimentando lo Smart Working illimitato per attirare talenti (Sace), in altri ambiti si anticipano gli aumenti contrattuali per contrastare gli effetti di una feroce inflazione, ecc., ecc., i nuovi responsabili hanno pensato bene di tornare… al secolo scorso: ridurre lo Smart Working, riproponendo quindi una sorta di comando e controllo delle attività di lavoratrici e lavoratori. Per recuperare efficienza (ricordiamo che Enel è l’azienda tra le più efficienti al mondo se non la più efficiente in assoluto) Enel ha pensato bene di continuare a proporre l’esternalizzazioni di attività Core come le manovre in cabina secondaria (attività altamente strategica e pericolosissima sul versante della Sicurezza) e addirittura vorrebbe forzare la mano per imporre, senza accordo con il sindacato, un cambio epocale di orario ai lavoratori operativi.
Un negoziato che va avanti da mesi, un braccio di ferro di cui avevamo perso memoria. Vale la pena ricordare che il sindacato, contrario ad una diminuzione dello Smart Working e ad affidare ulteriori attività strategiche – ed imposte dagli obblighi della concessione – aveva già affrontato una discussione per una sperimentazione oculata degli orari sfalsati. Solo che quando siamo andati “a vedere le carte”, diversi mesi fa, ci siamo accorti che ciò che prevedeva la proposta, era di fatto un arretramento economico inaccettabile: con il nuovo orario l’Azienda avrebbe risparmiato decine di milioni di euro, finanziando così circa 400/500 assunzioni! In pratica tutto questo significava togliere (tanti) soldi in tasca ai lavoratori per fare assunzioni di cui necessita urgentemente (per via dei precedenti efficientamenti che hanno portato ad uno svuotamento di tante aree aziendali e particolarmente di quelle operative) e un conseguente aumento dei volumi di lavoro che stanno portando allo sfinimento migliaia di lavoratori. Vi è poi una particolarità davvero inaccettabile: il sistema che si sta usando con sempre maggiore intensità riguarda i provvedimenti disciplinari. Una leva che rappresenta un ultimo disperato metodo di coercizione.
Il sindacato in questi mesi ha chiesto altro: confronto sulle attività esclusive e distintive per conservare il mestiere elettrico all’interno dell’Azienda, premi di produzione più alti, un welfare più rispondente ai nuovi bisogni (vale la pena ricordare che il fondo sanitario, il FISDE, non vede aumenti dal lontano 2005…), relazioni industriali veramente e pienamente partecipate, verifiche degli inquadramenti e nuovi percorsi professionali, verifica dei modelli organizzativi (quello di distribuzione, a partire dalla ultima riorganizzazione non ha mai funzionato, ma anche altre aree tipo Green Power sono in forte sofferenza, insieme al mercato, ecc.), dimensionamento organizzativo (assunzioni) a fronte degli ingenti investimenti derivanti dal PNRR, sperimentazione settimana corta, trasparenza nei riconoscimenti professionali, verifica dello stato delle sedi e tanto altro che ci segnalano costantemente dai luoghi di lavoro».
A proposito di sedi aziendali
«È etico spendere milioni di euro per le due strutture centrali di Piazza Verdi e Viale Regina Margherita, lasciando tutto il resto a rischio chiusura per la fatiscenza delle stesse?
Le promesse fatte al sindacato su questo tema erano chiare: rifacimento delle sedi di Direzione generale, riammodernamento completo, con pari standard qualitativi per quelle periferiche (diverse delle quali versano in uno stato vergognoso perché mancano anche i pochi fondi che hanno sempre avuto in passato).
Pensavamo che la dialettica negoziale di questi mesi potesse andare in continuità con quanto avevamo deciso insieme, a valle della stipula dello Statuto della Persona. E invece il nuovo management ha deciso di rovinare un percorso che poteva essere a somma positiva per tutti. Quello che è inaccettabile sotto ogni profilo riguarda i comportamenti che l’Azienda sta tenendo verso lavoratrici e lavoratori la cui qualità e professionalità è nota da sempre: non solo un taglio drastico delle buste paga, ma anche un sistema di controlli e punizioni e mancati riconoscimenti che sta facendo letteralmente scappare tanti di essi. Fino a poco tempo fa Enel era un punto di arrivo per tutti. Oggi le fuoriuscite dal Gruppo di professionalità di tutti i tipi sono altissime. Ma vi è di più: non esistono lavoratrici o lavoratori, siano essi operai, quadri o impiegati che non siano profondamente insoddisfatti per quanto sta accadendo.
Abbiamo proposto all’Azienda di fare insieme una indagine di clima; siamo convinti che non la si farà perché i risultati sarebbero rovinosi. Qualcuno si sta interrogando su questo? Noi crediamo di no, perché altrimenti chi governa questa azienda correrebbe ai ripari. Evidentemente gli obiettivi sono altri.
Esternalizzare significa mettere a rischio la conferma della concessione al 2029: se anche altri sapranno fare pienamente il mestiere elettrico, perché riassegnare ad Enel le attività che oggi gestisce in esclusiva? Un film che abbiamo già visto in altri settori che ne sono usciti devastati. Oltretutto sul territorio le assunzioni non si vedono. Ci hanno proposto mille immissioni in tre anni (non assunzioni, ma immissioni provenienti da altre aree aziendali…), comprensive di circa 600 che già avrebbero dovuto fare in questi mesi, per rispettare l’accordo di febbraio 2023 che prevedeva la turnazione di reperibilità di uno su quattro e di conseguenza una maggiore presenza nelle attività “Core” all’interno dell’azienda. Di fatto Enel sta certificando, nero su bianco, che in futuro la previsione contrattuale sulla reperibilità non sarà più rispettata!
Ma come si può pensare di fare miliardi di investimenti in questo triennio, senza fare un numero molto alto di nuovo assunti? Come si fa ad implementare tutto ciò che deriverà dagli obblighi in capo ad Enel derivanti dal PNRR, con meno personale di oggi?
Questa è semplicemente follia! O anche no: mentre il sindacato pensa ad una Enel in linea con i suoi compiti storici derivanti dagli obblighi della Concessione, sia come organici che come competenze interne, qualcuno sta pensando di assottigliarla a tal punto da poterla poi dare comodamente a gruppi privati o alle regioni, se dovesse passare la riforma sulle autonomie differenziate».
«Le lavoratrici ed i lavoratori elettrici impediranno tutto questo!»
«Il sindacato ha le idee chiare e sa come difendere Azienda e lavoratori. Per questo stiamo alzando sempre di più le nostre azioni di contrasto. Visto che la produzione elettrica è radicalmente cambiata con l’entrata in rete di milioni di autoproduttori, l’accordo che regolamenta il diritto di sciopero può essere messo in discussione.
Se lo faremo la responsabilità sarà esclusivamente di Enel, perché lo scambio storico tra alta produttività aziendale e buone retribuzioni non sta più in equilibrio. Scambio che ha permesso ad azienda e sindacato di fare sempre ottimi accordi.
Enel sta nei fatti disdettando lo Statuto della Persona, perché quel visionario documento aveva in sé dei valori che oggi non vediamo riconosciuti. Quella intesa prevedeva e prevede che il governo di questa fase complessa, la transizione energetica e il rinnovo delle concessioni, appunto, dovesse avere una duplice e condivisa regia: quella dell’Azienda e quella del sindacato. Se l’azienda ha deciso di fare da sé, calpestando ogni minima regola condivisa, allora quello Statuto che ha reso celebre l’Enel e i sindacati in tutta Europa (tutte le aziende italiane, certamente quelle di grandi dimensioni, ci hanno osservati con ammirazione ed interesse) non ha più la possibilità di vivere. Una figura peggiore non si poteva fare.
Con questo comunicato apriamo di fatto lo stato di agitazione in Enel che formalizzeremo secondo procedura nei prossimi giorni. Con successivi comunicati informeremo tutte le lavoratrici ed i lavoratori sulle iniziative che insieme intraprenderemo (assemblee, sciopero, attivo unitario di tutto il quadro sindacale Enel, comunicati stampa, ecc.).
Nel frattempo vi invitiamo ad usare due hastag: #EnelSmobilita #ilSindacatoMobilita su ogni post, condivisioni, commenti, ecc., quando sui Social i lavoratori esprimeranno un parere su quanto sta accadendo.
Chiediamo infine ad ogni lavoratrice e lavoratore di far sapere ai propri responsabili cosa pensano di quanto sta accadendo: è l’ora del coraggio e del protagonismo».
Attualità
Cassa integrazione: c’è luce in fondo al tunnel?
Primato nero per il Leccese sugli ammortizzatori sociali: il punto sulla flessione in atto con Mario Vadrucci (Camera di Commercio), Gabriele Abaterusso (Sud Salento srl) ed Antonio Bramato (OLC)
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di Lorenzo Zito
Un campanello d’allarme suona forte in provincia di Lecce nel mondo del lavoro e della produzione. Il Salento ha chiuso il 2024 con un primato da paura: siamo primi in Italia per aumento di ore di ammortizzatori sociali richieste rispetto all’anno precedente. Lecce (e provincia) segnano un +275% nel periodo gennaio-settembre 2024. La più vicina, Biella, si ferma ad un +188.
Il totale di ore autorizzate nel Leccese ammonta ad oltre 5milioni e 150mila. In media circa 69 ore per azienda. I dati snocciolati da “Il Sole 24 Ore” raccontano che (su scala nazionale) i settori più interessati dall’aumento d’ore di cassa integrazione sono: pelli-cuoio-calzature (+139,4%), abbigliamento (+124,7%), tessili (+74,6%) e meccaniche (+48,3%). Con quest’ultimo che, oltre ad essere tra i primi per aumento, segna il record di ore richieste: 152 milioni e 845mila (un abisso la distanza dal secondo, il metallurgico, che si ferma sotto i 30milioni).
Incrociando i dati, proviamo a fare zoom sulla nostra area andando a toccare con mano la situazione in essere in alcuni di settori citati (moda e meccanica) su quello che, sempre stando ai numeri, è il territorio più in affanno in tutto lo Stivale.
MARIO VADRUCCI. CAMERA DI COMMERCIO LECCE
Ci introduce all’argomento il presidente della Camera di Commercio di Lecce, Mario Vadrucci, che forte della sua esperienza pluriennale tra le pieghe dell’economia locale ci restituisce una fotografia del momento: “Questo periodo storico ci dimostra quanto le crisi internazionali impattano anche sul nostro Salento. A volte si fa fatica a immaginare che situazioni geopolitiche lontane abbiano peso su scala ridotta ed a migliaia di chilometri. Invece, la fase convulsa che viviamo sta mettendo in difficoltà diverse aziende, soprattutto piccole e medie realtà del calzaturiero e delle tessiture del Capo di Leuca, che in alcuni casi fanno i conti con la recessione. La dimensione di queste difficoltà è giunta forte anche ai nostri uffici. Al momento, il welfare sta permettendo di tamponare il problema, garantendo almeno, in alcuni casi, la permanenza della forza lavoro. Le emorragie di personale sono infatti la più grande mazzata per le aziende in crisi: riuscire a mantenere i propri dipendenti fino allo scollinare del periodo nero è vitale”.
La ripresa post pandemica, supportata da fondi istituzionali, per qualcuno ha creato una bolla che ha accentuato il contraccolpo che ora si accusa. Ma Vadrucci non è di questo avviso:
“È vero che fino ad un anno fa parlavamo di nuove assunzioni ed oggi ci lecchiamo le ferite, ma la crisi di determinati settori, come ad esempio quello del lusso, risente più delle tensioni attuali che delle scelte degli anni precedenti. I venti di guerra pesano sull’economia e ne provocano la contrazione. Il presidente Trump manifesta una voglia artificiosa di mettere fine a tutto ciò, senza un vero piano e senza il coinvolgimento delle parti in causa. Va da sé che, finché non c’è calma e tranquillità per le aziende, il domani è incerto. Attendiamo le mosse del nostro Governo, ma anche quelle dell’UE, per capire a cosa andremo incontro”.
GABRIELE ABATERUSSO, SUD SALENTO
Parliamo della Sud Salento srl con il suo responsabile amministrativo, il primo cittadino di Patù Gabriele Abaterusso.
La sua azienda opera con tre stabilimenti, tra Gagliano del Capo, Corsano ed Alessano. Il lavoro passa da una una mono-committenza: una produzione a marchio Gucci, realizzata per conto della titolare del brand, la “famiglia” Kering, multinazionale francese della moda di lusso.
La storica azienda della famiglia Abaterusso ha appena avviato una procedura di licenziamento per 120 dei suoi 335 dipendenti.
“Il Tavolo di crisi della task force regionale sta discutendo la possibilità della cassa integrazione in deroga, ma noi”, spiega Abaterusso, “abbiamo palesato come non faccia al nostro caso, mancando al momento una concreta prospettiva di ripresa. Piuttosto, abbiamo sottoposto il tema dell’aumento del costo degli ammortizzatori sociali a carico dell’azienda, che è quasi quadruplicato. Lo sosteniamo già da 15 mesi e spingerci oltre sarebbe molto rischioso per gli equilibri dell’azienda”.
La manodopera della Sud Salento è impegnata in due tipologie di reparto: taglio ed orlatura; montaggio e finissaggio. “Ci tengo a sottolineare”, continua Abaterusso, “che le difficoltà incontrate interessano unicamente il montaggio ed il finissaggio. Reparti che comunque non saranno dismessi, bensì ridimensionati. Nel 2022, abbiamo aperto degli altri reparti per le fasi di taglio ed orlatura ad Alessano. Qui abbiamo circa cento unità addette che non saranno intaccate dalla procedura di licenziamento”.
Il crollo degli ordinativi tocca infatti i soli reparti di montaggio e finissaggio, che sono passati da un fatturato di 10 milioni nel 2022 agli 8,8 del 2023 fino ad arrivare ai 4,2 milioni del 2024.
Ma Abaterusso ha una sua visione sulla situazione che il settore vive: “Sono fiducioso sul futuro. Nel nostro territorio il lusso e la moda hanno rappresentato e stanno rappresentando un’opportunità di lavoro e benessere per migliaia di lavoratori e famiglie. Penso che alla lunga continuerà ad essere così: quello della moda è un settore particolare, che ci ha abituato da sempre ad alti e bassi. Sicuramente col senno di poi possiamo dire che l’accelerata post Covid è stata eccessiva, ma la crisi ci racconta come tutto il settore del lusso sia difficoltà. Questo dipende sicuramente dalle tensioni globali e dalle novità che hanno interessato mercati come quello cinese e russo”.
Difficoltà sì, ma senza perdere il controllo: “In azienda avevamo optato per la settimana corta: vista la riduzione delle ore di lavoro avevamo chiuso i venerdì. Dalla scorsa settimana abbiamo ripreso a lavorare anche di venerdì, ma sempre con le catene di montaggio ridotte. Mentre ad Alessano i nuovi reparti di taglio e giunteria che avevamo tenuto in fermo prolungato hanno ripreso a pieno periodo”.
Prima di congedarci, un pensiero spontaneo: “Ci tengo a rivolgermi a coloro che perderanno il posto di lavoro. Da anni siamo abituati a fare i conti con una progressione e con l’aumento del lavoro e delle commesse. Una espansione che ci ha dato possibilità di offrire lavoro a molte persone, che sono diventate parte della nostra famiglia. Per noi questo è un momento di grande tristezza da cui ripartiamo prendendo un impegno: non ci accontenteremo del domani e non accetteremo questa condizione. Lavoreremo per restare competitivi e per cogliere la ripresa e le nuove occasioni che si presenteranno sul mercato, per poter tornare a collaborare con quelle persone da cui oggi siamo costretti a separarci”.
(Dopo la pubblicazione del nostro articolo, è giunta in Redazione una nota congiunta dei sindacati sulle procedure di licenziamento in atto. Sindacati che affermano: “Valuteremo con attenzione la procedura, anche alla luce del lavoro straordinario che si sta svolgendo”. Clicca qui per leggere l’articolo)
ANTONIO BRAMATO, OLC
Con l’ingegner Antonio Bramato facciamo il punto dalla prospettiva di OLC, azienda di Specchia che si occupa di costruzioni metalmeccaniche e carpenteria metallica.
“I nostri clienti sono soprattutto venditori di macchine movimento terra. Dalla lavorazione della materia prima sino al pre-assemblaggio ed alla verniciatura, passando per taglio, saldatura, lavorazione meccanica e via discorrendo, tutte le fasi trovano sfogo nella vendita finale, operata dai nostri committenti. Questo mercato è strettamente legato alle costruzioni ed agli appalti pubblici, ma va sé che risenta molto delle vicende internazionali (chiusura dei mercati russo, est europeo e asiatico, unita alla guerra dei dazi)”.
Come vanno le cose in OLC: “Ci aspettavamo una flessione nel settore, per come si è palesata nel 2024, e ci aspettiamo che perduri nel 2025. Il 2026 resta al momento un punto interrogativo. Ad oggi siamo in contratto di solidarietà. Contiamo di recedervi, salvo sorprese, dal prossimo anno. Si lavora a turno, a rotazione sui vari reparti. Non abbiamo avviato procedure di licenziamento, ma (a scadenza) abbiamo perduto i lavoratori a tempo determinato. La stessa normativa, del resto, prevede l’impossibilità di rinnovarli durante il regime di contratto di solidarietà. Con la forza lavoro a disposizione, lavoriamo attualmente all’80%. Prevediamo di riuscire a salire al 95% per agosto. Il nostro è un settore che risente anche della stagionalità: leggera flessione in inverno e ripresa tra primavera ed estate”.
Tavoli tecnici, Governo, Europa come dovrebbero intervenire? “La prima cosa da fare è quella di porre fine all’era dei bonus. Sin dalla pandemia, sono state utilizzate tante misure (dal famigerato Superbonus fino al PNRR) che si sono rivelate tossiche per il mercato. Non fanno che creare pericolose bolle. Se utilizzati male, bonus e incentivi portano ad investimenti sbagliati da cui è impossibile risollevarsi. Molte aziende, anche nostre concorrenti, li hanno utilizzati per nuovi capannoni ed aumento del personale. Investimenti ottimistici (con annessi fatturati drogati) che in breve tempo si sono rivelati distaccati dalla realtà.
Non a caso fino a pochi anni fa era difficile reperire forza lavoro qualificata, mentre oggi queste figure, licenziate altrove, si presentano alla nostra porta da sole”.
Attualità
I sindacati sui licenziamenti della Sud Salento: “Potrebbero fare di più”
In una nota congiunta Filctem Cgil, Femca Cisl e UILTEC promettono di “vigilare e valutare bene la procedura: in questi giorni, operai impegnati in straordinari”
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Dopo il nostro approfondimento sul tema CIG in Salento arriva una nota a firma congiunta delle sigle Filctem Cgil, Femca Cisl e UILTEC, che prendono parola sulla procedura per il licenziamento di 120 lavoratori avviata dalla Sud Salento srl (in foto). La pubblichiamo integralmente qui di seguito.
“La scelta della Sud Salento di Gagliano del Capo di aprire la
procedura per il licenziamento per 120 lavoratori sarebbe
totalmente inaccettabile se non fosse arrivata in un innegabile
momento di profonda difficoltà del TAC (tessile abbigliamento
calzaturiero), più un anno di CIG aziendale trascorsa e, in
particolare, la profonda crisi che da tempo attraversa il settore
calzaturiero, specificatamente per i reparti di montaggio della
calzatura.
L’aggravante ancor più evidente è che l’azienda produce quasi
esclusivamente per il gruppo Kering, con produzioni totalmente in
marchio Gucci e, per gli addetti ai lavori, è conosciuta la situazione
non proprio rosea degli andamenti di vendita di Gucci.
Riteniamo però che sia il marchio (Gucci) e prima ancora l’azienda
che alimenta Sud Salento (Pigini), con l’azienda stessa, debbano
fare uno sforzo ulteriore a ridurre il numero di posti di lavoro che si perderebbero in un lembo d’Italia dove non sarebbe solo alquanto difficile, sicuramente impossibile, ricollocarsi sul mercato del lavoro.
Valuteremo bene la possibile firma dell’accordo con il numero di licenziamenti dichiarati anche alla luce dell’attuale aumento della produzione e, secondo quello che ci riportano i lavoratori, del lavoro straordinario che si sta svolgendo in questi giorni.
Necessita ridurre le unità in esubero e traguardare un affidabile ed
equilibrato rilancio aziendale con una vera negoziazione tra le parti
per non dover ricorrere a enti ed istituzioni esterne (Task Force
Regionale per l’occupazione, ecc.) quali regolatori terzi della difficile
vertenza in atto”.
Alessano
Gli arredi in piazza spaccano Alessano
Lanciata una raccolta firme per chiedere di rivedere l’installazione delle nuove panchine. Il sindaco: “Dialoghiamo, ma…”
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Petizione popolare ad Alessano per richiedere “una piazza priva di barriere ed ostacoli”. L’ha indetta un gruppo di cittadini guidato da Massimo Vasquez Giuliano, Giuseppe Sergi e Maurizio Scalese. Il sabato (mattina e pomeriggio) e la domenica mattina, fino al prossimo 23 marzo, si terrà una raccolta firme per il destino della centralissima piazza Don Tonino. Location della raccolta è la stessa piazza, sotto l’orologio (sul nostro cartaceo, andato in stampa giovedì, è indicata la sede che era stata individuata in prima battuta, ossia il Vescovado. Sede variata dopo ottenimento di autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico).
L’obiettivo dei promotori dell’iniziativa è renderla “esente da rischi e pericoli. Sicura, ospitale, accogliente e inclusiva. Accortamente regolamentata, in modo da favorirne la pubblica fruizione. Una piazza”, continuano i firmatari, “che rispetti la storia che la circonda e la impreziosisce”.
All’attenzione diretta della cittadinanza e del Comune viene portata la presenza dei nuovi arredi urbani ivi installati. “Ne richiediamo la rimozione o, al più, la rimodulazione della loro sistemazione al fine di rendere il tutto più gradevole e meno impattante”. Inoltre, viene proposta l’utilizzo di sistemi alternativi alla regolamentazione del traffico, “come la creazione di una ZTL con apposite telecamere oppure l’installazione di dissuasori automatici a scomparsa che consentano l’attraversamento della piazza a mezzi autorizzati o d’emergenza”.
Il sindaco
Il sindaco di Alessano, Osvaldo Stendardo, non si scompone dinanzi alla richiesta: “Abbiamo accolto la richiesta di dialogo dei firmatari”, ci spiega, “ed incontrato in riunione i commercianti. Abbiamo predisposto anche un incontro sul tema anche con il Comandante della polizia locale e con l’ufficio tecnico, visto che si tratta di provvedimenti di natura più gestionale che amministrativa. Abbiamo, insomma, rassicurato i promotori sul fatto che avremmo preso in considerazione ogni eventuale criticità. Era stato richiesto l’utilizzo dell’ufficio anagrafe per la raccolta firme, ma non è possibile chiaramente tenerlo aperto nei giorni festivi, pertanto avevamo suggerito la collocazione in piazza, con l’autenticazione a cura di un consigliere comunale. La petizione è un atto di democrazia, ma ci stupisce, a questo punto, vedere che nonostante quanto detto la raccolta firme continui”.
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