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Castrignano del Capo

Castrignano del Capo: donna e barboncino aggrediti da un altro cane

L’animale «di proprietà era privo di guinzaglio e museruola. Quali sono i doveri e le responsabilità cui sono chiamati proprietari ed istituzioni?». L’appello ai candidati per le prossime amministrative «di includere nei programmi elettorali  temi quali la riqualificazione delle periferie e la sicurezza stradale, in relazione ad episodi di aggressione canina»

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Una lettera da Castrignano del Capo dove si denuncia l’aggressione di una donna e del suo barboncino «da un cane, poi, risultato di proprietà, privo di guinzaglio e museruola».


Baloo non ce l’ha fatta e la nostra lettrice si chiede: «Cani randagi, pericolosi, malnutriti o cresciuti in stato di cattività: quali sono i doveri e le responsabilità cui sono chiamati proprietari ed istituzioni?».


Dopo l’invito ai proprietari di «rispettare semplici regole di comportamento», e ad «un costante controllo ad opera della polizia locale, al fine di monitorare i numerosi cani vaganti», visto che Castrignano del Capo è in piena campagna elettorale, l’appello ai candidati «di includere nei programmi elettorali  temi quali la riqualificazione delle periferie e la sicurezza stradale, in relazione ad episodi di aggressione canina».


Di seguito l’intervento della nostra lettrice.


Baloo era un cucciolo di barboncino, di soli quattro mesi, dal pelo folto e ciuffo ribelle. Mercoledì scorso, Baloo e la sua proprietaria sono stati aggrediti da un cane – poi, risultato di proprietà – privo di guinzaglio e museruola. Baloo mercoledì notte non ce l’ha fatta. È così che una passeggiata con il proprio cane si è trasformata, in pochi minuti, in un drammatico momento, in cui l’affetto e l’amore hanno lasciato lo spazio unicamente al dolore.


Cani randagi, pericolosi, malnutriti o cresciuti in stato di cattività: quali sono i doveri e le responsabilità cui sono chiamati proprietari ed istituzioni?

All’indomani dell’ennesimo episodio di violenza, è importante riflettere non solo sulle condizioni in cui molti cani vengono a trovarsi a causa della negligenza umana, ma anche su ciò che realmente viene posto in essere affinché accadimenti di questo tipo non si ripetano.


Molto spesso si sottovaluta il significato di prendersi cura di un cane così come la perseguibilità penale (art. 672 c.p.) e le sanzioni civili (art. 2052 c.c.) e amministrative che possono derivare dalla mancanza di cure verso il proprio animale domestico ovvero di precauzioni per impedire loro la fuga. A volte, un cane è il capriccio di un autunno che si tramuta nel peso di un’estate perché troppo ingombrante da mettere in valigia. Il randagismo è un fenomeno che va combattuto insieme alle istituzioni locali, prima, e nazionali, poi; essere consapevoli di come crescere ed educare un cane è, invece, un compito che spetta a ciascuno di noi quando si accoglie un amico a quattro zampe nella propria famiglia, per evitare conseguenze brutali.


A tal proposito, in virtù dell’avvicinarsi delle elezioni amministrative in molti dei nostri Comuni salentini, l’invito è quello di includere nei vari propri programmi elettorali – tra valorizzazione delle marine e dei centri storici – temi quali la riqualificazione delle periferie e la sicurezza stradale, in relazione ad episodi di aggressione canina. Non capita di rado, infatti, di passeggiare per le strade della periferia e ritrovarsi intimoriti da un cane di grossa taglia, tale da essere costretti a cambiare direzione. Alcune volte ciò può essere sufficiente, altre volte, invece, no. Allo stesso modo, per le strade cittadine, è necessario includere un costante controllo ad opera della polizia locale, al fine di monitorare i numerosi cani vaganti. Sul punto i regolamenti comunali sono chiari: nei luoghi aperti al pubblico e nei locali pubblici, nessun animale deve essere lasciato incustodito; i cani devono essere condotti al guinzaglio (non più lungo di 1,50 m), talvolta, essere muniti di museruola ed essere affidati a persona in grado di gestirlo correttamente. In poche parole, bisogna fare di tutto affinchè non venga messa in pericolo l’incolumità delle persone e di altri animali, proteggendo, così, la salute pubblica. Ancora, sarebbe necessario prevedere aree cani – ad oggi, quasi inesistenti – nei parchi dei nostri paesi così come promuovere campagne sul possesso responsabile degli animali d’affezione.


In attesa che il legislatore nazionale adotti maggiori tutele nei confronti degli aggrediti – siano essi animali o esseri umani – augurandoci che ciò avvenga in tempi non troppo lontani, rispettare semplici regole di comportamento è il minimo che si possa fare per Baloo, per i suoi amici a quattro zampe e per tutte le persone ferite mortalmente da cani smarriti e/o pericolosi. Pertanto, segnaliamo e denunciamo alle autorità competenti il randagismo, gli episodi di violenza o di smarrimento affinché ciò possa migliorare la qualità della nostra vita e di tutti i nostri amici a quattro zampe.


y.p.


Appuntamenti

Sulle Orme del Senso del Sacro a Santa Maria di Leuca

Collettiva d’arte da domani e fino al 30 novembre a Villa La Meridiana. Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, dipingeranno “en plein air”, dalle ore 10 alle ore 13

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Presso le Scuderie dell’ottocentesca Villa La Meridiana a Santa Maria di Leuca, la mostra “Sulle orme del senso del Sacro” alla presenza di Maria Rosaria Rosato.

L’inaugurazione è in programma domani, sabato 9 novembre, alle ore 16.

Ideata e progettata da Luciana Mascia, con il patrocinio della curia di Napoli nella persona di Monsignor Adolfo Russo e con il supporto di Caroli Hotels, la mostra resterà aperta fino a domenica 30 novembre.

Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, saranno lieti di dipingere en plein air, dalle ore 10 alle ore 13.

La mostra, allestita da Onia Schirinzi, è una collettiva d’arte che vuole riflettere sul senso del sacro nella vita di tutti i giorni e sui valori fondanti dell’animo umano.

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Attualità

Cento candeline per nonna Cosima

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Festa grande a Castrignano del Capo per nonna Cosima.

Cosima Donnicola ha raggiunto il traguardo delle cento candeline. Un secolo di vita, da festeggiare con i 5 figli Franco, Aldo, Michele, Giovanni e Antonio Schirinzi e con i 10 nipoti e 5 pronipoti.

Nata nel 1924, Cosima, prima che madre, nonna e bisnonna, è stata contadina.

Oggi tutta la nostra Redazione le augura un gioioso e lungo futuro.

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Attualità

Ovunque vai, Martinucci

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia. Qualità e tradizione grazie alle due linee di produzione dell’azienda salentina, portavoce dell’abilità dolciaria nostrana ad ogni latitudine

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Martinucci è un’azienda riconosciuta nel mondo, portavoce della tradizione dolciaria ad ogni latitudine, con tanti punti vendita in Salento ed in diversi Paesi del globo.

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia.

Con Fabio Martinucci facciamo il punto su come si possano raggiungere obiettivi così grandi, continuando il proprio percorso di crescita, mantenendo alti gli standardi qualità.

Eccellere su piccola e grande scala. Qual è il segreto?

«Senz’altro la nostra produzione, che oggi viaggia su due linee: una artigianale ed una industriale, mantenendo sempre altissimi standard di qualità. I prodotti della linea artigianale sono quelli che realizziamo nel nostro laboratorio di Acquarica del Capo. Da qui partono i prodotti freschi che lavoriamo giornalmente e che servono tutte le nostre pasticcerie presenti in Salento. I prodotti che vendiamo nelle pasticcerie Martinucci nel mondo, invece, sono realizzati dalla nostra linea industriale. Una linea che conserva tutte le caratteristiche del prodotto artigianale e tutte quelle preziose conoscenze artigiane tramandate nel tempo, lungo la decennale esperienza di Martinucci nel settore. La nostra azienda oggi è un po’ una fotografia del settore dolciario, in cui produzione artigianale ed industriale viaggiano sempre l’una accanto all’altra».

In che modo due metodi di lavoro, all’apparenza lontani, si avvicinano?

«Nel mondo della pasticceria, la produzione artigianale oggi si regge in gran parte sul lavoro industriale. Questo non ci deve spaventare o insospettire. Al contrario, è un percorso che ormai avanza in simbiosi e che permette di accrescere la qualità dei prodotti. Basti pensare che tutta la pasticceria oggi è improntata sull’utilizzo di semilavorati, compresa quella di pasticcieri e gelatai che si definiscono artigiani. Nel settore, tutti utilizziamo i prodotti semilavorati, talvolta anche provenienti dalle grandi multinazionali, senza che questo rappresenti un peggioramento nella qualità del prodotto. Anche grandi aziende storiche come la Pernigotti forniscono ingredienti, per fare un esempio come la nocciola di Piemonte DOC, che vengono impiegati dai mastri artigiani. Questo ci dice, nella realtà dei fatti, che produzione artigiana ed industriale non devono essere considerate antitetiche, come molte campagne di marketing vogliono farci credere, ma sono molto più prossime di quanto possiamo immaginare. Non a caso Martinucci oggi, con la sua linea industriale, è sia produttore che distributore sul mercato di semilavorati, che vengono acquistati ed impiegati giornalmente anche da molte piccole realtà del nostro territorio».

Esiste ancora l’antica figura del pasticciere che gestisce la produzione dalla A alla Z?

«Sono davvero rarissimi i pasticcieri che continuano a gestire artigianalmente l’intero processo di produzione e vendita in autonomia. È difficile pensare che al giorno d’oggi un pasticciere prepari ogni mattina tutta la produzione per la singola giornata. La prassi vuole che anche i dolci dei laboratori artigianali vengano realizzati in gran numero per coprire più giornate, poi conservati e cotti di volta in volta, giorno per giorno, secondo vendite e necessità».

Pesano ancora i falsi miti sulla produzione industriale nelle scelte dei consumatori?

«Purtroppo, si. Diverse credenze spingono il consumatore a pensare che un prodotto, se non realizzato e consumato al momento, abbia un gusto differente oppure possa nascondere delle sorprese. Ma non è così. Uno dei falsi miti più radicati è quello relativo alla conservazione. I prodotti della linea industriale, anche ma non solo per poter essere gustati in luoghi diversi da quelli di produzione, sono sottoposti a congelamento. E questo può generare scetticismo nel consumatore. In realtà, il processo di conservazione non altera le proprietà organolettiche. Ed inoltre rappresenta anche un presidio di sicurezza per il consumatore, dal punto di vista batteriologico. L’abbattimento che effettuiamo a livello industriale (oggi richiesto in molti ambiti anche dalle Asl), portando il prodotto a -18° in venti minuti, rende la proliferazione batterica innocua per il consumatore. È un po’, per fare un parallelismo, come quando in ambito domestico congeliamo la classica lasagna della nonna per mangiarla l’indomani. In questo caso, nei laboratori, con strumentazioni e procedure professionali, che permettono il cosiddetto abbattimento, abbiamo ulteriori garanzie circa la sicurezza del prodotto che viene somministrato al cliente. È proprio come nei ristoranti dove, per intenderci, non consumeremmo mai un tonno o delle cozze se prima non passate in abbattitore».

Processo industriale ed artigianale: la qualità è nel punto d’incontro?

«Mi sento di dire che senza la grande industria oggi non ci sarebbero i grandi artigiani. Se un prodotto è scadente questo non dipenderà dall’utilizzo dei semilavorati, ma dalla qualità di quei semilavorati che si sceglie di utilizzare. Un consiglio? Assaggiare per credere!».

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