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Calimera

Fratelli autolesionisti minacciano soccorritori e carabinieri

Due fratelli di cittadinanza romena, uno dei quali ai domiciliari, trovati in mezzo al sangue forse dopo una lite. All’intervento dei sanitari e dei militari, hanno minacciato di farsi e di far loro del male

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Episodio al limite del raccapricciante nella notte tra venerdì e sabato scorsi a Calimera. Attorno all’una di notte i carabinieri di Lecce hanno ricevuto una telefonata che richiedeva l’intervento dei militari proprio nel calimerese per sedare un presunto diverbio tra persone.


Giunti in viale Virgilio, presso l’abitazione indicata, residenza di Costel Bambu, 29enne romeno sottoposto agli arresti domiciliari, gli uomini dell’Arma hanno trovato l’uomo ed il fratello 27enne, Florim Cezar Bambu, feriti vistosamente e sanguinanti.


Costel aveva in mano un pezzo di portacenere in porcellana, che cercava di frantumare a pugni, producendosi tagli, mentre Florim Cezar brandiva in mano un coltello a scatto lungo 22cm con 9cm di lama affilata e con seghettatura alla base. I due fratelli, invitati quindi dai carabinieri a lasciare gli oggetti che impugnavano, hanno iniziato ad intimare ai militari stessi di allontanarsi, minacciando di continuare a procurarsi delle ferite da autolesionismo, senza dare alcuna spiegazione di tale gesto.


Sul posto nel frattempo sono giunti anche il Comandante della Stazione di Calimera, ed un’ambulanza del 118, al fine di dare ausilio e permettere ai sanitari di curare le ferite dei due fratelli. I due romeni, già in passato, mentre si trovavano ambedue agli arresti domiciliari, si erano resi protagonisti di altri atti di autolesionismo a mezzo di lamette da barba, coltelli e qualsiasi altro oggetto  idoneo allo scopo.


Appena i due fratelli hanno visto arrivare il personale medico e gli altri carabinieri, hanno iniziato ad inveire contro di loro, urlando e brandendo l’uno il coltello a scatto, e l’altro uno da cucina con lama seghettata che aveva appena preso. Dopo un primo tentativo di far medicare Costel, il fratello inaspettatamente ed immotivatamente con il coltello che aveva in mano, ha iniziato a tagliarsi al collo, inveendo ancora contro i sanitari ed ancora minacciando che se non si fossero allontanati avrebbe utilizzato il coltello anche contro di loro.

Dopo una lunga trattativa con Florim Cezar, affinché acconsentisse ai sanitari di medicare sia lui che il fratello, che intanto, già trattato preliminarmente, si era strappato le bende precedentemente appostegli dai sanitari, è intervenuta sul luogo un’altra ambulanza con medico a bordo per somministrare ai due, in fortissimo stato di agitazione, un calmante che li riportasse alla ragione. Ma più il medico si avvicinava e più Florim Cezar continuava a tagliarsi, minacciando anche i carabinieri, buttando per aria il tavolo della stanza e lanciando le sedie in direzione dei militari.


Data la situazione ormai oltremodo pericolosa, i carabinieri han deciso di intervenire definitivamente bloccando Florim Cezar, privandolo del coltello e immobilizzando Costel sul divano e disarmandolo del coltello da cucina. Solo allora il medico del 118, presente sul posto, è riuscito a somministrare del calmante ai due romeni che continuavano a minacciare di morte i carabinieri che li tenevano immobilizzati, nonché a rivolgere improperi e insulti di ogni genere anche al personale sanitario che con difficoltà cercava di medicare le loro ferite.


A seguito di tale notte concitata, i carabinieri, fortunatamente usciti indenni dalla colluttazione con i due fratelli, hanno comunque interessato il magistrato di turno presso la Procura di Lecce, Dott. Gagliotta, con il quale hanno concordato l’arresto dei due fratelli per resistenza e violenza a pubblico ufficiale e per minacce, il tutto aggravato dall’uso di armi. I fratelli Bambu sono stati condotti presso presso la Casa Circondariale di Borgo San Nicola, in attesa dell’udienza di convalida che si terrà prossimamente; i coltelli utilizzati da Florim Cezar e da Costel sono stati sequestrati e verranno depositati presso l’Ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Lecce.


Appuntamenti

“Tutto sta nei venti e nelle nuvole” a Calimera

Presso Casa dei Kalimeriti la presentazione del nuovo libro di Roberta Pappadà, edito Kurumuny

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Venerdì 22 novembre 2024, a partire dalle ore 19 presso Casa dei Kalimeriti (via Mayro, 28, a Calimera) presentazione del libro di Roberta Pappadà Tutto sta nei venti e nelle nuvole, edito da Kurumuny. Dialogherà con l’autrice Gianluca Palma.

Un viaggio letterario che si intreccia con un’analisi lucida e profonda delle dinamiche che caratterizzano l’attuale crisi climatica. È così che Roberta Pappadà nelle pagine de Tutto sta nei venti e nelle nuvole (edito da Kurumuny) evidenzia, con uno stile ricco di immagini evocative e dettagliate, il ritardo cronico con cui governi e istituzioni affrontano la questione climatica, un problema che coinvolge tutti i Paesi del mondo.

In particolare, il lavoro di Pappadà pone l’accento sull’estrema lentezza nel prendere decisioni, una lentezza che si manifesta soprattutto nei contesti delle grandi conferenze internazionali come la Cop29 in corso a Baku, in Azerbaijan. Qui, malgrado le buone intenzioni, le risoluzioni spesso faticano a tradursi in interventi concreti ed efficaci, lasciando il rischio che le politiche climatiche non incidano mai realmente.

Tutto sta nei venti e nelle nuvole nasce da un senso di urgenza profondo, un “I care” che spinge l’autrice e molte persone del nostro tempo a riflettere sul futuro del pianeta e sulla necessità di agire. Con una scrittura che intreccia poesiaanalisi critica e denuncia, Pappadà offre al lettore uno strumento unico: non una semplice antologia, ma un progetto articolato che incita a guardare al domani con maggiore consapevolezza e responsabilità.

Tutto sta nei venti e nelle nuvole non è soltanto un libro da leggere, ma un atto d’amore verso la Terra e le generazioni future e che invita lettrici e lettori a immergersi nella sua visione con mente aperta e spirito attento, trasformando ogni pagina in uno stimolo per un impegno condiviso e per un cambiamento necessario.

L’appuntamento è per venerdì 22 novembre 2024, a partire dalle ore 19 presso Casa dei Kalimeriti (via Mayro, 28, a Calimera) per la presentazione del libro di Roberta Pappadà Tutto sta nei venti e nelle nuvole, edito da Kurumuny. Dialogherà con l’autrice Gianluca Palma

L’autrice

Roberta Pappadà è nata a Calimera (Le). Vive e insegna materie letterarie a Roma. Laureata in Storia contemporanea presso l’Università di Bologna, i suoi studi e interessi incrociano il teatro, l’arte terapia, la storia e la letteratura. Si occupa di progetti di prevenzione del disagio giovanile e d’integrazione sociale, in contesti didattici professionali e ricreativi; collabora all’organizzazione di mostre fotografiche e installazioni artistiche.

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Attualità

Finanzieri salvano falco ferito

Il piccolo rapace, stremato e disidratato, aveva provato più volte a riprendere il volo senza riuscirci. Due uomini della Guardia di Finanza di Otranto lo hanno raccolto e portato al C.R.A.S. Salento di Calimera

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Solitamente tiriamo in ballo le forze dell’ordine solo in presenza di fatti di cronaca.

Questa volta vogliamo segnalare l’apprezzabile slancio dei due uomini della pattuglia della Guardia di Finanza di Otranto che hanno dato un lieto fine ad una brutta disavventura, capitata ad un gheppio, volatile appartenente alla famiglia dei falchi, specie protetta.

Le Fiamme Gialle hanno notato la presenza del volatile selvatico sul ciglio della strada.

Il piccolo rapace, stremato e disidratato, aveva provato più volte a riprendere il volo senza riuscirci.

I due finanzieri in servizio lo hanno prontamente soccorso e messo in sicurezza, per poi trasferirlo per le necessarie cure presso il C.R.A.S. Salento, “Centro Territoriale di Accoglienza della Fauna Selvatica Omeoterma in Difficoltà del Salento” di Calimera.

Ricevute le cure necessarie, il giovane esemplare di gheppio si è completamente ristabilito ed è stato, poi, liberato e reinserito in natura dai finanzieri che lo hanno salvato.

La liberazione è avvenuta con una sorta di celebrazione, molto partecipata, organizzata dalla Cooperativa “Naturalia”, che gestisce il museo, in collaborazione con “Il Dado Gira società cooperativa sociale”, impegnata in progetti di animazione culturale e sociale rivolti ad ogni fascia d’età e, in particolar modo, ai soggetti deboli.

Proprio grazie all’intervento dei finanzieri, il gheppio è tornato a volteggiare con le sue eleganti ali nei cieli salentini.

Tutto è bene quel che finisce bene e complimenti ai due finanzieri, che non si sono girati dall’altra parte per evitare eventuali fastidi.

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Approfondimenti

Xylella: Il fuoco invisibile

Lo scrittore del libro tra i 12 finalisti del Premio Strega 2024, Daniele Relli: «Necessario ricostruire la fiducia fra mondo scientifico, istituzioni e popolazione Con un po’ più di fiducia nei ricercatori, forse, non saremmo arrivati a questo punto»

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Un dramma ecologico e sociale raccontato in un incalzante romanzo a più voci.

È quello che fa Daniele Rielli in “Il fuoco invisibile” (tra i 12 finalisti del Premio Strega 2024), cercando di capire cosa è accaduto agli ulivi della sua famiglia originaria di Calimera, ricostruendo le vicende legate all’arrivo della Xylella, il batterio che ha causato la più grave epidemia delle piante al mondo.

Tutto inizia a Gallipoli, quando gli ulivi cominciano a seccare e morire in un modo mai visto prima. Si mette in moto un vortice di avvenimenti che prende velocità fino a diventare inarrestabile.

Almeno 21 milioni di ulivi, tra cui molti alberi secolari e millenari, un patrimonio insostituibile, sono morti.

È come se l’intero Salento fosse stato bruciato da un gigantesco fuoco invisibile.

Daniele Rielli

Nell’incipit della nostra intervista Daniele Rielli racconta come è nata l’esigenza di scrivere “Il fuoco invisibile”: «Mio nonno a Calimera era un olivicoltore. All’arrivo della Xylella mio padre, anche se di mestiere ha fatto altro dopo essersi traferito al nord ed aver conosciuto mia madre, ne è rimasto assai turbato. Così il dramma che ha colpito tutto il Salento è stato vissuto anche nella nostra casa su al nord».

Ecco spiegato cosa ha spinto lo scrittore, nato a Bolzano e residente a Roma, ad occuparsi di quanto avveniva nel Salento.

Quali sono i temi de “Il fuoco invisibile”?

«Il libro racconta la storia di quello che è successo attraverso, in primis, la nostra vicenda familiare. Poi il racconto si espande ai vari protagonisti della vicenda. Quindi ai ricercatori, che hanno scoperto la malattia e sono stati ingiustamente accusati per alcuni anni di averla diffusa. Accusa pesante e, ovviamente, non vera ma che, sulle loro vite, ha avuto un effetto molto, molto grave. Lo racconto perché sono persone che ho conosciuto in questi anni: persone per bene ed anche molto brave nel loro lavoro. Questa è una pagina nera della giustizia in Italia. Ho conosciuto anche tante persone che hanno cercato di fare qualcosa per contrastare l’emergenza. Penso, ad esempio, a Giovanni Melcarne, di Gagliano del Capo, uno dei produttori d’eccellenza del Salento che ha sempre cercato di portare l’opinione pubblica su posizioni un po’ più vicine alla scienza. Questo, quando, all’inizio, sia tra la popolazione che tre le istituzioni, si sosteneva che la malattia non fosse così grave o che, addirittura, non esistesse affatto, che fosse un complotto. Giovanni è una di quelle persone che, invece, ha sempre tenuto la barra dritta e ha cercato di trovare soluzioni concrete. Melcarne è uno dei protagonisti del libro così come tanti altri. Ho cercato di fare un po’ la geografia umana di questo disastro, dando voce a tanti che non avevano avuto occasione di parlare. Tanto hanno, invece, parlato i politici, che spesso, però, non hanno detto le cose giuste. Mentre persone più capaci non hanno avuto voce in capitolo».

Hai parlato di processo alle streghe… 

«Una delle reazioni tipiche nella storia dell’uomo è quella di cercare qualcuno a cui dare la colpa di fronte alle epidemie, alle malattie inaspettate. Questo è quello che nel Salento è successo con gli scienziati a livello collettivo prima che giudiziario. Tali credenze, diffuse prima sui social e poi tra la popolazione, hanno ricordato un po’ la caccia alle streghe. Alla fine, per fortuna, è stato dimostrato che i ricercatori avevano fatto solo il loro lavoro ed anche bene».

Dopo aver ascoltato le parti in causa, gli addetti ai lavori, che idea ti sei fatto personalmente di tutta questa vicenda? 

«Sicuramente è stata un’occasione persa. Ora esiste un programma di contenimento che costa anche tanti soldi, ma è giusto che ci sia. Il fatto è che, ormai, su un territorio talmente diffuso diventa difficile pensare di contenere l’epidemia in maniera efficace mentre, all’inizio, si trattava di un territorio molto ristretto, tra l’altro circondato su tre lati dal mare, e si poteva tentare seriamente di contenere e di debellare la malattia. Questo non è stato fatto per una serie di errori umani ed è un peccato perchè l’Italia avrà che fare nei prossimi decenni con questo batterio che ha causato tanti danni e continuerà a causarne. Cosa che si poteva evitare».

Come pensi finirà tutta questa storia? 

«Per il Salento è già finita e bisogna pensare al capitolo successivo: piantare delle varietà resistenti e ricostruire, almeno in parte, l’agricoltura. Poi diversificare perché la monocoltura, dal punto di vista ambientale, non è il massimo e, soprattutto, espone a dei rischi. Aver avuto due sole cultivar, la “Cellina” di Nardò e la “Ogliarola Salentina”, sul 60% del territorio, ha posto un problema di biodiversità e l’arrivo di un patogeno, che ha attaccato quelle due varietà, ha messo in ginocchio tutto il Salento. Non sarebbe accaduto se ci fossero state coltivazioni diverse. Ora si dovrà recuperare una parte di olivicoltura per mantenere viva una tradizione secolare, al contempo, cercare nuove culture da affiancare all’ulivo. Questo per quanto riguarda il Salento.  Per il resto della Puglia e, in prospettiva, il resto d’Italia, bisogna cercare di contenere seriamente, nella speranza che arrivi al più presto una cura definitiva contro questo batterio. Prima o poi si arriverà, bisogna solo capire quando».

Oggi si discute del fatto che il Leccino, la varietà resistente alla Xylella su cui si sta puntando, a differenza degli ulivi nostri di una volta, necessiti di tanta acqua, che noi non abbiamo…

«Con le coltivazioni storiche d’ulivo salentine, era problematico fare un olio di qualità perché erano alti e molto grandi. Quindi era difficile raccogliere le olive dall’albero o, meglio, era molto costoso. Quindi si tendeva a produrre un olio lampante, aspettando che le olive cadessero, a discapito della qualità dell’olio. Con quegli alberi era difficile fare diversamente. Ora, con delle piante più piccole, con delle coltivazioni impostate in maniera diversa, sarà più facile produrre olio di qualità anche se, effettivamente, consumano più acqua… Si guadagna da un lato, si perde dall’altro. Da considerare anche che se per la produzione precedente occorrevano 90mila ettari, oggi con delle piante giovani si può arrivare alla stessa produzione e di qualità migliore con 20-25mila ettari».

Daniele Rielli si congeda con un auspicio per il futuro: «L’eredità di questa storia dovrebbe essere un rapporto migliore tra opinione pubblica e comunità scientifica. Spero si sia capito, ad esempio, che quello che può dire un ricercatore in pensione, non è necessariamente l’opinione dell’intera comunità scientifica. Bisogna andare a vedere qual è il consenso diffuso su un argomento. Quello sulla Xylella è sempre stato lo stesso, sin dall’inizio.  Purtroppo, sono stati molti amplificati i pareri di pochissime persone che davano delle false speranze, sostenendo tesi non fondate. E questo ha avuto un costo importante. A mio avviso è necessario ricostruire la fiducia fra mondo scientifico, istituzioni e popolazione. Con un po’ più di fiducia nei ricercatori, forse, non saremmo arrivati a questo punto».

Giuseppe Cerfeda

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