Attualità
Casarano, città dei cantieri inutili
di Antonio Memmi
L’estate è (quasi) finita. È stata a dir poco anomala per via della situazione pandemica a tutti nota.
Nel nostro Salento, però, più che all’arrivo di semplici turisti, abbiamo assistito ad una vera e propria invasione che ha portato a superare il punto stesso di saturazione di molte zone costiere e di molti paesi dell’entroterra. E Casarano? Un’estate tranquilla, molto, anche troppo! A Milano c’è un notissimo locale in cui ci si accalca e ci si raccomanda per poter accedere; non molto distante da esso c’è un altro locale, molto meno conosciuto, che comunque ogni sera racimola un po’ di gente che in realtà è quella che non ha trovato posto in quello famosissimo.
Ecco, Casarano è stato questo: ha accolto i turisti che proprio non riuscivano a trovare posto là dove avrebbero voluto. I fattori che determinano una scarsa attrattiva turistica in questa città sono molteplici e meritevoli di un approfondimento a parte: dalla ultradecennale promessa (mai mantenuta) di valorizzare il centro storico, alla mancanza di locali in grado di fare tendenza, sino ad una cattiva abitudine degli stessi casaranesi di andare altrove anche solo per prendere un gelato…
In questa estate così anomala c’è stato un altro fattore che ha contribuito a rendere poco attrattivo questo centro dalle enormi potenzialità, sempre inesorabilmente inespresse: il fattore cantieri.
Generalmente la presenza di un cantiere, pur provocando inevitabili disagi, rappresenta un elemento positivo in quanto indica fermento, indica che qualcosa si sta facendo e sicuramente quel qualcosa lo si sta migliorando. Poi ci stanno i cantieri storici, quelli a cui si fa talmente tanto l’abitudine da diventare parte integrante dello skyline della città.
Nel bel mezzo di Casarano, in questa estate umida e afosa, di questi cantieri se ne contano almeno tre ed ognuno con proprie caratteristiche tali da renderli veri e propri esempi per scopi didattici quando si vuol insegnare cosa non fare nella conduzione di un cantiere di lavori pubblici.
Proprio in corrispondenza di uno degli ingressi dei portici (a pochi metri da un locale molto frequentato dai giovani) la prima presenza: pochi metri quadri di recinzione approssimativa e di pavimentazione divelta. Di questo cantiere così piccolo e fastidioso almeno ne conosciamo le motivazioni: il Comune non paga e la ditta mette pressione agli amministratori, creando disagi. Giusto? Sbagliato?
Verrebbe da chiedere il perché tali soldi non siano stati ancora (da mesi) versati, ma siamo sicuri che ci sarebbero mille motivazioni tecnico-burocratiche che ci farebbero venire la… labirintite! Fatto sta che, per tutta l’estate, l’ingresso ai portici è rimasto così.
Poi ci sono i lavori nella centralissima piazza San Giovanni. Nella mia memoria di cinquantenne questo è il terzo lavoro di rifacimento a cui mio malgrado mi tocca assistere, per tutti ci sono critiche e per ognuno c’è la speranza che possa essere l’ultimo (almeno per qualche decennio).
Questo cantiere è nato sotto una cattiva stella già di suo, vuoi perché già dalla chiusura al traffico veicolare all’inizio dei lavori passarono inutili settimane (con buona pace dei commercianti che, di conseguenza, vennero inutilmente limitati) vuoi per la scelta dei basoli utilizzati (fra nuovi e vecchi la soluzione non poteva che essere “l’italica”… un po’ ed un po’).
Quel che lascia oggi perplessi (a distanza di mesi trascorsi e di altri che Dio solo sa quanti saranno) è la conduzione di tale cantiere: a parte l’assenza di qualsiasi indicazione, probabilmente, per evitare di delimitare il cantiere con anti estetiche pannellature (anche se magari, essendo un centro storico, si sarebbero potute utilizzare quelle serigrafate che riproducono la piazza stessa), si è lasciato il cantiere stesso con una recinzione a vista; questa, però, te la puoi permettere se all’interno del cantiere sei ordinato: non è certo il caso di Piazza San Giovanni, dove il disordine regna sovrano e l’accesso all’interno del cantiere è talmente semplice da essere quasi invitante.
Assistere ai lavori durante il loro svolgimento fa venire un altro dubbio a chi (come me) è un profano in materia: siamo proprio sicuri che tagliare i basoli a secco, senza magari l’utilizzo di un flex ad acqua, e riempire di conseguenza il circondario di sottilissima polvere bianca come la cipria, che viene respirata da tutti i passanti e che, posandosi sul vetrocemento, rende il suolo scivolosissimo… sia lo stato dell’arte di queste lavorazioni?
È normale vedere la piazza ridotta ad una cava da questa sottile patina bianca? Sarebbe bello chiederlo a qualcuno ma, come detto, non c’è verso di avere indicazioni.
L’apoteosi dei cantieri (inutilmente) infiniti, la si raggiunge qualche metro più in là, Palazzo d’Elia.
Nel 2019, in occasione di “Borghi in Festa”, scrivevamo della rimessa a nuovo della facciata. Bene: di sicuro dallo scorso aprile ad oggi non c’è stata alcuna traccia di maestranze che, a qualsiasi titolo, abbiano messo piede nel cantiere. Cantiere inoltre è un termine alquanto benevolo perché in realtà (così come si vede dalle foto), si tratta di una semplice rete che circonda una sorta di discarica proprio ai piedi della facciata rifatta di uno dei palazzi più belli della città.
Cumuli di inerti, infissi divelti, segnaletiche in disuso e, soprattutto, la possibilità di poter accedere con estrema semplicità per qualsiasi esigenza (fossero anche le esigenze corporali). Ovviamente nessuna cartellonistica è presente in prossimità del cantiere e nessuno sa chi e come interpellare. Qui non si parla di sciatteria (che è evidente) ma della mancanza di rispetto più assoluta nei confronti dei commercianti, dei cittadini e di quei turisti che si avventurano fin lì (in quella piazza c’è un ristorante rinomato e un ingresso alla chiesa principale).
Spesso in questi casi ci si rivolge al sindaco o all’assessore al ramo (ed è giusto che sia così perché i cittadini è loro che conoscono) ma si sa che c’è (o dovrebbe esserci) un responsabile dei lavori, così come sicuramente c’è un Direttore dei lavori per ognuno dei cantieri.
Non c’è bisogno di essere un esperto della materia per capire che in questi pochi casi elencati tali figure professionali (sicuramente retribuite per il fastidio) sono totalmente assenti e le ditte fanno di conseguenza ciò che è loro più comodo. Un’altra estate è andata via e Casarano ha perso un’altra occasione di rilancio.
Dalle nubi che si addensano all’orizzonte, altre estati, tristemente, passeranno…
Attualità
Tricase: Vigili del Fuoco in Ospedale
Per regalare ai piccoli ospiti del reparto pediatrico del “Cardinale Panico” un momento di spensieratezza
I vigili del fuoco sono spesso gli eroi dei bambini.
E, in tanti casi, i pompieri eroi lo sono per davvero perché sono sempre pronti a… buttarsi nel fuoco per salvare chi è in pericolo.
O, comunque, per aiutare chicchessia.
Questa volta i caschi rossi dei distaccamenti di Tricase e Lecce si sono prestati per un evento solidale in favore dei piccoli pazienti del reparto pediatrico dell’ospedale “Cardinale Panico” di Tricase.
Con la loro iniziativa come si evince dal video e dalle foto in questa pagina hanno regalato un momento di spensieratezza ai più piccoli costretti alle cure e alla permanenza in ospedale.
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Attualità
Anche il sarago morde!
Finalmente svelato il mistero: il sarago maggiore è il responsabile dei morsi ai bagnanti. Uno studio italiano identifica il Diplodus sargus come causa di ferite ai bagnanti, grazie anche al contributo della citizen science. Luigi Musco, docente di Zoologia dell’Università del Salento,: «Non dobbiamo creare allarmismi. In molti casi, alcuni pesci, inclusi i Saraghi giovani, sono interessati alla pelle morta dagli umani, un comportamento sfruttato anche nelle pedicure di origine orientale. In rari casi, alcuni adulti possono avere lo stesso comportamento, con conseguenze più serie»
Dopo anni di segnalazioni e ipotesi, un team di ricercatori delle Università del Salento, di Catania e di Torino ha finalmente individuato uno dei responsabili dei morsi subiti dai bagnanti in varie aree del Mediterraneo: il Sarago Maggiore (Diplodus sargus).
Lo studio, pubblicato di recente sulla rivista scientifica Annales Series Historia Naturalis, rappresenta il primo rapporto documentato di questo comportamento insolito da parte del Sarago Maggiore. Grazie all’analisi dettagliata di tre episodi, tra cui un caso significativo avvenuto nell’agosto scorso in provincia di Siracusa, i ricercatori hanno confermato il ruolo di questo pesce nel provocare ferite, in alcuni casi abbastanza serie da richiedere cure mediche.
Fondamentale per questa scoperta è stato il contributo della cosiddetta citizen science. La piattaforma Facebook, attraverso il gruppo “Fauna Marina Mediterranea” – che conta oltre 29.000 membri tra ricercatori, pescatori e appassionati – ha permesso di raccogliere testimonianze dirette e materiali utili all’indagine.
IL CASO EMBLEMATICO
Tra i casi analizzati, spicca quello di una donna di 70 anni che, mentre nuotava in acque poco profonde nel siracusano, è stata ripetutamente morsa da un singolo Sarago Maggiore. L’attacco ha provocato una ferita di circa 4-5 cm di diametro, che ha richiesto cure mediche per evitare infezioni.
LE SPIEGAZIONI DEI RICERCATORI
«Le cause di questo comportamento, insolito per questa specie, restano ancora da chiarire», spiega Francesco Tiralongo dell’Università degli Studi di Catania, che ha guidato la ricerca presso l’ateneo etneo, «Sappiamo però chi è il colpevole, e questo ci dà un punto di partenza per ulteriori studi per comprenderne le cause. È altrettanto importante sottolineare il ruolo determinante della citizen science nel raccogliere e validare dati utili alla ricerca».
Luigi Musco, docente di Zoologia dell’Università del Salento, che ha partecipato alla ricerca insieme ad Emanuele Mancini dello stesso ateneo e Alessandro Nota dell’Università di Torino, aggiunge: «Non dobbiamo creare allarmismi. In molti casi, alcuni pesci, inclusi i Saraghi giovani, sono interessati a rimuovere pelle morta dagli umani, un comportamento noto e sfruttato anche nelle pedicure di origine orientale. Tuttavia, in rari casi, alcuni adulti possono mostrare lo stesso comportamento, con conseguenze più serie».
CONSULTA LO STUDIO
L’articolo scientifico originale, intitolato “Wounds inflicted on humans by the White Seabream (Diplodus sargus): First scientific report of aggressive behavior”, è liberamente scaricabile dal sito della rivista ANNALES Series Historia Naturalis.
CONCLUSIONI
Questa scoperta, resa possibile da un lavoro congiunto tra ricerca accademica e partecipazione dei cittadini, rappresenta un passo avanti nella comprensione del comportamento della fauna marina. Ulteriori studi saranno necessari per approfondire le cause di questa aggressività sporadica e il suo possibile legame con fattori ambientali o biologici.
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Attualità
Quanti bicchieri di vino si possono bere prima di mettersi alla guida?
Un uomo di circa 80 chilogrammi potrebbe rimanere sotto il limite legale con 3-4 bicchieri di vino da 125 ml; una donna di 60 chili, invece, potrebbe raggiungere il limite con soli 2-3 bicchieri. Ma restano stime sono indicative, se si deve guidare meglio non bere proprio
Le nuove norme del Codice della Strada, in vigore da sabato scorso, stanno facendo molto discutere.
Anche perché tra le principali novità spiccano il ritiro immediato della patente per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. E le sanzioni per guida in stato di ebbrezza sono state inasprite.
Il dubbio e la paura sono che anche un solo bicchiere di vino consumato a pranzo dai parenti possa costare coro.
In molti si chiedono quanti bicchieri di vino si possono bere per non sforare i limiti?
Innanzitutto, dipende da vari fattori personali, come peso corporeo, sesso, metabolismo e presenza di cibo nello stomaco.
Un uomo di circa 80 chilogrammi potrebbe rimanere sotto il limite legale con 3-4 bicchieri di vino da 125 ml, a patto che abbia mangiato.
Una donna di 60 chili, invece, potrebbe raggiungere il limite con soli 2-3 bicchieri.
Bere a stomaco vuoto accelera l’assorbimento dell’alcol e aumenta rapidamente il tasso alcolemico, rendendo più facile superare i limiti.
È importante considerare anche la gradazione alcolica: un vino rosso corposo con contenuto alcolico superiore ai 12 gradi, aumenta il rischio di superare il limite anche con un solo bicchiere.
Stime, queste, solo indicative.
In generale un bicchiere di vino o una lattina di birra potrebbero non superare il limite, soprattutto se consumati a stomaco pieno.
È importante sapere che anche mantenendosi sotto il limite, i rischi alla guida possono permanere, come dimostrato da studi recenti.
Bere e mettersi alla guida comporta rischi significativi, anche se si è sotto i limiti legali.
Già a 0,8 g/L, si osservano difficoltà motorie, rallentamenti nei riflessi e una visione alterata, aumentando il rischio di incidenti.
Con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/L, si possono verificare confusione, perdita di equilibrio e, nei casi più gravi, perdita di coscienza.
Se il tasso alcolemico supera i 2,5 g/L, il rischio di avvelenamento del sangue può portare a coma e arresto cardio-respiratorio.
Inoltre, non tutti gli alcolici hanno lo stesso effetto.
Un bicchiere di vino rosso, come detto, può contenere tra i 10 e i 12 grammi di alcol, mentre una birra da 330 ml arriva a circa 13 grammi e i superalcolici possono superare queste quantità in una singola dose.
La metabolizzazione dell’alcol varia da persona a persona e, per chi ha una bassa tolleranza o pesa poco, anche un singolo bicchiere potrebbe essere eccessivo.
Anche il tempo necessario per smaltire l’alcol varia in base a numerosi fattori, come il peso, il sesso, il metabolismo e la quantità di alcol consumato.
In media, il corpo elimina circa 0,1-0,2 g/L di alcol ogni ora.
Quindi, ad esempio, un bicchiere di vino (125 ml) richiede circa 1-1,5 ore per essere metabolizzato.
Per una birra o un bicchierino di superalcolico, invece, potrebbero essere necessarie 1,5-2 ore.
Se il tasso alcolemico è più alto, ad esempio 0,8 g/L, potrebbero essere necessarie 4-8 ore per tornare a un livello di zero.
La regola più sicura, quindi resta solo una: se guidi, non bere.
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