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Approfondimenti

Casarano: 50 sfumature di… crisi

I Commercianti: “Ci hanno abbandonati al nostro destino, il centro storico sta morendo e i negozi continuano a chiudere”
Il vice sindaco Fracasso: “Stiamo ragionando su degli interventi per rivitalizzare il centro città”. Agli esercenti: “Costituite un’associazione che vi rappresenti…”

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Casarano, martedì 10 febbraio: locali sfitti, serrande abbassate, locandine con la dicitura “cedesi attività”, vetrine vuote, in via Dante, via Roma, via San Domenico, via Vecchia Matino, Corso XX Settembre: c’era una volta lo shopping nel centro storico di Casarano…


centro storicoFino a qualche anno fa era un brulicare di persone che, intente ad ammirare le vetrine e a fare acquisti, riempivano e coloravano la città, arrivando da ogni dove. Oggi, complici anche (ma non solo) le congiunture economiche che mettono in difficoltà chiunque, la realtà è ben diversa. Strade deserte, negozi, quelli ancora aperti, desolatamente vuoti, e persino la luce fioca (eufemismo) dei lampioni del centro, perfettamente abbinata alla mestizia che sta sfinendo i commercianti casaranesi, sembra volerci convincere di passeggiare in una città fantasma.


Ornella Maglie (Vanity Fair): “Noi emarginati al centro”


Ornella Maglie

Ornella Maglie


Ornella Maglie, di Vanity Fair Accessories, non lo manda certo a dire: “Altro che centro, siamo stati letteralmente messi ai margini! Alla difficile situazione generale si aggiunge l’emarginazione in cui ci ritroviamo noi del centro storico. Oltre che per le mancanze istituzionali ci ritroviamo da soli, nel vero senso della parola,  perché neanche tra noi commercianti c’è collaborazione, non si riesce a trovare unità di intenti neanche per iniziative che possano in qualche modo riaccendere i riflettori sul centro storico. Allora dico che è inutile criticare la città, le istituzioni, se noi per primi non siamo in grado di fare corpo unico”.


Non esiste un’associazione dei Commercianti, un’aggregazione che vi rappresenti a livello istituzionale. Come mai? “Non riusciamo a collaborare neanche quando si tratta di mettere l’alberello per Natale! Per il primo novembre dell’anno scorso, per fare un esempio, qualcuno proponeva l’apertura nonostante il giorno festivo. La cosa non mi entusiasmava ma, ci fosse stato un raccordo, uno scambio di opinioni, unità di intenti, avrei aperto anch’io. Invece nulla, ognuno per i fatti propri: qualcuno ha aperto, altri no… Lo vogliamo capire o no che, se la gente torna nel centro storico, ne beneficiamo tutti e non solo tizio o caio? Sembra una guerra tra poveri, quasi si abbia paura che il vicino venda qualcosa più di te…”. Ornella tiene poi fede alla sua presentazione (“Non ho peli sulla lingua e dico sempre quel che penso”), indicando quali sono secondo lei le mancanze: “C’è indifferenza, quasi svogliatezza, come se i problemi di cui si discute non ci riguardassero. Ho partecipato ad alcune riunioni dei commercianti, ma sembrava quasi che il bisogno di incontrarsi nascesse solo dall’avvento della festa del Patrono che, tra l’altro, tra strade chiuse per il montaggio delle luminarie, giorni di festa e smontaggio, ci isola ulteriormente per una settimana”. Anche in quell’occasione, ci fosse stata un’associazione unita e forte, forse si sarebbe potuto ottenere qualcosa di diverso: “Pare, però, che non ne siamo capaci. Potremmo almeno incontrarci un giorno al mese per mettere su carta quelle che sono le criticità e poi esporre le nostre istanze come un blocco unico. Invece niente…”. Le difficoltà, invece di avvicinarvi, pare siano ulteriore motivo di distacco: “Forse si pensa che si possa andare avanti da soli, quasi facendo concorrenza ai colleghi, come se ci si volesse accaparrare quello che è rimasto. Che tristezza…”. E che buio! Aggiungeremmo noi. “Vero. L’illuminazione è insufficiente, non certo adatta a strade di un centro storico con negozi. Per quanto mi riguarda, poi, da quando hanno chiuso altre due attività su questa stessa strada sono praticamente al buio”. Ha l’opportunità da queste colonne di rivolgersi direttamente al vice sindaco Fracasso che ha la delega alle attività produttive: cosa gli chiederebbe? “Di convocarci tutti, con tanto di letterina d’invito nominale per ognuno, per un assemblea specifica dove discutere della situazione e porre le basi per un progetto nuovo che parta dalle indicazioni di chi vive dal di dentro la nostra realtà”.


Ornella D’Urso (Il Papavero): “Nostre proposte inascoltate”


Ornella D'Urso

Ornella D’Urso


Proseguendo il nostro giro tra le strade deserte e semibuie del centro storico, entriamo nella storica erboristeria “Il Papavero” di Ornella D’Urso, in via Dante dal 1984. “Le cose negli anni sono cambiate”, dice la titolare, “non possiamo certo dire di vivere l’era più luminosa e non mi riferisco solo all’illuminazione insufficiente. Di associazioni che ci rappresentassero ne abbiamo avute e la sottoscritta è stata anche presidente dell’ACAS, oggi invece non c’è alcuna forma di aggregazione”.


Non riuscite proprio a fare corpo unico? “Qualcuno di noi ci ha provato, ma ogni volta che si chiedeva una riunione o si proponeva qualcosa non si trovava mai un interlocutore, figurarsi una controproposta…”. Perché secondo lei? “Forse per mediocrità. Io sono dell’opinione che se più persone hanno idee diverse, mettendosi insieme ne fanno nascere almeno una eccezionale, ma evidentemente non tutti la pensano come me… Probabilmente anche il momento difficile ha supportato questo modo di fare accentuando individualismo e lassismo. La crisi c’è per tutti ed è proprio questo il momento di mettere in moto il cervello e cercare di capire cosa fare per venirne fuori, tutti insieme”.


L’assessore Fracasso vi chiede esplicitamente di mettere su un’associazione. Lei invece cosa chiederebbe al Vice Sindaco? “L’assenza di un’associazione ci penalizza, ma resta comunque la sensazione di essere lasciati al nostro destino. In passato si svolgevano delle riunioni, se ne parlava, si provava a cercare soluzioni, ora nulla. Anche quando qualcuno di noi ha provato a lanciare delle proposte in Comune è rimasto inascoltato, sarebbe necessaria maggiore considerazione nei nostri confronti. Lavoro da 30 anni in Via Dante, potrebbe essere utile chiedere alla sottoscritta come ad altri, cosa ne pensiamo della viabilità, dei parcheggi, dell’illuminazione e quant’altro. Chi, meglio di noi stessi, può conoscere i problemi che quotidianamente affrontiamo? È vero, l’associazione non c’è, ma ci sono tanti giovani che provano a fare qualcosa, ad unire ed a proporre, gli si dia ascolto”.


Tiziana Livello (Donna & Co.): “Centro storico spento”


CedesiPoco più in là c’è Donna & Co., anche qui come in altri negozi del centro nessun cliente. A Tiziana Liviello chiediamo conferma che il centro storico si stia spegnendo e lei, categorica: “Si è già spento!”. Cos’è che vi impedisce di rivedere la luce? “Un po’ tutto, il problema principale è che mancano i soldi”. In questa situazione vi sentite tutelati, presi per mano dalle istituzioni? “Per niente, l’impressione è che nessuno si preoccupi di noi”.

Come mai non riuscite a mettere su un’associazione che possa rappresentare con forza le vostre istanze? “Ognuno va per conto suo, in queste condizioni non ci sono i presupposti per formare un’associazione, vince sempre l’individualismo”. Le diamo l’opportunità di rivolgersi direttamente all’assessore al ramo, il vice sindaco Fracasso, lei cosa gli chiederebbe: “Nulla, perché non ci credo più”.


Fracasso: “Importante restituire decoro urbano al centro”


Il vice sindaco Antonio Fracasso

Il vice sindaco Antonio Fracasso


Il vice sindaco Antonio Adamo Fracasso, che detiene anche la delega alle Attività Produttive ammette la crisi del centro storico e sottolinea l’assenza di un’associazione di commercianti: “Prima c’era e, seppur a singhiozzo, si relazionava con l’Amministrazione, poi non c’è più stata l’occasione di concertare le azioni da intraprendere”.

A suo avviso quali sono le criticità maggiori? “In primo luogo non c’è più una specificità dei negozi e questo acuisce gli effetti di una crisi generalizzata, per cui il centro storico non ha più quell’appeal che poteva avere in passato. Abbiamo cercato in qualche modo di agevolare i parcheggi in centro, ma non può certo bastare per risolvere il problema, ci vuole una strategia più ampia. Innanzitutto le piazze e l’ambiente dovranno essere attraenti ed accoglienti, lo shopping sarà una conseguenza. Anche la viabilità ha la sua importanza ma a mio avviso bisognerebbe superare l’antica visione che il passaggio delle auto faciliti il commercio, anzi”. Ovvio che un’associazione che rappresenti in maniera forte le istanze dei commercianti potrebbe facilitare l’attuazione di una strategia efficace: “Non solo, anche dare impulso a tutta l’attività, con iniziative particolari che accendano i riflettori su tutti gli esercenti del centro storico. È verificato che la sinergia tra attrattive culturali e esercizi commerciali dà i suoi frutti, però bisogna rendere il tutto appetibile”. Rivolgendosi ai commercianti dalle nostre colonne cosa si sentirebbe di dire loro? “Auspico la nascita di un’associazione stabile che si possa interfacciare con noi. Tanto più la crisi avanza tanto più occorre coesione prima tra loro e poi tra loro e noi”.

Per ora, in centro, tante serrande abbassate e tanti cartelli “vendesi”: la situazione pare davvero critica. “Quello che noi possiamo fare è cercare di dare un decoro urbano al cuore della città. Ecco perché una parte dei fondi destinati esclusivamente ai palazzi storici li abbiamo destinati alle suddette piazze, superando anche le perplessità della Regione. Tutti i nostri sforzi sono mirati a rivitalizzare il centro, soprattutto nelle ore mattutine”.

Intanto il commercio a Casarano vive uno dei suoi momenti più difficili che secondo Fracasso trae le sue origini “nei primi anni duemila con il prosciugamento dei portafogli di tante famiglie dell’area di Casarano e non solo, causato dalla crisi del calzaturiero e dalla perdita di tanti posti di lavoro. Anche il proliferare dei centri commerciali in periferia ha avuto la sua influenza nello svuotare i centri storici. Ecco perché la Regione Puglia ha cercato di premiare alcuni progetti che puntavano alla riqualificazione urbana e noi stiamo puntando alla riqualificazione di Palazzo Elia e le piazze Indipendenza e San Pietro”.


Giulio Spinelli, responsabile SUAP

Giulio Spinelli, responsabile SUAP


Giulio Spinelli, responsabile del SUAP aggiunge: “Stiamo anche cercando di agevolare le aperture di attività nel centro storico, soprattutto quelle ristorative, rendendo più semplice il compito di chi vuole aprire una nuova attività. Ad esempio, nelle autorizzazioni con l’Asl: con il restauro di locali nel centro storico non sempre è possibile ricavare tre bagni, come previsto dalla normativa. Stiamo provando a regolamentare il tutto cercando di rendere meno complicata ogni nuova apertura”.


Fracasso anticipa che “stiamo rivisitando tutto ciò che riguarda il commercio nella nostra città. In particolare stiamo pensando di spostare il mercato settimanale del martedì da Contrada Botte. Avevamo un finanziamento della Regione per la dislocazione del mercato in un’area mercatale mediante project financing. Quel progetto, oltre alla realizzazione della nuova area mercatale, prevedeva anche la riqualificazione delle Case di edilizia popolare e del parco periurbano. Sono sorti problemi di espropri e di dislocazione del mercato e si è continuato solo con le case IACP e il parco per cui presto inizieranno i lavori. Lo spostamento del mercato settimanale è solo rinviato: dobbiamo mettere fine alle criticità di Contrada Botte, quella è un’arteria importante della città che il martedì rischia la paralisi. Abbiamo anche approvato un progetto, ora al vaglio della Regione, per il prolungamento di via Poerio, quindi il collegamento con viale Cisternella e la stazione per permettere uno sfogo verso la circonvallazione. Stiamo, poi, cercando di regolamentare gli spazi per gli ambulanti affidando ad ognuno di loro, mediante bando, una postazione fissa ed evitare attività estemporanee che danneggino i veri commercianti. Stiamo anche valutando l’opportunità di tenere un mercato notturno, da maggio fino a settembre, nel centro storico. Per ora è un’idea ma stiamo cercando di portarla avanti”.


Giuseppe Cerfeda


Alessano

Maglie – Leuca, zoom sul secondo lotto

Una passeggiata immaginaria lungo il secondo lotto del tratto sud della nuova Maglie -Leuca, pensato per uscire dai centri abitati di Montesano , Lucugnano, Alessano, Montesardo e Gagliano

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di Lorenzo Zito

Corridoio plurimodale adriatico.

Tecnicamente, viene chiamata così la nuova Strada Statale 275 che, come abbiamo avuto modo di raccontarvi sugli scorsi numeri, sta iniziando a snodarsi, da nord verso sud, con il primo lotto (da Maglie a Montesano) che è già a tutti gli effetti un cantiere aperto.

Oggi faremo uno zoom sul secondo lotto, quello tra Andrano/Montesano e Santa Maria di Leuca.

L’ultimo passaggio burocratico di dominio pubblico a riguardo, poche settimane fa, ha visto i sindaci di Alessano, Corsano, Gagliano del Capo, Miggiano, Montesano Salentino, Specchia, Tiggiano e Tricase (i centri che saranno interessati dai lavori del secondo lotto) incontrarsi, assieme ad alcuni tecnici Anas, presso Palazzo Adorno a Lecce.

Un tavolo promosso dal presidente della Provincia, Stefano Minerva, per fare il punto sulle delibere di approvazione del progetto di fattibilità tecnico economica da parte dei singoli consigli comunali, in attesa di passare dalla progettazione esecutiva dell’opera al bando per l’assegnazione dei lavori.

L’idea, quindi, è quella di accompagnarvi in una passeggiata immaginaria lungo il nuovo tragitto lungo circa 19km che, secondo le previsioni, dal giorno in cui verrà cantierizzato (non prima di un anno e mezzo/due), richiederà circa 1350 giorni per essere portato a termine (poco più di 3 anni e mezzo).

Per una spesa, riferita ai soli lavori, di 140 milioni di euro.

CIÒ CHE NON È STATO

Brevemente ricordiamo che, dopo l’annullamento in autotutela da parte di Anas (nel 2016) della precedente gara (indetta nel 2009), furono prese in considerazione tre possibili alternative.

Scartate le prime due (dette Alternativa Est e Alternativa Ovest, con riferimento al lato da cui circumnavigare Tricase), fu scelta la cosiddetta Alternativa 3, che è quella che andiamo qui a illustrare, descritta dagli studi come quella con performance migliori dal punto di vista ambientale e funzionale, nonché per la sostenibilità dell’opera.

Va ricordato, inoltre, come il progetto inizialmente proposto da Anas prevedesse una statale a due corsie per senso di marcia (quindi quattro corsie) da Maglie sino a Leuca.

Soluzione che è stata conservata per il solo lotto nord e scartata per quello a sud, non solo per ridurne l’impatto ambientale ma anche per rispondere adeguatamente alla vera priorità dell’opera in questo tratto: portare il traffico verso il Capo di Leuca fuori dai centri abitati di Montesano, Lucugnano, Alessano, Montesardo e Gagliano, tutt’oggi tagliati in due dalla SS275.

Ultimo (ma non ultimo) l’elemento rifiuti: il nuovo progetto toglie Anas dall’imbarazzo delle discariche abusive emerse lungo il vecchio percorso tra Alessano e Tricase.

La scelta di allontanarsi da quelle aree ha un duplice effetto: da un lato scongiura il rischio di un sequestro dell’opera da parte della magistratura, dall’altro ha del tutto distolto i riflettori dal tema bonifica.

CIÒ CHE SARÀ

Eccoci allora al tracciato stradale che partirà, in direzione sud, dallo svincolo di Montesano-Andrano (nella mappa in basso in rosso).

Una lingua di asfalto con una carreggiata a due corsie, una per senso di marcia, costituita per il 71% circa da tratti in rilevato, per il 24,5% da tratti in trincea e per la restante parte, da opere in sottopasso (3.5%) e in sovrappasso con viadotti e ponti (0.4%).

22 curve, 28 rettifili, 9 intersezioni e 6 immissioni/diversioni per un percorso tecnicamente suddiviso in cinque tratti (che, come sta accadendo col primo lotto, non saranno realizzati all’unisono, ma con cantierizzazioni indipendenti, uno dopo l’altro).

Un dato interessante per gli amanti dei numeri, e non solo, ci arriva dallo studio dei volumi di traffico effettuato in fase di progettazione su alcuni punti nevralgici per la viabilità locale.

Eclatante il tratto di 275 tra Botrugno e San Cassiano, che in un totale di due ore (la somma dell’ora di punta mattutina e di quella serale) conta il transito di ben 2.300 mezzi. Interessante anche il rilievo della tangenziale di Tricase (“Cosimina”) dove nei 120 minuti più intensi passano più di 1.200 veicoli.

DA DOVE PASSA

Il rischio di appesantimento dei flussi sulla “Cosimina” è uno degli elementi che fecero cadere l’ipotesi dell’Alternativa Est (che avrebbe utilizzato proprio questa strada per il passaggio della nuova statale).

Ad oggi tuttavia, pur non inglobando il nuovo tracciato, è previsto che la tangenziale di Tricase venga raggiunta dalla Maglie-Leuca.

Va detto che la nuova opera smetterà, innanzitutto, di correre lungo quattro corsie già nel tratto finale del primo lotto.

A nord di Montesano, in prossimità di DFV, la strada si staccherà dal tracciato esistente, si ridurrà ad una corsia per senso di marcia ed eviterà l’abitato montesanese passandovi ad est, tra le campagne di Castiglione d’Otranto (vicino al campo sportivo) per arrivare ad un bivio.

Da un lato si continuerà a viaggiare per Leuca (lungo il secondo lotto), dall’altro partirà un braccio, anch’esso del tutto nuovo, destinata al traffico per e da Tricase.

Questa lingua di strada condurrà nella zona industriale tricasina, lasciandoci in località Serrafica, proprio alle porte della tangenziale Cosimina.

L’ultimo lembo del primo lotto, insomma, che porterà anche all’abitato di Montesano, sarà a lingua di serpente.

Ma questa è un’altra storia, chiamata “Lotto 1”.

SVINCOLO 1: LA ROTATORIA DI LUCUGNANO TORNA UTILE

Il secondo lotto conta 9 svincoli (numerati sulla mappa in alto) ed inizia ad est della stazione di Montesano-Miggiano-Specchia.

Si riallaccia subito al vecchio percorso, ricalcandolo fino alla mega rotatoria di Lucugnano.

Qui lo svincolo 1 (pianta in basso) sarà in adeguamento alle uscite esistenti: permetterà di entrare a Miggiano da via Padre Pio (A) e di raccordarsi alla viabilità della zona industriale tramite la famigerata (per dimensioni) rotatoria (B).

Da Montesano Salentino a Lucugnano di Tricase

SVINCOLO 2: TRA LUCUGNANO E SPECCHIA

A questo punto il nuovo tracciato si discosta dal precedente: la 275 non prosegue più in direzione dell’area artigianale lucugnanese, ma si addentra nelle campagne.

La circumnavigazione della frazione avviene dal lato ovest, avvicinandosi ai capannoni calzaturieri della famiglia Sergio, in strada comunale Rivola, ed incrociando la Specchia-Tricase.

Proprio qui, in prossimità de “La Caiaffa”, sorge il secondo svincolo: “Lucugnano ovest”.

SVINCOLO 3: TRA L’AUDITORIUM E FILOGRANA

Lasciatasi alle spalle la terra di Girolamo Comi, la nuova 275 torna a calcare il vecchio tracciato prima di arrivare sul suolo di Alessano.

La statale si ricongiunge con la strada esistente, a poco più di cento metri dall’Auditorium Benedetto XVI, scavalca la strada vicinale Santa Caterina e ci conduce allo svincolo 3: sul già esistente incrocio con la SP 184, la strada del Gonfalone, lungo la quale si incontra anche il nuovo stabilimento calzaturiero di Antonio Sergio Filograna.

SVINCOLO 4: TRA LE CAVE IN DIREZIONE TIGGIANO

La nuova 275 cambia di nuovo rotta.

Stavolta, rispetto al vecchio tracciato, si spinge ad est, addentrandosi in zona Matine per non entrare più negli abitati di Alessano e Montesardo.

Lo svincolo 4 è quello di Tiggiano.

Sorgerà in zona Tagliate, lungo l’arco che la statale andrà a comporre con una carreggiata del tutto nuova.

L’uscita si collocherà a poche centinaia di metri in linea d’aria dalla stazione ferroviaria tiggianese.

SVINCOLO 5: ALESSANO – CORSANO E LA FERROVIA

Tra il quarto ed il quinto svincolo si snoda una trama stradale alquanto articolata, che conta anche la presenza dei binari ferroviari. Torna utile un ulteriore zoom sulla zona: pubblichiamo (in basso) il progetto dello svincolo 5, cui si arriva uscendo dal territorio di Tiggiano.

Qui la statale incrocerà la provinciale 80 Alessano-Corsano (C).

Per scongiurare l’intersezione coi binari verrà realizzato un sottopasso (D).

Per le uscite, quindi, sorgerà una viabilità ai lati della carreggiata.

Come mostra la mappa (la prima in alto), ci saranno due nuove rotatorie sulla Alessano-Corsano.

Quella ad est dell’attuale dosso convoglierà il traffico anche lungo la provinciale 188, la strada con cui il Capo di Leuca ha preso confidenza nel periodo del senso unico di marcia lungo via Regina Elena a Corsano.

Alla rotatoria ad ovest invece, lato Alessano, si aggancerà anche una nuova bretella (E), una lingua di asfalto che la metterà in comunicazione con il precedente svincolo, quello di Tiggiano.

Svincolo Alessano – Corsano

SVINCOLO 6: CI PORTA DA DON TONINO

Rotolando verso sud, tangendo ma non toccando l’abitato corsanese, la nuova Maglie-Leuca entra in contatto con la provinciale 210.

È la strada che gli alessanesi percorrono per raggiungere la splendida Marina di Novaglie.

Lo svincolo 6, da cui inizia il quarto tratto di questo stralcio, si collocherà in aperta campagna ma molto vicino al cimitero di Alessano (quindi alla tomba di Don Tonino Bello, meta di considerevole turismo religioso); in prossimità della strada che si arrampica su Montesardo ed a pochi metri dall’incrocio con la Corsano-Gagliano, che sarà servito da una nuova e più sicura rotatoria.

SVINCOLO 7: TRA LA SUD SALENTO E LA STAZIONE DI GAGLIANO

Il percorso continua sinuoso attorno ai centri abitati, evitando San Dana (frazione di Gagliano) ed andando a ricalcare un pezzo del già esistente tracciato della sp81 tra Corsano e Gagliano.

In prossimità del curvone prima del distributore Apron, la provinciale diventerà per alcune centinaia di metri la nuova 275.

Salvo poi dividersi nuovamente con una virata ad ovest prima di Gagliano: la nuova carreggiata incrocerà ancora i binari, sfiorerà il calzaturificio Sud Salento e, avvicinandosi alla stazione di Gagliano, taglierà la vecchia 275.

Proprio da questo incrocio tra vecchio e nuovo prenderà vita lo svincolo 7 “Gagliano del Capo nord”.

SVINCOLO 8: CASTRIGNANO DEL CAPO (E PATÙ)

A questo punto la strada correrà tra l’abitato gaglianese e quello di castrignanese.

Sarà permesso uscire allo svincolo 8 “Castrignano del Capo”. Ci troveremo, in pratica, sulla sp 351: da un lato ci dirigeremo a Castrignano del Capo (o a Patù), dall’altro entreremo a Gagliano da sud (cimitero e nuovo Eurospin).

SVINCOLO 9: DE FINIBUS TERRAE

Non è finita: c’è il quinto ed ultimo tratto che, costeggiando Salignano con un’opera del tutto nuova e viaggiando a sinistra (ad ovest) del vecchio tracciato, ci condurrà all’ultimo svincolo, il numero 9: “Gagliano del Capo – sud”.

Siamo alle porte di Santa Maria di Leuca, il punto in cui già oggi la 275 si passa il testimone con un’altra statale, la 274 Gallipoli-Leuca.

È qui, con un adeguamento dell’intersezione esistente, ai confini della terra, che è attesa una delle opere più discusse della storia del Salento.

È qui che, si spera presto, termineremo di fantasticare su questo tracciato che immaginiamo da oltre 30 anni.

 

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Approfondimenti

Ulivi e vigneti: secoli di storia che non devono finire con la xylella

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di Hervé Cavallera

Chi nel corso della storia visitava il Salento rimaneva colpito dalla distesa di olivi e dalla qualità dell’olio, su cui nel Settecento ben si intratteneva il gallipolino Giovanni Presta (1720-1797), del quale nel 1988 e nel 1989 ho ripubblicato le opere.

Accanto all’olio ecco aggiungersi la produzione del vino, tra cui di particolare pregio è il “primitivo”, il cui nome risale a don Francesco Filippo Indellicati (1767-1831) di Gioia del Colle, il quale ritenne che un particolare vigneto della sua terra si potesse già vendemmiare ad agosto.

La distesa degli oliveti e dei vigneti è stata da sempre un grande spettacolo di bellezza, spettacolo che, al tempo stesso, veniva a simboleggiare due elementi fondamentali nella nostra vita: l’olivo, rappresentando il rinnovamento e la forza vitale; la vite, il benessere e l’abbondanza.

L’olivo, inoltre, è stato sempre inteso come simbolo di pace.

Da tempo la distesa di olivi non è più tale. A partire dal 2013 la Xylella ha distrutto migliaia e migliaia di alberi d’olivo e l’infezione, che ha in primo luogo investito il Salento, si è col tempo estesa sino alla Terra barese.

Così chi percorre le nostre campagne non può che constatare la tristezza degli oliveti in rovina e moltissimi alberi sono stati sradicati. Si è avuto pertanto un eccezionale danno sia ambientale e socio-economico sia storico-paesaggistico.

Alberi plurisecolari sono stati distrutti e la produzione di olio ne ha pagato le conseguenze, non solo con l’aumento del prezzo per quello esistente, ma anche con l’importazione di olio proveniente da altre parti del mondo.

Non è questa la sede per soffermarsi sulla provenienza del batterio e sul modo su cui l’epidemia è stata affrontata, sicuramente sottovalutandola e intendendola come un fenomeno locale, con devastanti conseguenze soprattutto per il Salento ma anche – di conseguenza – per la Puglia in generale.

E la questione non è del tutto chiusa, nonostante qualche studioso sostenga che il peggio è passato e che si può andare incontro alla graduale ripresa, che comunque comporterà non poco tempo data la qualità e quantità del disastro.

E non è finita. Mentre ancora non si riesce a uscire dal malanno, ecco che si annunzia un altro. Un ceppo della Xylella fastidiosa tende a colpire non solo alberi come le querce, i mandorli e gli oleandri, ma anche le viti e pare che nel Barese alcuni vigneti di uva da tavola siano risultati infettati dal batterio, aprendo un altro drammatico scenario.

Sembra di assistere allo sfasciarsi di una tradizione millenaria: la forza vitale (l’olivo) viene meno e dilegua il benessere (i vitigni).

È la realtà di un presente frantumato che non riesce a far fronte con lucidità alle novità che irrompono e devastano e rendono incerta quella che era una garanzia plurisecolare.

La pace come gli olivi viene meno e si estende la violenza sotto forme diverse, mentre si è incapaci di ogni saggio controllo. Tale potrebbe essere una metafora del nostro tempo, una trasposizione simbolica di immagini che rappresentano la situazione dell’esistente.

NON E’  TEMPO DI CONTRAPPOSIZIONI

Al di là di questa considerazione sul mondo che viviamo, resta, prosaicamente si potrebbe forse dire, il problema dell’immediato, che è quello di un’epidemia che ha colpito gli olivi e che rischia di estendersi con altrettanta pericolosità sui vitigni.

E l’affrontare la battaglia spetta ai politici, agli studiosi, agli esperti. E tutti devono agire in una comune simbiosi, ben sapendo che in gioco sono più cose: la bellezza delle campagne, la qualità (dei prodotti), l’economia (il guadagno che si ricava dall’olio e dal vino).

Ma sono anche in gioco l’avvedutezza di coloro che gestiscono la cosa pubblica e le conoscenze tecniche e scientifiche di tanti specialisti.

E devono venir meno le contrapposizioni, soprattutto quelle che impediscono dei piani organici aperti però a continua verifica. Non si deve dimenticare che nel passato non lontano si è considerata la diffusione della Xylella fastidiosa un mero fenomeno locale, trascurando peraltro il fatto che, se anche così fosse stato, il danno non sarebbe stato comunque insignificante.

Come accade che ci siano tuttora pareri diversi intorno all’abbattimento delle piante. Per questo bisogna non solo studiare come arginare e bloccare la diffusione del batterio, ma occorre valutare continuamente gli interventi e modificarli secondo la bisogna.

E non sono sufficienti, per quanto necessarie, unità operative provinciali e regionali. È opportuno che la questione sia portata a livello più alto e superi le barriere di ogni tipo che possono sorgere allorché si manifestano interventi pubblici. Occorre effettivamente un coinvolgimento generale, che al tempo stesso sappia articolarsi secondo le diverse competenze e con opportune strategie oculatamente dirette.

Nell’operare insieme, politici, tecnici, studiosi, proprietari terrieri e così via, si riscopre inoltre il senso di una comunità, il ricompattarsi della stessa.

Con un’espressione latina (ed ecco il rinvio a un mondo – quello dell’antica Roma – che non deve svanire in quanto ne siamo figli) Iam proximus ardet Ucalegon (già brucia il vicino palazzo di Ucalegonte) e le parole di Virgilio (Eneide, libro II, versi 311/312) spiegano molto bene che il danno non riguarda solo gli altri, ma anche noi stessi in quanto, come le fiamme del palazzo attiguo investono il nostro, la rovina della terra in cui viviamo, pur senza esserne proprietari, ci investe tutti.

E il bene pubblico va oltre ogni divisione paesana, territoriale, politica.

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Approfondimenti

La cappella e la cavalla devota che scoprì la tela della Madonna

Nel rione di Caprarica. Con i fondi dell’8 per mille recuperata la chiesa nella sua interezza: ogni elemento originario (mensa, tabernacolo, tele) è stato oggetto di attente operazioni di restauro…

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di Luigi Zito

Era il 1651, in una uggiosa giornata di novembre, i frantoi di Tricase giravano a tempo pieno, si dovevano molire le olive, spremerle e produrre quello che per secoli è stato l’oro del Salento: l’olio.

Una stanca cavalla, legata e bardata di tutto punto, faceva girare le macine che servivano alla spremitura delle olive.

Alcuni contadini, che vegliavano il logorio dell’animale, si resero conto che, ogni qualvolta percorreva un determinato tratto del frantoio ipogeo, la cavalla aveva un sussulto, come zoppa si inchinava davanti a qualcosa.

Intrigati da quel fenomeno, i nachiri, decisero di scavare in quel punto indicato dall’animale e, come per miracolo, rinvennero una tela della Madonna di Cassiobe.

Fu così che si decise di costruire in quel luogo preciso una cappella dedicata alla venerazione della Madonna. Oggi, dopo 4 secoli, possiamo asserire che in parte quella leggenda rispecchiava la realtà.

Infatti, durante i recenti lavori di rifacimento della pavimentazione interna della cappella, è stata rinvenuta l’imboccatura di un frantoio (in parte crollato) collocato proprio sotto la chiesa.

La Chiesa dell’Immacolata e del SS. Sacramento, oggi sede della Congregazione dell’Immacolata Concezione (priore Claudio Ruberto, oggi conta 130 iscritti), è sita nel rione di Caprarica di Tricase, persa tra le viuzze del centro storico, inglobata nel tessuto edilizio circostante.

È una chiesa a unica navata, edificata presumibilmente attorno alla metà del XVII secolo, come attesta il libro dei defunti della parrocchia, che fa risalire la prima inumazione al 4 aprile 1654.

LA CAPPELLA NEGLI ANNI

È frutto di due interventi edilizi di ampliamento: il primo nel 1922 quando venne costruita una sagrestia; il secondo nel 1967 vide la demolizione e ricostruzione della stessa, una sala riunioni e un campanile a torre (completato nel 1973).

Fino al 1967, nella chiesa era presente un unico altare a muro con il tabernacolo e al di sopra, posti in successione, la tela della Madonna di Cassiobe e quella della Vergine Immacolata con i quattro Santi protettori della Confraternita.

Tra il 1967-1970, con i lavori di ampliamento, si attuò lo smembramento di tutto l’apparato dell’altare a muro, dislocando gli elementi costitutivi (mensa, tabernacolo e tele) in posizioni differenti all’interno della chiesa.

L’ultima funzione religiosa fu celebrata il 24 marzo 2013, da don Eugenio Licchetta. Successivamente, gravi problemi strutturali portarono a interdire il culto e a chiudere la chiesa.

Il parroco di allora, don William Del Vecchio, in accordo con la Confraternita dell’Immacolata, nel 2015 intraprese l’iter per il recupero e il restauro della chiesa e affidarono i lavori agli architetti Agnese Piscopiello e Francesco Pala.

La Conferenza Episcopale Italiana, con i fondi dell’8 per mille, finanziò il progetto e si procedette a recuperare la chiesa nella sua interezza.
Il 22 maggio 2020 iniziarono i lavori di restauro, portati a compimento anche grazie alla generosità dei fedeli.

Nell’avvicendarsi di parroci nella parrocchia di Sant’Andrea, è doveroso citare anche l’impegno dapprima di don Luigi Stendardo che diede il via ai lavori, e poi quello di don Salvatore Chiarello, l’attuale parroco, che ha seguito e partecipato alle varie fasi di realizzazione delle opere fino alla loro conclusione.

Durante la fase di rimozione della pavimentazione, sono venute alla luce strutture di antica origine, in particolare: un antico pavimento in cocciopesto, nelle prime due campate della chiesa; la presenza di un ossario murato con lastre di pietra; la fondazione in pietrame della muratura di fondo della chiesa (prima che venisse eseguito l’ampliamento del 1922); la presenza di un frantoio ipogeo scavato nella roccia che si sviluppa al di sotto della chiesa, la cui imboccatura è stata segnalata mediante la realizzazione di una botola nell’attuale pavimentazione.

Ogni elemento originario (mensa, tabernacolo, tele) è stato oggetto di attente operazioni di restauro a cura dei restauratori Ludovico Accogli e Alessandra Muci, che hanno riportato alla luce le decorazioni e le cromie originarie ricoperte e dimenticate.

Il 5 dicembre 2024, alla presenza del vescovo mons. Vito Angiuli, del sindaco Antonio De Donno e di tutta la comunità, la chiesa è stata riaperta al culto.

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