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Cronaca

Intreccio mafia-lidi balneari: 15 arresti del Ros

Tramite il controllo della security nelle discoteche del gallipolino, il clan Padovano si era infiltrato nell’economia delle attività turistiche

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Turismo, lidi e mafia. Un intreccio che vede protagoniste le due famiglie salentine della Sacra Corona Unita: il clan dei Padovano e quello dei Parlangeli-Tornese, con raggio d’influenza rispettivamente facente capo a Gallipoli per i primi e a alla zona Lecce-Monteroni per i secondi.


L’attività dei carabinieri del Ros di Lecce, nell’ambito dell’operazione denominata “Baia Verde“, ha portato alla luce il legame tra la criminalità organizzata e i lidi della costa ionica.  Le infiltrazioni nel settore turistico avvenivano mediante il controllo diretto delle agenzie di security nelle discoteche e nei lidi balneari, con l’obiettivo futuro di allargare l’influenza anche alla gestione dei parcheggi. Il tutto sulla scia di pressioni e intimidazioni nei confronti del sindaco di Gallipoli, Francesco Errico.


Stamattina all’alba i militari del Ros, sotto il comando del colonnello Paolo Vincenzoni e con l’ausilio dei colleghi del comando provinciale e della compagnia di Gallipoli, hanno tratto in arresto ben quindici componenti dei due clan.


L’ordinanza di custodia cautelare è scattata per: Angelo Padovano, 25enne di Gallipoli, figlio del boss Salvatore ucciso su ordine del fratello; Roberto Parlangeli, 37enne di Copertino residente a Carmiano; Giovanni Parlangeli, 33enne di Campi Salentina, residente a Lecce; Gabriele Cardellini, 30enne di Gallipoli; Alessio Fortunato, 31enne di Squinzano; Amerigo Liaci, 33enne gallipolino; Fabio Negro, 39enne gallipolino; Sergio Palazzo, 34enne leccese; Fabio Pellegrino, 29enne di Galatone; Giovanni Rizzo, 46enne nato a Zurigo; Luca Tomasi, 41enne di Carpignano Salentino; Carmelo Natali, 40enne di Gallipoli; Gabriele Pellè, 37enne leccese; Luciano Gallo, 46enne di Martano e Rosario Oltremarini, 46enne di Gallipoli.  A vario titolo, sono accusati di associazione mafiosa, spaccio di stupefacenti ed estorsione aggravata dalle modalità mafiose.


Le indagini partono da lontano, dal 24 luglio 2011, giorno di una rapina ai danni del “Praja”, famosa discoteca gallipolina, che fruttò ai banditi 40mila euro. Il colpo però non fu fine a se stesso: l’intenzione del clan Padovano, che organizzò il tutto, era quella di intimorire i gestori dei lidi e delle discoteche del litorale e, al contempo, di screditare l’agenzia investigativa napoletana cui all’epoca spettavano i compiti riguardanti la security del locale svaligiato.


A quella rapina-avvertimento sarebbero seguiti altri episodi intimidatori che avrebbero spianato ai clan la strada verso l’assoggettamento delle attività economiche turistiche della zona.

Allo stesso scopo era indirizzata pertanto l’intimidazione nei confronti del primo cittadino gallipolino, tramite il quale le organizzazioni avrebbero tentato di mettere mano anche nella gestione delle attività amministrative del luogo.


Il considerevole risultato dell’operazione “Baia Verde” raccoglie, tra gli altri, gli elogi e l’apprezzamento del Presidente della Provincia Antonio Maria Gabellone che definisce l’azione dei militari Una partita vinta sul crimine, sulle intimidazioni e sulle estorsioni, fenomeno criminale che tenta quotidianamente di distruggere la nostra economia sana, oltre che un colpo inferto al fenomeno tristemente costante del traffico degli stupefacenti. 


Aver frenato nuove e preoccupanti attività destinate a turbare la stessa vita e le attività economiche di tanti salentini è un ennesimo titolo di merito dei Carabinieri e dei loro vertici provinciali, coordinati con successo dalla capacità operativa e dalla profonda conoscenza dei fenomeni mafiosi del territorio del Procuratore Distrettuale Antimafia Cataldo Motta”.


L’indagine del Ros, oltre a infliggere un duro colpo ai clan mafiosi salentini, testimonia l’avvenuto avvicendamento generazionale al loro interno: i vincoli di stretta parentela e di nepotismo, che caratterizzano la mafia pugliese, hanno portato al timone delle operazioni la seconda generazione delle famiglie della SCU.


Lorenzo Zito


Cronaca

Supersano arrestato spacciatore

In casa aveva eroina, cocaina e marijuana oltre a tutto il necessario per la vendita dello stupefacente

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I carabinieri della Stazione di Ruffano hanno arrestato in flagranza di reato un uomo di 45 anni nel centro di Supersano.

L’attività info-investigativa era iniziata a causa di un’intensa attività di spaccio presso la sua abitazione.

Dopo aver individuato con precisione il luogo, i Carabinieri hanno proceduto al controllo e alla perquisizione dell’appartamento, dove sono state rinvenute numerose dosi di sostanze stupefacenti pronte per la vendita, occultate in vari punti della casa.

In particolare, sono stati sequestrati 7 grammi di eroina, 2 grammi di cocaina e 30 grammi di marijuana.

Insieme alla sostanza stupefacente, i militari hanno trovato bilancini, sostanze da taglio, materiale per il confezionamento e diverse centinaia di euro in contanti, a testimonianza dell’attività di spaccio.

Durante il controllo, sono stati sequestrati anche due coltelli ed è stata scoperta un’ingente quantità di munizioni, circa un centinaio di cartucce di vario calibro, detenute illegalmente.

Al termine delle formalità di rito, l’uomo è stato sottoposto a regime degli arresti domiciliari, così come disposto dal Pubblico Ministero di turno presso la Procura della Repubblica di Lecce.

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Casarano

Rinvenuto deposito di auto rubate

Denunciato il proprietario dell’area dove è stata rinvenuta anche un’Alfa Romeo Stelvio rubata pochi giorni fa nel parcheggio di un ipermercato casaranese. Tra le tante auto smembrate, riconosciuta anche una Fiat 500 con la carrozzeria tagliata in più pezzi che era stata rubata a Tricase il 9 gennaio

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La Polizia di Stato ha scoperto a Casarano un’ampia area recintata, nella quale erano nascosti e riciclati veicoli di provenienza illecita.

Da una prima ispezione attraverso l’alto muro di recinzione del sito individuato, gli agenti del Commissariato di Taurisano hanno notato la presenza di una Alfa Romeo Stelvio, risultata rubata alcuni giorni prima nel parcheggio di un ipermercato sempre di Casarano.

I primi accertamenti hanno permesso di individuare il proprietario dell’area, un cinquantacinquenne del posto, immediatamente rintracciato nella sua residenza e condotto presso il deposito di sua proprietà.

Oltre all’Alfa Romeo Stelvio rubata, nella area, vasta almeno 50 are, erano stati parcheggiati molti automezzi e pezzi meccanici e, all’interno, vi era un edificio di costruzione abusiva, nel cui garage seminterrato era stata ricavata una officina abusiva, adibita allo smontaggio di autovetture rubate.

In particolare, i poliziotti hanno scoperto la presenza di una Fiat 500 smembrata la cui carrozzeria era stata tagliata in più pezzi. L’auto, non era più dotata dei codici identificativi (targa e numero di telaio) ma, identificato il rivenditore da un portatarga, è stata comunque identificata e rintracciata la proprietaria.

L’auto era le era stata rubata a Tricase il 9 gennaio scorso. La donna ha riconosciuto la propria autovettura attraverso le foto realizzate dalla polizia scientifica.

Nel garage seminterrato, in alcuni container e in tutta l’area recintata erano parcheggiati numerosi veicoli e stoccati e pezzi meccanici, per molti dei quali l’indagato ha fornito generiche e poco credibili notizie sulla provenienza.

Inoltre, i veicoli ed i pezzi meccanici apparivano parcheggiati male e stoccati, in evidente violazione le norme previste per la tutela dell’ambiente.

L’intera area è stata sottoposta a sequestro con l’apposizione dei sigilli mentre il proprietario è stato denunciato in stato di libertà per il reato di ricettazione, riciclaggio e violazione delle norme sulla tutela ambientale.

L’Alfa Romeo Stelvio, dopo i rilievi di polizia scientifica, è stata restituita al legittimo proprietario.

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Quel che resta della Fiat 500 rubata a Tricase il 9 gennaio scorso

 

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Cronaca

Trepuzzi: «Perchè il sindaco ha fatto riaprire le scuole?»

Gli attivisti del MoVimento 5 Stelle: «Non conoscendo ancora l’effettivo rischio per la salute pubblica, vista l’entità dell’incendio e la pericolosità del materiale andato a fuoco, sarebbe stato forse più prudente ritardare cautelativamente l’apertura»

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Il girono dopo l’incendio ai depositi dell’ex Omfesa a Trepuzzi si accende la polemica.

Gli attivisti del MoVimento 5 Stelle,  «nell’esprimere massima solidarietà alle aziende e ai lavoratori coinvolti nell’incendio divampato nel pomeriggio di ieri , sulle cui cause auspichiamo sia fatta presto piena luce», puntano il dito sulla  decisione del sindaco Giuseppe Taurino di consentire l’apertura delle scuole all’indomani di quanto accaduto.

I 5 Stelle la ritengono «quanto meno contraddittoria la considerato, altresì, il richiamo a limitare le uscite e a fare uso delle mascherine. Non conoscendo ancora l’effettivo rischio per la salute pubblica, vista l’entità dell’incendio e la pericolosità del materiale andato a fuoco, sarebbe stato forse più prudente ritardare cautelativamente l’apertura delle scuole. Per il bene della salute pubblica, invochiamo il rispetto del principio di precauzione citato nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, molto spesso disatteso».

Gli attivisti, infine, rivolgono «un ringraziamento particolare ai Vigili del Fuoco, che hanno consentito in tempi rapidi di domare l’incendio e di mettere in sicurezza l’area».

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