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Cronaca

Ivan Ciullo, “Non si è trattato di suicidio!”

È quanto emerge dalla consulenza tecnico-scientifica del dottor Roberto Lazzari criminologo criminalista, esperto in indagini scientifiche forensi, su incarico dei genitori del ragazzo. Resta un mistero la morte del giovane deejay trovato impiccato ad un albero di ulivo il 22 giugno del 2015 nelle campagne di Acquarica del Capo

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Le numerose “lacune investigative” e “negligenze operative” presenti nei fascicoli del caso Ivan Navi Ciullo non consentono di accertare la verità su quanto accaduto al giovane deejay trovato impiccato ad un albero di ulivo il 22 giugno del 2015 nelle campagne tra Taurisano ed Acquarica del Capo.


Non si può parlare, dunque, di suicidio ma anzi l’analisi degli elementi a disposizione evidenzia piuttosto un’ipotesi omicidaria. È quanto emerge dalla consulenza tecnico-scientifica svolta dal dottor Roberto Lazzari, criminologo criminalista, esperto in indagini scientifiche forensi, su incarico dei genitori del ragazzo, Rita Bortone e Sergio Martella.


“Lacune” e “negligenze” già emerse nei mesi precedenti e che avevano indotto i genitori di Ivan a sporgere denuncia al Tribunale di Potenza contro la PM Carmen Ruggiero, ora indagata.


Nella relazione di consulenza il dottor Lazzari evidenzia gli errori compiuti dagli inquirenti in occasione dei rilevamenti tecnici, del sopralluogo giudiziario e nella repertazione delle tracce.


Innanzitutto, dall’analisi del fascicolo sulla morte di Ivan Ciullo emerge l’assenza di accertamenti sulle misure del cavo al quale il giovane era appeso, e su quelle relative agli spazi tra il terreno e il ramo al quale il cavo era agganciato.


Tali lacune investigative hanno indotto gli inquirenti a sostenere che la posizione genuflessa nella quale il corpo è stato ritrovato dipendesse dall’allungamento del cavo. Il dottor Lazzari, a seguito di opportuni rilevamenti scientifici compiuti sul luogo del ritrovamento e sul cavo, definisce “del tutto inverosimile che il corpo possa essere rimasto sospeso dal terreno, così come pare inverosimile anche l’utilizzo dello sgabello”.


Il ramo, infatti, si trova ad una distanza di 205 cm da terra, mentre l’altezza del corpo, sommata alla lunghezza del corpo, è pari a 225 cm.


Allo scopo di fornire prove scientifiche, il dottor Lazzari ha eseguito in laboratorio una “prova tensiometrica” sul cavo microfonico rinvenuto nella macchina del ragazzo, del tutto identico a quello sequestrato dagli inquirenti.


Dall’esperimento (foto a fianco) è emerso che l’allungamento del cavo è di soli 4 cm e avviene unicamente nella prima fase di tensionamento, per effetto del restringimento dei nodi.

Pertanto la posizione in cui è stato ritrovato il corpo, quasi in ginocchio, non è dipesa dall’allungamento del cavo, come sostenuto dagli inquirenti.


Inoltre il perito ha preso in esame una serie di elementi tratti dal materiale fotografico presente nei fascicoli, li ha sottoposti ad analisi criminalistica forense, evidenziando come siano “non congrui allo scenario di tipo suicidiario”.


Primo fra tutti lo sgabello trovato accanto al corpo: malgrado le quattro gambe metalliche si adagino su un terreno soffice (un campo di ulivi) solo una di esse affonda nella terra. Nessuno pertanto è salito su quello sgabello, anche in considerazione del fatto che non vi sono impronte di scarpe.


Sono state poi prese in esame le ecchimosi presenti sul corpo. In particolare, quella alla base del collo: non può essere stata prodotta dal cavo microfonico poiché presenta uno spessore nettamente inferiore, compatibile invece con un laccio più piccolo, avvolgente in senso orizzontale. Tale circostanza fa ipotizzare che il ragazzo sia stato prima strangolato e poi appeso.


E ancora, dall’analisi delle foto il perito evidenzia la presenza di terriccio sui pantaloni, in corrispondenza delle caviglie, e di contro segnala l’anomala assenza di terriccio sulle calzature indossate da Ivan. Peraltro appaiono evidenti, sul terreno in prossimità del cadavere, impronte di scarpe diverse da quelle rinvenute addosso al ragazzo.


Infine l’analisi del dottor Lazzari si sofferma sulla presenza di un oggetto voluminoso nella tasca destra dei pantaloni, evidente nella foto del ritrovamento del corpo. Ma in nessun verbale, in nessun documento presente nei fascicoli viene citato tale oggetto. E nelle immagini fotografiche scattate in obitorio le tasche appaiono vuote.


In conclusione, il dottor Lazzari sottolinea la necessità che gli inquirenti svolgano ulteriori approfondimenti scientifici, finalizzati a colmare le lacune investigative e spiegare le troppe incongruenze: l’autopsia, innanzitutto; l’esame tossicologico; la ricerca di impronte digitali e tracce biologiche sul cavo e sullo sgabello.


È attesa nei prossimi mesi la decisione del gip di Lecce Vincenzo Brancato sulla seconda richiesta di archiviazione del caso presentata dalla Procura di Lecce, mentre la Procura di Potenza ha indagato il pm titolare dell’indagine Carmen Ruggiero per omissione di atti d’ufficio.


Attualità

Tricase: lavori e polemiche in piazza a Caprarica

L’ing. Andrea Morciano protocolla una lettera indirizzata agli amministratori con la quale chiede la sospensione immediata dei lavori e la convocazione urgente di un incontro pubblico

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I lavori di riqualificazione in corso a Tricase, in piazza Sant’Andrea a Caprarica, sono da qualche giorno oggetto di discussione.

La polemica, fino ad ora latente, è deflagrata con la lettera indirizzata al sindaco Antonio De Donno, alla presidente del consiglio Rosanna Zocco, agli assessori e a tutti i consiglieri, dall’ingegner Andrea Morciano, noto professionista, residente proprio nel quartiere tricasino che ospita i lavori.

L’ingegnere, con la sua lettera, protocollata l’11 luglio scorso (numero 14030), chiede la sospensione immediata dei lavori e la convocazione urgente di un incontro pubblico.

In premessa l’ing. Morciano rileva innanzitutto che i lavori riguardanti la riqualificazione di Piazza Sant’Andrea sono iniziati «senza alcun preavviso per la cittadinanza, tanto che lo stesso Comitato Festaquesto fa ancora più specie, visto che un componente è anche consigliere comunale») ha dovuto improvvisamente posticipare la festa patronale ad altra data».

Poi evidenzia che «il progetto non è mai stato sottoposto ad un giudizio dei cittadini di Caprarica, eccezion fatta per una fugace esposizione di alcune tavole grafiche ben nascoste alla maggior parte della gente, lo scorso anno; che non sì è avuta neppure cura di aggiornare i render delle testate del progetto alle varianti e modifiche che il progetto ha subito».

«Quando la coperta è corta», polemizza, «e si vuol fare tutto, poi si incorre in questi errori banali. In campagna elettorale il sindaco aveva promesso che avrebbe fondato la sua amministrazione sulla partecipazione (questa sconosciuta).

Le intenzioni ed i propositi non vanno enunciati ma vanno praticati, anche se capisco che per il sindaco sia difficile, visto quanto già accaduto in altri incontri nei quali si è cercato il confronto con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti si veda gestione ufficio tecnico»).

Altro punto contestato: «Dalla testata del progetto si evince un’ampia partecipazione di professionisti i quali, non per colpa loro (di questo ne sono certo), dalla montagna hanno partorito un topolino».

E ancora: «Non si capisce come ai cittadini non sia consentito l’uso del cemento in aree agricole o nei

centri storici e poi la piazza di Caprarica, improvvisamente diventa idonea per accogliere una bellissima pavimentazione architettonica, che altro non è che cemento. Ho sollevato il problema anche agli organi competenti, che per tutta risposta hanno giustificato la scelta per “mancanza di soldi”. I privati, invece, hanno soldi da spendere e spandere…».

Dal progetto sembrerebbe essere stata riservata una “zona ZTL” per alcuni residenti: «Si vuol conoscere in relazione a quale principio e chi pagherà i ripristini per effetto del transito dei veicoli in quella fascia», evidenzia Morciano, «inoltre sarebbe opportuno sapere se sono state effettuate delle prove di transito con mezzi pesanti, per chi percorre via Vittorio Emanuele verso via Caduti sul Lavoro. Prove traffico tanto care al sindaco… Sarebbe opportuno conoscere quali saranno le manovre da effettuare per chi, transitando con un mezzo pesante su via Caduti sul Lavoro provenendo da Corso Apulia, dove farà inversione di marcia, visto l’esistente senso unico su via Vittorio Emanuele e non potendo percorre via Leuca, o sarà vietato qualsiasi transito. Il sindaco dovrebbe spiegarlo ai cittadini residenti».

L’elenco delle obiezioni e dei “sarebbe opportuno” è ancora lungo: «Sarebbe opportuno conoscere in base a quale principio sia stato deciso di rendere non fruibile la piazza per organizzare manifestazioni o anche semplicemente per montare un palco; sarebbe opportuno conoscere il senso della piantumazione di un albero alle spalle del frantoio

Ipogeo; sarebbe opportuno conoscere come saranno gestiti i parcheggi nelle aree prossime alla piazza nei giorni di grande affluenza e se la gestione sarà semplicemente elevare multe ai cittadini; Sarebbe opportuno conoscere come, e soprattutto chi, pagherà per eventuali ripristini da eseguire sulla sede stradale (via Vittorio Emanuele – Via Leuca) che sarà rivestita con questa splendida pavimentazione architettonica»

Per tutti i punti elencati spora l’ing. Andrea Morciano chiede «l’immediata sospensione dei lavori e la convocazione di un incontro pubblico, dove vengano esposti i principi alla base della progettazione e vengano date le risposte a queste e ad altre criticità che il progetto, in fase di realizzazione, comporterà per i residenti del rione di Caprarica».

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Attualità

Galatina: sala operatoria chiusa perché senza aria condizionata? No, si, forse…

Mettetevi comodi, ci sarà da aspettare. Alla terza chiamata, dopo esserci garbatamente presentati, qualcuno dall’altra parte risponde: “Cerchiamo il direttore sanitario, dott. De Maria”; “Mi dispiace, ma lo trova domattina”. “Ma non c’è nessuno che…”

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Cosa può e deve fare un giornale quando riceve diverse telefonate di denuncia circa la malasanità pubblica?

A cosa serve il mestiere di giornalista se non a riportare pedissequamente, previa verifica, ogni spiffero o lode di quello accade fra le pieghe della pubblica amministrazione che sia essa sanitaria o di altra natura? A tutelare le fasce più deboli, a difendere chi non può, non sa o non vuole difendersi?

Ebbene, da giorni riceviamo in redazione delle lamentele circa il malfunzionamento di una delle sale operatorie dell’ospedale Santa Maria Novella di Galatina, nella fattispecie l’ultima lagnanza, arrivata via Whatsapp stamattina, è di una signora che oggi avrebbe dovuto subire un intervento in day hospital e, arrivata diligentemente e puntualmente in ospedale, si è sentita rispondere: “Signora, mi dispiace ma deve tornare a casa, sono slittati tutti gli interventi perché si è rotta l’aria condizionata e da 15 giorni la sala operatoria è rimasta ferma“.

Se non fosse seria e grave la situazione ci sarebbe da ridere. E allora? Cosa abbiamo pensato di fare? Quello che avrebbe fatto qualsiasi giornale: chiamare l’ospedale di Galatina e scrivere alla ASL.

Mettetevi comodi, ci sarà da aspettare. Alla terza chiamata, dopo esserci garbatamente presentati, qualcuno dall’altra parte risponde: “Cerchiamo il direttore sanitario, dott. De Maria“; “Mi dispiace, ma lo trova domattina“. “Ma non c’è nessuno che lo sostituisca, che ci possa informare sulla sala…“, insistiamo, “Aspetti le passo qualcuno della sala operatoria“.

Dopo aver spiegato il motivo della nostra telefonata, dall’altra parte ci rispondono: “Mi dispiace deve aver sbagliato numero!“. Basiti ribattiamo: “Come abbiamo sbagliato numero, non è la sala operatoria? Mi hanno passato lei dal centralino, saprà che numero fare il centralinista. E comunque: è vero che la sala operatoria non funziona da 2 settimane perché è rotta l’aria condizionata?”, assordante silenzio dall’altra parte, “mi scusi”, ribattiamo caparbi, “ma con chi stiamo parlando?”. 

“Sono l’infermiere E.S. e non sono tenuto a risponderle”. “Quindi”, incalziamo, “è una malcelata forma per dirmi che quello che le sto chiedendo è vero!?”.

Come tutte le cose la gentilezza si consuma, il garbo finisce, la pazienza si squaglia, con questo caldo poi: “Guardi che questo è un numero per le urgenze, e lei lo deve lasciare libero!”. ” Va bene”, replichiamo, “basta un si o un laconico no!… Tuuu, tuuu, tuuu.”

Ci appigliamo ancora al centralinista il quale, con rinnovata pazienza, ci prega di attendere e ci assicura che avrebbe cercato di passarci al telefono il direttore sanitario.

L’attesa è piacevole, le note sprigionate dalla musichetta d’attesa è puro jazz: lo si riconosce dalla grande varietà di attacchi. Spiacevole è invece la notizia, un perentorio telefonista, dopo una breve attesa, ci liquida: “Il direttore sanitario mi suggerisce di richiamare domani mattina, tuuu, tuuu, tuuu…“.

Nel frattempo, per non venire meno al nostro dovere abbiamo scritto, alla direzione della Asl e ci siamo armati, noi insieme a tutti i pazienti che non hanno usufruito del servizio, di Santa Pazienza, in attesa del domani. To be continued…

Luigi Zito

 

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Medici salentini contro l’autonomia differenziata

Il presidente dell’OMCeO di Lecce Donato De Giorgi: «La scarsezza di risorse, vera causa di tempi di attesa vergognosamente lunghi, sarà sempre più evidente dall’applicazione dell’autonomia differenziata che penalizzerà il Sud, creando gravissimi disagi ai medici e, soprattutto, ai cittadini»

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«Si rimane basiti da alcune dichiarazioni comparse sulla stampa locale, secondo cui per risolvere le emergenze, che alcune Strutture stanno vivendo nel nostro territorio in maniera drammatica, sia necessario non solo “una più efficace organizzazione delle risorse umane”, ma anche “la necessità che alcuni Direttori di Unità Operative abbandonino la scrivania e diano una mano concreta”. Oltre a grossolane inesattezze riguardanti l’attività del presidio ospedaliero di Gallipoli, che avrebbe “sale operatorie inattive da mesi”, le dichiarazioni puntano il dito nella direzione sbagliata».

È lo sfogo di Donato De Giorgi, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (OMCeO) di Lecce.

«In realtà», tuona il dott. De Giorgi, «solo la straordinaria attività di tutti i medici e del Personale Sanitario ha consentito di far sopravvivere il SSN nel nostro territorio (come, del resto, conferma l’84,1% degli Italiani, secondo l’ultimo sondaggio Censis)».

Poi la sottolineatura: «Quando si afferma “tutti i Medici” ci si riferisce proprio a tutti: i MMG, i pediatri, gli specialisti territoriali, i medici del pronto soccorso, 118, continuità assistenziale, ospedalieri, direttori di U.O., medici del servizio pubblico, privati, convenzionati, ecc.».

«Solo il loro lavoro continuo, il loro impegno instancabile, la loro professionalità competente, la loro azione silenziosa in situazioni difficili di gravissimo disagio», insiste il presidente provinciale dell’OMCeO, «rappresenta lo straordinario e insostituibile riferimento per affermare la centralità della salute come diritto di tutti».

In questi giorni chi gestisce e chi amministra la salute nel nostro territorio avendo l’impegno di ridefinire ruoli, accorpamenti in situazioni ospedaliere periferiche e la decisiva riorganizzazione del territorio, ha sempre poco (o nessuno) spazio per allargare le risorse umane (assunzioni) e fornire ai professionisti motivazioni forti.

Secondo Donato De Giorgi: «La scarsezza di tali risorse, vera e decisiva causa dei tempi di attesa inaccettabilmente e vergognosamente lunghi, sarà sempre più evidente dall’applicazione dell’autonomia differenziata che penalizzerà soprattutto il Sud, creando gravissimi disagi ai medici e, ciò che più conta, ai cittadini».

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