Cronaca
Truffa nei centri accoglienza e deturpamento paesaggistico all’Acquaviva: 7 ordinanze di custodia cautelare, 28 indagati
Le accuse: frode in pubbliche forniture, truffa, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, accessi abusivi alle banche dati e rivelazione di segreto d’ufficio. In corso di esecuzione i sequestri di conti correnti ed immobili per un valore di oltre due milioni di euro

Le fiamme gialle della Compagnia di Otranto stanno dando esecuzione in queste ore ad una ordinanza di custodia cautelare personale nei confronti di 7 persone, ovvero una misura di natura coercitiva degli arresti domiciliari e sei misure interdittive (cinque divieti di esercitare attività imprenditoriale ed una di sospensione dai pubblici uffici), emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Lecce su richiesta della Procura della Repubblica di Lecce, nonché la notifica ad ulteriori 28 persone dell’avviso di conclusione indagini, responsabili dei reati di frode in pubbliche forniture, truffa, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, accessi abusivi alle banche dati e rivelazione di segreto d’ufficio.
Le persone a cui è stato notificata la custrdia cautelare sono: Giuseppe Mazzotta, 54 anni di Trepuzzi (il sospetto procacciatore di fatture false finito ai domiciliari); Guido Cozza, 60 anni di Santa Cesarea Terme; Fernando Margilio, 64 anni di Squinzano; Gabriele Solombrino, 41 anni di Copertino; Cosimo Serino, 56enne di Laterza, nel Tarantino e, Fernando Toraldo, 72 anninato a Lizzanello (per tutti e cinque interdittiva dall’esercizio della propria attività imprenditoriale). Per il finanziere Italo Cozza, 50 anni di Santa Cesarea Terme, è scattata la sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici.
Le indagini, condotte dai finanzieri della Compagnia di Otranto, coordinate dalla Procura della Repubblica di Lecce, hanno consentito di ricostruire molteplici illeciti commessi da soggetti che gestivano società attive nel settore del sistema dei Centri di Accoglienza Straordinaria (C.A.S.) di cittadini stranieri, nella provincia di Lecce.
Gli ospiti stranieri vivevano in condizioni diverse da quelle previste dai contratti di servizio e delle pubbliche forniture somministrate onde garantire i necessari requisiti socio-assistenziali.
In alcuni casi, inoltre, la società certificava la presenza di numerosi cittadini stranieri che in realtà si erano allontanati dalle strutture da diverso tempo, in modo tale da percepire la quota giornaliera spettante per la presenza sul territorio nazionale.
È stato, altresì, ricostruito un meccanismo di frode fiscale finalizzato ad evadere l’imposta sul valore aggiunto, sfruttando società cartiere, che ha prodotto una massa impositiva sottratta all’Erario pari a circa 3,5 milioni di euro di ricavi non dichiarati, in aggiunta alle correlate violazioni I.V.A. oltre a generare un giro di fatture per operazioni inesistenti di circa 2 milioni di euro.
Sono in corso di esecuzione i sequestri di conti correnti ed immobili per un valore di oltre due milioni di euro, pari al profitto dei reati contestati agli indagati, ovvero: truffa ai danni dello Stato, frode in pubbliche forniture, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Acquaviva di Marittima: deturpamento paesaggistico e smaltimento illecito dalla falesia di Santa Cesaria Terme
Ulteriore aspetto di rilievo per le indagini in corso ha riguardato l’esistenza di alcuni reati ambientali posti in essere da uno dei principali indagati coinvolti nella truffa dei centri di accoglienza.
Al riguardo, è stato accertato il deturpamento paesaggistico, con annessi lavori abusivi, nella fase di riqualificazione interna ed esterna di alcuni fabbricati esistenti in località Acquaviva della Marina di Diso, da destinare a struttura turistico – ricettiva, nonché lo smaltimento illecito del materiale di risulta disgaggiato dalla falesia di Santa Cesaria Terme che veniva disperso nella zona marittima circostante il cantiere.
Cronaca
Condannato per omicidio e latitante: era in un B&B, in riva al mare
Arrestato a Torre Lapillo Carmine Mazzotta l’uomo che nel 1999, a capo di un commando di 4 persone, fu l’esecutore materiale dell’assassinio del 21enne Gabriele Manca

Si nascondeva nella camera di un B&B a Torre Lapillo, Carmine Mazzotta, latitante dall’8 marzo di quest’anno dopo la sua condanna a trent’anni di carcere per omicidio, confermata il giorno prima dalla Cassazione.
A stanarlo sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando Provinciale, che dopo la sua fuga non hanno mai abbandonato l’idea di trovarlo ancora in zona.
Si è chiusa così la latitanza del pregiudicato 51enne, sparito dalla circolazione dal 7 marzo di quest’anno, poche ore dopo la sentenza definitiva della Cassazione che aveva confermato la condanna a 30 anni di carcere, inflittagli dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto il 30 maggio scorso poiché riconosciuto colpevole di omicidio in concorso, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.
L’omicidio in questione fu commesso il 17 marzo 1999 quando fu assassinato il 21enne Gabriele Manca, coinvolto in contrasti legati allo spaccio di droga e poi ucciso in una zona di campagna compresa tra Lizzanello e la frazione di Merine, a pochi chilometri da Lecce.
Il cadavere del giovane venne ritrovato il 5 aprile successivo, giorno di Pasquetta.
Manca, secondo il quadro ricostruito dai Carabinieri del ROS diciotto anni dopo il delitto, fu ucciso a colpi di pistola sparatigli alle spalle con una Tokarev semi-automatica calibro 7,62, mentre tentava la fuga da un commando di quattro persone che aveva organizzato una vera e propria esecuzione.
Nel commando anche Carmine Mazzotta, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio, ossia colui che ha premuto il grilletto, tirato in ballo anche da due collaboratori di giustizia.
Dopo la condanna in primo grado a trent’anni con il rito abbreviato e conferma della pena in appello, i giudici della Cassazione avevano annullato con rinvio la condanna per Mazzotta, ragion per cui era stato instaurato un nuovo processo d’appello a Taranto.
In seguito alla decisione definitiva della condanna a trent’anni arrivata il 7 marzo 2025, l’uomo si era reso uccel di bosco ma, alla fine, è stato rintracciato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, all’esito di un’articolata indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
Dopo prolungati appostamenti, servizi di osservazione e ricognizioni, i militari dell’Arma hanno individuato il presunto nascondiglio del latitante presso un B&B di Torre Lapillo, poco distante dalla spiaggia.
Sono rimasti appostati giorno e notte per essere sicuri che fra gli ospiti della struttura ci fosse proprio il 51enne da catturare.
Prima di entrare in azione, due carabinieri hanno prenotato una stanza spacciandosi per una coppia di turisti arrivati in Salento per il “ponte” festivo.
Una volta individuata la camera occupata dal latitante, hanno avvisato le altre pattuglie che hanno circondato la struttura ricettiva e fatto irruzione, cogliendolo di sorpresa.
Il 51enne, che naturalmente aveva trovato rifugio nel b&b senza fornire veri nome e cognome, al momento dell’arresto era da solo e non ha opposto resistenza, mostrandosi sorpreso per l’arrivo degli investigatori.
Ha raccontato che, per non farsi scoprire, aveva evitato qualsiasi rapporto con l’esterno, approfittando della vicinanza al mare per fare qualche passeggiata e concedendosi solo qualche sporadico spostamento nei dintorni per fare la spesa.
L’uomo aveva con sé vari telefoni e diverse utenze telefoniche, oltre a capi di abbigliamento estivi e invernali.
Non è escluso, pertanto, non stesse pensando di spostarsi altrove per prolungare la sua latitanza.
Il 51enne è stato quindi portato in carcere a Lecce, dove dovrà scontare la pena definitiva.
Nel frattempo, con gli elementi acquisti durante le ricerche, sono in corso ulteriori indagini da parte dei carabinieri, mirate a ricostruire il periodo di latitanza e a scoprire le persone che lo hanno protetto e aiutato dal giorno della sua fuga.
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Cronaca
Lecce d’applausi. Lezione all’Italia pallonara
Sulle linee guida dettate dal presidente Saverio Sticchi Damiani giallorossi campioni di comportamento e stile. Anche nella difficoltà estrema, tra il devastante dolore per l’improvvisa e tragica scomparsa del fisioterapista Graziano Fiorita e l’imbarazzo di dover andare a giocare una partita con la morte nel cuore…

Il lunedì è costume molto italiano discutere delle partite del fine settimana, celebrare la vittoria della propria squadra, sfottere chi tifa per una squadra diversa dalla tua o prendersela con l’arbitro di turno.
Oggi ci accodiamo anche noi, ma l’argomento seppur sempre calcistico, è molto diverso.
Vogliamo rendere onore al Lecce del presidente Saverio Sticchi Damiani.
Il presidente, un Signore, che sicuramente ha poco a che vedere con certi personaggi che gravitano (e comandano) nel mondo del calcio, ha sempre detto che il suo Lecce deve essere portabandiera dell’intero Salento anche nel comportamento e nello stile.
Ed è stato di parola!
Anche nella difficoltà estrema tra un lutto che devasta per l’improvvisa e tragica scomparsa del fisioterapista Graziano Fiorita e l’imbarazzo di dover andare a giocare una partita con la morte nel cuore.
Morte non certo sportiva, perché anche salvezza e retrocessione sono termini che, davanti alla vita umana, perdono di significato.
Pur nella difficoltà di cui sopra, il presidente, la società e la squadra hanno messo in piedi un capolavoro.
E non ci riferiamo certo al pareggio di Bergamo, che pure rimane un risultato straordinario.
Ci riferiamo alla protesta civile messa in atto senza violare le regole, senza sceneggiate ed isterie.
Il Lecce ieri sera ha indossato una maglia bianca senza loghi e con la scritta “Nessun valore. Nessun colore“.
Decisione preannunciata da un comunicato stampa della società che dovrebbe far riflettere tanta gente: «Ad una grave ingiustizia non si risponde violando platealmente le regole, come se per onorare Graziano si debba intraprendere una gara, tra noi e la Lega, a chi fa peggio. Giocheremo la partita “dei valori calpestati”», annunciava il Lecce, «ma lo faremo indossando una anonima casacca bianca, che non ci rappresenta, senza colori, stemmi e loghi. Torneremo a vestire la nostra maglia quando Graziano ritornerà a casa e sarà omaggiato, come merita, dalla sua gente».
I ragazzi in campo hanno mostrato orgoglio e umanità, così come anche il pubblico presente, gli ultrà bergamaschi, hanno applaudito a lungo i giallorossi all’arrivo allo stadio, durante la partita e alla fine.
Non hanno esposto striscioni e, per usare un termine in voga in questo periodo, hanno tifato in modo sobrio, per rispetto della vita umana e di chi tutto avrebbe voluto fare tranne che giocare una partita di pallone.
Ieri il calcio doveva fermarsi, doveva chinare la testa, farsi piccolo davanti alla vita vera.
Non si gioca sopra le lacrime, non si corre sopra il cuore spezzato di una squadra che aveva solo voglia di piangere.
Invece, la Lega ha deciso: si è giocato.
Come se il dolore si potesse mettere da parte.
Come se un uomo fosse solo un numero da sostituire.
Ne possono bastare un minuto di silenzio o una fascia nera al braccio.
La gente comune, le tifoserie, gli appassionati di calcio di tutta Italia si sono schierati senza esitazioni al fianco dei giallorossi e contro chi non conosce più il significato di rispetto, di umanità.
La Lega ha mostrato di avere interesse solo per sponsor e televisioni.
Ha perso l’ultimo briciolo di dignità ed ha tradito chi ama il calcio con il cuore.
Attenzione, però! Anche un amore incondizionato, come quello di noi italiani per il calcio, potrebbe improvvisamente finire.
Giuseppe Cerfeda
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Cronaca
Paura all’alba a Pescoluse: incendio devasta stabilimento balneare

Momenti di paura questa mattina a Lido Marini, marina di Salve, dove un violento incendio ha distrutto parte di uno stabilimento balneare.
Erano circa le 5:30 quando una squadra dei Vigili del Fuoco del Distaccamento di Tricase è intervenuta d’urgenza in via Pitagora, richiamata dalle fiamme che avvolgevano il chiosco in legno utilizzato come bar e deposito per gli arredi da spiaggia del Lido del Sol.
L’intervento rapido ed efficace dei pompieri ha evitato che il rogo si estendesse ulteriormente, limitando i danni e mettendo in sicurezza l’intera area. Fortunatamente non si registrano feriti.
Sul posto sono giunti anche i Carabinieri della Stazione di Tricase, che hanno avviato gli accertamenti per chiarire le cause dell’incendio.
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