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Castrignano del Capo

Leuca, AQP smuove le acque

Nuove condutture ma tra 2 anni. Il sindaco: “Cerco soluzione tampone”

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Ne ha avuti tanti di nomi, Leuca, prima di chiamarsi come la chiamiamo oggi. Erodoto la definiva Promontorio Iapigio, Varrone la battezzò Uria, mentre per Ovidio era Sibari.


Per quanto la città bianca per antonomasia sia oggi Ostuni, anche Leuca porta nel suo attuale nome, dal greco, l’essenza del bianco. Che sia per il colore delle sue case o per il candido riflesso del sole sulle sue coste rocciose, quel candore è ciò per cui chi la sceglie, la ama.


C’è una storia dei nostri tempi, però, che sul quel bianco lascia una scia. Una macchia sempre più marcata che, quando ormai sembrava aver scavato un solco indelebile, pare finalmente destinata a restare un triste ricordo.


È l’annosa vicenda della rottura del sistema fognario e degli sversamenti dei reflui in mare. Decine e decine di episodi, in ogni periodo dell’anno. Ormai da un abbondante decennio unico appuntamento fisso della marina amministrata da Castrignano del Capo, con una peculiarità: l’effetto sorpresa.


Altrettanto costante nel tempo, però, il disinteresse verso il problema: impianto datato, condutture strette, tubature corrose, pompe di sollevamento dalla marina al depuratore (ubicato a Castrignano del Capo) non idonee e spesso rotte.


Come prassi vuole, è servita un’emergenza vera a smuovere…le acque. È il 22 giugno scorso quando per l’ennesima volta l’impianto esplode. Siamo in estate: il deflusso lungo le anguste e ripide stradine del borgo, fino al mare che si colora di marrone, è copioso. La scena, impietosa. Gli scatti e la notizia, non sono da meno.


Ne consegue una ordinanza di divieto di balneazione firmata dal sindaco ed una querelle infinita, quasi quanto il perdurare del problema. C’è chi punta il dito contro gli irrisoluti responsabili e chi, di contro, porta la mano alla bocca, invocando omertà nel nome del turismo (incredibile, ma vero!).


Per fortuna l’eco è forte ed arriva lontano. Non essendo inverno, dell’indegno spettacolo godono in tanti e coi mezzi di comunicazione di oggi ci vuole un attimo ché la traccia arrivi a Bari.


Il primo cittadino, Santo Papa, non si ferma all’ordinanza e incalza Acquedotto Pugliese. È il momento chiave: Aqp non può più tergiversare e convoca un tavolo tecnico per la discussione del progetto di rifacimento della cosiddetta premente. È il 16 luglio. Mappe e valutazioni sono già più che abbozzate: tutto pronto, in poche parole. Guarda caso.


Il sindaco torna da Bari contento a metà: l’impianto si rifà, ma nel frattempo…?


Dietro una scrivania carica di lavoro, lo incontriamo in municipio, dove ci racconta il tutto.


Il progetto



È la volta buona, saluteremo il vecchio impianto?

È la volta buona. Le mie pressioni sono state ascoltate. Dopo il 22 giugno, con Aqp, siamo arrivati ai ferri corti. Ma non potevo fare altrimenti: devo salvaguardare la salute, la sicurezza pubblica, l’economia e l’immagine di Leuca, che in questi giorni è stata distrutta dai titoloni. L’impianto di risalita verrà rifatto del tutto. Non poteva essere altrimenti: tubi dal diametro di 20cm, materiali non ottimali, pompe prive di trituratore. La premente oggi non è più idonea, e forse non lo è mai stata, per un percorso di oltre 2km con un dislivello di cento metri”.


E la nuova come sarà?


Tutte le condutture saranno rimpiazzate da tubature idonee al flusso. L’alloggiamento dell’intero impianto sarà sotto manto stradale. Anche quell’ultimo tratto (pari a circa un quinto della lunghezza della linea) che oggi, in prossimità del depuratore, attraversa terreni privati, sarà sotto l’asfalto. Questo al fine di rendere più agevoli eventuali interventi futuri sulla linea. E ci saranno nuove pompe, in più punti. Non solo in via Gorizia, alla base del ponte, dove sono ubicate quelle del presente impianto (che verranno tutte sostituite), ma anche in altre nuove aree. Aqp ci ha chiesto di individuarne due. Ne abbiamo scelta una in prossimità di largo terra Greci ed una più su, lungo l’impianto di risalita, in prossimità delle ultime case del centro abitato. In un secondo momento, invece, sarà prevista l’installazione di altre due pompe per servire il centro abitato di Leuca, in particolar modo l’area portuale che al momento non è del tutto servita. Ma questa è un’altra storia e ricadrà in un altro intervento”.


Il progetto presentato al tavolo tecnico da Aqp prevede un bando nel 2020 ed una spesa di 2,4 mln di euro. Quanto dovremo attendere per vederlo realizzato?


L’attesa è l’elemento che più mi preoccupa. Prima che partano i lavori, non passeranno meno di 20 mesi. Motivo per cui ho insistito affinché nel frattempo non ci si abbandoni al problema, che continua a perdurare (NdA, in questi giorni sono stati registrati altri sversamenti). Non possiamo attendere con le mani in mano i tempi di rifacimento. Per questo stiamo cercando un modo per evitare che, in caso di debordazioni, i liquami finiscano in mare. Ho avanzato delle proposte che sono al vaglio dei tecnici, anche in funzione del vincolo idrogeologico che interessa l’area. Troveremo una soluzione tampone. Intanto, è prevista da subito l’installazione di valvole di non ritorno e di un sistema di telecontrollo remoto sull’impianto che abbatta i tempi di intervento in caso di emergenza”.



Dente avvelenato



A questo punto il sindaco fa un passo indietro e, prima di congedarci, torna sul “caso” Goletta Verde. Un paio di settimane dopo l’esplosione delle fogne del 22 giugno, la campagna di monitoraggio a difesa del mare realizzata da Legambiente, ha scatenato una querelle: i dati dei prelievi effettuati in vari punti critici della Puglia vengono presentati in conferenza stampa. Per Leuca, non è un successo: sulla mappa pubblicata da Legambiente compare un bollino rosso. Da legenda: “Fortemente inquinato”. Santo Papa non ci sta:


“Ci tengo innanzitutto a sottolineare che quelli di Legambiente non sono pubblici ufficiali. È l’Arpa a determinare i valori ufficiali che, come accadde già un anno fa, son ben diversi da quelli segnalati da Goletta Verde. La concentrazione batteriologica registrata nelle stesse date da Arpa, in ben 3 punti (faro di Leuca, Lido Azzurro e Torre Marchiello) è ben più bassa da quella sbandierata da Legambiente. Nonché, nei limiti previsti dalla legge. Il motivo di tale divergenza è presto spiegato: i rilievi del servizio Goletta Verde sono effettuati nel canale, non in mare. In dell’acqua che possiamo considerare stagnante. Urlare ai quattro venti dati di questo tipo non può che nuocere all’immagine di Leuca”.


A questo punto, tra il malvisto risalto dato dalla stampa e lo sgradito servizio di Legambiente, la domanda sorge spontanea. Se è stato arrecato un danno d’immagine, procederà su altri fronti? La risposta del sindaco è nei gesti più che nelle parole. Per questo c’è lui”, chiosa, battendo con mano ferma sul codice penale che cela sotto a cartelle e documenti protocollati, ma che tiene a portata di mano.


Il messaggio è chiaro: è guerra a chiunque macchia il buon nome di Leuca. Ma l’evidenza è un’altra: i titoloni non sono il problema. Al più, l’inizio della soluzione…


Lorenzo Zito


Appuntamenti

Sulle Orme del Senso del Sacro a Santa Maria di Leuca

Collettiva d’arte da domani e fino al 30 novembre a Villa La Meridiana. Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, dipingeranno “en plein air”, dalle ore 10 alle ore 13

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Presso le Scuderie dell’ottocentesca Villa La Meridiana a Santa Maria di Leuca, la mostra “Sulle orme del senso del Sacro” alla presenza di Maria Rosaria Rosato.

L’inaugurazione è in programma domani, sabato 9 novembre, alle ore 16.

Ideata e progettata da Luciana Mascia, con il patrocinio della curia di Napoli nella persona di Monsignor Adolfo Russo e con il supporto di Caroli Hotels, la mostra resterà aperta fino a domenica 30 novembre.

Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, saranno lieti di dipingere en plein air, dalle ore 10 alle ore 13.

La mostra, allestita da Onia Schirinzi, è una collettiva d’arte che vuole riflettere sul senso del sacro nella vita di tutti i giorni e sui valori fondanti dell’animo umano.

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Attualità

Cento candeline per nonna Cosima

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Festa grande a Castrignano del Capo per nonna Cosima.

Cosima Donnicola ha raggiunto il traguardo delle cento candeline. Un secolo di vita, da festeggiare con i 5 figli Franco, Aldo, Michele, Giovanni e Antonio Schirinzi e con i 10 nipoti e 5 pronipoti.

Nata nel 1924, Cosima, prima che madre, nonna e bisnonna, è stata contadina.

Oggi tutta la nostra Redazione le augura un gioioso e lungo futuro.

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Attualità

Ovunque vai, Martinucci

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia. Qualità e tradizione grazie alle due linee di produzione dell’azienda salentina, portavoce dell’abilità dolciaria nostrana ad ogni latitudine

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Martinucci è un’azienda riconosciuta nel mondo, portavoce della tradizione dolciaria ad ogni latitudine, con tanti punti vendita in Salento ed in diversi Paesi del globo.

Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia.

Con Fabio Martinucci facciamo il punto su come si possano raggiungere obiettivi così grandi, continuando il proprio percorso di crescita, mantenendo alti gli standardi qualità.

Eccellere su piccola e grande scala. Qual è il segreto?

«Senz’altro la nostra produzione, che oggi viaggia su due linee: una artigianale ed una industriale, mantenendo sempre altissimi standard di qualità. I prodotti della linea artigianale sono quelli che realizziamo nel nostro laboratorio di Acquarica del Capo. Da qui partono i prodotti freschi che lavoriamo giornalmente e che servono tutte le nostre pasticcerie presenti in Salento. I prodotti che vendiamo nelle pasticcerie Martinucci nel mondo, invece, sono realizzati dalla nostra linea industriale. Una linea che conserva tutte le caratteristiche del prodotto artigianale e tutte quelle preziose conoscenze artigiane tramandate nel tempo, lungo la decennale esperienza di Martinucci nel settore. La nostra azienda oggi è un po’ una fotografia del settore dolciario, in cui produzione artigianale ed industriale viaggiano sempre l’una accanto all’altra».

In che modo due metodi di lavoro, all’apparenza lontani, si avvicinano?

«Nel mondo della pasticceria, la produzione artigianale oggi si regge in gran parte sul lavoro industriale. Questo non ci deve spaventare o insospettire. Al contrario, è un percorso che ormai avanza in simbiosi e che permette di accrescere la qualità dei prodotti. Basti pensare che tutta la pasticceria oggi è improntata sull’utilizzo di semilavorati, compresa quella di pasticcieri e gelatai che si definiscono artigiani. Nel settore, tutti utilizziamo i prodotti semilavorati, talvolta anche provenienti dalle grandi multinazionali, senza che questo rappresenti un peggioramento nella qualità del prodotto. Anche grandi aziende storiche come la Pernigotti forniscono ingredienti, per fare un esempio come la nocciola di Piemonte DOC, che vengono impiegati dai mastri artigiani. Questo ci dice, nella realtà dei fatti, che produzione artigiana ed industriale non devono essere considerate antitetiche, come molte campagne di marketing vogliono farci credere, ma sono molto più prossime di quanto possiamo immaginare. Non a caso Martinucci oggi, con la sua linea industriale, è sia produttore che distributore sul mercato di semilavorati, che vengono acquistati ed impiegati giornalmente anche da molte piccole realtà del nostro territorio».

Esiste ancora l’antica figura del pasticciere che gestisce la produzione dalla A alla Z?

«Sono davvero rarissimi i pasticcieri che continuano a gestire artigianalmente l’intero processo di produzione e vendita in autonomia. È difficile pensare che al giorno d’oggi un pasticciere prepari ogni mattina tutta la produzione per la singola giornata. La prassi vuole che anche i dolci dei laboratori artigianali vengano realizzati in gran numero per coprire più giornate, poi conservati e cotti di volta in volta, giorno per giorno, secondo vendite e necessità».

Pesano ancora i falsi miti sulla produzione industriale nelle scelte dei consumatori?

«Purtroppo, si. Diverse credenze spingono il consumatore a pensare che un prodotto, se non realizzato e consumato al momento, abbia un gusto differente oppure possa nascondere delle sorprese. Ma non è così. Uno dei falsi miti più radicati è quello relativo alla conservazione. I prodotti della linea industriale, anche ma non solo per poter essere gustati in luoghi diversi da quelli di produzione, sono sottoposti a congelamento. E questo può generare scetticismo nel consumatore. In realtà, il processo di conservazione non altera le proprietà organolettiche. Ed inoltre rappresenta anche un presidio di sicurezza per il consumatore, dal punto di vista batteriologico. L’abbattimento che effettuiamo a livello industriale (oggi richiesto in molti ambiti anche dalle Asl), portando il prodotto a -18° in venti minuti, rende la proliferazione batterica innocua per il consumatore. È un po’, per fare un parallelismo, come quando in ambito domestico congeliamo la classica lasagna della nonna per mangiarla l’indomani. In questo caso, nei laboratori, con strumentazioni e procedure professionali, che permettono il cosiddetto abbattimento, abbiamo ulteriori garanzie circa la sicurezza del prodotto che viene somministrato al cliente. È proprio come nei ristoranti dove, per intenderci, non consumeremmo mai un tonno o delle cozze se prima non passate in abbattitore».

Processo industriale ed artigianale: la qualità è nel punto d’incontro?

«Mi sento di dire che senza la grande industria oggi non ci sarebbero i grandi artigiani. Se un prodotto è scadente questo non dipenderà dall’utilizzo dei semilavorati, ma dalla qualità di quei semilavorati che si sceglie di utilizzare. Un consiglio? Assaggiare per credere!».

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