Attualità
Al confine con la guerra: si teme una nuova escalation
I servizi segreti russi sospettano il passaggio delle armi dall’Occidente verso l’Ucraina attraverso il corridoio umanitario polacco. Padre Luca Bovio ci aggiorna sull’esodo
Il confine con l’Occidente, in particolare con la Polonia, resta uno dei luoghi cruciali nel conflitto tra Russia e Ucraina.
È il luogo dove transitano quotidianamente migliaia e migliaia di profughi in fuga dalla guerra.
E alla preoccupazione per l’emergenza umanitaria ora se ne aggiunge un’altra che fa temere una nuova escalation.
Da fonti dell’intelligence si apprende che i servizi segreti russi avrebbero il forte sospetto che, oltre come corridoio umanitario, quei luoghi siano utilizzati dai Paesi occidentali anche per far giungere le armi all’esercito ucraino.
il timore a questo punto è che il Cremlino possa valutare l’opportunità di bombardare quella porzione di territorio.
Oltre al timore per la sorte di un numero enorme di civili ovviamente questo porta con sé il timore di una escalation del conflitto: sarebbe un’aggressione ad un paese del patto Atlantico, la Polonia, E ciò porterebbe ovviamente ad un allargamento del conflitto di cui è facile immaginare le conseguenze.
Nella speranza che ciò non avvenga mai e il buon senso accompagni chi spinge i bottoni, vi aggiorniamo ancora una volta su ciò che sta accadendo al confine polacco grazie al “diario dal confine” di padre Luca Bovio, missionario della consolata in Polonia.
”Carissimi
con questo terzo scritto provo ad aggiornarvi su quanto stàaccadendo attorno a noi in questi ultimi giorni.
Permettetemi come sempre di ringraziare anzitutto quanti da ogni parte d’Italia e non solo, in diverse forme e modi, continuano a sostenere i progetti che abbiamo intrapreso come missionari della Consolata presenti in Polonia.
Nella nostra comunità di Kiełpin proprio oggi salutiamo Pietro e la figlia Anastasia che scappando dall’Ucraina, dopo aver vissuto in casa nostra per una decina di giorni, voleranno in America dove ad attenderli ci sono dei familiari.
La scorsa notte hanno dormito in casa nostra anche una mamma Anastasia con i due figlii Ivan e Yeva. Siamo riusciti ieri a fargli avere un visto dall’Ambasciata Italiana, che ringraziamo sinceramente, e dopo un breve riposo nel cuore id questa notte hanno preso un volo per Milano. Sono già arrivati accolti dai alcuni loro familiari.
La nostra comunità sarà presto di nuova pronta per accogliere ancora qualcuno nei prossimi giorni.
Sempre ieri dall’Italia è arrivato il primo trasporto di aiuti, organizzato dalla famiglia Pozzi e amici, provenienti dalla Parrocchia di S. Anna (Milano) e da un gruppo di simpatici tifosi interisti a cui piace farsi chiamare ironicamente “internati”, persone sensibili a organizzare raccolte di materiale per portare consolazione ai colpiti della guerra. A nome dei volontari che hanno accolto i loro preziosi aiuti un grande grazie. Già la prossima notte aspettiamo tre automezziin viaggio in queste ore, partiti da Sovere (Bergamo). Altri trasporti si stanno organizzando ancora i prossimi giorni. Ricordiamo che i beneficiari di queste raccolte sono soprattutto donne e Bambini. Ieri presso il punto di distribuzione della Parrocchia oltre 400 persone hanno beneficiato di questi aiuti. Attualmente sul territorio delle nostre parrocchie sono ospitate 1500 persone, tutte presso le famiglie. Questa situazione prevediamo che durerà a lungo.
Mi sento di dire qualcosa sul tema dell’accoglienza in senso generale che sta avvenendo nel nostro paese. I numeri sono vertiginosi. Pochi giorni fa il governo parlava già ufficialmente di 1.500.000 profughi accolti. Questa cifra adoggi va sicuramente aggiornata in forte crescita. E’ risaputo che per vari motivi la Polonia si presenta come il paese che offre migliori possibilità per i profughi. Come spesso ripetiamo e i media ben dimostrano,, la maggior parte di essi sono mamme con bambini ucraini. Alcune voci sostenute anche da articoli pubblicati qua e la’, creano qualche dubbio su questa reale apertura del governo polacco nei confronti di coloro che provengono sì dall’Ucraina ma che non sono ucraini. Si tratta di persone presenti in Ucraina per motivi di studi o di lavoro prevenienti dall’Africa o dall’Asia e trovatisi in mezzo al conflitto cercano anche loro di fuggire dal paese. Pochi giorni fa mi trovavo sulla banchina dei treni della stazione centrale di Varsavia, punto di arrivo di moltissimi profughi perché tra l’altro in capitale ci sono le ambasciate di tutti i paesi. I treni provenienti dal confine sono tutti pieni di passeggeri che viaggiano gratuitamente. Ho visto personalmente scendere dal treno migliaia di profughi e tra questi, centinaia di loro avevano i tratti somatici di persone non ucraine, per intenderci africani e asiatici. Non solo. La nostra comunità ha accolto una giovanissima coppia di studenti nigeriani che scappava di Kiev, con il loro neonato di 4 mesi. Attualmente vivono dai nostri vicini. Cosi come un nucleo familiare di origine gambese.
Detto questo, mi sento di poter affermare come testimone (con tutti i limiti che la mia semplice testimonianza può avere) che non posso escludere a priori singoli casi di problemi nell’accoglienza nel contesto delle cifre che ricordavo prima, ma piuttosto vorrei farmi portavoce di quella gigantesca organizzazione di accoglienza che si è messa in moto spontaneamente e che coinvolge un intero paese. Qualcuno faceva giustamente notare come sia pochissimi i grandi hubsotto i quali i profughi trovano riparo e protezione, quanto piuttosto il maggior numero di essi sia accolto presso le famiglie, in un clima molto meno anonimo e molto più umano.
Vorrei anche condividere un aspetto che i media mi sembra che non sottolineano abbastanza. Il tessuto sociale delle famiglie presenti in Ucraina, al di là del fatto che scappino o restino, non è come sembra a vista d’occhio divisibile: da una parte le famiglie ucraine attaccate dalle forze russe, così come il conflitto sembra mostrare. La realtà vista più da vicino mostra che i nuclei familiari spesso sono costruiti con dei mix. Ad es. mamma ucraina e marito di origine russa o bielorussa. Oppure il contrario. Lo stesso fenomeno si può leggere al contrario. Anche tra i soldati dell’esercito russo non è raro trovare uomini che hanno origini familiari ucraine. Questa informazione mi sembra importante da tenere in conto anche se rende ancora più tragica e senza senso questa guerra.
In conclusione, vi saluto tutti a nome anche dei confratelli e dei tanti volontari che ogni giorno cercano di portare un pò di sollievo.
Preghiamo per la pace, costruiamo la pace”.
Kiełpin 11.03.2022
p. Luca Bovio
Superiore dei missionari della Consolata in Polonia
Attualità
Ineleggibilità dei Sindaci: “Discriminatoria e antidemocratica”
Il dissenso di Anci Puglia per la norma che sancisce che “non sono eleggibili a Presidente della Regione e a Consigliere regionale i Presidenti delle Province della Regione e i Sindaci dei Comuni della Regione”
L’associazione dei Comuni pugliesi chiede la revoca della modifica alla legge elettorale regionale, denunciando una penalizzazione ingiusta per i sindaci e una limitazione della libertà di scelta degli elettori.
Anci Puglia esprime fermo dissenso nei confronti della recente modifica all’articolo 6, comma 1, della Legge Regionale 9 febbraio 2005, n. 2 – “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale” – approvata dal Consiglio regionale mediante emendamento.
La nuova formulazione del comma 1 stabilisce che “non sono eleggibili a Presidente della Regione e a Consigliere regionale i Presidenti delle Province della Regione e i Sindaci dei Comuni della Regione”.
Tuttavia, tale ineleggibilità viene esclusa se i soggetti interessati si dimettono dalla
carica non oltre sei mesi prima del compimento del quinquennio di legislatura, o, in caso di
scioglimento anticipato del Consiglio regionale, entro sette giorni dalla data di scioglimento.
I Sindaci di Puglia, secondo ANCI, risultano pertanto fortemente penalizzati dal vincolo di ineleggibilità alle regionali e ritengono si tratti di una norma ingiustificatamente discriminatoria e
antidemocratica: Viene così compromesso non solo il legittimo diritto, costituzionalmente garantito, a candidarsi come chiunque altro, ma anche i cittadini e le cittadine vedono limitarsi la libera scelta per l’esercizio del diritto di voto: “Il termine di 180 giorni per dimettersi risulta infatti estremamente rigido e penalizzante e determina una disparità di trattamento oggettiva tra amministratori locali e altre categorie di cittadini eleggibili.
I Sindaci sono i rappresentanti più diretti e più vicini ai cittadini; tuttavia, invece di valorizzare il loro contributo potenziale nella competizione elettorale regionale, arricchendo così il pluralismo democratico, questa norma li mortifica pesantemente.
Inoltre, priva le comunità amministrate di
una guida con largo anticipo e, ipoteticamente, anche inutilmente, qualora il Sindaco non venisse poi candidato nelle liste regionali.
Anci Puglia ha raccolto nelle ultime ore le rimostranze e la delusione di tanti Sindaci e Sindache – di ogni schieramento politico, perché la norma penalizza tutti, in modo trasversale – e sta valutando ogni più utile ed opportuna azione congiunta, anche giurisdizionale”.
Soprattutto, ANCI PUGLIA oggi chiede ai Consiglieri regionali che hanno proposto e votato l’emendamento di “ritornare sui propri passi, di cancellare quella norma assurda e discriminatoria e consentire a tutti il libero accesso al diritto di candidarsi, accettando un confronto paritario, plurale e democratico.
Al Presidente Michele Emiliano, che è stato Sindaco della Città capoluogo e ha poi voluto
interpretare la carica di Governatore come “Sindaco di Puglia”, chiediamo di fare tutto quanto in suo potere per ripristinare, in seno al Consiglio regionale, il rispetto dei princìpi sacrosanti ed inviolabili di democrazia, uguaglianza di fronte alla Legge e pluralismo”.
Approfondimenti
Inaugurata la biblioteca “Giambattista Lezzi” a Casarano
il Sindaco De Nuzzo e l’Assessore Legittimo: “Grazie alla fiducia che i cittadini ci hanno accordato”. “Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero”.
“Ci sono sogni destinati a rimanere tali ma che comunque aiutano a migliorarsi. Altri destinati a realizzarsi nel momento in cui si ha la possibilità di incidere”.
E’ lapidario il sindaco di Casarano, Ottavio De Nuzzo, durante l’inaugurazione della nuova Biblioteca Comunale della città.
“È grazie alla fiducia che i cittadini hanno accordato alla nostra Amministrazione che tutto è iniziato. Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero.
E prosegue: “Sono stati anni di lavoro: convenzione con il Polo Biblio Museale di Lecce, partecipazione al bando per il servizio civile 2025, adesione rete delle Biblioteche Regionali, censimento matricola al Ministero, progettazione e realizzazione arredi e tanto altro.
Fatica? No gioia di vedere prendere corpo e anima ad un luogo che sarà un punto di partenza da dove si propagheranno, tutto intorno, attività culturali”.
“Da quelle stanze”, sostiene l’assessore, Emanuele Leggittimo, “si sprigionerà una luce forte che passando da Palazzo De Judicibis si estenderà nel Sedile comunale per arrivare a Piazza Mercato.
Lievito di vita e di bellezza, di incontro e scambi di saperi.
Siamo contenti e orgogliosi, oggi lo possiamo dire per aver potuto inaugurare e contare su “un luogo del sapere” che è la Biblioteca Comunale “Giambattista Lezzi”.
Alessano
“Vi voglio bene”, un libro essenziale per raccontare don Tonino e la sua storia
Monsignor Vito Angiuli: “Scritti e documenti inediti per scoprire l’intera vocazione pastorale da sacerdote e da vescovo. Guardate con simpatia alle persone e agli avvenimenti della storia, per testimoniare a tutti la gioia del Vangelo”
di Luca De Santis
Vi voglio bene, Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello è l’ultima fatica data alle stampe dal vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli. Il nuovo libro ha visto la luce nel mese di ottobre 2024, per le edizioni Il pozzo di Giacobbe. Quest’ultima si colloca in continuità con le precedenti pubblicazioni frutto di interessanti studi che Angiuli ha compiuto sul sacerdote della diocesi ugentina divenuto vescovo di Molfetta.
Il sottotitolo dell’opera ci fornisce le giuste delucidazioni riguardo a quelle che sono le intenzioni dell’autore: Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello. Il testo è composto da una corposa introduzione dove l’autore pone e spiega la sua tesi riguardo a un’inscindibile armonia e continuità presente tra il ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino.
Nel primo capitolo, Ordinazione episcopale, sono stati curati una serie di scritti in cui il futuro vescovo di Molfetta mette in evidenza un forte attaccamento alla sua terra natia e le motivazioni che lo hanno condotto ad accettare l’ordinazione episcopale. Il secondo capitolo, Don Tonino saluta la Chiesa ugentina, raccoglie alcune omelie di saluto che don Tonino ha pronunciato prima della sua partenza per Molfetta, dove traspare in modo palpabile il suo amore per la Diocesi di Ugento che ha servito per 25 anni.
All’interno dell’ultimo capitolo troveremo invece degli scritti inediti da datarsi secondo Angiuli tra il 1960 e il 1980. La gran parte di essi pur non avendo una data o la firma, possono tranquillamente essere definiti autentici, tenendo conto della calligrafia di don Tonino. L’ordine cronologico è dato dal Curatore sulla base delle tematiche che in questi scritti vengono a essere trattate.
La maggior parte di questi risale al periodo in cui don Tonino svolgeva il suo ministero presso la Diocesi di Ugento.
Questi scritti contengono in modo germinale quelle tematiche che durante gli anni di episcopato don Tonino tratterà in modo più approfondito, in base alle sollecitazioni di quel contesto storico. Tenendo conto di quanto abbiamo rilevato è possibile dire che il libro si lascia leggere in modo molto scorrevole dimostrandosi adatto persino per coloro che non hanno avuto una conoscenza dettagliata di colui che la Chiesa Cattolica ha dichiarato Venerabile.
Il vescovo Angiuli ha deciso di intitolare questo suo ultimo libro con un’espressione che don Tonino lungo il suo ministero sacerdotale ed episcopale ha utilizzato spesso: Vi voglio bene.
Quest’ultima non ha solo la funzione di comunicare i suoi sentimenti, quanto la simpatia con cui si poneva nei confronti di quella porzione di popolo che era stata affidata alle sue cure pastorali, ma anche nei confronti della storia a lui contemporanea in cui l’umanità era immersa.
Il vi voglio bene di don Tonino
Il vi voglio bene di don Tonino – ci aiuta a comprendere l’autore – trova significato in una delle più belle espressioni da lui spesso utilizzate e contenute nella Costituzione Conciliare Gaudium et spes al n. 1: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Le motivazioni ministeriali di don Tonino nelle varie fasi dei suoi incarichi sia nella diocesi ugentina che in quella di pastore della Chiesa di Molfetta hanno mantenuto le medesime fondamenta che hanno da sempre configurato la sua fede: coltivare la preghiera, meditare la Parola, adorare Gesù eucarestia. Prendiamo atto che gli anni del ministero episcopale hanno oscurato il periodo sacerdotale, ma quegli aspetti che hanno reso il vescovo Bello conosciuto in campo nazionale e oltre, ciò per cui è stato amato nella Diocesi a lui affidata, erano già presenti nel ministero svolto nell’estremo lembo d’Italia, in quel Capo di Leuca, durante il suo lungo ministero sacerdotale come professore e vice-rettore presso il Seminario vescovile, come parroco a Ugento e Tricase, nei vari incarichi pastorali.
Cade in grave errore chi sostiene che l’episcopato, in particolar modo la presidenza di Pax Christi, abbia segnato una svolta ministeriale in don Tonino, una conversione verso le tematiche sociali, in particolar modo quella della pace e della non violenza. A tal proposito Angiuli nell’Introduzione del libro è perentorio nel sostenere il fatto che non vi è nessuna discontinuità di pensiero tra il don Tonino sacerdote e vescovo, e che pensare il contrario significherebbe mistificare la realtà.
Quest’ultimo durante il suo percorso di studio ha consolidato un ottimo utilizzo del metodo deduttivo tramite la sua formazione filosofica e teologica, così come una padronanza del metodo induttivo nel confrontarsi e padroneggiare le scienze moderne: sociologia, psicologia, diritto del lavoro, legislazione sociale, all’interno delle quali venne introdotto durante gli anni seminariali a Bologna presso l’ONARMO.
La cultura sessantottina
Accanto a coloro che sostengono una discontinuità ministeriale di don Tonino, vi sono quelli che manifestano una certa antipatia nei confronti del suo ministero, sostenendo come quest’ultimo sia il prodotto di quella cultura sessantottina che ha avuto i suoi risvolti più nefasti all’interno degli anni ’70 del secolo scorso. A costoro risponde il decreto che sancisce la Venerabilità di don Tonino, definendolo come un ottimo interprete delle istanze conciliari.
L’aspetto, forse il più deleterio, è rappresentato da coloro che del ministero di mons. Bello prendono in considerazione e ne propagano solo i temi sociali (pace, giustizia e salvaguardia del creato), dandone una lettura ideologica.
Costoro affrontano i temi sociali senza tener conto di quelli etici (divorzio, aborto, eutanasia), quest’ultimi aspetti non possono essere separati dai primi ed è chiaro come don Tonino gli abbia mantenuti sempre insieme. Proseguire su questa linea – sostiene Angiuli – significa trovarsi dinanzi a un Giano Bifronte dove diviene molto difficile cogliere, per esempio, la profondità teologica di alcune immagini eloquenti che don Tonino ci ha lasciato come quella della Convivialità delle differenze e della Chiesa del grembiule.
Ciò che mons. Bello esprime nel periodo molfettese, affonda le sue radici nel basso Salento e nella formazione bolognese. Nello specifico va considerata l’impronta ministeriale di mons. Ruotolo, il vescovo di Ugento che ha ordinato presbitero don Tonino e con cui quest’ultimo ha molto collaborato: l’amore all’eucarestia, la devozione mariana, l’impegno ad attuare gli orientamenti pastorali scaturiti dal Concilio Vaticano II, la programmazione per gli itinerari di formazione per i laici, l’attenzione alle problematiche sociali presenti in questa parte del Salento.
Un particolare merito del libro lo si riscontra nel III Capitolo Scritti vari.
In questa sezione si trovano, come già detto, degli scritti inediti di don Tonino, i quali pur non avendo lo stesso spessore o valore di quelli pubblicati da lui stesso, hanno il merito di contenere quelle tematiche che rappresentano la continuità ministeriale che Angiuli, a ragione, evidenzia.
Quest’opera è imprescindibile per chi ha un serio interesse a conoscere la sensibilità e le radici in grado di nutrire il ministero pastorale di don Tonino dal punto di vista teologico e sociale.
Il grande merito di Angiuli consiste nell’averci consegnato un testo che in continuità con le altre sue pubblicazioni su mons.
Bello, ci dona una chiarezza, una verità, che non può essere tralasciata e non considerata, un atteggiamento contrario significherebbe alterare il suo pensiero, oscurare aspetti essenziali e sostanziali della sua santità.
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