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Cronaca

L’erba dietro la frutta, colpo al traffico di droga in centro (il video)

Smantellata l’organizzazione che controllava il traffico di droga nei centralissimi quartieri di Porta Rudiae e Giravolte di Lecce

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Continua l’intensa ed inesorabile l’attività di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti da parte dei Carabinieri di Lecce nell’ambito dell’intensificazione dei servizi preventivi e repressivi disposta dal Comando Provinciale dei Carabinieri nel capoluogo salentino.


Smantellata una centrale dello spaccio, situata nel cuore dello storico quartiere Rudiae di Lecce, grazie ad una attenta e puntuale attività d’indagine svolta dall’Aliquota Operativa del NORM della Compagnia di Lecce.



Dal mese di novembre i miltari dell’Arma, dopo aver ricevuto alcune segnalazioni dei cittadini residenti nella zona circa la presenza di tossicodipendenti nelle vicinanze del mercato di Porta Rudiae, avuta contezza della reale presenza del fenomeno, hanno eseguito una prolungata e mirata serie di servizi di osservazione, individuando, quale vera e propria centrale dello spaccio, il banco di frutta e verdura gestito da Antonio Rizzato, 51enne pregiudicato del luogo, già sottoposto agli arresti domicialiari, con autorizzazione a lavorare, come venditore ambulante di prodotti ortofrutticoli nei pressi proprio di Porta Rudiae.


Rizzato, in concorso con Gianluca Albanese, 45enne pregiudicato del luogo e Cristian Alfarano, 21enne del luogo, suoi diretti collaboratori, proprio durante le ore di lavoro al banco del mercato, era divenuto infatti un punto di riferimento per i tossicodipendenti della zona ai quali, previo pagamento del denaro, procurava, direttamente, o avvalendosi dei suoi gregari, la droga, precedentemente nascosta in piccoli anfratti delle mura del centro cittadino, che, giorno per giorno, venivano cambiati, proprio per evitare l’attenzione delle forze dell’ordine.


Dopo la preliminare osservazione dell’attività di spaccio, svolta anche attraverso l’ausilio di microtelecamere, i militari hanno quindi sottoposto a controllo alcuni tossicodipendenti, trovati effettivamente in possesso di modiche quantità di stupefacente, in particolare eroina, per le quali sono stati segnalati alla locale Prefettura quali “assuntori” di stupefacenti.

I significativi riscontri acquisiti, circa l’attività di spaccio svolta da Rizzato, unitamente agli altri due indagati, hanno quindi determinato il Pubblico Ministero titolare delle indagini ad inoltrare al Giudice per Indagini Preliminari, , la richiesta per l’emissione di provvedimenti cautelari che sono stati poi eseguiti stamattina.


Così per Rizzato si sono aperte le porte del carcere di Lecce, mentre Albanese è stato sottoposto ai domiciliari ed Alfarano sottoposto all’obbligo di firma.


Tutti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di spaccio di eroina continuato, tipo eroina, in concorso dal mese di novembre d’oggi.


L’operazione condotta dai carabinieri ha permesso di incidere in maniera determinante sul fenomeno dello spaccio di stupefacenti in uno dei più famosi e frequentati quartieri del centro di Lecce, interessato quotidianamente dalla presenza di numerosi turisti, che nell’ultimo periodo aveva evidenziato fenomeni di degrado sociale ed un preoccupante aumento della presenza di tossicodipendenti, segno evidente di una recrudescenza del fenomeno connesso allo smercio di droga che, proprio nel recente passato, ha visto molti cittadini di quelle aree richiedere ed ottenere dal  Prefetto la convocazione di Comitati per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica al fine di ricevere risposte immediate per la risoluzione delle problematiche rappresentate: oggi la risposta concreta a quei cittadini è stata data dai Carabinieri di Lecce.


Copertino

Gioco illegale, denuncia e sequestro di beni

Pignorati in beni mobili e immobili fino a 165mila euro quale provento illecito derivante dal volume di giocate irregolari al netto delle vincite effettivamente corrisposte agli ignari avventori. Imprenditore indagato per l’ipotesi di frode informatica

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I finanzieri del Comando Provinciale di Lecce hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Lecce, nei confronti di un imprenditore indagato per l’ipotesi di frode informatica.

Il provvedimento giunge al termine di un’attività d’indagine svolta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Porto Cesareo, alle dipendenze del Gruppo Guardia di Finanza di Lecce, volta al contrasto al gioco illegale.

In tale ambito, già lo scorso 6 dicembre, i militari – unitamente a funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Bari – erano intervenuti presso un circolo privato, sito a Copertino, dove avevano individuato due slot machine manomesse: all’interno erano state irregolarmente installate delle schede gioco”scollegate dall’A.D.M., sulle quali sarebbe stata canalizzata gran parte dei volumi di gioco, così sottraendoli ai controlli ed alla prevista tassazione (Prelievo Unico Erariale).

Le successive investigazioni e gli ulteriori accertamenti tecnici eseguiti sulle schede gioco sottoposte a sequestro, hanno consentito alle Fiamme Gialle di ricostruire i reali volumi d’affari e di quantificare in oltre 500mila euro l’importo delle giocate illecitamente effettuate.

Pertanto, il G.I.P. del Tribunale di Lecce, su proposta della locale Procura delle Repubblica, ha emesso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca di valori, beni immobili e mobili nella disponibilità dell’indagato, fino alla concorrenza del valore di oltre euro 165mila quale provento illecito derivante dal volume di giocate irregolari al netto delle vincite effettivamente corrisposte agli ignari avventori.

Nella fase esecutiva, i finanzieri di Porto Cesareo hanno proceduto al sequestro della somma di 145mila euro in contanti, rinvenuta durante le perquisizioni locali, nonché delle quote di una società e di un autocarro.

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Cronaca

Cinque costruzioni abusive in rive al mare

Contrasto ai reati nelle aree a tutela paesaggistica. Torre Chianca: i carabinieri forestali individuano le costruzioni abusive nelle Paludi di Rauccio, zona vincolata. Denunciati i proprietari. Ulteriori accertamenti sono tuttora in corso in tutta l’area litoranea adriatica, in particolare nei Comuni di Lecce, Vernole, Melendugno e Otranto, con l’ ausilio dell’elicottero

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Nel corso della campagna di controlli nazionale, denominata “Fiume Sicuro”, finalizzata al contrasto degli abusi edilizi nelle aree fluviali, e comunque a tutela del reticolo idrografico e della sua funzionalità, i Carabinieri Forestali del Nucleo di Lecce, all’ esito di capillari accertamenti sull’area umida del Fiume Idume, delle Paludi di Rauccio e zone circostanti, hanno individuato 5 costruzioni abusive, tutte nella nota località balneare di Torre Chianca (Lecce), ricomprese in area vincolata ai sensi del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale.

Si tratta, in un caso, di una struttura prefabbricata in lamiera, utilizzata per abitazione, completa di recinzione in muratura, pavimentazione in massetto di cemento e due tettoie sporgenti.

In un’altra situazione, ancora un prefabbricato metallico, della superficie di circa 50 metri quadri, completo di impianto idrico, elettrico e fognario, con un vano in muratura adiacente della superficie di circa 15 metri quadri, con piazzale in cemento di 250 mq e cancello in ferro.

Da ultimo, un caso di 3 casette adiacenti, all’interno di un’area recintata con cancello di ingresso in comune, tutte composte da un unico vano, di dimensioni da 25 a 50 metri quadri, con verande in legno (una delle tre costruzioni già ammobiliata, un’ altra ancora priva di intonaci ed impianti).

Per i cinque immobili di cui sopra, costruiti senza permesso di costruire e tantomeno autorizzazione paesaggistica, i Carabinieri Forestali hanno deferito alla Procura della Repubblica di Lecce i rispettivi proprietari.

La zona interessata dagli abusi edilizi presenta un particolare pregio floristico e faunistico, oltre che paesaggistico, rientrando in Sito di Interesse Comunitario della Rete “Natura 2000”, nonché nella fascia di rispetto del Parco Regionale “Bosco e Paludi di Rauccio”, sottoposta anche a vincolo idrogeologico.

Ulteriori accertamenti sono tuttora in corso in tutta l’area litoranea adriatica, in particolare nei Comuni di Lecce, Vernole, Melendugno e Otranto, con l’ausilio dell’elicottero AW169 del 6° Nucleo Carabinieri, di stanza a Bari-Palese, quanto mai efficace e prezioso laddove le perlustrazioni al suolo sono più difficoltose per la presenza di fitta vegetazione o di alte recinzioni.

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Cronaca

Offesero in tv la memoria di Noemi, condanne confermate

Un anno per Biagio Marzo e 6 mesi per Rocchetta Rizzelli per diffamazione aggravata e continuata a mezzo stampa.  La mamma di Noemi Durini Imma Rizzo, accompagnata dai suoi avvocati Valentina Presicce e Flavio Santoro: «Giustizia è fatta»

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«Hanno sempre diffamato la memoria di mia figlia per giustificare il fatto criminoso commesso dal figlio», urla Imma Rizzo, la mamma di Noemi Durini, la sedicenne di Specchia assassinata nel settembre 2017 dal suo fidanzato, «anche la Corte di Appello di Lecce mi ha dato ragione confermando la sentenza di primo grado. I genitori di Lucio Marzo, invece di rimanere in silenzio, dopo l’omicidio di mia figlia, hanno cercato in tutti i modi di giustificare il gesto aberrante commesso dal figlio arrivando addirittura a dire che mia figlia volesse ucciderli. Tutto questo è falso e infamante».

«Confermata la condanna per i genitori di Lucio Marzo che si proclamavano orgogliosi del figlio omicida reo confesso», tuona l’avv. Valentina Presicce, «il modo allusivo utilizzato da Biagio Marzo e Rocchetta Rizzelli per raccontare di comportamenti assunti da Noemi, di fatto, mai verificatisi, al solo fine di denigrare l’immagine e la memoria di una ragazza di 16 anni, uccisa dal loro figlio è vergognoso. I genitori di Lucio Marzo non hanno mai dimostrato alcun sentimento di pietà nei confronti di Noemi Durini, e hanno cercato, in tutti i modi, di giustificare il fatto criminoso commesso dal figlio infangando la sua memoria attraverso interviste televisive rilasciate ai principali programmi sulle più note reti nazionali. Viene totalmente smentita la tesi della difesa che tentava di far leva sul processo mediatico e sull’ingerenza dei giornalisti nella vita di Marzo e Rizzelli. Dai video, acquisiti nel processo di primo grado, i genitori di Lucio Marzo aprivano spontaneamente le porte della loro casa alla giornalista Paola Grauso di “Chi l’ha Visto?”, e Biagio Marzo interveniva spontaneamente nella trasmissione “Quarto Grado” senza essere “braccato” dalla giornalista come volevano far credere. Oggi», conclude l’avv. Valentina Presicce, «arriva per loro la giusta giustizia con la conferma della condanna per diffamazione aggravata a mezzo stampa».

COSA DICE LA SENTENZA

Con sentenza N. 1024/21 del 28/06/21, Biagio Marzo e Rocchetta Rizzelli erano stati condannati per diffamazione aggravata e continuata, ai sensi dell’art. 81 e 595, commi 1-3 c.p. perché, “in concorso fra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso offendevano la reputazione della defunta Noemi Durini nel corso di tante trasmissioni televisive”.

Oggi la Corte di Appello di Lecce ha confermato la condanna di primo grado ad un anno per Biagio Marzo e a 6 mesi per Rocchetta Rizzelli.

Sin dai primi giorni della scomparsa di Noemi e anche dopo la confessione del figlio, i genitori di Lucio Marzo, rilasciavano interviste televisive ai principali programmi televisivi, descrivendo la persona di Noemi e la sua famiglia con accezioni di carattere negativo e dispregiativo.

In particolare, nella puntata del programma “Chi l’ha visto” andata in onda in data 20.09.2017 ma registrata in data 13 settembre 2017, Marzo Biagio e Rizzelli Rocchetta iniziavano a parlare di Noemi in termini dispregiativi: “Era una ragazza notturna, altro che solare, si è infilata in casa di notte… A me lo ha detto (parlando di Noemi) chiaramente. Ti devo fare impazzire”… “aveva problemi… era gelosa… si è chiusa nell’armadio e poi è andata  a letto con mio figlio… ma la ragazzina, pur anche di un anno più piccola, aveva un bagaglio di esperienza molto più grande…”.

Biagio Marzo proseguiva: “Era tutt’altro che una brava ragazza, si accompagnava con delinquenti di trenta quarant’anni, una ragazzina di sedici e non voglio andare oltre – lasciando intendere qualcosa di ancora più negativo e continuava: “Addirittura aveva dato i soldi ad un certo tipo per comprare una pistola e per spararci… addirittura incitava mio figlio affinché ci scannasse tutti… era una ragazza cresciuta allo stato brado”. È bene ricordare come le indagini ed il processo di primo e secondo grado nel giudizio nei confronti di Lucio Marzo, abbiano dimostrato come tali dichiarazioni fossero del tutto prive di fondamento.

Nella trasmissione Quarto Grado del 21 aprile 2018, Biagio Marzo definiva “Noemi vittima delle sue amicizie e di chi non l’ha controllata”.

Nella trasmissione Quarto Grado “Delitto Noemi Durini” del 30 maggio 2018, Rizzelli Rocchetta urlava: “Siamo orgogliosi noi siamo vivi” così ribadendo la falsa e infamante accusa  che Noemi volesse ucciderli e questo nonostante alla data del 30 maggio 2018 le indagini fossero ormai pienamente concluse e, dunque, l’intento calunnioso  portato avanti da Lucio e dai suoi genitori ai danni di Noemi fosse stato completamente e totalmente smentito. 

Con sentenza N. 1024/21 del 28/06/21 la condanna per i genitori di Lucio Marzo per diffamazione aggravata e continuata a mezzo stampa.

Il Giudice monocratico dott. Tanisi statuiva che “Alla stregua delle immagini dei programmi televisivi contenute nei files acquisiti al processo, non sia a dubitarsi né del fatto che le espressioni riportate in rubrica siano state effettivamente pronunciate dagli imputati, né del loro carattere altamente diffamatorio (peraltro rimarcato in un passaggio anche dal giornalista Nuzzi, che al Marzo, che per l’ennesima volta aveva lanciato pesanti allusioni sulla ragazza, contesta di aver gratuitamente “infangato” la povera vittima)… Espressioni quali quelle riportate in rubrica (che costituiscono solo una parte di quelle effettivamente profferite dal Marzo e, in parte, dalla Rizzelli) siano altamente offensive della reputazione di Noemi Durini, la cui figura risulta gravemente deturpata da parole talvolta volgari, talaltra allusive, pronunciate in più riprese in svariate trasmissioni televisive, anche dopo che gli imputati avevano avuto contezza che la ragazza – una studentessa di soli 16 anni – era stata massacrata dal proprio figlio. Si tratta, fra l’altro, di espressioni che oltre ad offendere la reputazione della ragazza, suonano come altamente offensive anche nei confronti dei genitori della stessa, accusati senza mezzi termini di non essere stati in grado di dare a Noemi la dovuta educazione e, quasi, di essere causa indiretta della tragedia. Al contrario – sostiene il Marzo in alcune delle interviste – di quanto da lui fatto col proprio figlio, evidentemente dimenticando che proprio suo figlio si è macchiato dell’assassinio della sua giovanissima fidanzatina».

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