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Attualità

Vince Trump, trema anche l’economia salentina

Con il Tycoon tornerà il protezionismo statunitense che sarà negativo per le nostre esportazioni». Ad oggi, la bilancia commerciale è positiva per Lecce e provincia. L’anno scorso sono stati esportati beni per un valore complessivo di 216 milioni di euro

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«La vittoria di Trump avrà ripercussioni anche sulla nostra economia».


È quanto emerge dal nuovo studio condotto dall’Osservatorio economico Aforisma.


«È dato per certo, infatti, il ritorno del protezionismo statunitense che sarà negativo per le nostre esportazioni», spiega il data analyst Davide Stasi, responsabile studi dell’Osservatorio economico Aforisma e cultore della materia in Economia politica all’Unisalento, «perché la guerra commerciale globale in atto, con dazi e contro-dazi, potrebbe ridurre gli scambi commerciali internazionali. Questo potrebbe pesare sul clima di fiducia dei nostri imprenditori con effetti diretti ed indiretti sugli investimenti sostenuti da parte delle aziende».


Ad oggi, la bilancia commerciale è positiva.


«Verso gli Stati Uniti d’America», sottolinea Stasi, «esportiamo prodotti più di quanti ne importiamo».


Nel report sono stati elaborati i principali dati sull’andamento delle esportazioni e delle importazioni.


Negli ultimi anni, per via dell’inflazione, sono aumentati i prezzi determinando un importante e crescente surplus commerciale per il Meridione.


Questo si verifica quando un Paese esporta beni per un valore maggiore di quello che importa; viceversa, gli Stati Uniti d’America hanno un deficit commerciale o una bilancia negativa.

Il data analyst Davide Stasi


«Le esportazioni», evidenzia il data analyst salentino, «rappresentano un utile indicatore per poter comprendere meglio il quadro economico di un territorio, potendo valutare sia la domanda estera sia l’offerta e dunque la produzione interna. La significativa impennata dei prezzi e, in generale, dei listini dovuta all’inflazione ha portato al più alto valore di esportazioni mai registrato. Attraverso l’andamento dell’export, si può monitorare la competitività di un sistema economico e la sua capacità di raggiungere gli altri Paesi che possono rivelarsi strategici per lo sviluppo del territorio. L’export non è solo un’opportunità in più, ma quasi un obbligo per poter accrescere le quote di mercato, considerata la contrazione della domanda interna, dovuta al calo demografico e allo spopolamento. È importante, perciò, presidiare i mercati internazionali, da un lato ma anche tutelare e valorizzare i nostri marchi e prodotti. L’attenzione ai mercati esteri non può che diventare una priorità per le aziende che vogliono crescere, diversificando».


«L’economia mondiale», aggiunge Stasi, «è fatta di un inestricabile intreccio di processi di acquisto e di vendita di prodotti e di semilavorati e la maggiore quota del commercio internazionale è oggi spostata sul commercio dei beni intermedi, che cioè entrano nella produzione di altre merci per dare poi luogo al prodotto finale. La situazione è più complessa per noi dove c’è una larga fetta di aziende manifatturiere di trasformazione, in particolare quelle di più piccole dimensioni, specializzata in produzione di componenti. Tante nostre aziende operano nella subfornitura, spesso di qualità e non vendono direttamente i loro prodotti sul mercato di destinazione finale. Quello che effettivamente conta è la quantità di valore aggiunto, ossia di arricchimento dei beni acquistati da altri Paesi, contenuta nelle nostre esportazioni». «In un Paese trasformatore e specializzato nella produzione di beni intermedi», conclude Davide Stasi, «è questa l’effettiva misura del contributo dell’export alla crescita economica».


LA BILANCIA COMMERCIALE DELLA PROVINCIA DI LECCE CON GLI USA


Nel 2021 sono stati esportati beni per un valore complessivo di 86,5 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 25,9 milioni di euro, per un saldo attivo di 60,6 milioni di euro.


L’anno dopo sono stati esportati beni per un valore complessivo di 107,3 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 30,2 milioni di euro, per un saldo attivo di 77,1 milioni di euro.


L’anno scorso sono stati esportati beni per un valore complessivo di 215,8 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 21,1 milioni di euro, per un saldo attivo di 194,7 milioni di euro.


Attualità

Tiggiano: stare insieme è l’impresa più bella

Il comune chiama, i commercianti di Tiggiano e gli operatori economici rispondono. Incontro di prospettiva, pianificazione e collaborazione per il futuro di cooperazione e crescita del paese

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L’amministrazione comunale di Tiggiano ha ospitato un incontro che ha visto una partecipata risposta da parte degli operatori economici locali.

L’evento è stato un momento chiave per discutere e pianificare un percorso di coinvolgimento dei commercianti, artigiani, imprenditori professionisti nel percorso di cooperazione sociale del paese.

Nell’incontro, aperto con i migliori auspici dal sindaco Giacomo Cazzato e dal consigliere incaricato al Commercio, Giuseppe Negro, è stata sottolineata l’importanza della collaborazione tra gli operatori economici e l’amministrazione andando oltre l’autoreferenzialità.

Erano presenti: Lorenzo Luceri di ACAM 2.0 APS, l’associazione dei commercianti e artigiani di Martano; Maria Antonietta Orlando, giovane imprenditrice della moda di Corsano e rappresentante di Confartigianato regionale; Angela Ricchiuto di Confindustria Lecce.

Tutti hanno condiviso le loro esperienze e visioni, mostrando come la collaborazione e l’innovazione siano essenziali per il successo delle imprese locali.

Ognuno di loro ha portato un contributo significativo, delineando possibili percorsi di sviluppo, integrando la rete istituzionale a supporto del tessuto economico di Tiggiano.

Gli operatori economici hanno risposto con curiosità e fiducia all’appello dell’amministrazione.

Più di una quindicina di imprenditori e commercianti hanno lasciato il proprio nominativo, dando la disponibilità ad incontrarsi regolarmente e costituire un gruppo di lavoro per sviluppare insieme progetti concreti di cui possa beneficiare l’intera comunità.

Il consigliere Gianvito Rizzini, incaricato all’associazionismo, che ha coordinato i lavori e fortemente creduto in questo nuovo percorso afferma: «Vissuto un momento significativo per il futuro del nostro territorio. Il terreno in cui gli interessi dell’impresa incontrano quelli dell’ente comunale, che persegue l’interesse pubblico, è proprio quello del Terzo Settore, cioè tutte quelle attività ulteriori che vanno verso la realizzazione di scopi collettivi, culturali, solidaristici. È un modo per darsi una mano, cooperare in forma più organizzata e non estemporanea. Gli operatori economici hanno sempre risposto “presente” a Tiggiano. Adesso è arrivato il momento di farlo in modo più organizzato. Noi ci siamo. C’è una legge del 2017 che fornisce principi e istruzioni e aiuta in questo senso. Ricordo che questo è un percorso che si sta integrando con il coordinamento di tutte le altre associazioni, ben 12, di cui è stato già avviato un percorso nuovo qualche settimana fa».

Anche il vicesindaco Marco Rizzo sottolinea l’importanza di questo nuovo percorso: « Il nostro è un piccolo paese, non dobbiamo avere l’ansia di realizzare chissà quale progetto. L’importante è cominciare a “fare”. La direzione è quella giusta.

Questo gruppo nascente può essere un passo avanti nella costruzione di un futuro sostenibile per Tiggiano, in cui ogni membro della comunità potrà giocare un ruolo attivo. L’iniziativa apre a nuove possibilità di iniziative congiunte, progetti innovativi e ad una crescita collettiva che potranno trasformare il paese in un modello di collaborazione e sviluppo economico.

L’amministrazione comunale invita tutti gli interessati a partecipare e contribuire con idee e risorse, rafforzando così il tessuto economico e sociale di Tiggiano.

Lo si può fare anche aderendo all’apposito link

 

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Cento candeline per nonna Cosima

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Festa grande a Castrignano del Capo per nonna Cosima.

Cosima Donnicola ha raggiunto il traguardo delle cento candeline. Un secolo di vita, da festeggiare con i 5 figli Franco, Aldo, Michele, Giovanni e Antonio Schirinzi e con i 10 nipoti e 5 pronipoti.

Nata nel 1924, Cosima, prima che madre, nonna e bisnonna, è stata contadina. Oggi tutta la nostra Redazione le augura un gioioso e lungo futuro.

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Ovunque vai, Martinucci

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia. Qualità e tradizione grazie alle due linee di produzione dell’azienda salentina, portavoce dell’abilità dolciaria nostrana ad ogni latitudine

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Martinucci è un’azienda riconosciuta nel mondo, portavoce della tradizione dolciaria ad ogni latitudine, con tanti punti vendita in Salento ed in diversi Paesi del globo.

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia.

Con Fabio Martinucci facciamo il punto su come si possano raggiungere obiettivi così grandi, continuando il proprio percorso di crescita, mantenendo alti gli standardi qualità.

Eccellere su piccola e grande scala. Qual è il segreto?

«Senz’altro la nostra produzione, che oggi viaggia su due linee: una artigianale ed una industriale, mantenendo sempre altissimi standard di qualità. I prodotti della linea artigianale sono quelli che realizziamo nel nostro laboratorio di Acquarica del Capo. Da qui partono i prodotti freschi che lavoriamo giornalmente e che servono tutte le nostre pasticcerie presenti in Salento. I prodotti che vendiamo nelle pasticcerie Martinucci nel mondo, invece, sono realizzati dalla nostra linea industriale. Una linea che conserva tutte le caratteristiche del prodotto artigianale e tutte quelle preziose conoscenze artigiane tramandate nel tempo, lungo la decennale esperienza di Martinucci nel settore. La nostra azienda oggi è un po’ una fotografia del settore dolciario, in cui produzione artigianale ed industriale viaggiano sempre l’una accanto all’altra».

In che modo due metodi di lavoro, all’apparenza lontani, si avvicinano?

«Nel mondo della pasticceria, la produzione artigianale oggi si regge in gran parte sul lavoro industriale. Questo non ci deve spaventare o insospettire. Al contrario, è un percorso che ormai avanza in simbiosi e che permette di accrescere la qualità dei prodotti. Basti pensare che tutta la pasticceria oggi è improntata sull’utilizzo di semilavorati, compresa quella di pasticcieri e gelatai che si definiscono artigiani. Nel settore, tutti utilizziamo i prodotti semilavorati, talvolta anche provenienti dalle grandi multinazionali, senza che questo rappresenti un peggioramento nella qualità del prodotto. Anche grandi aziende storiche come la Pernigotti forniscono ingredienti, per fare un esempio come la nocciola di Piemonte DOC, che vengono impiegati dai mastri artigiani. Questo ci dice, nella realtà dei fatti, che produzione artigiana ed industriale non devono essere considerate antitetiche, come molte campagne di marketing vogliono farci credere, ma sono molto più prossime di quanto possiamo immaginare. Non a caso Martinucci oggi, con la sua linea industriale, è sia produttore che distributore sul mercato di semilavorati, che vengono acquistati ed impiegati giornalmente anche da molte piccole realtà del nostro territorio».

Esiste ancora l’antica figura del pasticciere che gestisce la produzione dalla A alla Z?

«Sono davvero rarissimi i pasticcieri che continuano a gestire artigianalmente l’intero processo di produzione e vendita in autonomia. È difficile pensare che al giorno d’oggi un pasticciere prepari ogni mattina tutta la produzione per la singola giornata. La prassi vuole che anche i dolci dei laboratori artigianali vengano realizzati in gran numero per coprire più giornate, poi conservati e cotti di volta in volta, giorno per giorno, secondo vendite e necessità».

Pesano ancora i falsi miti sulla produzione industriale nelle scelte dei consumatori?

«Purtroppo, si. Diverse credenze spingono il consumatore a pensare che un prodotto, se non realizzato e consumato al momento, abbia un gusto differente oppure possa nascondere delle sorprese. Ma non è così. Uno dei falsi miti più radicati è quello relativo alla conservazione. I prodotti della linea industriale, anche ma non solo per poter essere gustati in luoghi diversi da quelli di produzione, sono sottoposti a congelamento. E questo può generare scetticismo nel consumatore. In realtà, il processo di conservazione non altera le proprietà organolettiche. Ed inoltre rappresenta anche un presidio di sicurezza per il consumatore, dal punto di vista batteriologico. L’abbattimento che effettuiamo a livello industriale (oggi richiesto in molti ambiti anche dalle Asl), portando il prodotto a -18° in venti minuti, rende la proliferazione batterica innocua per il consumatore. È un po’, per fare un parallelismo, come quando in ambito domestico congeliamo la classica lasagna della nonna per mangiarla l’indomani. In questo caso, nei laboratori, con strumentazioni e procedure professionali, che permettono il cosiddetto abbattimento, abbiamo ulteriori garanzie circa la sicurezza del prodotto che viene somministrato al cliente. È proprio come nei ristoranti dove, per intenderci, non consumeremmo mai un tonno o delle cozze se prima non passate in abbattitore».

Processo industriale ed artigianale: la qualità è nel punto d’incontro?

«Mi sento di dire che senza la grande industria oggi non ci sarebbero i grandi artigiani. Se un prodotto è scadente questo non dipenderà dall’utilizzo dei semilavorati, ma dalla qualità di quei semilavorati che si sceglie di utilizzare. Un consiglio? Assaggiare per credere!».

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