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Cronaca

Ortopedia a Tricase: “… libera nos a malo”

La lettera di un giornalista che vive e lavora all’estero ed ha trascorso alcuni giorni a Tricase per assistere la madre bisognosa di cure presso l’ospedale “Panico”

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Pubblichiamo l’accorata lettera di un giornalista che vive e lavora all’estero ed ha trascorso alcuni giorni a Tricase per assistere la madre bisognosa di cure in ospedale.


Di seguito la lettera, che giriamo anche ai responsabili del “Card. Panico” qualora volessero replicare e dire la loro in merito a quanto segnalato dal collega Francesco Nuzzo


Ospedale PanicoMi sento civilmente e umanamente in dovere di fare alcune considerazioni su 12 giorni trascorsi vicino a mia mamma nel reparto ortopedia dell’ospedale Cardinale Panico di Tricase, nella prima metà di gennaio 2017.

– Mancanza nei gabinetti delle stanze di carta igienica, sapone e soprattutto di un liquido disinfettante per le mani, a mio modesto parere assolutamente indispensabile vista la grande presenza di microbi e germi in ogni ospedale del mondo, notoriamente covi di malattie.

– Per quattro volte sono intervenuto per far spostare il catetere che era stato posto esattamente sotto la gamba operata della paziente, provocando dolore e disagio tali da non poter riposare.

– Coperchio del vassoio del cibo fortemente macchiato di polvere bianca, che ho considerato calcare.

– Distribuzione di un’arancia a cena, cosa altamente sconsigliata fin dai tempi della Scuola medica salernitana. Preferibile un mandarino, che le ultime ricerche dicono concili il sonno se mangiato a sera.

– Filo per chiamare il personale spostato troppo dietro le spalle del paziente, quindi irraggiungibile; preferibile attaccarlo alla maniglia sopra il letto.

– Poca attenzione nel sistemare gli aghi per le infusioni sul dorso delle mani, spesso e volentieri il liquido fuoriesce.

– Disattenzione del personale quando il famigliare del paziente per ovvi motivi non può essere presente al momento di colazione, pranzo e cena.

– Poca chiarezza nell’assegnazione delle pillole, almeno per i pazienti in grado di dialogare e chiedere spiegazioni.

– Totale caos quando si è trattato di parlare con i medici curanti, introvabili, evasivi e disinformati. Per me è stata un’esperienza traumatizzante.


– Assenza di qualsiasi bevanda calda per il paziente. Ho chiesto a sera una camomilla per conciliare il sonno della paziente. Mi è stato risposto che le cucine erano chiuse…

– Al quinto giorno di degenza di mia mamma, con gli intestini gonfi all’inverosimile mi sono sentito obbligato a chiedere la somministrazione di una peretta per favorire l’evacuazione (ma a cosa diavolo pensa il personale?).

– La televisione in camera non può essere un lusso per chi è costretto a giornate e nottate intere a letto. Tuttavia il televisore è antiquato oltre che lontano e troppo in alto. Il kit per l’accensione e la visione… speculare su questo…

– Un venerdì mattina uno dei medici mi ha assicurato che mia mamma sarebbe stata mandata il lunedì successivo nel reparto riabilitazione, dove avrebbe dovuto rimanere un mese. Ebbene, essendo io partito dall’ospedale per andare all’estero, il sabato mattina è stato comunicato a mia mamma – prossima ai 90 anni e per il resto in ottima salute malgrado il femore rotto – che il lunedì sarebbe tornata a casa, non essendoci posto in riabilitazione. Evito qualsiasi considerazione.

– Per ultimo, ma non ultimo. Non ho mai sentito una parola di incoraggiamento del personale curante alla paziente, pur sapendo quanto ciò sarebbe stato di conforto e aiuto almeno psicologico.

Senza alcun rancore, anzi con un senso di gratitudine per chi lavora in condizione non agiate. So di eccellenze presso l’ospedale Panico. Mi sono sentito in dovere di segnalare queste cose, per amore, solo per amore della vita e del benessere di chi soffre”.


Francesco Nuzzo, giornalista, Bolligen (Svizzera)


LEGGI QUI LA RISPOSTA DELLA DIREZIONE SANITARIA DELL’OSPEDALE


Cronaca

Spaccio di cocaina, nei guai 20enne

Alla vista dei carabinieri cerca di disfarsi della droga ma senza successo. Fermato, sempre per droga, anche un operaio di 46 anni. Un 15enne, invece, è stato denunciato per il furto di una bicicletta

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I carabinieri della Compagnia di Campi Salentina hanno nuovamente concentrato più pattuglie nella zona di Trepuzzi, dove i militari dell’Arma hanno attuato un’intensa attività di controllo del territorio.

Anche questa volta, nel bilancio della lotta all’illegalità e al degrado, non sono mancati gli arresti e le denunce.

In tutta la zona nell’arco della serata sono state controllate un centinaio di persone, mentre è stato intimato l’alt a una quarantina di mezzi.

Durante i controlli a tappeto delle zone frequentate dai più giovani, l’attenzione dei carabinieri si è concentrata su un gruppo di ragazzi notato in posizione defilata alle spalle di un bar che si trova nel centro del paese, fra cui c’era un 20enne del posto, noto alle Forze dell’Ordine, che appena ha visto la pattuglia avvicinarsi, con estrema disinvoltura, ha lasciato cadere per terra un involucro, sperando che nessuno notasse quella mossa.

L’esperienza dei due carabinieri però ha giocato a suo sfavore.

Infatti, i militari dell’Arma hanno recuperato l’involucro che conteneva una quarantina di dosi di cocaina.

Il giovane, inoltre, aveva in tasca circa seicento euro in contanti, ritenuti il provento della vendita di droga.

Il 20enne è stato quindi portato in caserma, dove al termine delle verifiche qualitative sulla “polvere bianca” trovata in suo possesso è stato dichiarato in arresto per “detenzione illecita di stupefacenti”.

Per un operaio di 46 anni, invece, fermato alla guida della propria auto, è scattata la denuncia sempre per possesso di droga.

Durante la perquisizione, è stato trovato in possesso di alcuni grammi di hashish e di un bilancino di precisione, strumento del mestiere, spesso usato dai pusher per pesare con esattezza le dosi da vendere.

Oltre allo spaccio, nel resoconto dei controlli a tappeto anche la segnalazione al Prefetto di due giovani, trovati in possesso di marijuana e hashish per uso personale.

Infine, è finito nei guai anche un 15enne, denunciato per aver rubato una bicicletta ad un 61enne del posto.

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Cronaca

Cade da impalcatura, muore ingegnere

Vittima Antonio Greco, 72 anni, originario di Aradeo e residente a Lecce, precipitato mentre era impegnato in alcune misurazioni su un canitiere vincino piazza Mazzini

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Giornata segnata a lutto per l’ennesima vita spezzata sul lavoro nel Salento.

Un’altra famigia decapitata, ancora dolore.

La vittima è Antonio Greco, ingegnere di 72 anni, originario di Aradeo e residente a Lecce.

Mentre era impegnato in alcune misurazioni è precipitato da un’impalcatura il cantiere pinea città, in via Lamarmora, vicino piazza Mazzini.

ha perso tragicamente la vita precipitando da un’impalcatura in un cantiere nel cuore di Lecce, in Via Lamarmora, non lontano dalla centralissima Piazza Mazzini.

«TREDICESIMA VITTIMA SUL LAVORO, È ORA DI DIRE BASTA!»

«Con profonda tristezza e rabbia», la CISL di Lecce esprime «il più sentito cordoglio alla famiglia della vittima. Un nuovo lutto si aggiunge all’elenco già troppo lungo delle vittime sul lavoro in provincia di Lecce, salito ormai a tredici. Un numero che grida vendetta e che ci costringe a interrogarci sulle cause di questa autentica mattanza».

«Non possiamo più accettare che il lavoro diventi una condanna a morte», tuona Donato Congedo, Segretario Territoriale della CISL Lecce, «è urgente e necessario un intervento deciso e coordinato di tutte le istituzioni per garantire la sicurezza nei cantieri edili e in tutti i luoghi di lavoro».

Per questo la CISL chiede un incontro urgente con il Prefetto di Lecce per attivare tutte le procedure necessarie a intensificare i controlli e a garantire il pieno rispetto delle normative sulla sicurezza: «Non possiamo più tollerare che si continui a morire sul lavoro. È fondamentale concentrare tutti gli sforzi nella diffusione della cultura della prevenzione.  È necessario un cambio di rotta, un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti: istituzioni, imprese, lavoratori. Solo così potremo sperare di porre fine a questa emergenza e di costruire un futuro in cui il lavoro sia sinonimo di dignità e sicurezza».

Intanto giovedì 7 novembre CGIL, CISL e UIL congiuntamente a Confindustria presenteranno in Provincia di Lecce il Protocollo di intesa firmato: «Un impegno che le parti sociali vogliono assumersi dinanzi alle nostre comunità. Attendiamo che anche le istituzioni esercitino il loro ruolo dinanzi al persistere di questa insostenibile situazione. Non è più possibile continuare ad assistere passivamente ad uno stillicidio di vite umane spezzate. È ora di dire basta!».

«COM’È POSSIBILE CHE, A UN’ETÀ COSÌ AVANZATA, SI DEBBA ANCORA RISCHIARE LA VITA SUL LAVORO?»

«Non ci sono più parole per descrivere la nostra rabbia e il dolore di fronte all’ennesimo incidente mortale verificatosi questa mattina in un cantiere edile a Lecce ai danni di un lavoratore di 72 anni», dicono il Coordinatore territoriale della Uil di Lecce, Mauro Fioretti, e il Segretario generale della Feneal-Uil di Lecce, Salvatore Listinge, «sappiamo tutti che il settore edile è più assoggettato ad incidenti gravissimi, molti dei quali, purtroppo, mortali. E allora com’è possibile che, a un’età così avanzata, si debba ancora rischiare la vita sul lavoro? La morte di quest’uomo deve farci interrogare non solo sui cronici problemi della sicurezza dei cantieri», sottolineano Fioretti e Listinge, «ma anche su un’altra realtà a nostro avviso inaccettabile: è giusto che i lavoratori anziani debbano affrontare situazioni lavorative che mettono a repentaglio la loro vita? Non è questa una sconfitta del nostro sistema sociale e previdenziale? È urgente un’attenzione su questo da parte del Governo, è necessario un impegno serio e immediato per rivedere le condizioni di lavoro degli anziani, garantendo loro la possibilità di vivere gli ultimi anni della propria vita con dignità e sicurezza, senza dover rischiare la propria salute e la propria vita su un cantiere. Così come è necessario aumentare le ispezioni, intervenire sulla formazione e la precarietà, nonché istituire il reato di omicidio sul lavoro come la Uil chiede da tempo a livello nazionale. La nostra campagna ‘Zero Morti sul Lavoro’ andrà avanti finché non raggiungeremo questi obiettivi: dobbiamo mettere la parola fine a queste stragi».

 

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Cronaca

«Medico del 118 unico di guardia notturna in ospedale»

La denuncia della Federazione Cisal Sanità – Lecce. Il segretario provinciale Giovanni D’Ambra: «Pericolosissimo precedente e totale incompetenza sull’argomento». Chiesta la rimozione dell’incarico di Direttore Generale e Sanitario e Direttore del SET 118

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«Medico del 118 unico di guardia in ospedale durante la notte».

Esposto del Segretario Generale Provinciale della Federazione Cisal Sanità – Lecce, Giovanni D’Ambra, che ha informato dell’accaduto l’assessore regionale al ramo, Raffaele Piemontese.

«Nel Pronto Soccorso dell’Ospedale di Gallipoli considerato ancora di primo livello e che, come gli quelli di Casarano, Copertino, Galatina, Scorrano soffre di una cronica (e mai risolta) carenza di personale sia medico che infermieristico ed ausiliario», denuncia D’Ambra, «si è arrivati al pericolosissimo ed assurdo precedente di lasciare nella notte del 2 novembre un’unica unità medica, tra l’altro facente parte del Sistema di emergenza territoriale 118, come Medico di Guardia ospedaliero».

«Non ce ne voglia il povero Medico del 118», prosegue il sindacalista, «che forse si è caricato (o gli hanno caricato) sulle spalle, una mastodontica responsabilità che non gli compete. La scarsa capacità manageriale unita alla scarsa conoscenza di Leggi e Regolamenti su cosa è il Pronto Soccorso Ospedaliero e la differenza che passa tra esso e il Servizio Emergenza Territoriale, ha portato alla totale incompetenza sull’argomento».

«I colpevoli silenzi su di un tema importantissimo sulla vita e sulla salute di una intera comunità provinciale, con 800mila abitanti», rincara la dose Giovanni D’Ambra, «richiedono una non più rinviabile decisione: l’immediata decadenza dagli incarichi di tutti i vari attori che, a vario titolo, hanno consentito in modo diretto o indiretto quanto raccontato».

In primis la Federazione Cisal Sanità, chiede «la testa di Direttore Generale e Sanitario e Direttore del SET 118».

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