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Cronaca

Noemi, il Vescovo: “Rispettiamo il dolore”

L’omelia di Mons. Angiuli durante la messa di suffragio: “Ciò che fa più male non è solo la morte fisica, ma quel coacervo di sentimenti fatto di animosità, rancori, ostilità, accuse infondate, insinuazioni malevole, calunnie velenose che si insinuano nell’animo fino a far perdere il senso del limite e della misura”

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Nel trigesimo della tragica morte di Noemi Durini, questo pomeriggio, nella Chiesa Madre di Specchia, Andreana Bassanetti, presidente e fondatrice dell’Associazione “Figli in Cielo” ha incontrato le famiglie colpite dalla perdita di un figlio.


“Figli in Cielo” è una Comunità approvata dalla Conferenza Episcopale Italiana per sostenere ed accompagnare le famiglie che vivono l’esperienza del lutto, è presente dal 1991 in quasi tutto il territorio italiano e in molti Paesi del mondo.


Nelle scorse settimane, il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale ha nominato Sua Eminenza, Cardinale Camillo Ruini, Assistente ecclesiastico nazionale dello stesso sodalizio.


Dalle 18,30, sempre in Chiesa Madre, S. E. Mons. Vito Angiuli, Vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, presiede la Messa di suffragio.


 






 


Il naufragar m’è dolce in questo mare


Di seguito il testo della omelia del Vescovo in occasione della messa di suffragio del trigesimo della morte di Noemi Durini

Cari Imma e Umberto,


cari fratelli e sorelle,


ci ritroviamo per commemorare insieme, con l’affetto e con la preghiera, la cara Noemi prematuramente e dolorosamente scomparsa. Come ho sottolineato nell’omelia della Messa esequiale, portiamo il peso della tristezza e dell’amarezza per quanto è accaduto con tre atteggiamenti: il silenzio, le lacrime e la preghiera. Mettiamo da parte ogni altro sentimento e viviamo con dignità, rispetto e discrezione il seguito di questa dolorosissima vicenda.


Per onorare degnamente la memoria di Noemi, facciamo nostro l’insegnamento che ci propone la Parola di Dio: rafforzare la consapevolezza del nostro peccato, insieme alla certezza dell’infinita misericordia di Dio. Il salmista ci invita a riconoscere che «presso il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione» (Sal 130,7). Nessuno, pertanto, dovrebbe ergersi a giudice del proprio fratello e tutti, dal profondo del cuore, dovremmo chiedere a Dio la remissione delle nostre colpe, nella certezza che egli esaudirà la nostra invocazione. Ciascuno di noi dovrebbe ripetere le parole del salmo: «Spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola. L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora» (Sal 130, 5-6).


Per questo, nonostante gli avvenimenti ci spingono a a incamminarci su altre strade, rimaniamo fermi nel percorrere il sentiero della speranza. Non la piccola speranza che, considerando gli avvenimenti in modo troppo umano, restringe gli orizzonti e crea contrasti, ma la grande speranza, l’unica capace di spalancare le porte del cuore fino sperare per tutti! Tutti possono redimersi e cambiare vita. A tutti, Dio concede sempre una possibilità di ravvedersi e di ritornare sui propri passi se con umiltà e sincerità si è disposti a riconoscere i propri errori, anche quelli più gravi, e a espiarli secondo giustizia e verità.


Nella prima lettura abbiamo ascoltato una vicenda che contiene un grande insegnamento. Gli abitanti di Ninive, persone semplici, notabili e perfino il re, si convertono a seguito dell’annuncio proposto dal profeta Giona. Gli uomini e persino animali sono coinvolti in questo processo interiore ed esteriore di cambiamento. Di fronte al loro proposito di conversione,  Dio si commuove (cfr. Gn 3, 5.10) dà libro sfogo alla sua immensa magnanimità. Considera tutti gli uomini suoi figli, egli vuole che tutti si salvino. Non desidera la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Charles Peguy esprime in modo poetico questa verità mettendo in bocca a Dio queste parole:


«Io risplendo talmente nella mia creazione.

In tutto ciò che accade agli uomini e ai popoli, e ai poveri.

E anche ai ricchi. […]


In ogni nascita e in ogni vita.

E in ogni morte.

E nella vita eterna che non avrà mai fine.

Che vincerà ogni morte
»[1].


La vicenda di Noemi dovrebbe risvegliare in noi questa consapevolezza, spingerci a imparare dal mistero della morte il significato della vita e a porci le seguenti domande: la morte è un ponte o un abisso? Un passaggio verso qualcosa d’altro oppure un precipizio nel nulla? Un punto che mette fine definitivamente a un percorso o una virgola che semplicemente indica una sosta? Una serratura che chiude ogni passaggio o è una chiave che può aprire nuove porte? una scomparsa definitiva o solo una svolta, quasi la curva di una strada che impedisce di essere visti?


Dobbiamo sentirci tutti interpellati da queste domande. Esse valgono per tutte le età e in tutte le circostanze e invitano a cercare non superficiali e scontate, soprattutto se si tratta di un figlio o di una figlia morta in giovane età. In questo caso, infatti, il dolore si reduplica e diventa ancora più lancinante. Quasi prestando le sue parole a voi, cari Imma e Umberto, un genitore afferma:  La morte dei nostri figli a qualsiasi età e da qualsiasi circostanza sia dipesa è uno dei colpi più crudeli che la vita può infliggerci. Il viaggio attraverso il dolore è molto lungo, buio, difficile e doloroso per i genitori che lo devono, volenti o nolenti, effettuare, tanto che ci siamo definiti amputati […]. La morte dei nostri figli non è una malattia da cui si può guarire. Si tratta di un cambiamento che modifica la nostra vita per sempre e col quale dobbiamo imparare a convivere. Siamo così costretti a fare l’impossibile: costruire una nuova vita e scoprire una “nuova normalità” per noi e le nostre famiglie in un mondo senza di loro».


La morte in giovane età di un figlio o di una figlia frantuma la vita dei genitori in mille rivoli. Aggiunge dolore al dolore e fa sanguinare il cuore senza che vi sia alcun balsamo che cicatrizzi le ferite e dia un po’ di sollievo all’anima. Partecipando a questi sentimenti, Papa Francesco afferma: «La perdita di un figlio o di una figlia è come se fermasse il tempo: si apre una voragine che inghiotte il passato e anche il futuro. La morte, che porta via il figlio piccolo o giovane, è uno schiaffo alle promesse, ai doni e sacrifici d’amore gioiosamente consegnati alla vita che abbiamo fatto nascere. […] la morte è come un buco nero che si apre nella vita delle famiglie e a cui non sappiamo dare alcuna spiegazione. […] Ma la morte fisica ha dei “complici” che sono anche peggiori di lei, e che si chiamano odio, invidia, superbia, avarizia; insomma, il peccato del mondo che lavora per la morte e la rende ancora più dolorosa e ingiusta»[2].


Il chiacchiericcio mediatico


In un caso, come il nostro, ciò che fa più male non è solo la morte fisica, ma quel coacervo di sentimenti fatto di animosità, rancori, ostilità, accuse infondate, insinuazioni malevole, calunnie velenose che si insinuano nell’animo fino a far perdere il senso del limite e della misura. Invece di avvolgere ogni cosa con il mantello dell’umana pietà e della sincera compassione, ci si avventura in giudizi malevoli, valutazioni fantasiose, opinioni avventate, commenti ammiccanti. E come se ciò non bastasse, alle prese di posizioni dei singoli e dei gruppi, si aggiunge il chiacchiericcio mediatico che, quasi si trattasse di un’indagine giudiziaria, pretende di indagare su ogni piccolo dettaglio  passando ogni elemento, anche il più insignificante, al minuzioso vaglio della sua lente di ingrandimento con un’ossessiva ripetitività per soddisfare la curiosità dello spettatore.


Cari fratelli, rispettiamo il dolore di tutti e soprattutto, come nella vicenda di Noemi, il dolore dei genitori. Credo che i vostri sentimenti, cari Imma e Umberto possano essere espressi con le parole di un altro genitore il quale scrive: «Il dolore derivante dalla morte d’un figlio non può essere ignorato o evitato. È necessario valicarlo, al fine di uscire dall’altra parte. Non ci sono calendari per il dolore, ogni persona deve prendersi il tempo necessario per superare il lutto. […] I  nostri figli non sono partiti (non userò mai la parola “morti” o “deceduti”) senza un buon motivo: Dio lo conosce e ce lo dirà quando giungeremo da Lui per essere di nuovo insieme a loro. Non vogliono lacrime e dolore, li terrebbero ancoràti a questo mondo che non gli appartiene più, devono crescere spiritualmente, devono andare avanti nel loro cammino, la miglior cosa che possiamo fare per onorare la loro memoria è dedicarci agli altri, a chi soffre come noi e più di noi».


La carità e l’amore per il prossimo sono il vero balsamo che lenisce ogni dolore. A tal proposito, Papa Francesco afferma: «Tutte le volte che la famiglia nel lutto, anche terribile, trova la forza di custodire la fede e l’amore che ci uniscono a coloro che amiamo, essa impedisce già ora, alla morte, di prendersi tutto. Il buio della morte va affrontato con un più intenso lavoro di amore. […] L’amore è più forte della morte. Per questo la strada è far crescere l’amore, renderlo più solido, e l’amore ci custodirà fino al giorno in cui ogni lacrima sarà asciugata […]. L’esperienza del lutto può generare una più forte solidarietà dei legami familiari, una nuova apertura al dolore delle altre famiglie, una nuova fraternità con le famiglie che nascono e rinascono nella speranza»[3].


La speranza è una virtù esigente e difficile, ma non impossibile. Certo è sorprendente e stupefacente per noi, e anche per Dio. Se ne fa interprete ancora una volta Charles Peguy quando scrive questi versi:


«Ciò che mi sorprende, dice Dio, è la speranza.

E non so darmene ragione.

Questa piccola speranza che sembra una cosina da nulla.

Questa speranza bambina.

Immortale


Ma sperare è difficile (…)


Quel che è facile e istintivo è disperare ed è la grande tentazione»[4].


Sì, la speranza è una virtù che sorprendente perché è capace di attraversare il velo del mistero anche quello più oscuro e tenebroso, e continuare a crede nl futuro. La morte di una persona giovane è, senza alcun dubbio, come un terribile naufragio. Morire nel fiore della giovinezza è come affondare nell’oscurità di un oceano che inghiotte l’esistenza nel suo vortice incessante e seppellisce ogni cosa nella profondità del suo abisso. E alle insondabili ricchezze nascoste nel fondo del mare, aggiunge anche la perla preziosa della giovane vita prematuramente scomparsa.


Se, però, prendiamo l’oceano smisurato e immenso come simbolo dell’infinita misericordia di Dio, allora, senza rimpianto anzi con gioia, potremo esclamare con Faustina Kowalska:  «Il mio nulla affonda nel mare della tua misericordia, o Padre di misericordia» e ripetere con un sereno abbandono i versi dell’Infinito: «Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare».


Cari fratelli e  sorelle, chi ci vieta di pensare che Noemi, dal luogo della sua attuale dimora, non ripeta queste consolanti parole? Nel silenzio, forse potremo ascoltare ancora la sua voce ripetere al nostro cuore amante: «Mi è dolce naufragare nel mare della divina misericordia che tutto perdona e a tutti ridona salvezza e vita». Potremmo anche pensare che, come Maria di Betania, Noemi ora è seduta ai piedi del Signore, tutta intenta ad ascoltare le sue parole, mentre a noi pellegrini sulla terra, il Signore, come a Marta, rivolge un dolce rimprovero: «Voi vi preoccupate e vi agitate per molte cose, ma una sola è la cosa di cui è bisogno. Noemi/Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10, 41-42).


Abbandoniamoci anche noi, cari fratelli e sorelle, nelle braccia della divina misericordia. L’amore di Dio è più forte della morte e, come il sole a mezzogiorno, fa risplendere su tutti, senza distinzione di sorta, «la speranza che non delude» (Rm 5,5).


+Vito Angiuli


Vescovo di Ugento- S. Maria di Leuca


[1] C. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù.


[2] Francesco, La Famiglia – 19. Lutto, catechesi all’Udienza generale,  Mercoledì, 17 giugno 2015 .


[3] Francesco, La Famiglia – 19. Lutto, catechesi all’Udienza generale,  Mercoledì, 17 giugno 2015 .


[4] C. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù.


Cronaca

GdF, sequestrate 8 tonnellate di fuochi d’artificio

Il titolare dell’attività commerciale è stato segnalato alla Procura della Repubblica per le ipotesi delittuose di illegale detenzione, importazione e fabbricazione di materiale esplodente in quantità superiori a quelle consentite…

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GDF LECCE: SEQUESTRATE OLTRE 8 TONNELLATE DI FUOCHI D’ARTIFICIO.

La Guardia di Finanza di Lecce, nell’ambito dei servizi di controllo economico del territorio, hanno portato a termine interventi finalizzati al contrasto all’illecita detenzione e vendita di articoli pirotecnici.

In particolare, al termine di una mirata attività info-investigativa, le unità specializzate “Baschi Verdi” del Gruppo di Lecce, all’interno di un magazzino di un’attività economica, sita nella periferia di Lecce, esercente la vendita al dettaglio e all’ingrosso di articoli per la casa, abbigliamento e giocattoli, hanno rinvenuto e sottoposto a vincolo penale oltre un milione e quattrocento mila pezzi di artifizi pirotecnici, per un totale di tonnellate 8,4, già pronti per la vendita in occasione delle imminenti festività.

La merce era custodita illegalmente ed in condizioni di pericolosità per l’incolumità pubblica, tenuto conto del precario confezionamento e della promiscuità con altri prodotti altamente infiammabili quali alcool e bombolette di gas.

Per aggirare le norme che vietano la detenzione di materiale esplodente oltre le quantità consentite e per eludere i controlli da parte delle forze di polizia, l’imprenditore avrebbe provveduto a frazionare le forniture acquistando piccoli quantitativi al di sotto delle soglie massime anche nell’arco della stessa giornata.

Il titolare dell’attività commerciale è stato segnalato alla Procura della Repubblica per le ipotesi delittuose di illegale detenzione, importazione e fabbricazione di materiale esplodente in quantità superiori a quelle consentite.

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Castrignano del Capo

Castrignano del Capo, scoperto ordigno esplosivo di 1Kg

Arrestato un 30enne del luogo poiché ritenuto responsabile di detenzione di materiale esplosivo e sostanza stupefacente ai fini di spaccio.

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CASTRIGNANO DEL CAPO (LE) LA SCOPERTA NEL CORSO DEL CONTROLLO. UN ORDIGNO ESPLOSIVO E STUPEFACENTI. ARRESTATO UN TRENTENNE.

I Carabinieri di Castrignano del Capo hanno arrestato un 30enne del luogo poiché ritenuto responsabile di detenzione di materiale esplosivo e sostanza stupefacente ai fini di spaccio.

Nel corso di un controllo i Carabinieri hanno notato una non comune agitazione.

La perquisizione domiciliare che ne è scaturita ha portato al rinvenimento di sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana pronta per lo spaccio, per un peso complessivo di 10 gr. circa.

Ma la sorpresa investigativa è arrivata durante il controllo nel corso dell’attenta perquisizione poiché i militari hanno rinvenuto un ordigno artigianale e clandestino, dal peso di 1kg circa, con miccia da tre oltre 3 metri ed altri 2 ordigni più piccoli da 250 gr.

L’effetto sarebbe stato dirompente e micidiale.

Il prosieguo dell’attività di controllo da parte dei militari dell’Arma, ha portato ad individuare e segnalare alla competente Autorità Giudiziaria anche un soggetto 49enne, residente in un comune del basso Salento, poichè trovato in possesso di materiale pirico illegalmente detenuto presso la propria abitazione.

I militari dell’Arma ricordano che tutti i fuochi d’artificio consentiti devono avere sulla confezione un’etichetta completa che deve contenere gli estremi del provvedimento del Ministero dell’Interno che ne autorizza il commercio, ne riporti le principali caratteristiche costruttive, indichi una descrizione chiara e completa delle modalità d’uso che devono essere seguite attentamente dall’utilizzatore.

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Cronaca

Daspo per un 22enne per lancio di fuochi durante Lecce Juventus

In tale occasione, infatti, furono diversi gli episodi di accensione e lancio in campo di artifizi pirotecnici da parte dei tifosi locali…

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LA POLIZIA DI STATO HA NOTIFICATO UN DASPO PER I FATTI OCCORSI DURANTE LA PARTITA LECCE-JUVENTUS

La Polizia di Stato ha notificato un DASPO per i fatti occorsi durante la partita Lecce-Juventus, del 01 dicembre scorso.

In tale occasione, infatti, furono diversi gli episodi di accensione e lancio in campo di artifizi pirotecnici da parte dei tifosi locali.

Il personale DIGOS, a seguito dell’attenta visione delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza dello stadio, ha individuato uno dei responsabili del lancio di un artifizio pirotecnico.

Il soggetto, ventiduenne di Surbo, già conosciuto agli uffici informativi come facente parte della tifoseria organizzata, è stato deferito all’autorità giudiziaria per lancio di artifizio pirotecnico e non potrà accedere alle manifestazioni sportive per 3 anni.

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