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Alessano

La Chiesa nuova da Don Tonino a Papa Francesco

Parla Marcello Bello, fratello di Don Tonino: “L’amore sviscerato degli ultimi che ha accompagnato entrambi per tutta la vita: credo sia questa la vera unione spirituale tra Don Tonino e Papa Francesco”

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Ora per il loro amato fratello arriva fin giù al Salento il Papa, ma non parlate loro di orgoglio, la parola non fa parte del loro vocabolario così come non faceva parte di quello di Don Tonino. Nell’umiltà che li caratterizza parlano di gioia, quello si, immensa gioia. “Per noi”, ammette il dott. Bello, “è un motivo di grande felicità e siamo davvero contenti del fatto che avremo l’opportunità di un incontro con il Santo Padre nel quale potremo dimostrargli tutto il nostro amore, il nostro affetto e la nostra gioia per la sua presenza. Una presenza sicuramente indicativa di qualcosa che credo sia nell’aria e spero avvenga molto presto”. Pur senza nominarla è chiaro si riferisce alla santificazione di Don Tonino, un processo (ma questo lo diciamo noi) puramente formale perché per chi lo ha conosciuto, soprattutto la gente del Salento e quella della Diocesi di Molfetta, Don Tonino Santo lo è già.


Alla notizia dell’arrivo del Santo Padre ad Alessano in tanti abbiamo subito pensato a come Don Tonino e Bergoglio per certi versi si somiglino, partendo proprio dal loro modo di vivere la Chiesa e la Parola di Dio: “Mio fratello è vissuto fino a 25 anni addietro, i due non si sono conosciuti personalmente ma la loro comunità di intenti  è chiara e si esprime soprattutto attraverso l’amore per Gesù Cristo, per l’uomo e, soprattutto, per i poveri. Questo è l’aspetto che forse di più li unisce: l’amore sviscerato per i poveri che credo li abbia accompagnati per tutta la loro vita. È forse questa la vera unione spirituale tra Tonino e Papa Francesco”.


Cosa ha voluto dire e cosa vuol dire anche oggi essere il fratello di Don Tonino Bello? “Va subito chiarito che Tonino è stato un ragazzo come tutti gli altri. Lui aveva 6 anni, mio fratello Trifone 4 ed io appena uno e mezzo, quando siamo rimasti orfani di nostro padre. Mia madre, casalinga, non aveva mai lavorato fuori di casa, ma riuscì a farsi assumere a Lucugnano in una manifattura di tabacchi. Si alzava alle 6,30 e si recava al lavoro camminando per circa tre chilometri. Pur nelle ristrettezze, con tanti sacrifici, è comunque riuscita a tirarci su. Tonino sul piano degli studi era un ragazzo promettente così, anche con l’aiuto del parroco (Don Carlo Palese) è riuscito a frequentare il seminario diocesano fino al quinto anno; poi, per il liceo, è passato al Pontificio Seminario Regionale Pio XI a Molfetta. Ma direi il falso se dicessi che si potesse in qualche modo prevedere quello che sarebbe diventato. Ecco, se proprio vogliamo vedere i primi segnali, io direi durante la sua permanenza al seminario ONARMO, quando si distinse oltre che per le sue capacità intellettive anche per il suo amore verso la povera gente”.


Il piano formativo prevedeva un’azione apostolica coordinata, con l’intervento in una zona industriale di Bologna, seguendo una precisa linea di azione: studio sociologico della zona pastorale; inserimento nella vita liturgica domenicale delle parrocchie interessate; collaborazione con i movimenti cattolici impegnati nel mondo del lavoro; incontri con i lavo


 


Gli incontri con gruppi qualificati di laici impegnati nel mondo del lavoro e il contatto diretto con i problemi e le diverse attività del mondo industriale e imprenditoriale completavano l’iter formativo contribuendo a realizzare una sintesi tra teoria e prassi. In questa fitta trama di relazioni e contatti, i chierici toccavano con mano la realtà sociale, verificavano la loro vocazione a questo particolare modo di vivere il sacerdozio, affinavano il metodo per il futuro ministero pastorale.


Da sinistra: Francesca e Raffaella (figlie di Trifone), Federica (figlia di Marcello), Trifone, Marcello ed il figlio Stefano


ratori delle singole fabbriche; progressiva conoscenza degli ambienti di lavoro.


 


A tal proposito è illuminante la testimonianza di mons. Angelo Magagnali: «L’impatto di Tonino con la pastorale del lavoro fu felice: il nostro non era un seminario dotato di tutti i crismi della modernità, ma era un luogo dove si insegnava a vivere da poveri, fiduciosi nella divina Provvidenza, con un intento solo: formarsi ad aiutare gli operai, i poveri di allora, ad accogliere il messaggio cristiano come l’unica salvezza. Non vi erano domestici nel seminario per cappellani del lavoro; superiori ed allievi mangiavano alla stessa mensa, curando i più umili uffici di casa. Tonino Bello accettò in pieno questo modo di vivere semplice: credo che l’educazione impartitagli dalla sua santa mamma continuasse a rivivere nel suo cuore e nella sua mente senza venire contraddetta dal nostro stile di vita».


Don Tonino oltre che di quella di Alessano fa anche parte della storia di Tricase di cui è stato parroco, nella Chiesa Madre, dal 1979 fino al 30 ottobre 1982 quando in piazza Pisanelli fu ordinato vescovo.

“Don Tonino fu mandato a Tricase per fare un’esperienza pastorale diretta, per essere immerso in un popolo, per conoscere la gente nella sua povertà e nelle sue frustrazioni, nelle sue gioie e nei suoi entusiasmi. E credo che assolse il suo compito. Tonino era molto legato a Tricase e fece molta fatica a distaccarsene. Quello che ricordo di quegli anni era come si prestasse insieme a tanti altri amici di buona volontà a dare sollievo durante la notte ai poveri che non avevano nessuno che pensasse a loro”.


È vero che per due volte disse no alla nomina episcopale?


“Diciamo che ha cercato di evitarlo. In parte perché la mamma a cui lui era molto legato era ancora in vita e quindi non voleva andare via.


Ma c’è dell’altro: lui voleva rimanere sul campo, tra la gente per completare la sua missione e, forse, umile com’era, si sentiva inadeguato al compito. Poi però la mamma è venuta a mancare e al terzo invito di mons. Michele Mincuzzi non è riuscito a dire di no”.


“Anche perché”, interviene Stefano Bello, figlio di Marcello e nipote di Don Tonino, “riteneva che dietro ci fosse un disegno di Dio per la sua vita e la sua missione e quindi non osò osteggiarlo. Accettò la nomina a Vescovo come pastore di anime e fu lui stesso, inaspettatamente e contrariamente al solito, a recarsi a Molfetta per dare la notizia e conoscere i suoi nuovi fedeli”.


Anche da Vescovo non si è fatto mancare nulla e tra la gente, al fianco ai poveri, è rimasto.


“Celebre la sua partecipazione allo sciopero degli operai delle acciaierie di Giovinazzo”, ricorda il dott. Bello, “c’era anche lui a protestare per il diritto al lavoro. Disse che se avessero arrestato gli operai avrebbero dovuto arrestare anche lui”.


Visto con gli occhi del fratello, qual è stato il più grande insegnamento di don Tonino? “Ciò che sta continuando a proporre anche Papa Francesco: non si deve mai ritenersi privilegiati ma sempre alla portata e pronti ad aiutare il prossimo”.


Da fratello: cosa le manca di più di Tonino? “Io e Trifone con lui, da buoni fratelli abbiamo spartito il pane e la tenda. Mi manca tanto e cerco di supplire tale mancanza con i ricordi personali che, anche recandomi sulla sua tomba, sto trascrivendo. Lui mi ispirava e mi ispira sempre un concetto di fraternità di uguaglianza tra tutti e di amore per gli ultimi”.


Alessano

La speranza nel dono

Ad Alessano una serata di testimonianze e letture sulla forza dei pazienti. Domani 18,30, presso la Casa della Convivialità in via Corte Vittorio Emanuele. Fulcro della serata la presentazione del libro “Mi racconto a voi”, realizzato da sei ex pazienti e un team di professionisti del settore medico

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Si rinnova l’annuale appuntamento intitolato “La speranza nel dono”.

L’evento rappresenta un’importante occasione per condividere le esperienze e i racconti di pazienti che hanno affrontato il difficile percorso di cura e guarigione dai tumori del sangue.

L’evento è in programma per domani, martedì 19 novembre, dalle 18,30, presso la Casa della Convivialità in via Corte Vittorio Emanuele, ad Alessano.

I saluti istituzionali apriranno l’evento.

Seguiranno gli interventi del dottor Nicola Di Renzo (Direttore UOC Ematologia e Trapianti Cellule Staminali all’Ospedale Vito Fazzi di Lecce), della dottoressa Anna Mele (Direttore UOC Ematologia e Trapianti Cellule Staminali all’Ospedale Cardinale Panico di Tricase) e del dottor Mario Tarricone (Presidente di AIL Lecce ODV e Referente nazionale del Gruppo Pazienti Linfomi AIL-FIL).

Il fulcro della serata sarà la presentazione del libroMi racconto a voi”, realizzato grazie alla collaborazione di sei ex pazienti e un team di professionisti del settore medico, tra cui i dottori Di Renzo, Mele, Dargenio, De Giorgi, De Risi, G. Greco, C. Greco e la dottoressa S. Sibilla.

Il progetto, nato per dare voce ai vissuti personali dei pazienti e delle loro famiglie, intende sensibilizzare il pubblico e promuovere una maggiore empatia e comprensione verso chi affronta queste sfide.

Attraverso la narrazione, l’obiettivo è migliorare la comunicazione medico-paziente, rendendo più evidente l’importanza di comprendere e rispondere alle esigenze individuali.

Durante l’evento, Elisea Ciardo e Valerio Melcarne interpreteranno le storie ed emozioni dei sei protagonisti, ripercorrendo il loro cammino dalla diagnosi alla guarigione con letture profonde e toccanti.

A concludere la serata, il dottor Vincenzo Pavone dell’Ospedale Cardinale Panico di Tricase offrirà un intervento riassuntivo e riflessivo.

La serata sarà moderata dalla giornalista Silvia Cazzato.

Il volume e l’iniziativa si inseriscono nel contesto della Medicina Narrativa, una disciplina che ha iniziato a diffondersi negli anni ’90 e che dal 2015 ha trovato il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità, che ne ha pubblicato le linee di indirizzo per l’uso nelle malattie croniche e rare.

La Medicina Narrativa si distingue per l’adozione di una metodologia comunicativa che riconosce il valore della narrazione come strumento fondamentale per integrare i punti di vista di tutti gli attori del processo di cura.

La speranza nel dono” è un evento che invita alla riflessione e all’ascolto, sottolineando che dietro ogni numero e statistica c’è una persona con un vissuto unico e prezioso.

Partecipare significa contribuire a costruire una comunità più consapevole e solidale.

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Alessano

Tragedia ad Alessano: 26enne muore nel giorno del suo compleanno

Il giovane potrebbe essere deceduto a causa dell’utilizzo dei cosiddetti balloons, dei palloni contenenti un gas aspirato per godere degli effetti esilaranti

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Una festa finita in tragedia nel Capo di Leuca dove un ragazzo è deceduto nel giorno del suo compleanno.

È quanto accaduto nelle scorse ore ad Alessano dove ha perso la vita un 26enne del posto.

Il giovane era in compagnia di alcuni suoi amici per il suo giorno di festa. All’improvviso le celebrazioni si sono trasformate in dramma: per il ragazzo si è reso necessario l’intervento d’urgenza del 118, tra lo sgomento dei suoi amici.

Il giovane è irrimediabilmente deceduto nel giro di pochi minuti. A provocarne la morte, con tutta probabilità, secondo le prime ricostruzioni, l’utilizzo dei cosiddetti balloons, dei palloncini contenenti protossido d’azoto.

Una pratica in voga secoli fa tra i giovani britannici e tornata, purtroppo, di moda ai nostri giorni: inspirare il cosiddetto gas esilarante per godere degli effetti che provoca, una sorta di sballo esilarante.

Pratica che, purtroppo, può avere anche conseguenze letali. I carabinieri, intervenuti sul luogo della tragedia, sono al lavoro in queste ore per ricostruire nel dettaglio l’accaduto.

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Alessano

A casa non risponde e si teme il peggio. Ma era in ospedale da tre giorni

Sul posto carabinieri e vigili del fuoco allertati dai vicini e dalla donna che lo accudiva. L’uomo, invece, non si era sentito bene e aveva allertato da solo il 118

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Paura questa mattina per le sorti di un uomo di Alessano, residente sulla via per Specchia.

Molti hanno pensato al peggio quando hanno visto arrivare, sotto la sua abitazione, carabinieri e vigili del fuoco del Distaccamento di Tricase.

Anche perché, sono noti in paese i problemi di salute dell’uomo, che deve ricorrere alle bombole di ossigeno per sopravvivere.

Nessuno sapeva dove potesse essere e persino la donna che lo aiutava in casa, non aveva più sue notizie da tre giorni.

Alla fine, si è scoperto che lo scomparso, proprio da tre giorni, si trova ricoverato presso il reparto di pneumologia dell’OspedaleCardinale Panico” di Tricase.

Si era sentito poco bene e, in qualche modo, era riuscito ad allertare il 118, che ha provveduto a trasportarlo in ospedale.

Evidentemente di notte, perché i residenti della zona erano ignari di tutto e non si erano accorti dell’avvenuto ricovero.

Sono stati i carabinieri a ricostruire l’intera vicenda e smontare la preoccupazione per il silenzio dell’uomo.

*In alto foto di repertorio

 

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