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Approfondimenti

Casarano: 50 sfumature di… crisi

I Commercianti: “Ci hanno abbandonati al nostro destino, il centro storico sta morendo e i negozi continuano a chiudere”
Il vice sindaco Fracasso: “Stiamo ragionando su degli interventi per rivitalizzare il centro città”. Agli esercenti: “Costituite un’associazione che vi rappresenti…”

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Casarano, martedì 10 febbraio: locali sfitti, serrande abbassate, locandine con la dicitura “cedesi attività”, vetrine vuote, in via Dante, via Roma, via San Domenico, via Vecchia Matino, Corso XX Settembre: c’era una volta lo shopping nel centro storico di Casarano…


centro storicoFino a qualche anno fa era un brulicare di persone che, intente ad ammirare le vetrine e a fare acquisti, riempivano e coloravano la città, arrivando da ogni dove. Oggi, complici anche (ma non solo) le congiunture economiche che mettono in difficoltà chiunque, la realtà è ben diversa. Strade deserte, negozi, quelli ancora aperti, desolatamente vuoti, e persino la luce fioca (eufemismo) dei lampioni del centro, perfettamente abbinata alla mestizia che sta sfinendo i commercianti casaranesi, sembra volerci convincere di passeggiare in una città fantasma.


Ornella Maglie (Vanity Fair): “Noi emarginati al centro”


Ornella Maglie

Ornella Maglie


Ornella Maglie, di Vanity Fair Accessories, non lo manda certo a dire: “Altro che centro, siamo stati letteralmente messi ai margini! Alla difficile situazione generale si aggiunge l’emarginazione in cui ci ritroviamo noi del centro storico. Oltre che per le mancanze istituzionali ci ritroviamo da soli, nel vero senso della parola,  perché neanche tra noi commercianti c’è collaborazione, non si riesce a trovare unità di intenti neanche per iniziative che possano in qualche modo riaccendere i riflettori sul centro storico. Allora dico che è inutile criticare la città, le istituzioni, se noi per primi non siamo in grado di fare corpo unico”.


Non esiste un’associazione dei Commercianti, un’aggregazione che vi rappresenti a livello istituzionale. Come mai? “Non riusciamo a collaborare neanche quando si tratta di mettere l’alberello per Natale! Per il primo novembre dell’anno scorso, per fare un esempio, qualcuno proponeva l’apertura nonostante il giorno festivo. La cosa non mi entusiasmava ma, ci fosse stato un raccordo, uno scambio di opinioni, unità di intenti, avrei aperto anch’io. Invece nulla, ognuno per i fatti propri: qualcuno ha aperto, altri no… Lo vogliamo capire o no che, se la gente torna nel centro storico, ne beneficiamo tutti e non solo tizio o caio? Sembra una guerra tra poveri, quasi si abbia paura che il vicino venda qualcosa più di te…”. Ornella tiene poi fede alla sua presentazione (“Non ho peli sulla lingua e dico sempre quel che penso”), indicando quali sono secondo lei le mancanze: “C’è indifferenza, quasi svogliatezza, come se i problemi di cui si discute non ci riguardassero. Ho partecipato ad alcune riunioni dei commercianti, ma sembrava quasi che il bisogno di incontrarsi nascesse solo dall’avvento della festa del Patrono che, tra l’altro, tra strade chiuse per il montaggio delle luminarie, giorni di festa e smontaggio, ci isola ulteriormente per una settimana”. Anche in quell’occasione, ci fosse stata un’associazione unita e forte, forse si sarebbe potuto ottenere qualcosa di diverso: “Pare, però, che non ne siamo capaci. Potremmo almeno incontrarci un giorno al mese per mettere su carta quelle che sono le criticità e poi esporre le nostre istanze come un blocco unico. Invece niente…”. Le difficoltà, invece di avvicinarvi, pare siano ulteriore motivo di distacco: “Forse si pensa che si possa andare avanti da soli, quasi facendo concorrenza ai colleghi, come se ci si volesse accaparrare quello che è rimasto. Che tristezza…”. E che buio! Aggiungeremmo noi. “Vero. L’illuminazione è insufficiente, non certo adatta a strade di un centro storico con negozi. Per quanto mi riguarda, poi, da quando hanno chiuso altre due attività su questa stessa strada sono praticamente al buio”. Ha l’opportunità da queste colonne di rivolgersi direttamente al vice sindaco Fracasso che ha la delega alle attività produttive: cosa gli chiederebbe? “Di convocarci tutti, con tanto di letterina d’invito nominale per ognuno, per un assemblea specifica dove discutere della situazione e porre le basi per un progetto nuovo che parta dalle indicazioni di chi vive dal di dentro la nostra realtà”.


Ornella D’Urso (Il Papavero): “Nostre proposte inascoltate”


Ornella D'Urso

Ornella D’Urso


Proseguendo il nostro giro tra le strade deserte e semibuie del centro storico, entriamo nella storica erboristeria “Il Papavero” di Ornella D’Urso, in via Dante dal 1984. “Le cose negli anni sono cambiate”, dice la titolare, “non possiamo certo dire di vivere l’era più luminosa e non mi riferisco solo all’illuminazione insufficiente. Di associazioni che ci rappresentassero ne abbiamo avute e la sottoscritta è stata anche presidente dell’ACAS, oggi invece non c’è alcuna forma di aggregazione”.


Non riuscite proprio a fare corpo unico? “Qualcuno di noi ci ha provato, ma ogni volta che si chiedeva una riunione o si proponeva qualcosa non si trovava mai un interlocutore, figurarsi una controproposta…”. Perché secondo lei? “Forse per mediocrità. Io sono dell’opinione che se più persone hanno idee diverse, mettendosi insieme ne fanno nascere almeno una eccezionale, ma evidentemente non tutti la pensano come me… Probabilmente anche il momento difficile ha supportato questo modo di fare accentuando individualismo e lassismo. La crisi c’è per tutti ed è proprio questo il momento di mettere in moto il cervello e cercare di capire cosa fare per venirne fuori, tutti insieme”.


L’assessore Fracasso vi chiede esplicitamente di mettere su un’associazione. Lei invece cosa chiederebbe al Vice Sindaco? “L’assenza di un’associazione ci penalizza, ma resta comunque la sensazione di essere lasciati al nostro destino. In passato si svolgevano delle riunioni, se ne parlava, si provava a cercare soluzioni, ora nulla. Anche quando qualcuno di noi ha provato a lanciare delle proposte in Comune è rimasto inascoltato, sarebbe necessaria maggiore considerazione nei nostri confronti. Lavoro da 30 anni in Via Dante, potrebbe essere utile chiedere alla sottoscritta come ad altri, cosa ne pensiamo della viabilità, dei parcheggi, dell’illuminazione e quant’altro. Chi, meglio di noi stessi, può conoscere i problemi che quotidianamente affrontiamo? È vero, l’associazione non c’è, ma ci sono tanti giovani che provano a fare qualcosa, ad unire ed a proporre, gli si dia ascolto”.


Tiziana Livello (Donna & Co.): “Centro storico spento”


CedesiPoco più in là c’è Donna & Co., anche qui come in altri negozi del centro nessun cliente. A Tiziana Liviello chiediamo conferma che il centro storico si stia spegnendo e lei, categorica: “Si è già spento!”. Cos’è che vi impedisce di rivedere la luce? “Un po’ tutto, il problema principale è che mancano i soldi”. In questa situazione vi sentite tutelati, presi per mano dalle istituzioni? “Per niente, l’impressione è che nessuno si preoccupi di noi”.

Come mai non riuscite a mettere su un’associazione che possa rappresentare con forza le vostre istanze? “Ognuno va per conto suo, in queste condizioni non ci sono i presupposti per formare un’associazione, vince sempre l’individualismo”. Le diamo l’opportunità di rivolgersi direttamente all’assessore al ramo, il vice sindaco Fracasso, lei cosa gli chiederebbe: “Nulla, perché non ci credo più”.


Fracasso: “Importante restituire decoro urbano al centro”


Il vice sindaco Antonio Fracasso

Il vice sindaco Antonio Fracasso


Il vice sindaco Antonio Adamo Fracasso, che detiene anche la delega alle Attività Produttive ammette la crisi del centro storico e sottolinea l’assenza di un’associazione di commercianti: “Prima c’era e, seppur a singhiozzo, si relazionava con l’Amministrazione, poi non c’è più stata l’occasione di concertare le azioni da intraprendere”.

A suo avviso quali sono le criticità maggiori? “In primo luogo non c’è più una specificità dei negozi e questo acuisce gli effetti di una crisi generalizzata, per cui il centro storico non ha più quell’appeal che poteva avere in passato. Abbiamo cercato in qualche modo di agevolare i parcheggi in centro, ma non può certo bastare per risolvere il problema, ci vuole una strategia più ampia. Innanzitutto le piazze e l’ambiente dovranno essere attraenti ed accoglienti, lo shopping sarà una conseguenza. Anche la viabilità ha la sua importanza ma a mio avviso bisognerebbe superare l’antica visione che il passaggio delle auto faciliti il commercio, anzi”. Ovvio che un’associazione che rappresenti in maniera forte le istanze dei commercianti potrebbe facilitare l’attuazione di una strategia efficace: “Non solo, anche dare impulso a tutta l’attività, con iniziative particolari che accendano i riflettori su tutti gli esercenti del centro storico. È verificato che la sinergia tra attrattive culturali e esercizi commerciali dà i suoi frutti, però bisogna rendere il tutto appetibile”. Rivolgendosi ai commercianti dalle nostre colonne cosa si sentirebbe di dire loro? “Auspico la nascita di un’associazione stabile che si possa interfacciare con noi. Tanto più la crisi avanza tanto più occorre coesione prima tra loro e poi tra loro e noi”.

Per ora, in centro, tante serrande abbassate e tanti cartelli “vendesi”: la situazione pare davvero critica. “Quello che noi possiamo fare è cercare di dare un decoro urbano al cuore della città. Ecco perché una parte dei fondi destinati esclusivamente ai palazzi storici li abbiamo destinati alle suddette piazze, superando anche le perplessità della Regione. Tutti i nostri sforzi sono mirati a rivitalizzare il centro, soprattutto nelle ore mattutine”.

Intanto il commercio a Casarano vive uno dei suoi momenti più difficili che secondo Fracasso trae le sue origini “nei primi anni duemila con il prosciugamento dei portafogli di tante famiglie dell’area di Casarano e non solo, causato dalla crisi del calzaturiero e dalla perdita di tanti posti di lavoro. Anche il proliferare dei centri commerciali in periferia ha avuto la sua influenza nello svuotare i centri storici. Ecco perché la Regione Puglia ha cercato di premiare alcuni progetti che puntavano alla riqualificazione urbana e noi stiamo puntando alla riqualificazione di Palazzo Elia e le piazze Indipendenza e San Pietro”.


Giulio Spinelli, responsabile SUAP

Giulio Spinelli, responsabile SUAP


Giulio Spinelli, responsabile del SUAP aggiunge: “Stiamo anche cercando di agevolare le aperture di attività nel centro storico, soprattutto quelle ristorative, rendendo più semplice il compito di chi vuole aprire una nuova attività. Ad esempio, nelle autorizzazioni con l’Asl: con il restauro di locali nel centro storico non sempre è possibile ricavare tre bagni, come previsto dalla normativa. Stiamo provando a regolamentare il tutto cercando di rendere meno complicata ogni nuova apertura”.


Fracasso anticipa che “stiamo rivisitando tutto ciò che riguarda il commercio nella nostra città. In particolare stiamo pensando di spostare il mercato settimanale del martedì da Contrada Botte. Avevamo un finanziamento della Regione per la dislocazione del mercato in un’area mercatale mediante project financing. Quel progetto, oltre alla realizzazione della nuova area mercatale, prevedeva anche la riqualificazione delle Case di edilizia popolare e del parco periurbano. Sono sorti problemi di espropri e di dislocazione del mercato e si è continuato solo con le case IACP e il parco per cui presto inizieranno i lavori. Lo spostamento del mercato settimanale è solo rinviato: dobbiamo mettere fine alle criticità di Contrada Botte, quella è un’arteria importante della città che il martedì rischia la paralisi. Abbiamo anche approvato un progetto, ora al vaglio della Regione, per il prolungamento di via Poerio, quindi il collegamento con viale Cisternella e la stazione per permettere uno sfogo verso la circonvallazione. Stiamo, poi, cercando di regolamentare gli spazi per gli ambulanti affidando ad ognuno di loro, mediante bando, una postazione fissa ed evitare attività estemporanee che danneggino i veri commercianti. Stiamo anche valutando l’opportunità di tenere un mercato notturno, da maggio fino a settembre, nel centro storico. Per ora è un’idea ma stiamo cercando di portarla avanti”.


Giuseppe Cerfeda


Approfondimenti

L’affascinante storia delle farmacie di Tricase

I miei sguardi erano attirati da un contenitore di vetro dove, in bella vista, c’erano dei cioccolatini, involti in carta stagnola di tanti colori, che mi facevano venire l’acquolina in bocca. Mia madre, con pazienza, mi doveva ogni volta ricordare che erano dei lassativi…

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di Ercole Morciano

Le “storiche” farmacie di Tricase, antenate di quelle odierne, compresa l’ultima istituita in via Olimpica, erano entrambe ubicate nel centro antico del paese.

Molti della mia età le ricordano unitamente ai farmacisti che ne erano i proprietari: quella del dott. Spiridione Barbara, nella ex via Municipio, ora via Toma, dove vi è un’erboristeria e quella del dott. Salvatore Minerva, in piazza Vittorio Emanuele, ora Pisanelli, dove si vendono bevande.

Ai farmacisti si dava, all’antica, il “don” come segno di rispetto: così ci avevano insegnato e noi ragazzini – negli anni ’50 e ’60 – senza pensarci, continuavamo la tradizione.

Don Toto era altissimo – da piccolo lo vedevo così – sempre col camice bianco, col capo un po’ inclinato, il baffo curato e il volto in genere sorridente.

Don Spiridione lo ricordo più basso, anch’egli con la testa un po’ piegata e spesso corrucciato: così mi sembrava; anche la sua voce, la percepivo come stizzosa e – ricordo – mi incuteva un po’ di timore; ma don Spiridione era in fondo una persona buonissima.

Entrando nella sua farmacia, i miei sguardi erano attirati da un contenitore di vetro dove, in bella vista, c’erano dei cioccolatini, involti in carta stagnola di tanti colori, che mi facevano venire l’acquolina in bocca.

Mia madre, con pazienza, mi doveva ogni volta ricordare che erano dei lassativi – ed era vero – e questo metteva le cose a posto perché ti faceva passare la voglia.

NEL NOVECENTO

Erano tempi, per noi ragazzini, molto duri: ogni anno, a fine primavera, toccava a molti un purgante che poteva essere una orribile bevanda pungente ed effervescente, oppure olio di ricino (in entrambi i casi, se non ti chiudevi il naso non potevi ingoiare).

Per chiudere con i ricordi legati alle farmacie della mia fanciullezza, una curiosità: riguardo agli aiutanti dei farmacisti i temperamenti si invertivano. L’aiutante di don Spiridione, Vito Corciulo, indossava un camice nero e lo ricordo gentile, sorridente; a me sembrava timido e un po’ preoccupato; l’aiutante di don Toto, Vito Scorrano, indossava un camice bianco, e lo ricordo molto serio in volto; parlava con un eloquio chiaro e possente che sembrava non ammettere repliche.

Le due farmacie, Barbara e Minerva, esistevano sicuramente nel 1912: risulta che nel mese di dicembre i medicinali ai poveri di Tricase furono dati “dal chimico-farmacista Salvatore Minerva e dall’altro farmacista Spiridione Barbara”.

Originario di Alessano, Barbara si era laureato a Napoli nel 1910 e poco dopo aprì la farmacia a Tricase dove si trasferì e formò la sua famiglia.

Salvatore Minerva era di antica famiglia tricasina: anch’egli si era laureato presso l’Università di Napoli e, annesso alla farmacia, aveva un laboratorio di analisi chimiche, come vi era scritto con eleganti caratteri sul vetro della porta d’ingresso.

I farmacisti Barbara e Minerva si distinsero nei periodi della triste miseria quando si pagarono a prezzo di costo, o dilazionati nel tempo, i farmaci acquistati dalla Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli per i poveri.

Entrambi si impegnarono anche in ambito civile: il dott. Barbara fu eletto sindaco di Tricase più volte e il dott. Minerva fu, per parecchi lustri, ispettore onorario ai monumenti.

NEL CINQUECENTO

Le notizie più antiche riguardanti i farmacisti di Tricase risalgono alla fine del Cinquecento.
Il loro nome ufficiale era “aromatari” e, per legge, non potevano essere anche medici (fisici o cerusici) per evitare conflitti d’interesse; gli aromatari cinquecenteschi erano Domenico Musca e Francesco Mecchi.

Nelle loro botteghe, non solo si preparavano e si vendevano i medicinali ma, specie in quella del Musca, si rogavano atti notarili o si riuniva l’università, il consiglio comunale di allora.

Entrambi appartenevano a note famiglie tricasine: i Mecchi erano una famiglia storica, vi è un altare di loro patronato e col loro blasone nella chiesa di San Domenico, mentre ai Musca apparteneva Domenico, lo scultore che ha firmato il fonte battesimale della chiesa madre, suo capolavoro scolpito nel 1547.

NELL’OTTOCENTO

Dal bilancio del 1866 della Congregazione di Carità di Tricase apprendiamo che vi erano a Tricase due farmacie e i farmacisti erano Antonio Legari e Michele Aprile: “Per i medicinali somministrati ai vari poveri” ebbero rispettivamente £. 102 e £. 68.

NEL SETTECENTO

La notizia più completa ci viene però dalle carte dei Domenicani di Tricase: essi nel 1730 avevano, nei locali del convento, una spezieria o spettiaria (speziale era il farmacista nel ’700) di medicinali che affittarono a Giovanni Andrea Longo di Andrano per l’importo annuo di 20 ducati.

Il contratto prevedeva che fossero date gratis tutte le medicine che i medici avessero prescritto “alli religiosi di famiglia di detto monastero”.

La stessa farmacia, nel triennio precedente, era stata affittata a Giovanni Battista Stendardo e, dall’atto di locazione, apprendiamo che vi erano 246 tipi di medicinali.

Dalla medesima fonte ci è pervenuto anche un parziale, ma interessante elenco di ordigni necessari alla preparazione delle medicine, che riporto integralmente nel linguaggio d’epoca: «2 bilance, due sedazzi (filtri) uno di seta e l’altro di pelo, una grattacaso (grattugia) piccola, fuselli e mezzi fuselli, lancelle, sottocoppe, mortai di diverse grandezze, una ciarla (contenitore) [di cristallo] di Boemia, storte di vetro, lambicchi di vetro e di rame, caraffoni (bottiglie col manico) grandi e piccoli, ecc.»

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Il presidente Vadrucci della Camera di Commercio fra passato e futuro

Sono stati tre anni faticosi ma esaltanti. E soprattutto sono stati tre anni fatti insieme: io, il Segretario Generale, Francesco De Giorgio, la struttura camerale e, soprattutto, la Giunta e il Consiglio della Camera di Commercio di Lecce. Uscivamo da un periodo di pandemia che aveva provocato molti problemi al mondo produttivo salentino…

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INTERVISTA ESCLUSIVA

di Giuseppe Cerfeda

Lei è presidente della Camera di Commercio di Lecce da tre anni. Vuole fare un primo bilancio di questa esperienza?

«Sono stati tre anni faticosi ma esaltanti. E soprattutto sono stati tre anni fatti insieme: io, il Segretario Generale, Francesco De Giorgio, la struttura camerale e, soprattutto, la Giunta e il Consiglio della Camera di Commercio di Lecce. Uscivamo da un periodo di pandemia che aveva provocato molti problemi al mondo produttivo salentino. 

Le imprese della nostra provincia hanno avuto in questi tre anni la forza di credere nelle loro idee, di riprendere la produzione, di guardare avanti, cercando di utilizzare l’innovazione tecnologica e le possibilità che la Camera di Commercio, come casa delle imprese, ha messo loro a disposizione. 

Insieme alle Associazioni di categoria che compongono gli organi camerali, abbiamo trovato la possibilità di sostenere questa volontà di ripartire. Vorrei ricordare una iniziativa per tutte: abbiamo trovato nelle pieghe del bilancio un milione di euro per aiutare le imprese salentine a far fronte agli aumenti del costo dell’energia, causa delle situazioni penalizzanti per la nostra economia e le nostre aziende. 

In questo modo abbiamo aiutato il mondo produttivo salentino a ripartire senza troppi costi aggiuntivi che avrebbero potuto mettere a terra numerose attività».

Qual è lo stato attuale del tessuto economico e sociale della nostra provincia?

«Stiamo ancora lavorando con tutti gli imprenditori per cercare di emergere in un contesto che sconta un lungo momento negativo in campo nazionale e internazionale. 

La globalizzazione ha lasciato uno strascico pesante per il nostro tessuto produttivo, perché le attività per le quali una volta eravamo in grande evidenza, tessile e abbigliamento, calzaturiero e manufatturiero di qualità, una volta portate in Paesi a più bassi costi, non sono ancora rientrate nel nostro ambito. 

Ci siamo quindi dovuti reinventare le produzioni, puntando sui marchi e sulla qualità. 

Per fortuna alcune aziende leader sono riuscite a ripartire con queste nuove direttrici di sviluppo, ma la condizione internazionale non è particolarmente favorevole. 

Cominciamo a sentire l’affanno dei costi della transizione verso la sostenibilità, richiesta dalle norme europee. 

I costi di guerra, in un Mediterraneo sempre più centrale come scacchiere senza pace, non aiutano lo sviluppo dei commerci e delle transazioni. Contemporaneamente i cambiamenti climatici stanno stressando la nostra agricoltura, che pure continua ad avere prodotti di grande pregio. La Xylella ha lasciato danni dappertutto.

Ma ci sono anche iniziative che guardano all’innovazione tecnologica. I giovani, prima di decidere di scappare in altri paesi, investono energie e voglia di fare, qui, sul territorio salentino. 

La Camera di Commercio di Lecce cerca di cogliere ogni occasione per agevolare queste iniziative nuove, aiutando al contempo le aziende tradizionali ad evolversi verso traguardi internazionali, sfruttando le risorse che la Regione e Governo, con ZES Unica e Fondi di coesione e le norme europee del PNRR, mettono a disposizione. 

Lavoriamo ogni giorno in questa direzione, contando anche sul favore che il brand “Salento” ha acquisito in campo nazionale e internazionale, supportato dall’appeal turistico e culturale. Siamo a disposizione, insieme alle altre Istituzioni locali, del mondo economico salentino. 

Non dobbiamo rallentare e sono fiducioso che riusciremo a far aumentare la velocità all’economia del Salento».

Se dovesse indicare pregi e difetti del mondo economico salentino?

«Pregi e difetti non sono sempre uguali. Non sono tra quelli che dicono che ci sono difetti caratteriali nei nostri imprenditori. Ormai viviamo in un mondo globalizzato e sappiamo quello che possiamo e non possiamo fare. 

Un fattore molto penalizzante è il decentramento geografico della nostra terra, rispetto ai mercati europei di riferimento. Scontiamo da sempre – in questo periodo ancora di più – una marginalità nei trasporti che rende più difficoltosa la nostra penetrazione sui mercati internazionali. Le strutture e le infrastrutture dovrebbero aiutarci a cambiare le cose, ma ci vuole anche una nuova politica industriale che faccia del Mediterraneo un punto di riferimento industriale e commerciale diverso, evitando che si “infiammi” in quelle guerre che ne stanno riducendo l’importanza geopolitica e commerciale. 

Nel frattempo, la caparbietà, che è uno dei pregi della nostra classe imprenditoriale, deve essere ancora più efficace per resistere e trovare strade alternative per le produzioni del nostro territorio. Le Istituzioni, però, devono eliminare gli ostacoli che ancora si frappongono. 

La Camera di Commercio diventa così anello di collegamento e cerniera con le Istituzioni, per mettere in pratica norme e percorsi al servizio dell’imprenditoria locale, riducendo la burocrazia e favorendo la spinta che gli imprenditori più avveduti cercano attraverso l’innovazione tecnologica e le nuove tecniche produttive. 

Non è facile, ma ci impegniamo tutti in questa direzione».

Lei è del sud Salento e non ha mai nascosto la sua attenzione verso quella porzione di territorio, sforzandosi perché non venga snobbata com’è accaduto per tanti anni. L’adeguamento della SS. 275 ne è l’esempio lampante…

«Forse siamo arrivati al punto in cui, anche per la 275, non si possono fare più passi indietro. La strada che porta a Santa Maria di Leuca, fondamentale per lo sviluppo del sud Salento, dovrà presto essere una realtà. 

E questo grazie all’impegno di tanta parte della comunità di quei territori, anche se abbiamo dovuto piangere troppi morti. Abbiamo aggiunto la nostra opera a quella di tante istituzioni, associazioni e cittadini del basso Salento. 

Ma non dobbiamo fermarci perché altre infrastrutture hanno bisogno della nostra attenzione e del nostro impegno per proiettarci nel futuro».

Siamo a Natale. La Confartigianato ha fatto appello per comprare prodotti salentini: vuole aggiungere il suo di appello?

«La Confartigianato – di cui mi onoro di far parte – è sempre stata molto sensibile a questo problema. Impegnarci a privilegiare negli acquisti prodotti e oggetti che vengono dalle nostre aziende, è il modo più intelligente di sostenere la nostra economia e di fare un buon affare. 

Anche perché i prodotti del lavoro delle nostre operaie e dei nostri artigiani, le eccellenze delle nostre terre non sono secondi a nessuno. 

Lo sanno anche fuori dal Salento, tanto che le nostre aziende più attrezzate stanno rispondendo con l’e-commerce, alle richieste che vengono dagli acquirenti nazionali ed esteri. 

Segno che abbiamo conquistato il cuore, la mente e… il palato di tanta gente».

Ancora due anni per terminare questo primo mandato. Pensa che ce ne sarà un secondo, per lei, come Presidente della Camera di Commercio di Lecce?

«Per adesso c’è tanto lavoro da fare per cercare di raccogliere i frutti delle idee e del lavoro che, con la Giunta e il Consiglio camerale, abbiamo introdotto per aiutare la transizione del mondo produttivo salentino. 

Ci sono veramente tante idee, che cerchiamo di arricchire di risorse per poterle realizzare. 

È questo il nostro primo obiettivo, da raggiungere anche attraverso le relazioni che ho incominciato ad intraprendere con il resto del mondo produttivo italiano, grazie al mio ruolo di vice presidente nazionale di Unioncamere. 

Il resto lo decideranno soprattutto i rappresentanti delle varie categorie produttive. 

Io sono al servizio, insieme alle strutture camerali, delle imprese del nostro territorio».

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AQP: anche a Natale offre un servizio che fa acqua da tutte le parti

Questa notte anche casa mia è venuto Babbo Natale. A dire il vero non l’ho visto, ma mi ha fatto trovare, nella buca delle lettere, verso le 18, una lettera dell’AQP che non conteneva gli auguri di Natale.

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di Luigi Zito

Questa notte anche casa mia è venuto Babbo Natale.

A dire il vero non l’ho visto, ma mi ha fatto trovare, nella buca delle lettere, verso le 18, una lettera dell’AQP che non conteneva gli auguri di Natale.

Tutti noi sappiamo quanto sia importante preservare e non sprecare l’acqua, in questo periodo poi, in cui ce la menano in tutte le salse che “siamo in riserva”, bisognerebbe essere più  accorti e attenti. E va bene!

Ebbene, dicevo, Babbo Natale Aqp, che non so se viaggia con le renne, con la scia luminosa o con gli elfi al seguito, è comparso di persona, personalmente, con un corriere privato e personale e mi ha fatto regalo (recapitato) di un plico contenete una fattura in cui mi si intima di pagarla entro il 24 novembre 2024!!!

Ci ho riflettuto un attimo prima di imbarcarmi sulla mia DMC12”, la famosa DeLorean, del film “Ritorno al Futuro”, poi convinto di non poter rivaleggiare con la proverbiale correttezza e precisione dei vertici e affini dell’AQP, ho lottato, insistito, battagliato, sono salito sull’auto, fino a quando non mi sono reso conto che la macchina non partiva: Marty con un ghigno beffardo mi sorrideva e lo scienziato matto mi ripeteva stare tranquillo che il pazzo non ero io.

E’ vero i servizi dell’Aqp, da quando ne ho memoria, non hanno mai brillato, ricordo ancora quando d’estate lamentai lo scarso getto d’acqua che non ci permetteva di fare nulla in casa: si presentarono dei dipendenti AQP, alle 7 del mattino, per verificare che il flusso raggiungesse la portata minima obbligatoria per contratto, e vennero coscienti  all’alba quando a quell’ora il mondo intero dormiva  e… indovinate un po’? La portata minima era garantita. Geniali. 

Oggi mi chiedono, con garbo, la notte di Natale, quando siamo tutti più buoni ed inclini al perdono, di tornare indietro nel tempo, anche solo di un mese per pagare una bolletta sputata fuori da chissà quale pazzo e incontrollato sistema; con creanza, in questa Magica notte, mi postulano, che potrebbero esserci delle correzioni di prezzo, per eccesso, per ritardo nel momento del pagamento; mi mendicano, con grazia, legata alla notte dell’avvento, che “i pagamenti delle bollette precedenti sono regolari, salvo ulteriori verifiche (!)”. 

Non so se questa mia raggiungerà mai i vertici o colori i quali vengono da noi profumatamente pagati per fornirci un servizio (chiamiamolo tale) che, a proposito di liquidi, fa acqua da tutte le parti.

Non so se e quando dovremo aspettare per ricevere un minimo di attenzione e quando potremo difenderci adegutamente da queste assurdità che, complice il Natale, spesso vengono perdonate.

Io mi sono portato avanti: poiché ero ancora in tempo, mancavano poche ore al Natale, ho affidato nelle mani sicure del vero Babbo Natale la mia letterina indirizzata ai responsabili dell’acquedotto pugliese, hai visto mai che magari proprio nell’aprire e leggere le letterine nella Santa Notte possano esaudire i miei sogni?

Quali sono? Quelli di ricevere un servizio degno di questo nome e vedere recapitate le fatture almeno qualche giorno prima che scadano! A Natale puoi…

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